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13 Agosto 2021 In Diritto bancario Tidona, Notizie dalla Corte Bancaria

CASSAZIONE – Utilizzo di somme rinvenienti da anticipazioni su fatture in conto corrente utilizzate per estinguere pregresse passività del correntista- Revocabilità fallimentare

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Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 19187 del 6/7/2021

 

La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, ha ritenuto che nelle operazioni di anticipazioni su fatture regolate in conto corrente, il concreto mancato riaccredito da parte della banca sul conto corrente ordinario della correntista della somma incassata dal terzo debitore del proprio cliente, ed il suo utilizzo per estinguere pregresse passività del correntista, costituisce una modalità “anomala” di estinzione dell’obbligazione, integrante per questo una causa di revoca ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2, della Legge Fallimentare, che dispone che “sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore (…) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento”. [1]

Al fine di evitare la revocatoria fallimentare delle somme ricevute, rimane comunque la possibilità per la banca di dimostrare in concreto la carenza dello stato soggettivo di conoscenza dello stato di insolvenza del proprio debitore.

 

  • MASSIMA ESTRATTA:

“Ad avviso di questo Collegio, l’anomalia dell’operazione posta in essere dalla Banca, nel caso di specie, per estinguere precedenti passività accumulate dal cliente non sta affatto nel meccanismo attraverso cui avviene l’erogazione dell’anticipazione a fronte dello smobilizzo dei crediti e neppure nella asserita prassi di farsi consegnare dal cliente assegni post datati emessi dal debitore del cliente a copertura degli importi delle fatture anticipate (sul principio che gli atti estintivi di debiti effettuati con assegni post datati non costituiscono mezzi anormali di pagamento, vedi Cass. n. 3136/2016 e Cass. n. 3471/2011), la quale, può rispondere ad un’esigenza di obiettiva cautela della banca quando l’importo dell’anticipazione erogata – come nel caso in esame – è notevolmente superiore al limite del “fido”. E ciò in quanto gli affidamenti per smobilizzo crediti (a differenza del contratto di apertura di credito in conto corrente) non attribuiscono al cliente della banca la facoltà di disporre con immediatezza di una determinata somma di danaro, ma sono esclusivamente fonte, per l’istituto di credito, degli obblighi di accettare, entro un predeterminato ammontare (e quindi non oltre), i titoli che l’affidato presenterà e di anticipare a quest’ultimo la relativa provvista (vedi sul punto Cass. n. 6575/2018). In realtà, quello che, nel caso di specie, rende “anomala” un’operazione di anticipazione che astrattamente risponderebbe alla normale prassi bancaria è il fatto che la banca ha gestito tale operazione non secondo le ordinarie modalità ma l’ha utilizzata per estinguere propri debiti”.

Su tale presupposto la S.C. ha espresso il seguente principio di diritto:

“Deve, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto: “Nell’ambito di un’operazione di anticipo su fatture regolata in conto corrente, il concreto mancato riaccredito da parte della banca sul conto corrente ordinario della cliente della somma incassata dal terzo, debitore del proprio cliente, ed il suo utilizzo per estinguere pregresse passività del correntista, costituisce una modalità “anomala” di estinzione dell’obbligazione integrante una causa di revoca a norma della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2″”.

 

[1] Art. 67 (Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie), R.D. n. 267 del 16/3/1942 (Legge Fallimentare):

“Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore:

1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;

2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;

3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;

4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti. Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Non sono soggetti all’azione revocatoria:

a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso;

b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;

c) le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado, ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente, purchè alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio;

d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purchè posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo; il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore;

e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’articolo 182-bis , nonchè gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 161;

f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito; g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano all’istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali”.



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