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1 Marzo 2012 In Diritto bancario

Brevi note sull’erogazione del danaro nel mutuo

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Di Valerio Sangiovanni, Avvocato

[Testo dell’articolo apparso in Corriere giuridico, 2012, pp. 135-143, che si riproduce per gentile concessione dell’autore, Valerio Sangiovanni, e della casa editrice, Ipsoa Wolters Kluwer]

 

Il contratto di mutuo è un contratto reale, nel quale la consegna del bene costituisce elemento necessario per il perfezionamento del negozio. Questo principio, risultante già dalla definizione legislativa di contratto di mutuo, appare però scalfito da alcune particolarità, che si andranno ad analizzare in questo articolo. Normalmente la stipulazione del contratto e la consegna del danaro sono contestuali. In alcuni casi, come nel credito fondiario, ciò – tuttavia – non avviene necessariamente. A ciò si aggiunga che, nell’ipotesi della promessa di mutuo, la consegna del bene è espressamente rinviata a un momento futuro.

 

 

La definizione di mutuo
In questo articolo non ci si occuperà del contratto di mutuo in generale (non essendo questa la sede adatta, non fosse altro per i limiti di spazio concessi), bensì di una particolarità che lo caratterizza: la necessità che la consegna del bene o, più frequentemente, del danaro – oggetto del contratto – sia contestuale alla stipulazione del medesimo[1].
Secondo la definizione legislativa di mutuo, la consegna del bene è circostanza essenziale per il perfezionamento del contratto. Evidenzieremo tuttavia come vi siano alcune discipline particolari che concorrono ad attenuare la valenza di tale regola. Oltre al fatto che la consegna del danaro avviene ormai con grande frequenza con modalità diverse dalla consegna materiale, si deve tenere conto che nel credito fondiario – in forza di espressa previsione di legge – la stipulazione del contratto e l’erogazione del danaro possono formare oggetto di atti separati: qui vi può dunque essere scissione temporale fra l’espressione dell’accordo delle parti e la consegna del danaro[2]. A ciò si aggiunga che, nella promessa di mutuo, non vi è alcuna consegna immediata del bene, che viene anzi – sulla base di un apposito accordo – rimandata a un momento futuro.
Secondo la nota definizione legislativa, che è appena il caso di richiamare, “il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità” (art. 1813 c.c.[3])[4]. Il testo unico bancario invece non dà la definizione di credito fondiario, ma si limita a enunciarne il suo oggetto: “la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili” (art. 38 comma 1 t.u.b.)[5].
L’art. 38 comma 1 t.u.b. usa l’espressione, certamente più generale rispetto a quella di mutuo, di “finanziamento”. Per finanziamento si intende, in senso lato, la messa a disposizione di certe risorse da una parte all’altra con obbligo di restituzione. Un finanziamento, astrattamente, può essere realizzato con diverse modalità[6]. Nella prassi, però, il credito fondiario si realizza quasi sempre come contratto di mutuo. Il credito fondiario è dunque normalmente qualificabile come contratto di mutuo, con applicazione delle disposizioni del codice civile che regolano tale materia, in quanto non derogate dalle disposizioni speciali del testo unico bancario.

La distinzione fra contratto reale e consensuale
Elemento caratteristico del contratto di mutuo è la “consegna” del bene. L’oggetto della consegna può consistere in “danaro” oppure in “altre cose fungibili”, anche se – nelle economie moderne – il mutuo ha quasi sempre a oggetto del danaro. Questa distinzione acquisterà, nel corso dei ragionamenti che si cercheranno di svolgere in questo articolo, una sua particolare rilevanza, considerato che – mentre per le “altre cose fungibili” non esistono particolari alternative alla consegna fisica dei beni – nel caso del danaro esistono più alternative alla consegna materiale. Anzi: si può ritenere che la consegna fisica del danaro rappresenti oggi un’ipotesi residuale, di scarsa rilevanza pratica. Ciò pone dinanzi alla necessità di dare un’interpretazione ampia della nozione di “consegna”, se si vuole che la disciplina positiva del contratto di mutuo continui ad avere una sua utilità.
Il testo dell’art. 1813 c.c. prevede che il contratto di mutuo è il contratto con il quale una parte “consegna” (e non semplicemente “si obbliga a consegnare”) una cosa. Il fatto che una delle parti deve eseguire immediatamente la consegna distingue il contratto di mutuo e gli altri contratti reali dai contratti consensuali (la consegna essendo richiesta, ai fini del perfezionamento del contratto, nei soli tipi contrattuali qualificabili come “reali”[7]). Nei contratti reali vi è insomma, già in sede di stipulazione del contratto, un’attività materiale. Nei contratti consensuali invece il vincolo contrattuale si perfeziona con la mera espressione della volontà delle parti, che “si obbligano” a fare qualcosa (che faranno poi in un momento futuro, più o meno lontano dal momento della conclusione del contratto).
Dall’elemento lessicale appena esaminato (uso del termine “consegna” nell’art. 1813 c.c.) si ricava la necessità della consegna per il perfezionamento del contratto di mutuo: il mutuo viene per tale ragione qualificato come contratto “reale”, non essendo sufficiente il consenso delle parti alla dazione in mutuo del bene. Il significato di contratto “reale”, quale opposto a “consensuale”, è stato spiegato dalla Corte di cassazione a sezioni unite in una sentenza del 2005[8]. La Cassazione evidenzia come i contratti si perfezionino di regola con il semplice consenso delle parti (c.d. principio consensualistico)[9]. Ci sono però alcuni contratti speciali per i quali il consenso – pur sempre necessario – non basta, in quanto il contratto è perfetto soltanto con la consegna della cosa, con la “traditio” alla controparte del bene. Prima della consegna non c’è contratto, ma solo uno dei due elementi della fattispecie complessa (consenso + traditio) di cui è composto il contratto reale. Pertanto la consegna non è effetto obbligatorio del contratto, ma elemento costitutivo del medesimo.

