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14 Novembre 2022 In Diritto bancario Tidona

Cripto-attività: classificazione, caratteristiche e prospettive di regolamentazione

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© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza una espressa autorizzazione scritta. È consentito il link diretto a questo documento.

Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia

 

1. Introduzione e conclusioni

L’origine delle cripto-attività (o valute virtuali o criptovalute) risale convenzionalmente al 2008, quando Satoshi Nakamoto, la cui identità è tutt’oggi sconosciuta, ha ideato e realizzato la prima moneta virtuale (bitcoin)[1]. Negli ultimi anni il mercato mondiale delle cripto-attività, pur tra alti e bassi, ha sperimentato una crescita formidabile, per la diffusione su scala globale di nuove tipologie di valute virtuali e di piattaforme on line attraverso cui è possibile acquistare e vendere questi strumenti. Si stima che nel 2019 vi erano oltre 2.000 criptovalute e che nel 2021 la dimensione del mercato è quasi triplicata, raggiungendo una capitalizzazione di circa 2.000 miliardi di dollari a fine anno. Nei primi mesi del 2022 la capitalizzazione è scesa fino a toccare il suo minimo (1.300 miliardi) a maggio[2].

Le valute virtuali sono rappresentazioni digitali di valore utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento, che possono essere trasferite e negoziate esclusivamente per via telematica. Pertanto, esse non esistono in forma fisica. Possono essere negoziate su piattaforme di scambio utilizzando moneta a corso legale e presentano vantaggi in termini di economicità e di maggiore velocità ed efficienza nei pagamenti, promuovendo l’inclusione finanziaria.

Stante l’assenza di un quadro normativo di riferimento, l’operatività in cripto-attività presenta, tuttavia, rischi di diverso genere, tra cui l’elevata volatilità dei prezzi, in ragione della quale sono poco adatte a svolgere le funzioni tipiche della moneta (mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valore), la mancanza di tutele legali e contrattuali per la clientela, lo sviluppo di attività illecite, l’emergere di perdite in caso di condotte fraudolente e incidenti informatici.  Una rapida e ampia diffusione delle cripto-attività potrebbe, inoltre, compromettere la stabilità finanziaria a causa dell’interdipendenza dei soggetti coinvolti nelle transazioni e per la mancanza di specifiche forme di supervisione sugli operatori. Di qui l’urgenza di definire una cornice regolamentare univoca in ambito internazionale, che preveda un nuovo set di regole e controlli rigorosi per questi strumenti, avendo cura, tuttavia, di non soffocare l’innovazione. I lavori per il raggiungimento di tale obiettivo sono in corso, ma si ha motivo di ritenere che il traguardo sia ancora lontano.

 

2. Le cripto-attività nell’ordinamento internazionale e nazionale

Le valute virtuali sono, secondo una definizione della Banca d’Italia, “rappresentazioni digitali di valore, utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento, che possono essere trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente”[3]. Non sono emesse o garantite da una banca centrale o da un’autorità pubblica, ma sono create da soggetti privati che operano sul web e non devono essere confuse con i tradizionali strumenti di pagamento elettronici (carte di debito, carte di credito, bonifici bancari, ecc.). Non sono moneta legale di stato (fiat money) e pertanto non devono per legge essere obbligatoriamente accettate per l’estinzione di obbligazioni pecuniarie.

Non esiste, attualmente, un regime regolamentare unitario a livello internazionale del settore, ma approcci normativi diversi. Fatta eccezione per alcune giurisdizioni (come la Cina) che hanno vietato l’operatività in criptovalute, sostenendo che la negoziazione di valute digitali comporta rischi speculativi molto elevati e incoraggia il malaffare, altri paesi, soprattutto europei, hanno introdotto una regolamentazione ad hoc, con la conseguenza di avere contribuito ad accrescere la frammentazione del mercato unico digitale. Tra questi, si segnalano Malta che nel 2018 ha emanato tre provvedimenti legislativi sulla blockchain e le criptovalute [4], la Francia dove il governo ha adottato nel 2019 la “loi PACTE” con cui è stato introdotto un regime regolamentare opzionale per l’offerta dei c.d. jetons d’usage [5] e la Germania che all’inizio del 2020, nel recepire la V Direttiva Antiriciclaggio,  ha adottato una disciplina specifica per le criptovalute, qualificando tutti gli strumenti del mercato cripto come strumenti finanziari[6].

