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Di Simone Cerri, Dottore in Giurisprudenza
L’acronimo ReoCO significa Real Estate Owned Company, ed indica quelle società veicolo che hanno lo scopo di evitare che un immobile (sul quale una banca/intermediario finanziario vanti una garanzia reale) si depauperi, nelle mire del lungo processo esecutivo. Ad esempio, la ReoCO partecipa all’asta (per acquistare il bene o rialzarne comunque il valore), e poi, una volta divenuto proprietaria del bene opererà per la migliore valorizzazione dello stesso.
Nello specifico, ai sensi del comma 4 dell’articolo 7.1 della legge n. 130/1999, è riconosciuta la possibilità di costituire una società veicolo, nella forma di società di capitali (la ReoCo per l’appunto) “avente come oggetto sociale esclusivo il compito di acquisire, gestire e valorizzare, nell’interesse esclusivo dell’operazione di cartolarizzazione, i beni immobili […] concessi […] a garanzia dei crediti oggetto di cartolarizzazione”. Dunque si tratta di una società di capitali con un oggetto sociale molto specifico, e che postula l’esistenza di una operazione di cartolarizzazione. ” La ratio evidente è quella di consentire alla SPV 130 di gestire in modo più efficace ed efficiente gli asset immobiliari sottostanti ai crediti cartolarizzati, con il fine di dotarsi di una struttura societaria in grado di valorizzare tali immobili per porli sul mercato e quindi per recuperare valore sul credito a monte[1]”
Per molto tempo, in Italia, questa tipologia di società non ha trovato diffusione, principalmente per l’assenza di normative ad hoc che rendevano perlomeno incerti (da un punto di vista civilistico, e soprattutto tributario), i vari passaggi operativi strumentali alla propria operatività[2]. Come è noto in termini programmatici, le direttive comunitarie (così come la dottrina[3]) in materia di gestione degli NPE hanno richiesto alle banche di delineare, in modo strategico e preventivo, una propria linea di gestione (monitoraggio e gestione) per la tutela nei confronti dei crediti deteriorati (ad esempio attraverso la triade operativa in house, outsourcing, cartolarizzazione) scelta ovviamente conseguente al tipo di credito, alle risorse dello stesso e ad altre variabili, insomma alle scelte imprenditoriali del creditore.
Il vuoto normativo di cui sopra è stato colmato con le modifiche all’art 7.1 della legge 130/99, apportate, dal decreto-legge del 24 aprile 2017, n. 50, convertito con legge 21 giugno 2017, n. 96, e dalla legge del 30 dicembre 2018, n. 145 (la legge di bilancio 2019) .
A seguito di dette modifiche, non solo le SPV possono costituire più di una ReoCo d’appoggio, ma le stesse ReoCo, a loro volta, possono agire direttamente oppure tramite altre ReoCo appositamente costituite, consentendo, in tal modo, un maggiore raggio di azione nella gestione degli asset (ad esempio, differenziando tra più ReoCo la gestione e valorizzazione degli immobili in base alla diversa tipologia degli stessi)[4].
Fatto più rilevante, il trasferimento di beni mobili, immobili e altri diritti a favore della spa potrà essere effettuato seguendo le formalità semplificate previste dall’art. 58 del Dlgs 385/1993.
Ciò si attua con l’espressa previsione che i beni e diritti trasferiti alla ReoCo o le somme da esse derivanti costituiscono un patrimonio separato da quello delle società, e come tale non può essere aggredito da parte di altri creditori rispetto alla società di cartolarizzazione e (punto fondamentale) che qualsiasi reddito prodotto dal patrimonio non sia imputabile alla ReoCo. Da ciò ne discende che la stessa è da considerare fiscalmente neutra, nel senso che il reddito prodotto (non tutto il reddito ovviamente, ma solo quello prodotto dal suo patrimonio segregato) è escluso dalla tassazione sul reddito di impresa.
