Di Simone Cerri, Consulente
Sommario:
- La natura della garanzia dei confidi
- Problemi in materia di cessione dei crediti; l’art. 58 T.U.B.
- La sentenza 5598 Corte di Cassazione e l’applicabilità estensiva dell’art. 1957 c.c.
- La natura della garanzia dei confidi
I consorzi e le cooperative di garanzia collettiva dei confidi rivestono un ruolo importante nel sistema economico italiano, caratterizzato da una grandissima presenza di PMI; infatti esse permettono e facilitano l’accesso al credito proprio delle piccole e medie imprese, oltre che dei liberi professionisti, rilasciando per l’appunto garanzie.
Il tema di questa breve trattazione non è quella di approfondire le rilevanze soggettive di questi soggetti bensì, dopo una premessa relativa alla natura della garanzia da essi prestata, capire le sorti della stessa nelle ipotesi (sempre più frequenti nel mercato italiano) di operazioni di cessione di crediti massive (le cosiddette vendite di NPL).
Dunque per comprenderne le sorti si tratta di capire in primo luogo, quale garanzia sia quella prestata dai confidi. Ora, secondo la giurisprudenza e la dottrina prevalente, l’attività svolta dai confidi consiste nella prestazione di una garanzia che obbliga tale ente a tenere indenne il creditore[1]
Nulla quaestio se si trattasse di una garanzia accessoria. Infatti. Il debitore garantisce l’adempimento l’obbligazione con tutti i suoi beni presenti futuri (art. 2740 c.c.) e, definendosi garanzia secondo una celebre formula “ciò che concorre a soddisfare le ragioni del creditore”[2] le garanzie accessorie, come la fideiussione, sono quelle che “accedendo” alla obbligazione principale, ne seguono le sorti. Accedendo, ovviamente, con una obbligazione distinta, va premesso (garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui art. 1936 c.c.).
Infatti; la fideiussione non è valida, se non è valida l’obbligazione principale (art. 1939 c.c.), il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale (art.1945 c.c.) e soprattutto (salvo diversa pattuizione tra le parti relativa al beneficum excussionis) il fideiussore è obbligato in solido al pagamento del debito.
Detto brevemente cosa è (e come si strutturi) una garanzia accessoria con il suo modello codicistico, va premesso che la legge 317 del 1991 di riforma del sistema Confidi, purtroppo, non ha definito la natura della garanzia confidi; tuttavia premesso che la stessa legge attribuisce liberta nelle forme del confidi (consortile o cooperativa), la stessa disposizione ricorda che le stesse svolgono “attività di servizi del credito per favorire la concessione di finanziamenti e prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzia”. Niente altro.
È quindi la vocazione, la finalità che connota questa garanzia che peraltro può rivestire diverse forme a seconda di ciò che l’autonomia delle parti stabilisce caso per caso (ad esempio controgaranzia, garanzia a prima richiesta, ecc.)
Arrivati a questo punto possiamo schematicamente rilevare che sono diverse le interpretazioni che permettono di non considerare fideiussione la presente garanzia:
- Interpretazione teleologica, ossia che guarda alle finalità della normativa: la ratio di una fideiussione è quella di dare un aiuto ad un debitore principale che ritroviamo nella definizione dei brocardi “Qui alieno nomine obligatur, fideiussor vocatur” (Chi si obbliga a nome di altri è definito fideiussore), e la sua finalità può essere lucrativa oppure no. Finalità della garanzia confidi, che è sempre lucrativa, è quella di avere un più facile accesso al credito, per il tramite (indiretto) di un più ampio patrimonio aggredibile;
- Interpretazione letterale. Infatti, nell’unica disposizione normativa cui se ne parla, viene espressamente detto che: “Nell’esercizio dell’attività di garanzia collettiva dei fidi possono essere prestate garanzie reali e personali”[3] dunque non viene usata la parola fideiussione;
- Interpretazione contrattuale. Nella pattuizione della fideiussione esiste un solo rapporto e una sola dichiarazione del fideiussore che deve essere espressa (art. 1937 c.c.) e che può anche non essere conosciuta dall’obbligato (art. 1936 secondo comma c.c.). Nel caso dei confidi, quale sia la tipologia abbiamo invece un rapporto trilaterale ossia:
- Rapporto finanziatore PMI (cosiddetto di credito) ove il confidi non ne è parte
- Rapporto istituto finanziatore e confidi (detto rapporto di convenzione) ove il finanziato non ne è parte
- Rapporto pmi/soggetto richiedente il finanziamento e confidi (ove l’istituto erogante[4] è estraneo)
- Interpretazione giurisprudenziale; in un campo che è stato affrontato principalmente in modo incidentale, non sono molte quelle che hanno approfondito la questione. Se pochissime hanno parlato di una garanzia autonoma, nessuna ha mai affermato che trattasi di garanzia fideiussoria.
