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24 Maggio 2019 In Diritto bancario, Diritto finanziario

Brevi note sulle Initial Coin Offerings (ICOs)

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Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia

 

  1. Caratteristiche giuridiche e operative delle ICOs

L’applicazione delle tecnologie digitali al settore finanziario ha determinato, come noto, la nascita e la diffusione delle “cripto-valute”[1] (o valute virtuali), la più nota delle quali è il bitcoin, utilizzate inizialmente come strumento di pagamento e in seguito come mezzo per raccogliere capitali attraverso l’offerta di gettoni digitali (digital tokens) su internet. Sono le c.d. initial coin offerings (ICOs), vale a dire operazioni finalizzate alla raccolta di fondi necessari a finanziare un progetto imprenditoriale, sfruttando la tecnologia della blockchain.[2]

Le ICOs si distinguono dalle IPOs (initial public offerings) e dall’equity corwdfunding. Mentre questi ultimi raccolgono capitali attraverso l’emissione di strumenti finanziari tradizionali, le ICOs raccolgono le risorse finanziarie tramite l’emissione di digital tokens, che attribuiscono ai possessori diritti economici legati al successo o meno dell’iniziativa imprenditoriale.

Il processo di creazione di un’ICO si articola in tre fasi distinte: la prima riguarda la creazione di un progetto innovativo da sviluppare e finanziare con cripto-valute o valute tradizionali (euro, dollari, ecc.); la seconda consiste nella redazione e pubblicazione sul web di un documento, denominato white paper, non approvato da alcuna autorità di mercato o soggetto terzo, contenente informazioni di dettaglio sugli obiettivi dell’iniziativa e sull’emittente; la terza e ultima fase concerne l’utilizzo della blockchain per le fasi di coinvolgimento degli investitori.

I tokens sono generalmente offerti in sottoscrizione al pubblico per un periodo di tempo determinato, attraverso una fase di prevendita (presale) e una di vendita (sale). Può essere prevista la possibilità di riacquisto entro un certo lasso di tempo. I token acquistati possono essere mantenuti a scadenza e convertiti in cripto-valute oppure essere ceduti e negoziati su piattaforme on-line (c.d. exchanges).

Per aderire all’offerta, i sottoscrittori devono trasferire sul portafoglio digitale gestito dalla piattaforma la cripto-valuta richiesta (bitcoin o ether) e ricevono in cambio i tokens emessi. L’offerta si chiude appena raggiunto l’ammontare minimo di fondi raccolti per il progetto; nell’ipotesi che l’obiettivo minimo non venga raggiunto, l’emittente è tenuto a restituire agli investitori i fondi raccolti[3].

I tokens emessi in occasione di una ICO possono assumere la configurazione di: i) payment tokens, che sono rappresentazioni di valore emessi da una entità giuridica a fronte di una unità di moneta tradizionale; ii) security tokens, che sono trasferibili e negoziabili su una piattaforma on-line e rappresentano diritti di proprietà su quote di capitale, diritti di voto o di partecipazione al progetto, dividendi, ecc.; e iii) utility tokens, che rappresentano unicamente diritti amministrativi non trasferibili e non negoziabili.

 

  1. Tentativi di regolamentazione delle ICOs

A livello europeo l’ESMA, l’Autorità di vigilanza degli strumenti finanziari e dei mercati, è intervenuta più volte sulla materia. Nel novembre 2017 ha lanciato due warning con cui ha rivolto ammonimenti alle imprese che si finanziano attraverso le ICO e agli investitori. Alle prime ha chiesto di verificare attentamente che il progetto di finanziamento proposto non ricada nella fattispecie oggetto di regolamentazione comunitaria (MiFID, fondi di investimento alternativi, ecc.); ai secondi di considerare l’elevata rischiosità dell’investimento che, a causa della mancanza di trasparenza e per la potenziale illiquidità, li espone a truffe che potrebbero provocare perdite ingenti. Più recentemente, l’Autorità di vigilanza ha pubblicato un advice per la Commissione europea nel quale ha affrontato le problematiche connesse all’applicazione della disciplina sui servizi finanziari ai crypto-assets qualificabili come strumenti finanziari. A tale riguardo, l’ESMA: i) ha chiesto di chiarire se, ai sensi della normativa sui servizi di investimento, i tokens debbano rientrare nella categoria delle “transferable securities” e se le piattaforme di scambio siano equiparabili agli OTF (organized trading facilities) o ai MTF (multilateral trading facilities); e ii) ha sollecitato la revisione della MiFID 2 al fine di modificare la definizione di “strumenti finanziari” per ricomprendervi alcune categorie di crypto–assets.