La ratio del requisito della consegna del bene nel contratto di mutuo
Vi è da chiedersi per quale ragione il legislatore esiga che abbia luogo la consegna del bene nel contratto di mutuo (così come, del resto prevede – in modo analogo – per gli altri contratti reali).
Si è difatti detto che, in generale, il contratto si perfeziona con il mero consenso della parti. A questo risultato si giunge già solo sulla base della previsione dell’art. 1325 c.c., che indica i requisiti del contratto e – fra essi – non menziona la consegna del bene (o altre attività simili che generalmente fanno seguito all’accordo fra le parti e hanno natura esecutiva). A ciò si aggiunga che, come si è visto, nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la proprietà si acquista per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato (art. 1376 c.c.). Nel caso del mutuo, ciò non avviene, esigendo invece il legislatore che abbia luogo la consegna.
La necessità di consegna del bene contestualmente alla conclusione del contratto si può spiegare con l’esigenza di proteggere le parti: alcuni interpreti danno maggior peso alla tutela del mutuante, altri a quella del mutuatario. In realtà vedremo come nessuna delle ragioni comunemente addotte giustifichi sufficientemente, quantomeno nelle economie moderne in cui il mutuo ha quasi sempre a oggetto una somma di danaro, il rinvio del perfezionamento del contratto al momento della consegna del bene.
In una prima prospettiva una possibile ratio della natura reale del contratto risiede nell’esigenza di tutelare il mutuante.
Si vuole evitare che, sulla base del mero consenso, il mutuante si trovi obbligato a dare a mutuo i beni promessi – perdendone la disponibilità – senza possibilità di ripensare la propria decisione. Se è costitutiva la consegna (e dunque un fatto materiale in aggiunta alla relativa dichiarazione), la decisione del mutuante può diventare il frutto di una riflessione maggiore. Il requisito della realità, insomma, “combatte” la possibile spontaneità dell’elargizione. Bisogna però dire che questa spiegazione può – forse – convincere con riferimento alla dazione di beni sì fungibili, ma non reperibili poi così facilmente sul mercato, rispetto ai quali il mutuante può temere che diventi difficile la restituzione. Non pare invece che la citata ratio sia particolarmente soddisfacente nel caso di beni ampiamente fungibili. Inoltre questa spiegazione convince maggiormente nel caso di mutuo gratuito (quando il mutuante non riceve degli interessi come controprestazione) che nell’ipotesi di mutuo oneroso, fattispecie quest’ultima – ovviamente – più ricorrente nella prassi. Nel mutuo oneroso è ragionevole assumere che il mutuante si decida all’operazione mosso dal desiderio di lucrare gli interessi e ben possa, pertanto, assumere il rischio di controparte. Infine non si deve dimenticare che il mutuo è frequentemente abbinato a una garanzia per la restituzione dei beni (ciò avviene sempre, ad esempio, nel caso di mutuo fondiario). In questi casi il mutuante è tutelato in altro modo, nel senso che – in caso di mancata spontanea restituzione – può attivare la garanzia. Si pensi al caso del danaro dato a mutuo da una banca: qui è ben difficile sostenere che questa debba essere tutelata facendo posticipare il perfezionamento del contratto al momento della consegna, in quanto sussisterebbe il pericolo che essa si vincoli solo sulla base del mero consenso. L’istituto di credito esercita un’attività professionale, lucra un guadagno dalla concessione del finanziamento e accompagna la dazione del danaro a una garanzia: per queste ragioni non si vedono ostacoli di fondo alla possibilità che il contratto di mutuo si perfezioni sulla base del solo consenso. È pertanto ragionevole assumere che la menzionata ratio della natura reale del contratto di mutuo abbia oggi perso buona parte della sua finalità di protezione del mutuante.
Sempre in un’ottica di tutela del mutuante, nel caso in cui il mutuo fosse stato ideato dal legislatore come contratto consensuale, sarebbe stato delicato il periodo intercorrente fra l’accordo delle parti e l’erogazione del danaro. In ipotesi, difatti, le capacità finanziarie del mutuatario potrebbero peggiorare, fino al punto da mettere a repentaglio la possibilità di restituire i beni. In condizioni del genere parrebbe iniquo costringere il mutuante a consegnare comunque la cosa in esecuzione del contratto di mutuo consensuale concluso fra le parti. Anche questa argomentazione – a sostegno del carattere reale del mutuo – non appare tuttavia sufficientemente convincente, in quanto esistono delle disposizioni di carattere generale che si occupano della fattispecie: il riferimento è all’art. 1461 c.c. sul mutamento delle condizioni patrimoniali dei contraenti, ai sensi del quale ciascun contraente può sospendere l’esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell’altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione. Dunque il mutuante, che pure ha promesso di dare a mutuo, può rifiutarsi di effettuare la propria prestazione se le condizioni del mutuatario peggiorano.
Cambiando la prospettiva, un’ipotizzabile ragione della necessità della consegna dei beni – nel contratto di mutuo – è data dall’esigenza di tutelare il mutuatario. La finalità del mutuo, vista nell’ottica del mutuatario, è quella di far conseguire a quest’ultimo la disponibilità del bene. Esigendo la legge la consegna immediata, tale obiettivo viene soddisfatto il prima possibile, evitando il pericolo che il mutuatario debba agire in giudizio per ottenere l’adempimento dell’obbligo di consegna in caso di rifiuto del mutuante. Anche con riferimento a questa ratio si possono, peraltro, sollevare delle obiezioni. In particolare si può osservare che tale rischio è comune a tutti i rapporti contrattuali, nel senso che – una volta assunte reciproche obbligazioni – può ovviamente ben capitare che una delle parti non adempia come aveva promesso. Non si capisce perché proprio nel contratto di mutuo tale esigenza dovrebbe essere più forte.
Nel complesso le possibili giustificazioni tradizionali della prevista natura reale del contratto di mutuo non appaiano particolarmente soddisfacenti e, in ogni caso, non sembrano sufficienti a impedire delle eccezioni alla rigida regola della realità.

