© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza una espressa autorizzazione scritta. È consentito il link diretto a questo documento.
Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia
1. Le iniziative nel mondo per l’emissione di valute digitali pubbliche
Negli ultimi anni si sono intensificate le iniziative delle banche centrali volte a introdurre valute digitali nel circuito dei pagamenti elettronici[1]. Le motivazioni alla base del crescente interesse per le digital currencies appaiono riconducibili: i) al calo nell’uso del contante come mezzo di pagamento, soprattutto dopo lo scoppio della pandemia[2], a causa dell’aumentato ricorso a strumenti di pagamento gestiti da aziende tecnologiche[3] (le c.d. big-tech) non sottoposte al controllo delle banche centrali; ii) alla nascita e allo sviluppo di cripto-attività (crypto-assets) e, più recentemente, delle stablecoin che hanno un valore instabile, possono favorire operazioni illegali e non sono soggette a nessuna forma di supervisione o di controllo da parte delle autorità di vigilanza[4]; iii) alla possibilità di ampliare lo spettro degli strumenti di politica monetaria disponibili per il controllo dell’offerta di moneta; e iv) al fatto che questo strumento di pagamento annullerebbe l’anonimato delle transazioni e la loro tracciabilità, contribuendo così a impedire attività illecite e a ridurre l’evasione fiscale.
Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), una moneta digitale pubblica (Central Bank Digital Currency, CBDC) può essere definita come “una forma elettronica di moneta emessa da una banca centrale che può essere scambiata in modo decentralizzato, ossia con trasferimenti peer-to-peer in cui le transazioni avvengono direttamente tra l’ordinante e il beneficiario senza il bisogno di un intermediario centrale”[5]. Questa definizione identifica quattro caratteristiche chiave di una CBDC: emittente (banca centrale); forma (elettronica); grado di accessibilità (universale); meccanismo di trasferimento del pagamento (decentralizzato).
Nel mondo sarebbero oltre 60 le banche centrali che hanno avviato ricerche o sperimentazioni sulle monete digitali. Tra queste si segnalano la Central Bank of the Bahamas che ha messo in circolazione i sand dollar e la People’s Bank of China il cui progetto di emissione di yuan digitali è giunto allo stadio finale, con la distribuzione di 40 milioni di unità tra i cittadini di Pechino[6]. Negli Stati Uniti la FED sta conducendo ricerche ed esperimenti per l’introduzione di una moneta digitale pubblica che possa offrire maggiore velocità ed efficienza nei pagamenti, una più estesa inclusività finanziaria e minori costi per gli utenti[7].
In questa direzione si sta muovendo anche la Banca centrale europea (BCE) che il 2 ottobre 2020 ha pubblicato un rapporto sulla possibile emissione di una valuta digitale di banca centrale, ossia una moneta elettronica utilizzabile da famiglie e imprese per i pagamenti al dettaglio[8].
Contemporaneamente, un gruppo costituito da sette banche centrali[9] e dalla BRI ha pubblicato un rapporto (Central bank digital currencies: foundational principles and core features), contenente i principi che una valuta digitale pubblica deve soddisfare al fine di coadiuvare le banche centrali nel raggiungimento dei loro obiettivi istituzionali. Tre sono i principi individuati dal gruppo: 1) affiancare il contante e altre forme di moneta all’interno di un sistema di pagamento flessibile e innovativo; 2) sostenere obiettivi strategici più ampi senza pregiudicare la stabilità monetaria e finanziaria; e 3) possedere proprietà che favoriscano l’innovazione e l’efficienza.
Sulla scorta dei suddetti principi, il gruppo di lavoro ha individuato le caratteristiche fondamentali di un eventuale futuro sistema basato su una CBDC[10], che dovrà:
- essere resiliente e sicuro, allo scopo di preservare l’integrità operativa;
- essere pratico e disponibile a costo ridotto o nullo per gli utenti;
- essere sostenuto da standard appropriati e da un quadro normativo chiaro;
- attribuire al settore privato un ruolo adeguato a promuovere la concorrenza e l’innovazione.