Sempre la citata legge di bilancio ha poi previsto (in attuazione della medesima ratio), che le imposte di registro, ipotecaria e catastale vengano applicate in misura fissa (quindi pari a 200 euro ciascuna) sia in sede di acquisto (anche per via giudiziale o concorsuale) dei beni e diritti da parte della società veicolo d’appoggio, sia in sede di loro successiva rivendita da parte di quest’ultima ad acquirenti “prima casa” oppure a favore di soggetti che esercitano attività di impresa che abbiano dichiarato di voler procedere alla rivendita a terzi nel successivo quinquennio e che poi procedano di fatto in tal senso. In caso contrario, le imposte sono dovute dall’acquirente in modo ordinario, con l’aggiunta di una sanzione amministrativa del 30% e degli interessi.
Agevolazioni si sono previste anche per quanto concerne i beni di proprietà del creditore (ad esempio relativi a contratti di leasing). Infatti, il comma 4-ter stabilisce che alla ReoCo acquirente dei contratti e dei rapporti di locazione finanziaria e dei relativi beni si applicano le disposizioni fiscali valide per le società di leasing; anche qui le imposte di registro e ipocatastali sono applicate in misura fissa. e lo stesso discorso (in conseguenza di ciò) lo si ha per le trascrizioni nei pubblici registri e per le volture catastali effettuate a qualunque titolo in relazione ai beni e diritti acquisiti dalla ReoCo
Con questo intervento il legislatore delineava un quadro fiscale che mirava, in primis, a tracciare un ambiente idoneo per gli investitori, soprattutto stranieri, in grado quindi di potere valutare a priori i costi e i benefici complessivi di un investimento.
Tuttavia l’Agenzia delle Entrate con due interpelli (il 18 del 30 gennaio 2019 e il 56 del 15 febbraio 2019) ha segnato un parziale passo indietro in questo clima diciamo di incentivo fiscale per le ReoCo. Il quesito (n. 56) riguardava nello specifico un fondo d’investimento che intendeva costituire una NewCo (per l’appunto una ReoCo) con il relativo scopo istituzionale (acquisire, gestire, valorizzare immobili e beni a garanzia dei crediti cartolarizzati). Ora, l’Agenzia delle Entrate è partita dalla considerazione normativa del patrimonio separato ed il punto già raggiunto con la circolare 6 febbraio 2003 n. 8/E (tale tipo di società non risulta essere destinataria di alcun provento o interesse proprio che possa assumere rilevanza dal punto di vista fiscale nei periodi di imposta nei quali si svolge ciascuna operazione di cartolarizzazione). Giustamente si è notato che le società veicolo rimangono estranee ai risultati economici derivanti dalla gestione del patrimonio cartolarizzato (il rischio del credito connesso grava infatti sui sottoscrittori dei titoli), mentre i proventi dell’attività di gestione e dismissione dei beni immobili vanno a costituire e alimentare un patrimonio autonomo. Tuttavia, a parere dell’Agenzia, la grande differenza tra REOCO e SPV sta nella realizzazione di una o più operazioni di carattere commerciale (acquisizione gestione valorizzazione immobili) e dunque i risultati economici dell’attività svolta dalla stessa dovranno essere assoggettati ai tributi IRES e IRAP. In buona sostanza, se è vero che l’attività si concretizza (lato sensu) in un recupero di crediti che non da luogo a plusvalenze, è pur vero che l’oggetto con il quale si realizza è commerciale.
La dottrina ha dato due linee interpretative, nell’ambito di un generale disaccordo rispetto alle considerazioni dell’Agenzia. Giova ricordare la seguente, in quanto estremamente argomentata e che si sviluppa attorno ad una interpretazione sistematica: “Una lettura coordinata di queste disposizioni dovrebbe portare ritenere che sono dovuti dalla ReoCo alla SPV 130 tutti i proventi derivanti dalla valorizzazione degli immobili in qualunque forma effettuata e destinati al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi (…): nei limiti in cui i meccanismi di profit extraction propri di una normale operazione di cartolarizzazione (,.) siano strutturati, come di fatto normalmente avviene, in maniera tale da non lasciare nel veicolo eventuali residui attivi derivanti dalla gestione dei crediti allo stesso modo nell’ambito di una operazione di cartolarizzazione di crediti aventi un sottostante immobiliare t…) tutti i proventi derivanti dalla valorizzazione degli immobili (anche qualora in ipotesi eccedenti il valore nominale dei crediti originariamente acquisiti) (…)dovranno essere retrocessi alla 130 SPV[5]”. In buona sostanza, il tema della titolarità delle quote della Reoco si svuota di qualunque concreto risvolto economico finanziario e quindi reddituale.