In Italia, le cripto-attività non sono oggetto di una specifica disciplina. Giova peraltro ricordare che la normativa antiriciclaggio nazionale, di cui al d.lgs. 231/2007, da ultimo modificato dal d.lgs. 125/2019 in recepimento della V Direttiva Antiriciclaggio, adotta una definizione molto ampia sia di valuta virtuale (“la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità d’investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”) sia di prestatore di servizi in tale comparto (Virtual Asset Service Provider, VASP), comprendente qualsiasi persona fisica o giuridica che offra servizi collegati alle valute virtuali in via professionale[7]. Anche la CONSOB, in qualità di autorità di vigilanza del mercato finanziario, è intervenuta sul tema pubblicando, nel gennaio 2020, un articolato rapporto con il quale ha fornito indicazioni per una regolamentazione delle offerte iniziali e degli scambi di cripto-attività (Initial Coin Offering, ICO)[8] non riconducibili alla categoria degli strumenti finanziari.

Gli ultimi dati disponibili indicano che nel nostro Paese l’operatività in cripto-attività è un fenomeno ancora di portata ridotta[9]. Le indagini della BCE e della Banca d‘Italia mostrano infatti che le criptovalute sono detenute solo da circa il 2 per cento dei cittadini maggiorenni italiani e che nessun intermediario detiene strumenti della specie nei propri bilanci, mentre solo quattro di essi offrono servizi connessi con la gestione di crypto asset.

Un tentativo di regolamentare il mercato delle cripto-attività a livello comunitario è stato compiuto dalla Commissione europea con la presentazione nel settembre 2020, nell’ambito della strategia sulla finanza digitale (digital finance strategy), di due proposte legislative: il Markets in Crypto-Assets Regulation (MiCAR) e il Digital Operational Resilience Act (DORA). Il primo introduce sia regole comuni per l’emissione e l‘offerta al pubblico di valute digitali non riconducibili a strumenti finanziari, sia norme per la prestazione di servizi ad esse collegati, come, ad esempio quello di trading. Il secondo introduce una disciplina armonizzata sulla resilienza operativa digitale del settore finanziario[10].

Il regolamento MiCAR,  approvato dal Consiglio europeo il 5.10.2022 e applicabile ai paesi dell’UE dal 23 marzo 2023, introduce regole per emittenti, offerenti e prestatori di servizi in cripto-attività, prevedendo un regime di autorizzazione e supervisione su questi ultimi operatori, affidato ad autorità nazionali, nonché una disciplina per le stablecoin (cfr. infra) distinguendo tra quelle ancorate a un’unica valuta ufficiale (c.d. e-money token) e quelle agganciate ad altre attività (c.d. asset–referenced token), e accorda agli enti creditizi e alle imprese di investimento, in una prospettiva di level playing field, la possibilità di prestare servizi in cripto-attività, previa notifica alle autorità competenti[11].

Il regolamento denota tuttavia carenze sotto il profilo sia soggettivo sia oggettivo. Nel primo caso, il regolamento è applicabile solo se è possibile individuare entità identificabili come emittente, offerente o fornitore di servizi in cripto, che non esauriscono il novero dei soggetti coinvolti nei sistemi di finanza decentrata. Non saranno pertanto disciplinati dal regolamento i programmatori di smart contract e i titolari di token di governance[12] delle c.d. Decentralised Autonomous Organisation (DAO). Nel secondo caso, rimangono esclusi dal perimetro applicativo i non fungible tokens (cfr. infra)[13].

 

3. Classificazione delle cripto-attività

Le cripto-attività possono essere classificate in base a diversi criteri. Quelli più comunemente utilizzati sono due: la funzione economica e la presenza o meno di “collateral”.

Secondo la loro funzione economica, le cripto-attività si classificano in tre categorie principali[14]:

  • token di pagamento (payment tokens), sono gettoni digitali utilizzati come mezzi di scambio di beni o servizi, ed eventualmente anche come riserva di valore e unità di misura (ad esempio, bitcoin e litecoin );
  • token di utilità (utility tokens), sono gettoni digitali non negoziabili che offrono diritti amministrativi o licenze d’uso, quali l’accesso a una piattaforma, a un network di persone, ecc. (ad esempio, storj);
  • token di sicurezza (security tokens), sono gettoni digitali trasferibili o potenzialmente negoziabili su una piattaforma (ad esempio, spice). Sono detenuti a scopo di investimento.

In base al criterio relativo alla presenza o meno di garanzie sottostanti, le valute virtuali si distinguono in due tipologie: unbacked crypto-asset, cripto-attività molto rischiose poiché non hanno un valore intrinseco, non sono riferite ad alcuna attività reale o finanziaria e non sono assistite da un diritto dell’utilizzatore a ricevere indietro le somme investite (bitcoin, ad esempio) e asset linked stablecoin, cripto-attività garantite da attività sottostanti (cfr. infra).