Le possibili attenuazioni del carattere reale del mutuo
A tal riguardo si può osservare che il carattere reale del contratto di mutuo, con le rigidità che esso presenta, risulta oggi – per varie ragioni e sotto diversi profili – attenuato. Esistono difatti nel nostro ordinamento altre disposizioni di legge nonché interpretazioni giurisprudenziali che riducono la valenza di natura reale del contratto in esame. Il riferimento è, essenzialmente, alle seguenti circostanze:
1) secondo l’interpretazione giurisprudenziale, la nozione di consegna di cui all’art. 1813 c.c. non coincide con la mera dazione materiale del bene, ma va intesa in senso lato come “dazione in disponibilità giuridica” della cosa[10]. Sotto questo profilo la “consegna” non deve necessariamente essere “fisica” (o “materiale”), ma può essere “simbolica” (o “spirituale”);
2) il testo unico bancario prevede la possibilità che il contratto di mutuo e l’erogazione del danaro formino oggetto di atti separati (art. 39 comma 2 t.u.b.);
3) il legislatore disciplina espressamente, all’art. 1822 c.c., la promessa di mutuo, fattispecie nella quale la consegna del bene non avviene contestualmente alla conclusione del contratto;
4) più in generale si possono ritenere legittimi accordi in forza dei quali la consegna del bene viene posticipata rispetto alla stipulazione del contratto.
Il nostro legislatore insomma, anche se con sfumature differenti e in contesti diversi, non ha mostrato rigore assoluto nel qualificare il contratto di mutuo come reale, quantomeno nella sua accezione più rigorosa della necessaria contestualità fra conclusione del contratto ed erogazione del danaro.

La distinzione fra consegna “fisica” del danaro e disponibilità “giuridica” del medesimo
Iniziando ad analizzare il primo dei casi elencati, bisogna sottolineare che la “consegna” del danaro non sempre avviene nella accezione più stretta di tale termine: alla consegna materiale va difatti equiparato il trasferimento della disponibilità giuridica del bene.
Il termine “consegna”, usato dal legislatore nell’art. 1813 c.c., non viene definito dalla legge. Ciò è ben comprensibile dal momento che il codice civile, nella sua tecnica di legislazione, non si avvale del meccanismo delle definizioni (come è noto, un approccio diverso viene seguito dal legislatore in altri contesti normativi; si tratta in genere delle normative di attuazione del diritto comunitario). La tecnica legislativa di usare delle definizioni presenta il pregio di offrire uno strumento di miglior interpretazione del testo normativo. Tale tecnica, però, presenta anche lo svantaggio di essere rigida, “cristallizzando” una certa definizione: soprattutto nelle aree in cui vi è veloce evoluzione, le definizioni rischiano di essere superate in breve tempo. Nel caso che qui interessa, la disciplina attuale del contratto di mutuo – come è noto – risale al 1942, periodo nel quale certe modalità moderne di trasferimento del danaro non erano nemmeno immaginabili. Proprio questa considerazione di ordine storico, e la conseguente necessità di un adattamento ai tempi, legittima un’interpretazione ampia del termine “consegna” di cui all’art. 1813 c.c., che tenga conto delle evoluzioni tecnologiche.
Non è dunque un caso che, secondo gli orientamenti della giurisprudenza, la consegna non deve necessariamente coincidere con la dazione “materiale” del bene; essa viene invece interpretata dai giudici come necessità che il mutuatario entri nella disponibilità “giuridica” della cosa. Questa interpretazione per così dire “evoluta” del requisito della consegna è preferibile se si vuole consentire al mutuo, come tipo contrattuale, di avere ancora oggi un’ampia applicazione pratica. Nel mondo moderno (suggestivamente definito come cashless society, società senza danaro contante[11]) sarebbe difficilmente praticabile prevedere forzatamente la necessità della consegna in natura (cioè in contanti) di somme ingenti. Per effetto della tecnologia, le modalità di consegna del danaro sono – ai nostri tempi – considerevolmente differenti rispetto a quanto avveniva in passato. Basta riflettere sul fatto che – nella terminologia corrente – non si parla più di “consegna” del danaro, bensì di “trasferimento” del medesimo.
Volendo scendere in dettaglio, ai nostri giorni di norma la “consegna” dal danaro avviene (non in natura, bensì) mediante consegna di assegno circolare o bancario al mutuatario oppure mediante bonifico bancario su un conto corrente di cui è titolare il mutuatario.
Gli assegni sono dei titoli di credito e non costituiscono in sé e per sé danaro: essi si limitano a incorporare il diritto a ottenere, successivamente (anche se magari a distanza di sole poche ore, quando l’incasso viene effettuato), un pagamento da parte di chi ha firmato l’assegno. Fino a quando il mutuatario non porta all’incasso l’assegno (o meglio: fino a quando l’assegno non gli viene materialmente pagato oppure accreditato sul conto corrente), egli non diventa titolare del bene “danaro”. Nel caso di pagamento mediante assegni non vi è dunque perfetta contestualità fra l’accordo delle parti e la consegna del bene, bensì una leggera sfasatura temporale fra tali vicende. Inoltre anche quando l’accredito sul conto corrente del mutuatario è avvenuto, non si tratta – a rigore – di una “consegna” fisica del danaro[12].
La seconda modalità di “consegna” del danaro nel contesto del contratto di mutuo consiste nell’accreditamento su conto corrente. L’accredito non è la stessa cosa della consegna fisica del bene: nessuna delle parti ha un contatto materiale con il danaro ed esse non si incontrano nemmeno di persona. Ambedue le parti dispongono di un conto corrente e il mutuante trasferisce la somma dal proprio conto a quello del mutuatario. L’accreditamento rappresenta una modalità moderna di trasferimento del danaro, che serve – per ragioni di praticità e sicurezza – proprio a evitare la consegna fisica.
L’accredito su conto corrente viene però pacificamente equiparato dalla giurisprudenza alla consegna, ai fini dell’art. 1813 c.c. In questo senso è esemplare la statuizione della Corte di cassazione, contenuta in una sentenza del 2001, secondo cui l’accreditamento sul conto corrente determina la disponibilità giuridica della somma ed è con l’accredito che il mutuo viene a esistenza[13]. Ma già nel 1994 la Cassazione aveva affermato che il mutuo è contratto di natura reale che si perfeziona con la consegna di una determinata quantità di danaro (o di altra cosa fungibile) ovvero con il conseguimento della disponibilità giuridica di questa da parte del mutuatario, la quale può ritenersi sussistente – come equipollente della traditio – nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in modo tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo[14]. In altre parole si tratta di una consegna simbolica del danaro. Non diversamente aveva deciso una sentenza della Corte di cassazione del 1992, secondo cui il mutuo si perfeziona con il conseguimento da parte del mutuatario – come equipollente della consegna – della disponibilità giuridica della somma mutuata, la quale può ritenersi sussistente nel caso in cui il mutuante crei un autonomo ed esclusivo titolo di disponibilità in favore del mutuatario[15]. La creazione di un titolo autonomo significa che la somma esce dal patrimonio del mutuante per entrare in quella del mutuatario. A questo punto vi è disponibilità giuridica in quando il mutuatario può disporre liberamente dell’importo ricevuto, anche senza il consenso del mutuante[16].
Quello che preme qui rilevare è che, in ambedue le modalità oggi più frequenti di trasferimento di danaro (assegni e bonifico), si utilizzano strumenti diversi dalla consegna fisica del danaro, anche se – alla fine – si ottiene lo stesso risultato della consegna materiale. Se ci si ancorasse a un’interpretazione rigida del requisito della “consegna” di cui all’art. 1813 c.c., si dovrebbe giungere alla conclusione che un contratto di mutuo non si è perfezionato con tali modalità di pagamento, mancando la consegna materiale del bene. Proprio per adattare la nozione classica di “consegna” alle caratteristiche tecnologiche dei nostri tempi, la giurisprudenza ha sviluppato un significato ampio di consegna del danaro, identificando la consegna con il fatto che il mutuatario ottenga la disponibilità giuridica della somma.