Va tuttavia fatto notare che. se da un punto di vista ermeneutico tali ragionamenti sono estremamente convincenti, così come la premessa pare condivisibile (ossia una lettura che è in contrasto con la ratio legis) da un punto di vista letterale non si può non condividere la considerazione secondo la quale: “manca una espressa norma di esenzione ai fini IRES ed IRAP, che a tal fine sarebbe necessaria, come precisato in più occasioni dalla stessa Corte di Cassazione, pronunciandosi su casi simili, non potendo un regime di esenzione essere stabilito in via meramente di interpretazione estensiva di altra disciplina (ad esempio, per i fondi immobiliari gestiti da SGR vi è una esenzione espressa disciplinata dalla legge[6]
Viene poi da aggiungere una ulteriore nota: se il tema IRES pare essere legato all’oggetto commerciale dell’attività, perlomeno nelle argomentazioni dell’Agenzia, si rammenta che il presupposto di imposta IRAP il cui periodo coincide con quello valevole ai fini delle imposte sui redditi, è l’esercizio abituale, nel territorio delle regioni, di attività autonomamente organizzate dirette alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. L’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto d’imposta, e si prescinde insomma da una valutazione reddituale che potremmo definire effettiva; a tale fine le considerazioni relative alla sistematicità del tributo possono certo trovare terreno più fertile in merito all’IRES ma per quanto riguarda l’IRAP è difficile considerare l’autonomia patrimoniale, e la neutralità fiscale del veicolo come esenzioni dal tributo (ribaditi poi i limiti dell’analogia nelle esenzioni tributarie).
Ciò che emerge ancora una volta di sicuro, è che una riforma che è andata a toccare un aspetto significato e importante di un tema come quello della gestione degli NPE con apposite società, con il chiaro intento di sviluppare finalmente uno strumento utile (specie in un paese come l’Italia, con lunghi tempi legati alle procedure esecutive) non ha avuto gli impatti desiderati per mancanza di chiarezza e di una visione sistemica da parte del legislatore.
Note:
[1] C. Tofani F. De Flicchy, Le Real Estate Owned Company, in Plusplus diritto, Novembre 2019.
[2] “Quanto alle novità introdotte dal D.L. 50/2017, la prassi professionale ha da subito iniziato a interrogarsi sui relativi profili tributari. Possibili incertezze interpretative e assenze di chiarimenti hanno determinato un ambiente poco favorevole all’impiego dei nuovi strumenti e un avvio faticoso dei veicoli di cartolarizzazione” F. Assegnati M Citarella, Il regime fiscale delle ReoCo: dubbi e incertezze alla luce della recente posizione dell’Agenzia delle Entrate, in strumenti finanziari e fiscalità, 2010, pag. 82.
[3] Si veda A. Malinconico, La gestione dei crediti deteriorati: l’esigenza di una rifondazione e l’utilizzo di nuovi metodi e informazioni, Roma, 2015 e anche M. Cotugno, Gestione e valutazione dei non performing loans, Milano, 2018, pag. 88 e ss.
[4] G. Condò, Cartolarizzazioni e valorizzazione del patrimonio immobiliare. La disciplina normativa delle Real Estate Owned Company (ReoCo) e i profili fiscali delle operazioni di cartolarizzazione, in Altalex, 27 marzo 2020
[5] F. Assegnati M Citarella, op. cit. pag. 74.
[6] G. Gargiulo, Siamo sicuri che le “Reoco” siano esenti da Ires ed Irap sulla loro attività immobiliare dopo il “Decreto Crescita?”, Linkedin, 29 ottobre 2020
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