Nel 2017 si è affacciata sul mercato una nuova categoria di criptovalute, quella dei non fungible token (NFT), ossia token unici e riconoscibili nati per rappresentare asset digitali (opere d’arte digitali, biglietti per eventi, ecc.) o per certificare proprietà fisiche reali (immobili, auto, ecc.) e opere d’arte fisiche. Un NFT viene generato su una piattaforma blockchain e poi venduto, esposto o scambiato attraverso piattaforme specializzate. Si stima che nel terzo trimestre del 2021 siano stati venduti NFT per un ammontare complessivo pari a 10,7 miliardi di dollari.

Nell’alveo delle criptovalute possono ricondursi, infine, anche le monete digitali emesse dalle banche centrali, le c.d. Central Bank Digital Currency, CBDC. La CBDC è una forma di moneta elettronica che può essere scambiata in modo decentralizzato, ossia con trasferimenti peer-to-peer in cui le transazioni avvengono direttamente tra l’ordinante e il beneficiario senza il bisogno di un intermediario centrale[15].

 

4. Le caratteristiche principali delle cripto-attività

Le criptovalute presentano in generale i seguenti elementi distintivi:

  • si basano sulla tecnologia dei registri distribuiti, la più nota delle quali è la blockchain, dove le informazioni sulle transazioni sono archiviate in “catene di blocchi”[16];
  • sono create da emittenti privati;
  • non sono fisicamente detenute dall’utente, ma sono movimentate attraverso un conto personalizzato denominato “portafoglio elettronico” (wallet) che si può salvare sul proprio personal computer o su uno smartphone, al quale si accede tramite una password. I portafogli elettronici sono generalmente software, sviluppati e forniti da soggetti denominati “wallet providers”;
  • possono essere negoziate su piattaforme di scambio (exchange) utilizzando denaro a corso legale. Tali piattaforme non sono allo stato regolamentate, quindi non è prevista alcuna tutela legale in caso di contenzioso o fallimento;
  • le transazioni sono effettuate in forma anonima e, grazie alla crittografia, sono tecnicamente irreversibili.

Il trasferimento di criptovalute si basa sull’uso di tecniche crittografiche e della tecnologia dei registri distribuiti. L’utilizzo della crittografia risponde alla necessità di garantire l’integrità e la sicurezza nella gestione dei dati all’interno del sistema. Sia la DLT sia la blockchain fanno ricorso alla crittografia c.d. “asimmetrica”, in cui ogni utente possiede una coppia di chiavi, una privata (private key) e una pubblica (public key). La chiave privata viene custodita e tenuta segreta dal suo possessore, mentre quella pubblica, generata dalla chiave privata, consente l’accesso a tutti coloro che intendono scambiare dati e/o informazioni con il possessore[17].

La DLT è definita dalla Banca mondiale come “un approccio innovativo e in rapida evoluzione per la registrazione e la condivisione di dati attraverso più archivi (ledger, registri), che hanno ciascuno gli stessi identici record di dati e sono collettivamente mantenuti e controllati da una rete distribuita di server informatici, chiamati nodi”[18].

Gli elementi caratterizzanti tale tipo di tecnologia sono la decentralizzazione (la verifica della validità delle transazioni viene autonomamente svolta dai nodi della rete), la trasparenza (ogni transazione è visibile e tracciabile con immediatezza), l’immutabilità (le singole transazioni non possono essere modificate dopo la loro registrazione), la sicurezza (un eventuale attacco a un nodo non altera l’integrità complessiva dei dati contenuti negli altri nodi partecipanti alla rete)[19].

Sulla base della tipologia della rete si distingue tra DLT permissioned (o private) e DLT permissionless (o pubbliche). Le prime sono reti in cui per accedere occorre registrarsi e identificarsi e quindi essere autorizzati da un ente centrale o dalla rete stessa. Le seconde sono reti in cui chiunque può accedere senza autorizzazione, tramite l’utilizzo di smart contracts, ossia protocolli informatici che vengono eseguiti automaticamente al verificarsi di specifiche condizioni.

Le DLT possono basarsi su diversi meccanismi di consenso per convalidare una nuova transazione che si verifichi sulla rete. Quelli più comunemente utilizzati sono: 1) il sistema proof of work (PoW), utilizzato con la blockchain di bitcoin, si basa su equazioni matematiche, in genere difficili da risolvere ma le cui soluzioni possono essere facilmente verificate. La soluzione del problema matematico implica sforzi di calcolo che si traducono in un elevato consumo di energia, per cui ogni validatore (miner) effettua calcoli per verificare la transazione e condividere i risultati con la rete, lavorando in competizione con gli altri poiché una ricompensa viene accreditata al validatore che trova per primo la soluzione; 2) il sistema proof of stake (PoS), che assegna agli utenti quote di diritti di convalida in base alla partecipazione che hanno nella blockchain. Poiché nessuna equazione matematica è necessaria per verificare una transazione, il processo di verifica richiede un minore consumo di energia ed è più rapido rispetto al sistema visto in precedenza; 3) il delegated proof of stake, in base al quale i possessori di token possono votare per designare chi desiderano come validatore di blocchi; 4) il proof of authority (PoA), il quale prevede che i validatori non mettano in gioco i loro token, ma piuttosto la loro reputazione, cosicché se si dimostrano inaffidabili non sono più autorizzati a convalidare i blocchi[20].