Stipulazione del contratto ed erogazione del danaro come atti separati nel credito fondiario
Un elemento testuale che conduce a ritenere come attenuato il carattere reale del contratto di mutuo, quantomeno nella sua accezione più rigorosa (necessaria contestualità della stipulazione del contratto e dell’erogazione del danaro) è rinvenibile nel testo unico bancario. Con riferimento al credito fondiario, la legge prevede difatti che la stipulazione del contratto e l’erogazione del danaro possano formare oggetto di atti separati (art. 39 comma 2 t.u.b.). In questo modo si scinde espressamente il momento della prestazione del consenso delle parti dal momento della consegna del danaro, che avviene in un momento successivo. L’art. 39 comma 2 t.u.b. parla di stipulazione del contratto. Il termine “stipulazione” va tenuto distinto dalla “conclusione” del contratto. Stipulazione indica che il consenso delle parti viene prestato dinanzi al notaio, il cui intervento è necessario a causa della costituzione d’ipoteca sull’immobile.
Anche in presenza di simili modalità di conclusione del contratto deve anzitutto escludersi, con ragionevole certezza, che ci si trovi di fronte a due distinti contratti[17]. Il contratto è unico ed è il contratto di credito fondiario, cui si applicano – ma solo in quanto non derogate dalla normativa speciale – le disposizioni sul mutuo previste dal codice civile. Del resto l’art. 39 comma 2 t.u.b. parla letteralmente di “atti”, non di “contratti”, e – certamente – l’erogazione del danaro non può considerasi in sé come un contratto. Per le medesime ragioni è da ritenersi che non si possa qualificare la stipulazione notarile come “contratto preliminare” e l’erogazione del danaro come “contratto definitivo”.
Si pone allora la questione centrale: nel credito fondiario la consegna del danaro è elemento costitutivo del rapporto contrattuale o costituisce mera esecuzione delle obbligazioni assunte con la stipula del contratto davanti al notaio? Il problema del momento perfezionativo del contratto di mutuo fondiario è stato affrontato dalla Corte di cassazione in una sentenza del 2003[18]. La soluzione adottata della Cassazione in materia di rimedi pare sottintendere che il contratto si sia perfezionato prima e indipendentemente dalla consegna del danaro. La sentenza stabilisce che, una volta iscritta l’ipoteca di primo grado, sorge il pieno diritto dello stipulante a fruire del mutuo, che ben può dirsi gli sia stato “concesso” (nel senso dell’esistenza di un vincolo giuridico del mutuante alla relativa erogazione) con la prima stipulazione, onde l’istituto di credito non può sottrarsi alla stipulazione dell’atto definitivo e alla concreta erogazione della somma. Ne consegue che l’eventuale rifiuto ingiustificato di far luogo alla consegna al mutuatario della somma mutuata contro il rilascio di quietanza da redigersi per atto pubblico si configura come un vero e proprio inadempimento contrattuale e dà al mutuatario il diritto di ottenere il risarcimento del danno. Il fatto che la Corte di cassazione abbia fatto riferimento ai rimedi contrattuali[19], a fronte del diniego all’erogazione di danaro, è indice che il contratto si è già perfezionato (nonostante la mancata erogazione)[20]. Seguendo questa linea interpretativa, il credito fondiario costituisce una significativa eccezione al carattere reale del mutuo.