Dai lavori svolti in seno alla BRI emerge che i progetti tecnici allo studio si distinguono in quattro tipologie[11]:
- CBDC diretta, il sistema di pagamento è gestito direttamente dalla banca centrale che offre essa stessa servizi di vendita al dettaglio e detiene il registro delle transazioni;
- CBDC ibrida, gli intermediari gestiscono i pagamenti al dettaglio ma la CBDC è un debito della banca centrale la quale mantiene il registro centrale delle transazioni e gestisce un’infrastruttura di backup che consente di riavviare il sistema di pagamento in caso di fallimento degli intermediari;
- CBDC intermedia, la banca centrale mantiene solo un registro all’ingrosso, la CBDC è un debito della banca centrale e gli intermediari eseguono soltanto i pagamenti;
- CBDC indiretta, il sistema di pagamento viene gestito da intermediari. I consumatori vantano crediti nei confronti degli intermediari che gestiscono i pagamenti al dettaglio. Tuttavia, gli intermediari devono rimborsare integralmente tutte le passività dei clienti rivolgendosi alla banca centrale.
Sono state inoltre individuate due modalità di accesso alla CBDC: account-based e token-based. Nel primo caso, l’intermediario controlla l’identità del soggetto pagatore e il saldo disponibile del conto, come per le carte di credito; nel secondo caso, invece, la verifica si concentra sull’autenticità del token, come avviene per le banconote fisiche.
In ambito internazionale si segnala inoltre che i ministri delle finanze dei paesi del G7, riunitisi a Washington nell’ottobre 2021, hanno approvato un documento che contiene 13 principi di politica pubblica per le valute digitali delle banche centrali al dettaglio (Public policy principles for retail central bank digital currencies), che sancisce l’impegno a introdurre nel sistema criptovalute che rispondano ai criteri di adeguata trasparenza, rispetto della normativa, sicurezza, privacy e solida governance economica.
2. Il rapporto della BCE sull’euro digitale
Il report della BCE si articola sostanzialmente in cinque sezioni: 1) le ragioni alla base dell’emissione di un euro digitale; 2) gli effetti potenziali di un euro digitale; 3) le implicazioni legali; 4) le possibili configurazioni funzionali della moneta digitale; 5) gli approcci tecnici e organizzativi ai servizi in euro digitale.
L’emissione di un euro digitale risponderebbe alla necessità di:
- sostenere la digitalizzazione dei mercati finanziari europei e dell’economia nel suo complesso, nonché rafforzare l’indipendenza strategica dell’Unione;
- rispondere al declino del ruolo del contante come mezzo di pagamento;
- migliorare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria;
- mitigare i rischi per la normale erogazione dei servizi di pagamento;
- accrescere il ruolo internazionale dell’euro, rafforzando così l’autonomia strategica dell’Europa nel campo dei pagamenti e riducendo il dominio globale del dollaro;
- favorire il miglioramento dei costi complessivi e dell’impronta ecologica dei sistemi monetario e dei pagamenti.
L’euro digitale presenterebbe vantaggi rispetto ad altri strumenti di pagamento innovativi, come le stablecoin e le cripto-attività. L’euro digitale sarebbe infatti moneta di banca centrale e pertanto il suo valore sarebbe garantito dallo Stato. Sarebbe inoltre privo di qualsiasi rischio (di mercato, di credito o di liquidità) e tutelerebbe la privacy dei cittadini e la protezione dei dati. Infine, incoraggerebbe l’innovazione, stimolerebbe la concorrenza in un mercato dei pagamenti molto concentrato[12], mettendo a disposizione del pubblico un mezzo di pagamento digitale gratuito e di facile utilizzo, consentirebbe agli intermediari europei, indipendentemente dalla loro dimensione, di offrire prodotti a più alto contenuto tecnologico a un costo competitivo.