Il “ciclo di vita” di un’unità di valuta virtuale si svolge in tre fasi: creazione, stoccaggio e trasferimento, scambio[21].

Le modalità attraverso cui viene creata una nuova valuta virtuale sono quattro:

  1. airdrop, è la distribuzione gratuita della nascente criptovaluta a utenti attuali o potenziali, al fine di promuovere il progetto e il rispettivo nuovo token;
  2. initial token offering (o initial coin offering) comporta l’emissione di un nuovo token in cambio di una moneta a corso legale o di un’altra valuta virtuale;
  3. mining, è il processo mediante il quale le transazioni di criptovalute sono verificate e aggiunte al registro (ledger) da parte di miner che ricevono in cambio una ricompensa;
  4. forging (o staking) è il processo attraverso cui le transazioni vengono verificate quando una DLT utilizza un meccanismo di proof of stake.

La custodia dei token implica la necessità che gli utenti dispongano di portafogli digitali (o wallet), portafogli che possono raggrupparsi in quattro categorie:

  1. hot custodial wallet, connesso ad internet e gestito da un terzo che detiene le chiavi private dell’utente e a cui quest’ultimo può accedere mediante forme di crittografia;
  2. hot non custodial wallet, pure connesso ad internet, in cui l’utente mantiene il controllo delle proprie chiavi private;
  3. cold hardware wallet, un dispositivo fisico che può essere collegato a un personal computer;
  4. cold paper wallet, fogli di carta su cui sono registrati l’indirizzo digitale e la chiave privata.

Le criptovalute possono essere negoziate mediante un exchange di valute virtuali o mediante una transazione over the counter (OTC) L’exchanger è un servizio on line che consente ai clienti di scambiare valute virtuali con valute tradizionali o altre criptovalute. La transazione OTC è un processo di intermediazione di uno scambio “fuori mercato” di token in cambio di moneta a corso legale o di altre criptovalute. Tali trasferimenti possono essere effettuati off line “peer to peer” o essere negoziate da un intermediario terzo.

L’operatività in criptovalute comporta benefici e rischi. Ai potenziali vantaggi in termini di riduzione dei costi di transazione e di maggiore velocità ed efficienza nei pagamenti, si contrappongono rischi (finanziari e non finanziari) significativi legati: i) a possibili perdite, anche ingenti, delle somme utilizzate per gli acquisti, a causa di malfunzionamenti, attacchi informatici e smarrimento della password; ii) all’assenza di tutele legali e contrattuali analoghe a quelle che accompagnano le operazioni in valuta legale, nonché di obblighi informativi e presidi di sicurezza; iii) al loro utilizzo per fini illegali, in virtù dell’anonimato che caratterizza le transazioni, e per evadere il fisco; iv) all’eccessivo consumo di energia elettrica, con conseguente grave danno per l’ambiente[22].

Sui possibili rischi legati all’utilizzo di valute virtuali sono intervenute più volte anche le autorità di vigilanza europee (EBA, ESMA ed EIOPA) con un warning per i consumatori in cui sottolineano che tali strumenti sono strumenti altamente rischiosi e speculativi, che la formazione del loro prezzo spesso manca di trasparenza, che non vi sono né forme di protezione né specifiche garanzie legali. Inoltre, le piattaforme di scambio, oltre a non essere regolamentate, possono avere problemi di natura operativa che talvolta impediscono ai consumatori di comprare o vendere le valute virtuali, nonché di scambiarle con la moneta tradizionale. Infine, il valore di detti strumenti è soggetto a fluttuazioni molto ampie, anche a motivo dell’opacità dei meccanismi di formazione dei prezzi e per l’assenza di un’autorità centrale in grado di intervenire per stabilizzarne il valore.