La promessa di mutuo
Nel contesto dei contratti di mutuo, un’apposita disposizione del codice civile prevede la possibilità che la consegna del bene non sia contestuale all’accordo delle parti; in assenza di consegna immediata della cosa si può realizzare la diversa fattispecie della “promessa di mutuo” (così la rubrica dell’art. 1822 c.c.), conosciuta anche come preliminare di mutuo: “chi ha promesso di dare a mutuo può rifiutare l’adempimento della sua obbligazione, se le condizioni patrimoniali dell’altro contraente sono divenute tali da rendere notevolmente difficile la restituzione, e non gli sono offerte idonee garanzie”[21].
La promessa di mutuo consiste nell’assunzione dell’obbligazione di dare il bene promesso. Sussiste dunque la possibilità di limitarsi a promettere di dare a mutuo (senza immediata consegna del bene). Ne consegue l’obbligo di consegnare la cosa, obbligo a cui ci si può sottrarre solo nel caso indicato nell’art. 1822 c.c.: quando le condizioni patrimoniali della controparte peggiorano. Il legislatore ha cioè previsto espressamente una soluzione al pericolo indicato sopra: quello che il mutuante si trovi – in forza di propria promessa – costretto a dare i beni a un mutuatario in condizioni finanziarie divenute difficili, con il rischio concreto che quest’ultimo non possa restituirli.
La giurisprudenza ha avuto modo di occuparsi dal caso in cui la banca ha promesso di dare una certa somma a mutuo per poi cambiare la sua intenzione e negare, senza motivo, la consegna del danaro. Secondo la Corte di cassazione, l’istituto mutuante è tenuto a erogare le somme e può rifiutarsi di adempiere a questa obbligazione soltanto se le condizioni patrimoniali dell’altro contraente sono diventate tali da rendere notevolmente difficile la restituzione e non sono offerte idonee garanzie[22].
Sotto un altro profilo, e più in generale, su può affermare che il carattere reale del contratto di mutuo non impedisce ai contraenti – nell’esercizio della loro autonomia privata (art. 1322 c.c.) – di creare dei contratti di mutuo atipici, che si caratterizzano per il fatto di trasformare il contratto da reale a consensuale. In questa ottica il contratto si considera perfezionato per il semplice fatto che le parti concordano l’una di dare a mutuo e l’altra di prendere a mutuo: la consegna avverrà in un momento futuro e costituisce esecuzione dell’obbligazione assunta dal mutuante nei confronti del mutuatario.
Di contratto atipico di mutuo si è occupata la Corte di cassazione[23]. La Cassazione afferma che il contratto di finanziamento, autonomo e distinto dal mutuo in senso proprio, è un contratto consensuale e atipico che assolve funzione creditizia. In particolare il finanziamento legale, dove sono già individuati i soggetti erogatori e i soggetti che possono beneficiare del finanziamento, deve riconoscersi come obbligatorio e consensuale con l’effetto che la somma da corrispondere – normalmente per stati di avanzamento con contestuale controllo della progressiva realizzazione dello scopo – rappresenta l’esecuzione dell’obbligazione. A differenza di quanto si verifica nel mutuo, la consegna di una determinata quantità di danaro costituisce l’oggetto di un’obbligazione del finanziatore anziché elemento costitutivo del contratto[24].

Cenni sul destinatario della consegna del danaro
Un altro aspetto problematico riguarda l’identificazione del soggetto a cui deve avvenire la consegna del danaro. Secondo il testo dell’art. 1813 c.c. la consegna deve avvenire “all’altra” parte, cioè al mutuatario. Nonostante tale tenore letterale si pone la questione di capire se sia possibile che venga a esistenza un valido contratto di mutuo anche nel caso in cui la consegna avvenga a un terzo. Sopra si è rilevato che per “consegna” del bene si intende non solo la consegna fisica della cosa, bensì – più ampiamente – il fatto che il mutuatario ne ottenga la disponibilità giuridica. Sulla base di questa premessa si può ritenere che sia lecito che la consegna fisica dal danaro avvenga a un terzo. In altre parole si può ritenere valido un accordo di mutuante e mutuatario, accessorio al contratto di mutuo, in forza del quale il danaro deve essere consegnato a un terzo. Il meccanismo funziona così: 1) con il contratto di mutuo il danaro viene “messo giuridicamente a disposizione” del mutuatario; 2) però il danaro viene consegnato a un terzo.
Si tratta di una sottile distinzione, che richiede particolare attenzione per essere compresa nella sua pienezza. Al riguardo è di aiuto esaminare il contenuto di alcune sentenze che hanno avuto occasione di occuparsi di questo aspetto.