A livello di singoli paesi giova ricordare le iniziative intraprese in Francia, Regno Unito, Germania, Malta e Italia.

In Francia, l’Authorité de Marchés Fianaciers ha pubblicato il 26 ottobre 2017 un documento di consultazione sulle ICOs, a cui è seguita l’emanazione del decreto n. 2018-1226 del 24 dicembre 2018 nel quale si specificano le condizioni di utilizzo dei “dispositivi elettronici di registrazione elettronica condivisa”.

Nel Regno Unito, una task force costituita dal Ministero delle finanze, dalla Financial Conduct Authority (FCA) e dalla Bank of England ha elaborato a ottobre 2018 un rapporto nel quale, dopo aver sottolineato i rischi e i benefici delle cripto-valute e dell’uso di tecnologia distributed ledger, ha illustrato il piano d’azione dell’Autorità. Alla pubblicazione del documento è seguita una consultazione pubblica sulla Guidance on Cryptoassets, che si è chiusa ad aprile 2019, in cui ha precisato le azioni che intende intraprendere per contenere i rischi di frode e di sicurezza collegati all’uso delle ICOs, tra cui l’estensione del perimetro di regolazione per ricomprendere anche tali attività, istituendo un obbligo di registrazione per gli emittenti.

In Germania, l‘Autorità federale di supervisione finanziaria (Bafin): i) ha chiarito la normativa applicabile al token qualora questo sia assimilato a una quota di fondo di investimento, a un titolo di partecipazione al capitale o in genere a uno strumento finanziario, ricordando che, a seconda della configurazione giuridica, la negoziazione di tokens potrebbe essere inquadrata in un’attività bancaria, in un’attività di emissione o come servizio finanziario; e ii) ha classificato le piattaforme di scambio di cripto-attività quali sistemi multilaterali di negoziazione, con conseguente applicazione del regime autorizzativo.

Malta è il paese dell’UE che ha regolato le ICOs tramite una normativa ad hoc. Nel luglio 2018 il Parlamento maltese ha approvato un provvedimento legislativo con il quale: i) è stata creata un’apposita Autorità con il ruolo di autorizzare e vigilare sulle iniziative di raccolta di capitali tramite l’utilizzo di tecnologia distributed registrer; ii) si impone agli emittenti di “virtual financial assets” (VFA) di fornire un’adeguata informativa al mercato mediate la pubblicazione di un white paper, contenente le principali caratteristiche dell’operazione e dell’oggetto dell’offerta; iii) si disciplinano le modalità attraverso cui svolgere attività promozionali dell’offerta; iv) si introduce la figura del “VFA agent” con il compito di esercitare attività di consulenza e di audit nei confronti dell’offerente; v) si stabilisce che l’ammissione alla negoziazione è subordinata al rilascio di un preventivo benestare da parte dell’Autorità; vi) si regolamenta la responsabilità dell’emittente nei confronti degli acquirenti di VFA per l’inesattezza delle informazioni contenute nel white paper.

In Italia, la CONSOB ha pubblicato a marzo 2019 un “Documento per la discussione”, denominato “Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività”, allo scopo di avviare un dibattito a livello nazionale che ponga le basi per la creazione di un framework regolamentare ad hoc. In sintesi, la CONSOB chiede agli stakeholders del mondo finanziario (risparmiatori, emittenti di cripto-attività, offerenti di servizi di negoziazione e/o custodia di crypto-assets, ecc.) di far conoscere la propria opinione su tre elementi fondamentali delle ICOs: 1) la definizione di cripto-attività; 2) le offerte di cripto-attività; 3) gli scambi di cripto-attività.