 

5. Una particolare tipologia di cripto-attività: le stablecoin

Le stablecoin sono anch’esse cripto-attività le cui oscillazioni di prezzo sono molto contenute. Possono essere classificate in due principali tipologie, a seconda della modalità utilizzata per stabilizzarne il valore:

  • le asset-linked stablecoin (come tether e strongold) il cui valore è collegato a un portafoglio di attività finanziarie (depositi bancari e obbligazioni pubbliche), ad attività reali (ad esempio, materie prime) o a un’attività reale con stabilità elevata (ad esempio, l’oro). Si possono distinguere due tipologie di asset-linked stablecoin: a) le asset-pegged stablecoin, ancorate a una valuta o a un’attività reale e garantite solo in parte dalla presenza di moneta in tale valuta o di attività reale nell’attivo dell’emittente; b) le asset-backed stablecoin, ancorate a una valuta o a un’attività reale e garantite dalla presenza nel bilancio dell’emittente di moneta in valuta o di attività reale in quantità uguale alla quantità di stablecoin emesse;
  • le algorithmic stablecoin (ad esempio, basis e kowala) il cui valore è stabilizzato da un algoritmo che ne aggiusta automaticamente la quantità disponibile alle variazioni della domanda.

Le asset-linked stablecoin sono esposte agli stessi rischi di credito, di liquidità e di mercato delle attività che ne garantiscono il valore, mentre le algorithmic stablecoin sono esposte ai rischi derivanti da un possibile malfunzionamento delle regole seguite per la loro stabilizzazione[23].

Le stablecoin contribuirebbero a mitigare le inefficienze dei sistemi di pagamento, riducendo i tempi e i costi dell’esecuzione e del regolamento dei pagamenti transfrontalieri. Un’espansione significativa e non regolamentata del loro uso potrebbe rappresentare però una seria minaccia alla politica monetaria e alla stabilità finanziaria. Un’eventuale caduta del loro prezzo potrebbe generare infatti una corsa agli sportelli da parte dei detentori. La necessità di far fronte ai riscatti potrebbe costringere l’emittente di stablecoin a liquidare le riserve di attività a cui sono ancorate le stablecoin stesse, con la conseguenza di innescare effetti di contagio sull’intero sistema finanziario.

A differenza dei depositanti, i detentori delle stablecoin non potrebbero fare affidamento sui controlli di vigilanza, né potrebbero beneficiare del sistema di assicurazione dei depositi. Non vi sarebbe inoltre la possibilità di accedere all’erogazione di liquidità di emergenza (Emergency Liquidity Assistance, ELA)[24] da parte della banca centrale. Non solo. Gli investimenti in titoli da parte degli emittenti di stablecoin potrebbero condizionare la politica monetaria. Acquisti ingenti potrebbero modificare infatti la disponibilità di attività free risk e alterare il livello e la volatilità dei tassi d’interesse reali, con implicazioni intuibili per la politica monetaria. Infine, qualora le stablecoin fossero utilizzate come riserve di valore, un trasferimento considerevole di fondi dai depositi bancari alle stablecoin potrebbe incidere sull’operatività delle banche e sul meccanismo di trasmissione della politica monetaria all’economia reale[25].

A partire dall’estate del 2019 alcune Big Tech company avrebbero manifestato l’intenzione di emettere global stablecoin il cui valore potrebbe essere collegato a un paniere di attività in valute diverse, anziché a un’unica valuta.

 

6. Prospettive di regolamentazione del mercato delle cripto-attività

Un’espansione incontrollata delle cripto-attività e dei correlati rischi sollecita la definizione di un framework internazionale per tenere sotto osservazione gli svluppi del comparto, anche al fine di ridurre al minimo il rischio di frammentazione del mercato, di distorsioni competitive e di arbitraggi normativi. Come suggerito[26], occorrerebbe agire su più fronti tra cui appaiono particolarmente rilevanti i seguenti:

  • assicurare che le cripto-attività siano caratterizzate da standard in linea con quelli applicati al sistema finanziario (ad esempio, introduzione di norme basate sugli standard applicati dal GAFI per impedire che le cripto-attività siano utilizzate per il riciclaggio del denaro e il finanziamento del terrorismo);
  • allineare la tassazione delle cripto-attività a quella di altri strumenti finanziari, armonizzandola tra paesi[27];
  • rafforzare gli obblighi di informativa al pubblico e di segnalazione prudenziale in capo agli intermediari;
  • introdurre obblighi di trasparenza e standard di condotta a carico dei prestatori professionali di servizi nel mercato delle cripto-attività, allo scopo di garantire un adeguato livello di protezione degli investitori retail.

In questa direzione si sta muovendo il Financial Stability Board (FSB) che, con un apposito Statement, pubblicato a luglio 2022, si è pronunciato sulle criptovalute e sui rischi che tali strumenti rappresentano per la stabilità del sistema finanziario. Secondo il FSB, le criptovalute e i relativi mercati devono essere soggetti a una regolamentazione e a una supervisione efficaci e commisurati ai rischi che comportano, sia a livello nazionale che internazionale. A suo giudizio, un quadro normativo efficace deve garantire che le criptovalute che presentano rischi simili alle attività finanziarie tradizionali siano soggette agli stessi obblighi normativi, tenendo conto delle loro caratteristiche e dei benefici offerti (approccio “same activity, same risk, same rules”).