Le cripto-attività sono monete digitali il cui valore è soggetto ad ampie oscillazioni: aumenta quando si acquistano e diminuisce in caso di vendita. Le stablecoin sono anch’esse monete digitali ma, a differenza delle cripto-attività, il loro valore è ancorato a un paniere di asset, tra cui valute fiat (dollaro, ad esempio) e oro, a valere sul quale possono essere rimborsate o scambiate. Le diverse monete digitali disponibili nel mercato si caratterizzano per un elemento comune: non sono emesse e né garantite dallo Stato.
La stabilità e l’affidabilità delle stablecoin dipendono dal soggetto emittente e dall’impegno di mantenere il loro valore nel tempo. Gli emittenti privati possono inoltre sfruttare i dati personali a fini commerciali, mettendo a repentaglio la privacy e la concorrenza. Per le cripto-attività non vi è un soggetto individuabile responsabile al quale rivolgersi per far valere le proprie ragioni in caso di contenzioso. Possono inoltre causare inquinamento e danni all’ambiente, e sono ampiamente utilizzate per attività criminali e terroristiche.
Poiché le cripto-attività e le stablecoin comportano una serie di rischi per i consumatori e per il sistema finanziario nel suo complesso[13], le Istituzioni europee sono venute nella determinazione di sottoporre tali strumenti di pagamento a una regolamentazione più stringente. In questa direzione si muovono due importanti iniziative, concretizzatesi di recente: l’approvazione del regolamento europeo sui mercati delle cripto-attività (Markets in Crypto-Assets, MICA), che prevede l’introduzione di meccanismi volti a ridurre i rischi legati all’utilizzo di detti strumenti, e la definizione di un nuovo quadro di riferimento per la sorveglianza su strumenti, schemi e funzionalità di pagamento elettronico (c.d. schema PISA, Payment Instruments, Schemes and Arrangements), al fine di estendere la sorveglianza alle stablecoin.
Nelle intenzioni della BCE, l’euro digitale dovrebbe essere strutturato in modo da evitare potenziali conseguenze negative sulla stabilità monetaria e finanziaria dell’eurozona, mitigando i possibili rischi.
Uno dei rischi paventato dalla banca centrale è quello legato alla disintermediazione del settore bancario dal lato dei depositi, che potrebbe ripercuotersi negativamente sul funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria e sulla stabilità finanziaria. Infatti, una domanda sostenuta di digital euro da parte del pubblico potrebbe creare problemi di approvvigionamento di fondi liquidi per le banche, aumentandone il costo della provvista, con conseguente innalzamento dei tassi sui prestiti bancari e contrazione dell’offerta di credito all’economia. Inoltre, in periodi di crisi, nel corso dei quali è generalmente più bassa la fiducia del pubblico sulla solidità del settore bancario, i risparmiatori potrebbero intravedere negli euro digitali un’alternativa priva di rischio ai depositi bancari. Essi avrebbero la possibilità di trasferire i propri risparmi dai conti correnti bancari ai depositi digitali, provocando tensioni di liquidità per le banche e aggravando così la crisi.
In relazione a ciò, la BCE ritiene che l’euro digitale dovrebbe essere concepito in modo tale da evitare il suo utilizzo come forma di investimento e il rischio di trasferimenti di ingenti fondi dai depositi bancari all’euro digitale. Di qui l’intenzione di prevedere limiti alla quantità di euro digitale che ciascun utente può detenere oppure di fissare tassi di remunerazione differenziati che scoraggino gli utenti a detenere eccessive scorte[14]. La BCE sarebbe in realtà intenzionata a introdurre entrambe le tipologie di strumenti (limiti e remunerazione differenziata) nella progettazione di un euro digitale, “per salvaguardare la stabilità finanziaria e l’orientamento e la trasmissione della politica monetaria”[15].