Con riferimento al punto sub 1), in considerazione dell’introduzione nel nostro ordinamento della definizione delle “tecnologie basate su registri distribuiti”[4] per lo scambio delle cripto-attività, la CONSOB sottolinea che, ferma restando la sussistenza dell’elemento dell’investimento (comune a prodotti e strumenti finanziari), le caratteristiche peculiari delle cripto-attività consistono: i) nell’impiego di tecnologie innovative, quali la blockchain, al fine di incorporare nei token i diritti dei soggetti che hanno investito con l’obiettivo del finanziamento del soggetto del progetto imprenditoriale sottostante; e ii) nella destinazione alla successiva negoziazione dei token, la cui trasferibilità risulta strettamente connessa con la tecnologia impiegata, intesa come capacità di registrare e mantenere l’evidenza della titolarità dei diritti connessi con i crypto-assets in circolazione.

In merito al punto sub 2), la CONSOB ritiene che allo stato gli operatori meglio in grado di poter offrire professionalmente assistenza nella realizzazione delle offerte di cripto-attività a una platea potenzialmente indefinita di investitori siano i gestori di portali per la raccolta di capitali di rischio autorizzati ex art. 50-quinquies del TUF (c.d. gestori di portali di equity crowdfunding). Non si escludono però soggetti diversi, specializzati in ICOs, purché in possesso di requisiti soggettivi analoghi a quelli richiesti ai gestori di portali di crowdfunding. La CONSOB si è interrogata sulla possibilità di imporre regole rigide per tutte le offerte promosse in ambito nazionale, giungendo tuttavia alla conclusione che in questa fase preliminare, in cui il fenomeno è in rapida evoluzione, qualsiasi tentativo di cristallizzarlo all’interno di schemi rigidi è quantomeno inopportuno. Cosicché, essa propone un regime di opt-in per coloro che intendano promuovere offerte di cripto-attività in Italia. Di conseguenza, le offerte promosse al di fuori delle piattaforme regolate resterebbero comunque legittime, a meno che il token integri la nozione di “prodotto finanziario”.

Quanto al punto sub 3), la CONSOB propone la nozione di sistemi di scambi di cripto-attività quale “insieme di regole e di strutture automatizzate, che consente di raccogliere e diffondere proposte di negoziazione di cripto-attività e di dare esecuzione a dette proposte, anche attraverso tecnologie basate su registri distribuiti”. Un’ipotesi di disciplina potrebbe prevedere da un lato che solo le cripto-attività che abbiano costituito oggetto di offerta al pubblico attraverso una o più piattaforme possono essere ammesse agli scambi e, dall’altro, l’iscrizione del sistema di scambi di cripto-attività in un apposito registro tenuto dalla CONSOB.

Ad avviso dell’Autorità di vigilanza, sarebbe infine opportuno prevedere che i sistemi di scambio siano dotati di regole e procedure idonee per l’accesso e l’identificazione dei partecipanti, in modo tale da rendere inutilizzabili tecnologie basate su registri distribuiti nella forma “permissiones”, ossia con accesso libero anche anonimo.

 

  1. Il mercato delle ICOs

La mancanza di un quadro regolamentare specifico ha favorito una crescita massiccia nel numero delle ICOs a livello mondiale e nel volume di raccolta. Secondo i dati pubblicati dal Politecnico di Milano, il mercato delle ICOs, che è stato sostanzialmente inesistente fino al 2016, è esploso nel 2017, quando sono state censite su scala mondiale 897 operazioni, con un controvalore di raccolta pari a circa 6 miliardi di dollari. Tale tendenza si è rafforzata nel primo semestre del 2018, considerato che sono state registrate 854 ICOs che hanno raccolto oltre 12 miliardi di dollari.