La Corte di cassazione ha deciso, in una sentenza del 2004, che il contratto di mutuo si perfeziona mettendo la cosa a disposizione del mutuatario, ancorché – in forza di accordi fra quest’ultimo e il mutuante – essa sia consegnata ad altra persona di cui, eventualmente, il mutuatario sia debitore e nei confronti del quale egli intenda adempiere l’obbligazione[25]. Nel caso affrontato dalla Cassazione il danaro venne accreditato in un conto corrente aperto a favore di un soggetto terzo. Da questa sentenza risulta la distinzione fra: 1) l’attribuzione della disponibilità giuridica al mutuatario (determinante per il perfezionamento del contratto di mutuo); 2) la contestuale movimentazione del danaro in favore di un terzo (che configura esecuzione di un mero accordo accessorio rispetto al contratto di mutuo). In altre parole la banca agisce su incarico del mutuatario e versa direttamente la somma a un terzo. Nulla di sostanzialmente diverso sarebbe successo se il danaro fosse stato accreditato immediatamente al mutuatario, per poi – anche solo un secondo dopo – essere trasferito sul conto di un terzo.
Ma vi sono altri precedenti degni di essere citati. Nel 1999 la Corte di cassazione ha affermato che il contratto di mutuo si perfeziona con la consegna di una determinata quantità di danaro o con il conseguimento da parte del mutuatario della disponibilità giuridica della medesima, che può ritenersi sussistente allorquando con apposita pattuizione il mutuatario abbia incaricato il mutuante d’impiegare la somma mutuata (in tutto o in parte) per soddisfare un suo interesse[26]. Nel caso in cui il mutuante sia stato incaricato di destinare la somma per il pagamento di un debito del mutuatario, è come se si verificasse un duplice trasferimento del danaro mutuato, prima dal mutuante al mutuatario (nel cui patrimonio entra), e poi da questi al terzo. In questo caso manca la consegna fisica della somma al mutuatario, ma si verifica la consegna simbolica.
Sempre la Corte di cassazione, nel 1995, ha deciso che – nel contratto di mutuo – l’estremo della consegna della cosa mutuata ricorre anche quando la consegna venga eseguita dal mutuante non direttamente al mutuatario, ma a un terzo, in pagamento di un’obbligazione dello stesso mutuatario, in quanto il risultato pratico che si realizza in tal modo è lo stesso che si realizzerebbe con la consegna materiale del danaro al mutuatario, il quale proprio attraverso il danaro preso a mutuo è in grado di soddisfare l’interesse a estinguere un precedente suo debito[27].
Di una simile fattispecie si è infine occupata la Corte di cassazione in una sentenza del 1992[28]. La disponibilità giuridica sorge in capo al mutuatario allorché costui può disporre della somma mutuata “invito” mutuante. Nell’atto possono essere contenute specifiche pattuizioni, consistenti nell’incarico – che il mutuatario dà al mutuante – d’impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse di esso mutuatario meritevole di tutela. In tal caso, pur non avvenendo la consegna materiale della somma, la consegna deve considerarsi come avvenuta – c.d. consegna simbolica – perché le parti, consensualmente, hanno posto in essere un meccanismo giuridico diretto a evitare, considerandolo attuato, il duplice – inutile – trasferimento della somma mutuata dal mutuante al mutuatario e da costui di nuovo all’altro, con l’incarico di trasferirla secondo le istruzioni. La convenuta destinazione della somma, difatti, presuppone necessariamente che questa sia (fittiziamente) entrata nel patrimonio del mutuatario, che (solo) perciò ha potuto determinarne l’impiego concreto. Diversa, secondo la Cassazione, è la situazione allorché con il contratto il mutuatario autorizzi il mutuante a trattenere la somma mutuata, senza disporre contestualmente la specifica destinazione della stessa. In tal caso la somma rimane nella disponibilità del mutuante perché la somma stessa né ha ricevuto una specifica convenzionale destinazione né ha costituito oggetto di una specifica regolamentazione, che, innovando il titolo di appartenenza della somma stessa, l’abbia per ciò posta nella esclusiva disponibilità giuridica del mutuatario. La Corte di cassazione conclude pertanto nel senso che l’autorizzazione conferita al mutuante a trattenere la somma va interpretata quale mera pattuizione consensuale di rinvio della consegna, con conseguente procrastinazione del momento perfezionativo del contratto[29].