L’adozione di una moneta digitale solleverebbe una serie di importanti questioni legali, fra cui la base giuridica dell’emissione, le implicazioni giuridiche dei diversi impianti teorici e l’applicabilità della legislazione europea all’Eurosistema in quanto emittente. Sul punto, la BCE ritiene che in linea di principio il diritto primario dell’Unione non escluderebbe la possibilità di emettere un euro digitale avente corso legale, il che comporterebbe per i creditori l’obbligo di accettarlo come mezzo di pagamento[16].
Sono state individuate due tipologie generiche di euro digitale, una off-line (in assenza di rete internet) e una on-line. La prima assomiglierebbe di più nella sua funzionalità alle banconote (trasferimento di ricchezza diretto, da persona a persona, in linea di principio anonimo ma, proprio per questo, limitato nell’importo); la seconda tipologia assomiglierebbe, invece, di più alla moneta disponibile su un conto, in cui possesso e trasferimento sono tutti registrati.
Quanto agli approcci tecnici e organizzativi, l’infrastruttura back-end sottostante per l’offerta di un euro digitale potrebbe essere accentrata oppure parzialmente decentrata. Nel primo caso, tutte le operazioni sarebbero registrate presso la banca centrale; nel secondo caso, alcune responsabilità graverebbero sugli utenti e/o sugli intermediari vigilati, rendendo così possibile un euro digitale al portatore. Indipendentemente dall’approccio scelto, è di importanza fondamentale che l’infrastruttura back-end sia soggetta al controllo della banca centrale[17].
In conclusione, l’euro digitale affiancherebbe il contante, “mantenendo la moneta pubblica al centro del sistema finanziario, nel suo molteplice ruolo di ancora del sistema dei pagamenti, mezzo di pagamento, riserva di valore e unità di conto”[18]. Il contante sarebbe inoltre convertibile alla pari (1:1) con le banconote e si configurerebbe come un mezzo di pagamento digitale semplice, privo di rischi e affidabile[19], da utilizzare gratuitamente per le funzioni di pagamento retail in tutta l’area dell’euro. Infine, non avrebbe conseguenze negative per il settore finanziario perché: i) è un mezzo di pagamento e non uno strumento di investimento; e ii) nella sua gestione sono coinvolti intermediari bancari e finanziari sottoposti a vigilanza. Rispetto alle stablecoin e alle cripto-attività, l’euro digitale è una moneta garantita dalla banca centrale, sarebbe priva di rischi e rispetterebbe la privacy e la protezione dei dati.
A distanza di alcuni giorni dalla pubblicazione del report, la BCE ha lanciato una consultazione pubblica sull’euro digitale per raccogliere le opinioni dei privati, in modo da garantire che ogni nuova forma di pagamento eventualmente introdotta sia sostenuta dalla fiducia dell’opinione pubblica. La consultazione si è conclusa il 12 gennaio 2021, con oltre 8.000 risposte provenienti per la quasi totalità da privati cittadini (94 per cento). Cittadini e professionisti vorrebbero che l’emissione di valuta digitale avvenisse nel pieno rispetto della privacy e in condizioni di totale sicurezza, senza costi aggiuntivi.
In parallelo con la consultazione, la BCE e le banche centrali nazionali dei paesi dell’area dell’euro hanno condotto sperimentazioni in quattro ambiti: tecnologia per un euro digitale; privacy e contrasto al riciclaggio di denaro; limiti alla circolazione dell’euro digitale; accesso degli utenti in assenza di connessione a internet e agevolazione dell’inclusività con dispositivi adeguati[20].