In Italia, il mercato delle ICOs ha registrato uno sviluppo intenso negli ultimi 18 mesi: sono stati infatti individuati 16 progetti che hanno raccolto, secondo quanto dichiarato dagli imprenditori coinvolti nelle iniziative, 28,5 milioni di dollari nel 2017 e 121,3 milioni nella prima parte del 2018. Dei 149,8 milioni complessivamente raccolti, 27,7 milioni sono riferibili a Eidoo, che si propone di creare una piattaforma per la gestione dell’intera filiera delle cripto-valute (raccolta di fondi, acquisto di beni e servizi, pagamenti), e 26 milioni a Thrive per lo sviluppo delle attività di marketing nelle imprese.

 

Bibliografia:

Caponera A. e Gola C., Aspetti economici e regolamentari delle “cripto-attività”, Questioni di economia e finanza, N. 484/2019

CONSOB, Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività, Documento per la Discussione, 19.3.2019

CONSOB, Le criptovalute: che cosa sono e quali rischi si corrono, in www.consob.it

Franza E., Nuove modalità di finanziamento: la blockchain per start up e piccole medie imprese. Rischi e possibili vantaggi, www.dirittobancario.it, 14.5.2019

Nicotra M., Il regime giuridico delle ICOs. Analisi comparata e prospettive regolatorie italiane, in www.dirittobancario.it, Aprile 2019

Politecnico di Milano, La finanza alternativa per le PMI in Italia, Quaderno di Ricerca, Novembre 2018

 

NOTE:

[1] Secondo l’art 1, lettera d), della Direttiva UE 2018/843, recepita nell’ordinamento italiano con il d.lgs. 90/2017, le cripto-valute o valute virtuali sono “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”. Le cripto-valute non sono quindi moneta legale di stato, depositi o fondi. Una volta emesse, le valute virtuali possono essere acquistate e vendute su una piattaforma on-line di scambio (c.d. exchange platform), utilizzando moneta a corso legale. Le piattaforme on-line non sono attualmente regolamentate, cosicché gli utenti non beneficiano di alcuna tutela legale specifica. Le cripto-valute offrono vantaggi in termini di maggiore velocità ed efficienza nelle transazioni; possono tuttavia comportare rischi notevoli per gli utenti in caso di condotte fraudolente, fallimento o cessazione di attività delle piattaforme che hanno in custodia i portafogli digitali personali (c.d. e-wallet). Le piattaforme sono altresì esposte a elevati rischi operativi e di sicurezza. Esse, infatti, a differenza degli intermediari, non sono tenute a fornire alcuna garanzia di qualità del servizio, né devono rispettare requisiti patrimoniali o procedure di gestione e controllo dei rischi.

[2] La blockchain (catena dei blocchi) o distributed ledger è un registro aperto e distribuito che può memorizzare le transazioni tra due parti in modo sicuro, verificabile e permanente. Le sue principali caratteristiche sono: l’immutabilità del registro, la tracciabilità delle transazioni, l’alto livello di sicurezza incentrato su tecniche crittografiche. Nata come registro pubblico (permissionless) per effettuare le transazioni, nel corso del tempo si è imposta all’interno delle aziende dando origine alle blockchain private (permissionned), che richiedono una specifica autorizzazione per accedervi.

[3] I rapporti tra l’emittente e l’investitore sono disciplinati da un accordo (c.d. digital token agreement), che viene sottoscritto digitalmente dall’investitore attraverso l’adesione all’offerta sul sito internet dell’emittente.

[4] Il decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito nella legge n. 12/2019, ha definito le “tecnologie basate su registri distribuiti” come “le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su base crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografie verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”.



Rivista di Diritto Bancario Tidona - Il contenuto di questo documento potrebbe non essere aggiornato o comunque non applicabile al Suo specifico caso. Si raccomanda di consultare un avvocato esperto prima di assumere qualsiasi decisione in merito a concrete fattispecie.

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