- Interpretazione che potremmo definire pratica. I confidi generalmente non prestano una fideiussione diretta verso la banca, ma si impegnano a rispondere con il proprio fondo rischi nei termini della convenzione che intercorre con la banca[5]
Senza volere sviscerare, come detto, la reale natura di questo legame cauzionale si riportano due sentenze che in particolare sono state le capostipiti di un approfondimento;
La prima è del Tribunale di Torino, del 29 agosto 2002, il quale ha definito la garanzia del confidi come:
“Un articolato coacervo di rapporti nascenti da autonome pattuizioni tra il destinatario della prestazione (e beneficiario della garanzia), il garante (sovente una istituto di credito), e il debitore della prestazione (ordinante la garanzia atipica)”, in attuazione di una complessa operazione economica destinata a dipanarsi, sotto il profilo della struttura negoziale, attraverso una scansione diacronica di rapporti, il primo (di valuta), corrente tra debitore e creditore, tra cui viene originariamente pattuito l’adempimento di una certa prestazione del primo nei confronti dell’altro, il secondo (di provvista), destinato a intervenire tra debitore e futuro garante, con esso pattuendosi l’impegno di quest’ultimo a garantire il creditore del primo rapporto, il terzo nascente, infine, tra creditore e garante, con quest’ultimo senz’altro obbligato ad adempiere alla prestazione del debitore a semplice richiesta del primo nel caso di inadempimento del secondo (rapporti ai quali non risulterà poi inusuale l’aggiunta di una quarta convenzione negoziale collegata, quella tra un secondo istituto di credito controgarante e banca prima garante, avente lo stesso contenuto del primo rapporto di garanzia”
È qui evidente l’accento posto al sistema di contratti paralleli di cui si è fatto cenno supra.
La seconda è della Corte di Cassazione SS.UU., n. 3947 del 18 febbraio 2010, secondo la quale:
“Par lecito discorrere, a proposito del contratto atipico di garanzia, di una funzione di tipo “cauzionale” – mentre la sua più frequente utilizzazione rispetto al deposito di una vera e propria cauzione trae linfa proprio in ragione della sua minore onerosità e della possibilità di evitare una lunga e improduttiva immobilizzazione di capitali”
Rimarrebbe solo la possibilità di utilizzare lo strumento della confideiussione, ma pare un legame labile, in virtù di quanto detto, ed espressamente stabilito da una giurisprudenza attenta [6]. Inoltre, nella prassi, qualora vi sia un altro garante, le sorti dello stesso sono tenute ben distinte da quelle del confidi, venendo meno quell’interesse comune che è elemento caratterizzante la confideiussione, originandosi invece rapporti giuridici distinti, con atti separati e senza reciproca consapevolezza dei differenti rapporti di garanzia[7]
Ora fatta questa premessa, e senza alcuna pretesa di affermare chiaramente quale sia la natura[8] di questo rapporto di garanzia (è auspicabile sul punto un intervento diretto e chiaro del legislatore), si ritiene che vi siano sufficienti elementi per non considerare lo stesso, in modo inequivocabile, un rapporto fideiussorio.