 

NOTE:

[1] Sulla disciplina del contratto di mutuo la letteratura giuridica è molto ampia. A titolo esemplificativo cfr. T. Aggio, Sul mutuo di scopo convenzionale, in Riv. not., 2009, II, 445 ss.; V. Carbone, La corte legittima l’intervento del legislatore a favore delle banche: scompaiono gli interessi divenuti usurari, in Corr. giur., 2002, 612 ss.; D. Colavincenzo, Mutuo usuraio e investimento del capitale ricevuto: profili evolutivi della nozione di stato di bisogno, in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 158 ss.; B. Inzitari, Il mutuo con riguardo al tasso “soglia” della disciplina antiusura e al divieto dell’anatocismo, in Banca borsa tit. cred., 1999, I, 257 ss.; E. Marini, La rilevabilità ictu oculi dell’errore sul computo degli interessi di un mutuo, in Riv. giur. sarda, 2009, 88 ss.; R. Muroni, La portabilità del mutuo nella fase patologica del rapporto da rinegoziare ed in pendenza di procedure esecutive immobiliari, in Corr. giur., 2008, 1452 ss.
[2] Fra i più recenti interventi in materia di credito fondiario v. E. Bassoli, Il mutuo fondiario, in I singoli contratti, a cura di G. Cassano, 2° vol., Padova, 2010, 1225 ss.; A. Benussi, La c.d. “condizione risolutiva” tra vecchio e nuovo mutuo fondiario, in Obbl. contr., 2008, 981 ss.; C. Caccavale, Gli “atti unilaterali di mutuo” nel credito bancario, in Riv. dir. priv., 2001, 307 ss.; C. Caccavale-A. Ruotolo, Trascrizione del preliminare e ipoteca iscritta a garanzia del mutuo concesso al promissario acquirente per l’acquisto dell’immobile, in Notariato, 2002, 108 ss.; E. Calice, Condizione dell’estinzione del mutuo ed obbligo di cancellazione dell’ipoteca iscritta, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, 454 ss.; M. Cordopatri, Ancora in tema di revocabilità del mutuo fondiario e decadenza dal beneficio del consolidamento dell’ipoteca, in Banca borsa tit. cred., 2009, II, 181 ss.; G. Daleffe, Credito fondiario e anatocismo, in Dir. fall., 2008, II, 380 ss.; A. Favarolo, Condizione o clausola risolutiva nell’ipotesi di inadempimento del mutuo fondiario: le Sezioni Unite compongono il contrasto, in Dir. giur., 2008, 610 ss.; C. Leggieri, Mutuo fondiario ed inadempimento del mutuatario: calcolo degli interessi di mora, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, 1149 ss.; A. Riccio, Nel mutuo fondiario è, dunque, illegittimo il cumulo degli interessi, in Contr. impr., 2008, 835 ss.; F. R. Sireci, La risoluzione del mutuo fondiario e i suoi effetti restitutori, in Obbl. contr., 2008, 988 ss.; C.-M. Tardivo, Brevi note in tema di interessi di mora e risoluzione di finanziamento fondiario, in Banca borsa tit. cred., 2010, II, 324 ss.; F. Tassinari, Semplificazione nel procedimento di cancellazione dell’ipoteca nei mutui immobiliari, in Notariato, 2007, 126 ss.; F. Toschi Vespasiani-L. Fantechi, Mutuo fondiario: contratto “a scopo di garanzia” tra novazione e nullità per difetto di causa concreta, in Contratti, 2008, 1085 ss.
[3] Con riferimento alla nozione di contratto di mutuo cfr. in particolare M. Cian, Commento all’art. 1813, in Commentario breve al codice civile, a cura di G. Cian-A. Trabucchi, 9a ed., Padova, 2008, 2258 ss.; A. Cimino, Commento all’art. 1813, in Codice civile commentato, 4° libro, a cura di G. Alpa-V. Mariconda, Milano, 2009, 2113 ss.; R. Cristofari, Commento all’art. 1813, in Commentario al codice civile, a cura di P. Cendon, Milano, 2009, 237 ss.
[4] È quasi superfluo ricordare che, essendo il mutuo uno dei tanti contratti tipici previsti nel nostro ordinamento, è necessario che esso soddisfi i requisiti previsti per il contratto in generale: l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma (art. 1325 c.c.). L’accordo delle parti è l’incontro delle dichiarazioni di volontà dei contraenti: una parte intende dare a mutuo, l’altra intende prendere a mutuo. Certamente l’elemento del consenso è essenziale affinché venga a esistenza il contratto. Il problema è che – nel contratto di mutuo – l’accordo non basta, dovendosi aggiungere la consegna del bene (secondo quanto prescrive l’art. 1813 c.c.). Ciò non pare invece essere necessario nel credito fondiario, laddove si stabilisce che la stipulazione del contratto e l’erogazione del denaro possono formare oggetto di atti separati (art. 39 comma 2 t.u.b.). Bisogna peraltro rilevare che questa disposizione speciale si limita a distinguere i due momenti in cui si compie l’operazione, ma – nel fare ciò – non esclude che la consegna del danaro sia elemento costitutivo del contratto. Approfondiremo questo aspetto più avanti. La causa del contratto di mutuo, come pure del credito fondiario, consiste nel fatto che una parte ha bisogno di danaro per realizzare un certo obiettivo, mentre la controparte (una banca) esercita professionalmente l’attività bancaria, consistente nella concessione di finanziamenti, al fine di trarne lucro mediante la percezione d’interessi sul mutuo erogato. L’oggetto del contratto di mutuo consiste nella concessione di un finanziamento di un certo importo. Nel credito fondiario tale finanziamento deve essere di medio oppure lungo termine, con esclusione dei finanziamenti a breve. Per quanto riguarda infine il requisito della forma, di norma il contratto di mutuo non richiede il rispetto di forme particolari. Tuttavia una regola diversa vale nel caso di credito fondiario, in quanto in questa tipologia di finanziamento deve esserci la garanzia con ipoteca di primo grado su immobili. E, secondo la disposizione del codice civile, la concessione di ipoteca deve farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità (art. 2821 comma 1 c.c.).
[5] Questa diversità di tecnica legislativa nella descrizione dei due istituti non deve ovviamente sorprendere, considerato che sono contenuti in testi normativi differenti: del mutuo viene data una definizione per ragioni di uniformità sistematica, costituendo uno dei tanti contratti tipici regolati nel codice civile la cui disciplina si apre – appunto – con l’enunciazione della nozione.
[6] In ipotesi si potrebbe realizzare un’operazione di credito fondiario anche mediante un’apertura di credito bancario (secondo la definizione che ne dà il codice civile, l’apertura di credito bancario “è il contratto col quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte una somma di danaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato”; art. 1842 c.c.). Per un approfondimento in merito alla possibilità di attuare il credito fondiario mediante un contratto di apertura di credito cfr. G. Falcone, Commento all’art. 38, in Testo unico bancario. Commentario, a cura di M. Porzio-F. Belli-G. Losappio-M. Rispoli Farina-V. Santoro, Milano, 2010, 371 s.
[7] Ad esempio nel riporto il contratto si perfeziona “con la consegna” dei titoli (art. 1549 c.c.); con il contratto estimatorio una parte “consegna” una o più cose mobili (art. 1556 c.c.); nel deposito la legge dice che una parte “riceve” dall’altra una cosa mobile (art. 1766 c.c.); il sequestro convenzionale è il contratto col quale due o più persone “affidano” a un terzo una cosa o una pluralità di cose (art. 1798 c.c.); nel comodato si dice che una parte “consegna” all’altra una cosa (art. 1803 c.c.).
