Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 12015 del 7 maggio 2019
La S.C. ha confermato che il contratto di apertura di credito non deve essere stipulato per iscritto a pena di nullità qualora risulti già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto.
Massima:
“Questa Corte ha più volte affermato che “In tema di disciplina della forma dei contratti bancari, del D.lgs. n. 385 del 1993, art. 117, comma 2, stabilisce che il C.I.C.R., mediante apposite norme di rango secondario, possa prevedere che particolari contratti, per motivate ragioni tecniche, siano stipulati in forma diversa da quella scritta. Ne discende che, in forza della Delib. C.I.C.R. 4 marzo 2003, il contratto di apertura di credito, qualora risulti già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto, non deve, a sua volta, essere stipulato per iscritto a pena di nullità” (Cass. Sez. 1, 27 marzo 2017, n. 7763), pur precisando che “l’intento di agevolare particolari modalità della contrattazione non comporta una radicale soppressione della forma scritta ma solo una relativa attenuazione della stessa che, in particolare, salvaguardi l’indicazione nel “contratto madre” delle condizioni economiche cui andrà assoggettato il “contratto figlio”” (Cass. 27 novembre 2017, n. 27386). Del resto già in precedenza, ma sempre con riferimento al regime successivo all’entrata in vigore della L. 17 febbraio 1992, n. 154, art. 3, questa Corte aveva espressamente ammesso la dimostrazione del contratto di apertura di credito anche per facta concludentia, nel caso in cui risulti applicabile la deroga al requisito della forma scritta, prevista nelle disposizioni adottate dal C.I.C.R. e dalla Banca d’Italia, ai sensi dell’art. 117 t.u.l.b. (e, anteriormente, della L. n. 154 del 1992, ex art. 3), per essere stato tale contratto già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto (Cass. 15 settembre 2006, n. 19941 e 9 luglio 2005, n. 14470)”.
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