- Problemi in materia di cessione dei crediti; l’art. 58 T.U.B.
Ora, non essendo la prestazione dei confidi una garanzia accessoria, la stessa non può seguire le sorti del credito garantito, e questa dovrebbe essere l’unica conseguenza logica. In segno opposto va però l’articolo 58 del TUB il quale, al comma tre, afferma che:
. I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione. Restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti.
Disposizione poi richiamata dalla legge n. 130 del 1999 in materia di cartolarizzazione dei crediti
In claris non fit interpretatio dunque? Non proprio e non solamente perché il dato normativo è in palese contrasto con la natura stessa della garanzia in oggetto, come già visto in precedenza.
La dottrina più attenta fa notare che [9]l’ambito di riferimento della disposizione è quello dei rapporti giuridici (e infatti il titolo è Cessione di rapporti giuridici), con la conseguente ratio di derogare in materia di cessione di contratti le disposizioni codicistiche, le quali prevedono il consenso del contraente ceduto per la loro validità. Salvo il riferimento (improprio, e in contrasto con la portata stessa della disposizione) all’art. 1264 c.c. dovremmo dire che si parla di cessione di contratti, di norma eccezionale (in quanto derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria) e dunque non suscettibile, in base ai principi di attuazione del nostro ordinamento, di analogia. [10]
Rimangono semmai sotto questa disciplina le sole cessioni effettuate nell’ambito delle cartolarizzazioni, che però sono una parte minore nel sistema. Tuttavia, anche questo punto non è pacifico, dato che il richiamo della legge 130 è proprio all’articolo del TUB, dunque va da sé che dovrebbe riferirsi al medesimo ambito oggettivo di riferimento[11]
L’argomentazione a favore della trasferibilità delle garanzie collaterali nelle cessioni di crediti, parte proprio da una interpretazione un po’ superficiale dell’art. 58 TUB, ma soprattutto di una interpretazione incompleta; prendendo in toto questo articolo, esso al comma sei recita che:
“Coloro che sono parte dei contratti ceduti possono recedere dal contratto entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente”.
Non pare proprio che, di fatto, le citate cessioni prendano mai in considerazione una comunicazione di questo tipo, e con questi riferimenti normativi!
Oltre a ciò, e alla difficoltà logico-giuridiche di considerare ceduto un rapporto basato non su una obbligazione principale nascente da un contratto ed una accessoria, bensì su tre distinti contratti che procedono “in parallelo”, da un punto di vista economico si otterrebbe un non equo risultato di allocazione economica.
Infatti, i Confidi attingono a risorse pubbliche (Statali, Regionali, Comunitarie), per le finalità di accesso al credito delle PMI/liberi professionisti, di cui si è detto prima. Ora: siamo sicuri che sia corretto permettere che di tali risorse se ne possa giovare un soggetto privato, per finalità unicamente speculative (o comunque finanziarie)?
Nella pratica però avvengono alcuni impedimento; spesso l’istituto Bancario fa leva sul confidi, obbligandolo in sede di convenzioni a pattuizioni non propriamente eque, oppure (qualora venissero eccepite delle contestazioni sull’operato dell’istituto stesso) minacciando di mancati e futuri rinnovi contrattuali.
Ma ovviamente questa arma è totalmente priva di efficacia nei confronti di un cessionario, quale una 106 t.u.b. o una Spv[12].
Tuttavia, sempre nella prassi, si riscontra anche un certo timore, da parte dei Confidi questa volta, ad abbandonare del tutto il solco della figura fideiussoria principalmente per un motivo, ossia l’art 1957 c.c.. secondo il quale:
“Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate.
La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell’obbligazione principale.
In questo caso però l’istanza contro il debitore deve essere proposta entro due mesi”.
Poiché questo adempimento è molto spesso ignorato dalle banche cedenti, ed essendo questo articolo, prevista per le fideiussioni, il timore dei confidi, è quello di non potere eccepire all’Istituto cedente, l’omissione di tale chiara disposizione.