L’attività di sperimentazione tecnica ha evidenziato che: i) sia l’infrastruttura dell’Eurosistema per i pagamenti istantanei, denominata Target Instant Payment Settlement, TIPS, sia soluzioni alternative come la blockchain “potrebbero essere impiegate per gestire i 300 miliardi di pagamenti al dettaglio effettuati ogni anno nell’area dell’euro”[21]; ii) il consumo di energia per la gestione delle infrastrutture di regolamento è trascurabile rispetto a quello necessario per realizzare transazioni di cripto-attività.
Concluso il lavoro di sperimentazione, nel luglio 2021 la BCE ha deciso di avviare la fase di analisi del progetto, con l’obiettivo di sviluppare una soluzione in linea con le esigenze degli utenti. Il lavoro sarebbe completato entro ottobre 2023, dopo di che il Consiglio direttivo deciderà se passare alla fase di sviluppo di servizi integrati e alla conduzione di test e, se del caso, di sperimentazioni pratiche. Quest’ultima fase potrebbe richiedere circa tre anni.
Nel frattempo, il 6 aprile 2022 la Commissione ha lanciato una consultazione pubblica per raccogliere le opinioni dei cittadini europei sull’euro digitale che “potrebbe offrire soluzioni transfrontaliere per i pagamenti istantanei, favorire l’innovazione e la concorrenza nelle transazioni e rafforzare l’autonomia strategica aperta dell’UE, rispondendo alle nuove necessità relative ai pagamenti dell’industria 4.0”, nonché sul suo ruolo nei pagamenti al dettaglio nell’economia digitale dell’Unione, sul suo impatto nel settore finanziario e sulla stabilità finanziaria, oltre che sugli aspetti relativi alla disciplina antiriciclaggio e alla protezione dei dati.
Note:
[1] L’idea primigenia alla base dell’introduzione di valute digitali può farsi risalire all’economista J. Tobin che nel 1987 proponeva l’emissione di una nuova forma di moneta, in grado di regolare direttamente i rapporti tra banca centrale ed operatori economici al fine di preservare la stabilità del sistema bancario ed evitare un eccessivo affidamento sul sistema di assicurazione dei depositi per proteggere il sistema dei pagamenti. Cfr. al riguardo Bech M. e Garratt R., Criptovalute delle banche centrali, in Rassegna trimestrale BRI, settembre 2017.
[2] La diffusione su scala globale della pandemia ha determinato notevoli cambiamenti nei pagamenti al dettaglio, per almeno quattro ragioni. In primo luogo, sono aumentate le preoccupazioni delle famiglie sulla trasmissione virale dal denaro contante. In secondo luogo, è cresciuto l’uso delle carte contactless. In terzo luogo, in alcuni paesi è aumentato il risparmio a fini precauzionali. Infine, la chiusura temporanea dei negozi ha comportato un’espansione dell’attività e-commerce. Cfr. BRI, Relazione annuale, 24.6.2020.
[3] Se queste tendenze si accentuassero, il contante rischierebbe di perdere rilevanza in un’economia digitale, con conseguente indebolimento del “ruolo di moneta sovrana” e della sua “funzione di àncora del sistema dei pagamenti”. Cfr. Panetta F., Le valute digitali delle banche centrali; un’àncora monetaria per l’innovazione digitale, 5.11.2021. Non solo. Un’ulteriore espansione delle grandi aziende tecnologiche “potrebbe causare l’uscita dal mercato degli intermediari tradizionali e danneggiare la concorrenza, determinando un aumento delle commissioni e un peggioramento della qualità dei servizi” resi al pubblico. Cfr. Panetta F., Il presente e il futuro del denaro nell’era digitale, 10.12.2021.