Allo Statement è seguito, nell’ottobre 2022, l’avvio di una consultazione pubblica di un quadro normativo per la regolamentazione internazionale delle cripto-attività. La proposta prevede: a) una serie di raccomandazioni volte a promuovere la coerenza e la completezza degli approcci normativi e di vigilanza sulle criptovalute e a rafforzare la cooperazione internazionale, il coordinamento e la condivisione delle informazioni[28]; e b) la revisione delle raccomandazioni per la regolamentazione, la vigilanza e il controllo sulle stablecoin per fronteggiare i rischi per la stabilità finanziaria in modo più efficace[29].

In attesa dell’entrata in vigore del regolamento MiCAR, le attuali regole prudenziali già contengono principi e best practices ai quali le banche e gli altri intermediari vigilati possono fin d’ora conformarsi per valutare e presidiare i rischi connessi con l’avvio dell’operatività in cripto-attività. In relazione a ciò, la Banca d’Italia[30] ha richiamato l’attenzione degli intermediari sull’importanza di assicurare:

  • il coinvolgimento degli organi aziendali e delle funzioni di controllo interno nella fase progettuale delle iniziative per valutare la conformità alla regolamentazione vigente, la coerenza degli indirizzi strategici e le politiche di governo dei rischi, nonché la relativa sostenibilità economica e finanziaria;
  • adeguata informativa agli organi aziendali e alle funzioni di controllo interno in merito all’andamento della loro esposizione (diretta e indiretta) alle tipologie di rischio collegate all’operatività nel settore delle criptovalute;
  • che gli organi e le funzioni di controllo interno siano in possesso di idonee competenze per comprendere pienamente opportunità e rischi che caratterizzano l’operatività in criptovalute;
  • che gli assetti organizzativi siano coerenti e adeguati alle iniziative intraprese, per assicurare il presidio dei rischi, la tutela della clientela, la prevenzione e gestione dei conflitti di interesse con altre attività svolte.

E’ stata inoltre sottolineata agli intermediari l’esigenza di garantire, tra l’altro, l’adeguata definizione delle fasce di clientela a cui si intende offrire e/o distribuire prodotti o servizi in cripto-attività, valutando l’opportunità di introdurre limiti operativi quali-quantitativi, anche commisurati alla situazione reddituale e patrimoniale del cliente; la correttezza del rapporto con la clientela attraverso adeguati flussi informativi sui rischi associati all’operatività in cripto-attività; l’adozione dei presidi necessari al contenimento dei rischi operativi e la tutela della sicurezza informatica; una accurata valutazione del trattamento prudenziale applicabile alle eventuali esposizioni in cripto-attività.

Con riferimento ai fornitori tecnologici e ad altri operatori attivi nell’utilizzo di tecnologie decentralizzate nella finanza (gestori di schemi, wallet providers e gestori di infrastrutture di pagamento), la Banca d’Italia invita a tener conto della necessità che; i) la gestione della tecnologia si fondi su una governance chiara e definita nonché su requisiti gi gestione dei diversi rischi, a cui dovrebbero fare riferimento, in particolare, gli sviluppatori dei programmi alla base delle tecnologie decentralizzate o i soggetti su cui sono concentrati poteri di gestione delle stesse; ii) i fornitori di servizi tecnologici, ove chiaramente individuabili, possano possono rientrare nell’ambito delle disposizioni di vigilanza in qualità di outsourcee degli intermediari vigilati e/o essere sottoposti a controlli di sorveglianza in virtù dell’applicazione, a certe condizioni, dei principi di sorveglianza sul sistema dei pagamenti.

L’Autorità di vigilanza individua, infine, in capo alle infrastrutture che abilitano alla funzione di trasferimento delle cripto-attività, il dovere di conformarsi ai principi di sorveglianza applicabili alle infrastrutture finanziarie, con particolare riferimento a quelli attinenti alla governance e alla gestione integrata dei rischi. Le funzionalità che supportano l’offerta e l’utilizzo delle cripto-attività con funzione di pagamento (ad esempio, i wallets) dovrebbero conformarsi ai principi di sorveglianza su strumenti, schemi, arrangements, con particolare riguardo a quelli in materia di solidità, governance, nonché rischio di credito e di liquidità.

 

Note:

[1] Nakamoto S., Bitcoin: a peer-to-peer electronic cash system, 2008.

[2] Banca d’Italia, Relazione annuale, 31.5.2022.

