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CASSAZIONE CIVILE, SEZ. I, SENT. N. 12673 del 20/4/2022
L’art. 41 Testo Unico Bancario assegna al creditore fondiario un privilegio di carattere meramente processuale, essenzialmente consistente, per l’appunto, nella facoltà di avvalersi della esecuzione individuale, privilegio che, però, non incide affatto sulla portata sostanziale del diritto di detto creditore ad essere soddisfatto. Il che val quanto dire, in altri termini, che il creditore fondiario non può ottenere dalla esecuzione individuale nulla più di quanto otterrebbe attraverso il concorso fallimentare. La norma non comporta dunque alcuna deroga alla disciplina dettata in tema di accertamento del passivo, ed in particolare al principio di esclusività della verifica fallimentare previsto dalla L.Fall., art. 52, neppure potendosi ritenere “che il rispetto di tali regole sia assicurato nell’ambito della procedura individuale dall’intervento del curatore fallimentare” (Cass. 11 ottobre 2012, n. 17368, sulla linea di Cass., Sez. Un., 17 dicembre 2004, n. 23572). Ne discende che l’assegnazione della somma disposta nell’ambito della procedura individuale, come rammentato dal ricorrente, ha carattere provvisorio, essendo onere del creditore di insinuarsi comunque al passivo del fallimento, in vista della graduazione dei crediti cui è strumentale la procedura concorsuale (principio, quest’ultimo, occorre precisare, affermato già nella vigenza della legge fallimentare ante-riforma, e con riferimento alla previgente disciplina del credito fondiario, R.D. 16 luglio 1905, n. 646, art. 42: v. p. es. Cass. 15 gennaio 1998, n. 314; Cass. 17 dicembre 2004, n. 23572; Cass. 5 aprile 2007, n. 8609; n. 11014; Cass. 28 maggio 2008, n. 13996; Cass. 4 settembre 2009, n. 19217; Cass. 10 ottobre 2012, n. 17368). L’esecuzione individuale, perciò, non si sottrae alla disciplina concorsuale in materia di accertamento dei crediti e dei privilegi ed alla ripartizione della somma ricavata (Cass. 21 marzo 2014, n. 6738; Cass. 8 settembre 2011, n. 18436), ed il coordinamento fra esecuzione individuale e concorsuale è, come si diceva, assicurato in ragione dell’attribuzione di provvisorietà all’assegnazione operata in sede di esecuzione forzata individuale, unitamente alla connessa imposizione al creditore dell’onere d’insinuarsi al passivo del fallimento per conseguire il risultato dell’esecuzione. Di guisa che, in definitiva, il creditore fondiario vedrà integralmente soddisfatto il suo credito ove nei suoi riguardi, in sede fallimentare, risulti esservi capienza, mentre vedrà il proprio credito falcidiato in presenza di crediti prededucibili o muniti di cause di prelazione di grado superiore al suo, dovendo in tal caso restituire alla massa le somme eventualmente percepite in eccesso rispetto a quelle riconosciute nel riparto fallimentare.
In tale ottica si è detto, in tempi abbastanza recenti, che “per ottenere l’attribuzione (in via provvisoria, salvi i definitivi accertamenti operati nel prosieguo della procedura fallimentare) delle somme ricavate dalla vendita, il creditore fondiario dovrà documentare al giudice dell’esecuzione di avere sottoposto positivamente il proprio credito alla verifica del passivo in sede fallimentare, cioè di aver proposto l’istanza di ammissione al passivo del fallimento e di avere ottenuto un provvedimento favorevole dagli organi della procedura (anche se non ancora divenuto definitivo). Solo in tal caso il giudice dell’esecuzione potrà attribuire al suddetto creditore il ricavato della vendita e dovrà farlo nei limiti del provvedimento di ammissione, disponendo la restituzione del residuo al fallito (e per esso al curatore del suo fallimento, ma senza alcuna ulteriore decurtazione). In caso contrario (cioè laddove l’istituto non abbia affatto presentato l’istanza di ammissione al passivo, in violazione della L.Fall., art. 52, ovvero il suo credito sia stato escluso dal passivo), l’intero ricavato della vendita non potrà che essere rimesso agli organi della procedura fallimentare, per essere distribuito in tale sede” (Cass. 28 settembre 2018, n. 23482, che è stata pronunciata, è importante dire, in un caso in cui, dichiarato esecutivo il piano di riparto dal giudice dell’esecuzione, il curatore fallimentare aveva spiegato opposizione agli atti, respinta con decisione poi cassata con la richiamata pronuncia).
Secondo l’orientamento di questa Corte, l’approvazione del progetto di distribuzione comporta l’intangibilità della concreta ed effettiva attribuzione delle somme ricavate (da ult. Cass. 8 giugno 2021, n. 15963; in precedenza tra le moltissime Cass. 24 ottobre 2018, n. 26927; Cass. 14 giugno 2016, n. 12242; Cass. 31 ottobre 2014, n. 23182; Cass. 18 agosto 2011, n. 17371; Cass. 30 novembre 2005, n. 26078; Cass. 8 maggio 2003, n. 7036).
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