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Cassazione Civile, sez. VI, sent. n. 16263 del 30 luglio 2020
Massima:
“Nell’esdebitazione la condizione di soddisfacimento, almeno parziale, dei creditori concorsuali, prevista dalla L. Fall., art. 142, comma 2, deve intendersi realizzata anche quando talune categorie di creditori (nella specie, i creditori chirografari) non abbiano ricevuto alcunchè in sede di riparto (v. oltre a Cass. Sez. U n. 24214-11, anche Cass. n. 9767-12, Cass. n. 16620-16); ciò ottiene che la valutazione comparativa del presupposto è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, ma deve essere operata secondo un’interpretazione coerente col favor debitoris che ispira la norma, sicchè, ove ricorrano i presupposti elencati nel comma 1, il beneficio dell’esdebitazione deve essere concesso a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o siano stati soddisfatti in percentuale affatto irrisoria”.
Motivazione:
“III. – la censura consegnate, al secondo motivo è invece, nel senso che segue, manifestamente fondata;
come questa Corte ha già altre volte osservato, nell’esdebitazione la condizione di soddisfacimento, almeno parziale, dei creditori concorsuali, prevista dalla L. Fall., art. 142, comma 2, deve intendersi realizzata anche quando talune categorie di creditori (nella specie, i creditori chirografari) non abbiano ricevuto alcunchè in sede di riparto (v. oltre a Cass. Sez. U n. 24214-11, anche Cass. n. 9767-12, Cass. n. 16620-16);
ciò ottiene che la valutazione comparativa del presupposto è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, ma deve essere operata secondo un’interpretazione coerente col favor debitoris che ispira la norma, sicchè, ove ricorrano i presupposti elencati nel comma 1, il beneficio dell’esdebitazione deve essere concesso “a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o siano stati soddisfatti in percentuale affatto irrisoria” (di recente Cass. n. 7550-18);
IV. – nel caso di specie dal decreto si evincono le seguenti percentuali di soddisfacimento: 9,60% dei creditori del fallimento sociale (percentuale interamente destinata ai privilegiati), riferita alla proporzione tra attivo e passivo; 19,82% dei creditori medesimi (sempre destinata ai soli privilegiati), riferita al solo attivo;
dopodichè è esposta una situazione definita come “sorte della liquidazione nel fallimento personale”; e tale situazione è indicata in termini tali da far ritenere che la liquidazione dell’attivo avesse consentito la soddisfazione dei soli creditori privilegiati nella percentuale dello 0,03% (0,01 in termini assoluti, vale a dire – se ben si comprende il senso dell’espressione come utilizzata dalla corte d’appello – correlati alla proporzione tra attivo e passivo);
su tale punto la decisione è manchevole, poichè è eccentrico ipotizzare la decisività del dato attinente a quanto sia stato consentito soddisfare con la liquidazione dell’attivo del (solo) fallimento individuale;
ciò non basta a escludere l’esdebitazione; infatti l’ambito soggettivo di applicazione della L. Fall., art. 142, per quanto circoscritto al “fallito persona fisica”, va sicuramente riferito anche al socio illimitatamente responsabile di una società fallita come tale, il quale socio sia a sua volta fallito in estensione;
questo impone di coerentemente valutare il presupposto oggettivo rilevando che l’art. 142, comma 2, è riferito ai “creditori concorsuali”; e tali sono, per il socio fallito in estensione, pure e necessariamente quelli della società; difatti (L. Fall., art. 148), pur rimanendo distinte le diverse procedure, il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per l’intero e con il medesimo eventuale privilegio generale anche nel fallimento dei singoli soci, mentre i creditori particolari partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori;
il creditore sociale ha quindi diritto di partecipare a tutte le ripartizioni fino all’integrale pagamento, il che vuol dire però – e anche – che il previo soddisfacimento del creditore sociale non è irrilevante nel fallimento del socio, nel senso che può il creditore sociale pretendere di partecipare al riparto solo per la sorte residua;
la corte d’appello avrebbe dovuto considerare simile aspetto del problema, condizionato dal rapporto tra e L. Fall., art. 148 e art. 142; avrebbe dovuto cioè, in altre parole, specificare la ragione per la quale la percentuale di soddisfacimento dei creditori concorsuali, per tali intendendosi, a fronte del fallimento del socio in estensione, quelli sociali e quelli particolari, dovesse esser ritenuta manifestamente irrisoria; il che non si evince affatto dalla differenziata e approssimativa esposizione che ha preceduto il dispositivo, nel quale l’irrisorietà è razionalmente motivata a fronte della sola ma incompleta sorte della liquidazione del fallimento personale;
il decreto va quindi cassato;
segue il rinvio alla medesima corte d’appello, in diversa composizione, per nuovo esame;
la corte d’appello di uniformerà al principio detto e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Bologna.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2020”.
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