[3] Banca d’Italia, Avvertenza sull’utilizzo delle cosiddette “valute virtuali”, 30.1.2015. Non vi è, allo stato, una definizione condivisa a livello internazionale di criptovaluta, ancorché il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (GAFI), un’organizzazione intergovernativa attivamente impegnata nella lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo, definisca una valuta virtuale come “una rappresentazione digitale di valore che può essere negoziata o trasferita digitalmente e utilizzata per finalità di pagamento o investimento”. Financial Action Task Force, FATF Recommendations update, ottobre 2014. Anche sulla natura giuridica delle valute virtuali sono state espresse posizioni dfferenti che, per brevità, possono ricondursi a due orientamenti principali, l’uno che le qualifica come “strumenti finanziari” (Tribunale di Verona, Sez. II civ., 24.1.2017), l’altro che le considera alla stregua di “beni immateriali” ex art. 810 del codice civile (Tribunale di Firenze, Sez. Fallimentare, 21.1.2019). Sull’argomento cfr. Nigro R., Criptovalute: alcuni profili di riconduzione giuridica, in www.altalex.com, 10.3.2021. Togni T., Riflessioni sulla natura giuridica delle criptovalute, in www.meliusform.it.

[4] In particolare, sono stati approvati tre progetti di legge: 1) il “Virtual Financial Assets Act”, che disciplina le offerte iniziali delle criptovalute; 2) il “Malta Digital Innovation Authority Act”, che prevede la creazione di un’autorità regolatoria  specifica per il comparto delle criptovalute; 3) la “legge sui servizi e le innovazioni tecnologiche”, che definisce le imprese che fondano la propria attività economica e finanziaria sulla tecnologia blockchain e stabilisce i criteri per essere riconosciute dalla legge. Sull’argomento cfr. anche Callegaro F., Virtual Financial Assets: un primo complesso approccio legislativo. Analisi della regolamentazione maltese, in Diritto Bancario, 2019.

[5] Berruto A., La nuova disciplina francese dei crypto asset: un imperfetto tentativo regolatorio, in Diritto Bancario, 2020.

[6] Mattasoglio F., Le proposte europee in tema di crypto assets e DLT. Prime prove di regolamentazione del mondo crypto o tentativo di tokenizzazione del mercato finanziario (ignorando bitcoin)?, in Rivista di diritto bancario, aprile-giugno 2021.

[7] Banca d’Italia, Comunicazione in materia di tecnologie decentralizzate nella finanza e cripto-attività, giugno 2022. Scotti G., Blockchain, criptovalute e ICO: analisi tecnica e giuridica della più recente innovazione fintech, in www.camminodiritto.it, 8.2.2020.

[8] L’ICO è un meccanismo finalizzato alla raccolta di fondi per promuovere e finanziare nuove iniziative imprenditoriali, attraverso l’utilizzo della blockchain. L’ICO implica l’emissione di coin o token digitali in luogo di strumenti finanziari tradizionali (azioni, obbligazioni, ecc.). L’operazione prende avvio con la pubblicazione sul web, a cura dell’emittente, di un documento contenente informazioni sulle caratteristiche principali del progetto e sull’entità del fabbisogno di finanziamento (c.d. white paper). Segue poi l’attività di comunicazione al mercato per attrarre potenziali investitori, la vendita dei token e, infine, l’inserimento dei token nei listini degli exchangers per lo scambio tra gli utenti.

[9] Cipollone P., Crypto-assets e questioni legate alla digitalizzazione della finanza, Milano, 21.10.2022.

[10] Per completezza, si segnala che sotto la stessa data la Commissione ha presentato anche una proposta di regolamento (DLT Pilot Regime), approvata il 30.5.2022 dalle massime istituzioni europee, che istituisce e disciplina nuove infrastrutture di mercato che utilizzano la tecnologia dei registri distribuiti (distributed ledger thecnology, DLT) per la negoziazione e il regolamento di crypto-asset qualificabili come strumenti finanziari. Per maggiori dettagli cfr. Amato G. e Benvenuto R., Regolamento DLT: il regime pilota UE sulle nuove infrastrutture di mercato, in www.dirittobancario.it, 8.7.2022.

[11] Cipollone P., Crypto-assets e questioni legate alla digitalizzazione della finanza, op. cit.

[12] Sono token speciali che rientrano nell’ambito dei token di utilità, progettati per conferire ai loro titolari poteri decisionali in merito a un protocollo o un’app.

[13] Banca d’Italia, Comunicazione in materia di tecnologie decentralizzate nella finanza e cripto-attività, op. cit.

[14] Avella F. (a cura di), Bitcoin e criptovalute, Il Sole 24 Ore, maggio 2021. Caponera A. e Gola C., Aspetti economici e regolamentari delle cripto-attività, Banca d’Italia, Questioni di economia e finanza, n. 484/2019.