[8] Cass., 21 giugno 2005, n. 13294.
[9] È appena il caso di ricordare che, secondo l’art. 1376 c.c., “nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato”.
[10] Fra le sentenze più recenti che contengono una statuizione del genere si può segnalare Cass., 2 aprile 2007, n. 8120, ai sensi della quale il mutuo è contratto di natura reale che si perfeziona con la consegna di una determinata quantità di danaro (o di altre cose fungibili) ovvero con il conseguimento della disponibilità giuridica da parte del mutuatario. Si veda inoltre Cass., 5 luglio 2001, n. 9074, secondo cui la natura reale del contratto di mutuo non richiede in via tassativa che la cosa mutuata sia materialmente consegnata dal mutuante al mutuatario, l’esigenza del requisito della “traditio” potendo ritenersi soddisfatta – in determinati casi – allorquando il risultato pratico concretamente raggiunto s’identifichi con quello che si sarebbe realizzato con la consegna materiale del bene mutuato.
[11] Si riprende l’espressione utilizzata da F. Murino, Sull’incerta ricostruzione dei consolidamenti mediante mutuo fondiario o ipotecario concluso da un soggetto, già debitore della banca, poi dichiarato fallito, in Giur. it., 2002, 2110.
[12] Per i profili di cui ci stiamo occupando non rileva la differenza fra assegno bancario e circolare. Questo secondo tipo di assegno viene emesso dalla banca a fronte di una provvista sicuramente esistente; l’assegno circolare offre pertanto un livello altissimo di sicurezza per il prenditore del medesimo. Alcune sentenze hanno addirittura equiparato l’assegno circolare al danaro contante (cfr. Cass., 18 dicembre 2007, n. 26617, in Obbl. contr., 2008, 684 ss., con nota di S. Giovannelli, la quale ha deciso che, nelle obbligazioni pecuniarie, il cui importo sia inferiore a 12.500 euro o per le quali non sia imposta per legge una diversa modalità di pagamento, il debitore ha facoltà di pagare, a sua scelta, in moneta avente corso legale nello Stato o mediante consegna di assegno circolare; nel primo caso il creditore non può rifiutare il pagamento, come, invece, può nel secondo solo per giustificato motivo da valutare secondo la regola della correttezza e della buona fede oggettiva; l’estinzione della obbligazione con effetto liberatorio del debitore si verifica nel primo caso con la consegna della moneta e nel secondo quando il creditore acquista concretamente la disponibilità giuridica della somma di danaro, ricadendo sul debitore il rischio dell’inconvertibilità dell’assegno).
[13] Cass., 21 febbraio 2001, n. 2483.
[14] Cass., 15 luglio 1994, n. 6686, in Banca borsa tit. cred., 1996, II, 41 ss., con nota di R. Teti; in Giust. civ., 1995, I, 157 ss., con nota di M. Costanza.
[15] Cass., 12 ottobre 1992, n. 11116, in Banca borsa tit. cred., 1994, II, 21 ss., con nota redazionale.
[16] Fra le sentenze di merito si può segnalare Trib. Genova, 16 gennaio 2002, in Giur. it., 2002, 2108 ss., con nota di F. Murino. Secondo questa autorità giudiziaria la dazione della somma mediante accreditamento sul conto corrente integra la consegna ai fini del perfezionamento del contratto di mutuo.
[17] Per un approfondimento della possibile qualificazione, rispettivamente, della stipulazione del contratto e della erogazione dal danaro quale doppio contratto cfr. G. Falcone, Commento all’art. 39, in Testo unico bancario. Commentario, a cura di M. Porzio-F. Belli-G. Losappio-M. Rispoli Farina-V. Santoro, Milano, 2010, 388 ss.
[18] Cass., 6 giugno 2003, n. 9101, in Dir. fall., 2004, II, 231 ss., con nota di S. Ziino.
[19] È appena il caso di notare che, in via generale, i rimedi a disposizione del soggetto interessato possono distinguersi in precontrattuali oppure contrattuali. I rimedi precontrattuali tutelano con riferimento a quanto avvenuto fino alla conclusione del contratto: la disposizione di riferimento è l’art. 1337 c.c., ai sensi del quale “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”, cui bisogna aggiungere le disposizioni in materia di annullamento del contratto per vizio del consenso (art. 1427 ss. c.c.). Se invece il comportamento che fa scattare il rimedio si colloca dopo la conclusione del contratto, i rimedi che possono operare sono il risarcimento del danno contrattuale (art. 1218 c.c.) nonché, nei casi più gravi, la risoluzione del contratto (art. 1453 ss. c.c.).
[20] A conferma di questa interpretazione, si veda Cass., 26 marzo 2002, n. 4327, secondo cui il contratto condizionato di mutuo costituisce, a differenza del contratto di mutuo (di natura reale), un contratto consensuale, nel quale la consegna della somma rappresenta esecuzione dell’obbligazione principale e non elemento costitutivo del contratto. Ne consegue che il momento perfezionativo del contratto medesimo è quello della stipula dell’atto pubblico, a nulla rilevando l’apposizione di condizioni.
[21] Cass., 16 settembre 1986, n. 5630, ha individuato come segue la distinzione fra mutuo e promessa di mutuo: il mutuo è un contratto reale la cui attuazione, secondo il disposto dell’art. 1813 c.c., si incentra nella consegna, da una parte all’altra, di una determinata quantità di danaro o d’altre cose fungibili e non già nell’obbligo di consegnare beni di tale genere che è previsto, invece, nel successivo art. 1822 c.c. come il contenuto proprio della promessa di mutuo.
[22] Cass., 6 giugno 2003, n. 9101, in Dir. fall., 2004, II, 231 ss., con nota di S. Ziino.
[23] Cass., 19 maggio 2003, n. 7773.
[24] Similmente Cass., 21 luglio 1998, n. 7116, aveva affermato che il c.d. “contratto di finanziamento” è fattispecie negoziale consensuale, che assolve essenzialmente funzione creditizia, con la conseguenza che la consegna della somma da corrispondere, normalmente per stati di avanzamento, rappresenta l’esecuzione dell’obbligazione principale, anziché (come nel mutuo) l’elemento costitutivo del contratto.
[25] Cass. 28 agosto 2004, n. 17211, in Contratti, 2005, 147 ss., con nota di L. Polese.
[26] Cass., 13 agosto 1999, n. 8634, in Fall., 2000, 429 ss., con nota redazionale.
[27] Cass., 3 agosto 1995, n. 8487, in Banca borsa tit. cred., 1997, II, 143 ss., con nota di R. Teti.
[28] Cass. 12 ottobre 1992, n. 11116, in Banca borsa tit. cred., 1994, II, 21 ss., con nota redazionale.
[29] La medesima soluzione è stata fatta propria, molto recentemente, da Trib. Latina, Sez. dist. Terracina, 18 maggio 2010, in Contratti, 2010, 977 ss., con nota di V. Sangiovanni, secondo cui l’autorizzazione conferita dal mutuatario al mutuante a trattenere la somma va interpretata quale pattuizione consensuale di rinvio della consegna, con conseguente procrastinazione del momento perfezionativo del contratto.



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