[4] Il 28 aprile 2021 Consob e Banca d’Italia hanno richiamato l’attenzione della collettività, e in particolare dei piccoli risparmiatori, sugli elevati rischi connessi con l’operatività in cripto-attività, tra cui: la perdita integrale delle somme di denaro utilizzate; la scarsa disponibilità di informazioni in merito alle modalità di determinazione dei prezzi; la volatilità delle quotazioni; la complessità delle tecnologie sottostanti; l’assenza di tutele legali e contrattuali, di obblighi informativi a carico degli operatori e di specifiche forme di supervisione su tali operatori nonché di regole a salvaguardia delle somme impiegate. Più recentemente, la Banca d’Italia ha chiesto alle banche e agli intermediari finanziari di assicurare tra l’altro, in relazione all’operatività nel settore delle cripto-attività, il coinvolgimento degli organi aziendali e delle funzioni di controllo di secondo e terzo livello per valutarne la conformità alla regolamentazione vigente, la coerenza con gli indirizzi strategici, gli obiettivi e le politiche di governo dei rischi, nonché adeguati flussi informativi verso tali soggetti in merito al livello e all’andamento della lorio esposizione a tutte le tipologie di rischio collegate all’operatività nello specifico settore. Gli intermediari vigilati e gli operatori e i fornitori tecnologici sono stati inoltre invitati a curare, anche in assenza di prescrizioni normative, l’informativa da rendere alla clientela sui rischi delle cripto-attività. Cfr. Comunicazione della Banca d’Italia in materia di tecnologie decentralizzate nella finanza e cripto-attività, giugno 2022.
[5] Bech M. e Garratt R., Criptovalute delle banche centrali, op. cit. Per Meaning, una CBDC è più semplicemente “una passività elettronica e legale di una banca entrale che può essere utilizzata per regolare i pagamenti o come riserva di valore”. Cfr. Meaning J. e altri autori, Broadening narrow money: monetary policy with a central bank digital currency, Bank of England Staff Working Paper N. 724/2018.
[6] Sono almeno tre le motivazioni che hanno spinto la Cina ad avviare il progetto di emissione di una CBDC. La prima riguarda il declino costante nell’uso del contante: i pagamenti in Cina avvengono quasi interamente con l’utilizzo di app come WeChat e Alipay, che nell’insieme detengono una quota pari al 94% circa del mercato dei pagamenti digitali. Una seconda motivazione risiede nel rischio della possibile introduzione di altre valute digitali straniere, che aumenterebbe il livello di competizione nell’ecosistema dei pagamenti. Infine, l’emissione di yuan digitale rafforzerebbe il ruolo di valuta internazionale del renmimbi. Cfr. Guerra F., Central Bank Digital Currency: euro digitale, yuan digitale e scenari geopolitici, in www.trinitamonti.org, 30.4.2021.
[7] In uno studio del 2014 Koning ha ipotizzato la creazione di una criptovaluta da parte della FED, denominata Fedcoin, che può essere convertita in dollari alla pari. L’offerta di Fedcoin aumenterebbe o diminuirebbe in funzione della domanda dei consumatori. Inoltre, i Fedcoin sarebbero decentralizzati per quanto riguarda le transazioni e centralizzati in termini di offerta. La proposta di Koning, tuttavia, è stata accolta tiepidamente dai vertici della banca centrale americana.
[8] Il rapporto (Report on a digital euro) è stato redatto da una task force ad alto livello dell’Eurosistema (High-level Task Force on Central Bank Digital Currency), presieduta da Fabio Panetta, e approvato dal Consiglio direttivo della BCE.
[9][9] BCE, Banca nazionale svizzera, Bank of Canada, Bank of England, Bank of Japan, Federal Reserve e Sveriges Riksbank.
[10] BRI, Comunicato stampa del 9.10.2020.
[11] Marchianò G., Brevi riflessioni sulla proposta di creare l’euro digitale, in Amministrazione e contabilità dello Stato e degli enti pubblici, www.contabilita-pubblica.it, 28.5.2021.
[12] Il mercato europeo dei pagamenti è dominato da due intermediari statunitensi che gestiscono i due terzi dei pagamenti con carta. Un altro operatore statunitense domina i pagamenti on line. Cfr. Panetta F., Il presente e il futuro del denaro nell’era digitale, op. cit.