[15] Cfr. al riguardo Bech M. e Garratt R., Criptovalute delle banche centrali, in Rassegna trimestrale BRI, settembre 2017. Sull’argomento cfr. anche Panetta F., Le valute digitali delle banche centrali: un’àncora monetaria per l’innovazione digital, 5.11.2021. Cipollone P., Il ruolo dell’euro digitale come àncora dei sistemi dei pagamenti, 12.11.2021. Pezzuto A., Alla scoperta dell’euro digitale, di prossima pubblicazione.

[16] Più precisamente, la blockchain è un registro digitale condiviso, sincronizzato e conservato su nodi multipli, che opera attraverso meccanismi di consenso (proof of stake, proof of work, ecc.) fra parti considerate pari. I componenti fondamentali di una blockchain sono: i) il ledger (o libro mastro) nel quale sono registrate in ordine cronologico le transazioni via via effettuate; ii) i nodi, che rappresentano i partecipanti del network e quindi i singoli computer in cui esso è distribuito; iii) i protocolli, cioè l’insieme delle regole che definiscono i nodi e le modalità attraverso cui avviene la comunicazione fra essi e le operazioni che potranno svolgere. Il funzionamento della blockchain si sviluppa attraverso quattro fasi successive: 1) transazione (due parti effettuano uno scambio di dati che sono registrati on chain); 2) verifica (la transazione viene validata dai nodi sulla base dei protocolli e aggiunta a un blocco); 3) validazione (il blocco viene validato tramite il meccanismo di consenso previsto dal protocollo); 4) concatenamento (il blocco validato viene aggiunto alla catena dei blocchi preesistenti). Cfr. Aiello G., Blockchain law: analisi tecnico-giuridica delle reti blockchain e degli smart contracts, in Diritto Mercato Tecnologia, 18.2.2020.

[17]Comellini S. e Vasapollo M., Blockchain, Criptovalute, ICO e Smart Contract, Maggioli Editore.

[18] L’art. 8-ter, comma 1, del decreto legge n. 135/2018, convertito con modificazioni nella legge n. 12/2019, definisce le tecnologie basate su registri distribuiti “le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentirne la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”.

[19] Cfr. Davola A., Distributed Ledger Technology, Blockchain e mercati finanziari, in Cassano G., Di Ciommo F., Rubino De Ritis M. Banche, Intermediari e Fintech: i nuovi strumenti digitali in ambito finanziario, Giuffré.

[20] OCSE, Tassazione delle valute virtuali: una panoramica dei trattamenti fiscali e delle questioni emergenti di politica fiscale, op. cit.

[21] OCSE, Tassazione delle valute virtuali: una panoramica dei trattamenti fiscali e delle questioni emergenti di politica fiscale, op. cit.

[22] Si stima che il mining della sola rete Bitcoin utilizzi circa lo 0,36 per cento del consumo di energia elettrica a livello mondiale. La necessità di contenere i costi legati all’utilizzo di energia ha indotto molti miner ad operare in paesi freddi (Russia, Islanda, ecc.) in cui il costo energetico è più basso e il clima freddo consente l’utilizzo ottimale delle infrastrutture tecnologiche.

[23] Banca d’Italia, Rapporto sulla stabilità finanziaria, n. 2/2019.

[24] Le ELA sono operazioni straordinarie di finanziamento concesse a istituzioni finanziarie solvibili in crisi temporanea di liquidità.

[25] Panetta F., Stablecoin: due facce della stessa moneta, in www.ecb.europa.eu, 4.11.2020.

[26] Panetta F., Per qualche cripto in più. Il Far West della cripto-finanza, 25.4.2022.

[27] Sul punto, si segnala che il G20 ha chiesto all’OCSE di sviluppare un sistema per lo scambio automatico di informazioni sulle crypto-assets che preveda la raccolta e la trasmissione, tra le amministrazioni fiscali, dei dati rilevanti fiscalmente relativi alle persone che effettuano transazioni regolate con questi strumenti. In accoglimento di tale richiesta, l’OCSE ha posto in consultazione, nel marzo 2022,  un documento (Crypto-asset reporting framework and amendments to the common reporting standard) che contiene: i) la tipologia di criptovalute interessate dalla rendicontazione; ii) gli intermediari soggetti agli obblighi di raccolta e segnalazione dei dati; iii) le operazioni oggetto di comunicazione; iv) le procedure di due diligence che i segnalanti devono seguire per identificare gli utenti delle cripto-attività e le giurisdizioni fiscali coinvolti ai fini della rendicontazione.

[28] Cfr. “Regulation, Supervision and Oversight of Crypto-asset Activities and Markets”;

[29] Cfr. “Review of the FSB High-level Recommendations and Oversight of Global Stablecoin Arrangements”.

[30] Banca d’Italia, Comunicazione in materia di tecnologie decentralizzate nella finanza e cripto-attività, op. cit.



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