- La sentenza 5598 Corte di Cassazione e l’applicabilità estensiva dell’art. 1957 c.c.
Sul punto, di importanza fondamentale risulta dunque essere la sentenza della Corte di Cassazione n. 5598 del 28 febbraio 2020, la quale afferma:
“Ed invero, la deroga all’art. 1957 c.c. non può ritenersi implicita neppure laddove sia inserita, all’interno del contratto di fideiussione, una clausola di “pagamento a prima richiesta”, o altra equivalente,… perché la disposizione è espressione di un’esigenza di protezione del fideiussore che, prescindendo dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale, può essere considerata meritevole di tutela anche quando tale collegamento sia assente …”
Ed ancora:
“…che il fatto del creditore, rilevante ai sensi dell’art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge – nella specie dall’art. 1957 c.c., che imponeva al creditore di proporre le istanze contro il debitore principale e di proseguirle con diligenza – o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico e non solo economico, come la perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 c.c. o di regresso ex art. 1950 c.c.”
Da ciò è lecito trarre due conseguenze:
- Il 1957 c.c. si applica anche in generale alle garanzie, anche al di fuori, dunque, del puro ambito fideiussorio
- Il 1957 c.c. è espressione diretta del principio di lealtà e correttezza nella formazione e nell’esecuzione del contratto (artt. 1337 e 1375 c.c.), nonché più in generale nelle obbligazioni (art. 1175 c.c.). Dunque la sua violazione vanifica un elemento determinante nel nostro sistema delle obbligazioni ex contractu. Si tratta dunque di capire se sia ammissibile una deroga pattizia (come talvolta accade nelle convenzioni tra Banca e Confidi) in questo senso, dato che avrebbe per finalità di abrogare un elemento fondamentale nell’ambito del nostro sistema delle obbligazioni, in particolare in una fattispecie di così notevole importanza sociale.
Note:
[1] D. Siclari, Regolazione e Supervisione dei confidi, in Studi di diritto dell’Economia, Milano 2018
[2] G. Tucci, Voce Garanzia, In Digesto Disc. Civ, 1992
[4] Si veda E. Olivieri, Ambulatorietà della garanzia dei confidi nelle cessioni di rapporti giuridici e nelle cessioni di crediti: spunti interpretativi e riflessioni, in Responsabilità e previdenza, n. 4, 2015. Si consiglia vivamente l’approfondimento di questa fonte estremamente curata e dettagliata su questo tema molto trascurato ma di estrema rilevanza pratica.
[5] I. Bollino, Il fondo rischi dei consorzi-fidi, in Giur. Comm, 1980, p. 972 e ss.
[6] Tribunale di bari, 24 novembre 2009
[7] Cassazione sezione III 25748 del 2008
[8] Sulla natura, si riportano unicamente le quattro interpretazioni prevalenti, ossia: contratto autonomo di garanzia,
assicurazione del credito, cauzione atipica e credito di firma. Si veda FINO, Sulla natura e sulle funzioni della garanzia sussidiaria prestata dai consorzi-fidi (nota a Trib. Bari 29 maggio 1992)
[9] E. Olivieri, op. cit. p. 1386
[10] Inoltre, una significativa pronuncia della Giurisprudenza ha chiarito che “la finalità dell’art. 58 TUB è quella di instaurare un controllo sulle concentrazioni, ai fini di trasparenza e tutela dei terzi. Realizzando un sistema normativo della cessione dei rapporti giuridici bancari autonoma rispetto alla regolamentazione codicistica della cessione di azienda”. Ne consegue che si dovrebbe anche interpretare questa disposizione come attuabile solo tra banche. Dello stesso segno ibidem, pag. 142. È lecito far notare però, che trattandosi di TUB si dovrebbe fare riferimento a tutti i soggetti ai quali si applicano dette disposizioni.
[11] Ibidem, p. 1387
[12] Società vettore nelle cartolarizzazioni
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