[13] Il 16 febbraio 2022 il Financial Stability Board ha pubblicato un rapporto, dal titolo “Assessment of Risks to Financial Stability from Crypto-assets”, in cui evidenzia i rischi per la stabilità finanziaria globale derivati da una rapida e incontrollata espansione dei mercati delle criptovalute, a causa della loro interconnessione con il sistema finanziario tradizionale. Dopo aver esaminato gli sviluppi e le vulnerabilità associaste relative a tre segmenti dei mercati delle criptovalute, strettamente correlati in un ecosistema complesso e in continua evoluzione (unbacked crypto-assets, stablecoins, decentralised finance e altre piattaforme di commercializzazione di criptovalute), il rapporto rileva che, sebbene l’entità e la natura delle criptovalute sia variabile tra i vari paesi, i rischi per la stabilità finanziaria potrebbero aumentare rapidamente, sottolineando la necessità di una valutazione tempestiva e preventiva di possibili interventi normativi.
[14] Su punto cfr. Cipollone P., Il ruolo dell’euro digitale come àncora del sistema dei pagamenti, 12.11.2021.
[15] Panetta F., L’euro digitale e l’evoluzione del sistema finanziario, 15.6.2022.
[16] Se l’euro digitale viene emesso come strumento di politica monetaria ed è accessibile solo alle controparti della banca centrale, la base giuridica è rappresentata dall’art. 127, paragrafo 2, del TFUE in combinato disposto con l’art.20, primo capoverso dello statuto del SEBC. Se l’euro digitale è messo a disposizione dei soggetti privati, la base giuridica è costituita dall’art. 127, paragrafo 2, del TFUE e dall’art. 17 dello statuto del SEBC. Se l’euro digitale è emesso come mezzo di regolamento per specifiche tipologie di pagamento, processato da un’infrastruttura dedicata accessibile solo ai partecipanti idonei, la base giuridica per la sua emissione sarebbe l’art. 128 del TFUE in combinato disposto con l’art. 16, comma 1, dello statuto del SEBC. Se, infine, l’euro digitale è emesso come strumento equivalente a una banconota, la base giuridica sarebbe l’art. 128, paragrafo 1, del TFUE in combinato disposto con l’art. 16, comma 1, dello statuto del SEBC. Cfr. Castelli A. e Foti A., Dal conio ai bit(coin): l’alba dell’euro digitale?, in www.dejalex.com.
[17] Cristini F., Un euro digitale per garantire la stabilità monetaria contro la volata del bitcoin, in www.dirittobancario.it, 15.9.2021.
[18] Panetta F., Le valute digitali delle banche centrali: un’àncora monetaria per l’innovazione digitale, op. cit.
[19] Al pari delle banconote e delle riserve bancarie costituite presso la BCE, gli euro digitali sarebbero una passività dell’Eurosistema, vale a dire un debito della banca centrale e delle altre banche centrali nazionali
[20] BCE, Comunicato stampa del 14.7.2021.
[21] Panetta F., Prepararsi al futuro digitale dell’euro, 14.7.2021.
Rivista di Diritto Bancario Tidona - www.tidona.com - Il contenuto di questo documento potrebbe non essere aggiornato o comunque non applicabile al Suo specifico caso. Si raccomanda di consultare un avvocato esperto prima di assumere qualsiasi decisione in merito a concrete fattispecie.
Le informazioni contenute in questo sito web e nella rivista "Magistra Banca e Finanza" sono fornite solo a scopo informativo e non possono essere ritenute sostitutive di una consulenza legale. Nessun destinatario del contenuto di questo sito, cliente o visitatore, dovrebbe agire o astenersi dall'agire sulla base di qualsiasi contenuto incluso in questo sito senza richiedere una appropriata consulenza legale professionale, da un avvocato autorizzato, con studio dei fatti e delle circostanze del proprio specifico caso legale.