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10 Marzo 2021 In Diritto bancario

Divieto di patto commissorio, lease back e patto marciano nel mutuo alle imprese. Cenni, sviluppi storici e prospettive

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© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza autorizzazione. È consentito il link diretto a questo articolo.

 

Di Simone Cerri, Dottore in Giurisprudenza – Consulente

 

Il  patto “marciano” deriva il suo nome da un passo del giurista dell’epoca dei Severi, il quale ne delineò gli aspetti, prevedendo la possibilità di attribuire il bene dato in garanzia al creditore, previa stima del giusto (inteso come equo) valore. Sin dall’origine lo stesso si pose in contrapposizione con il patto commissorio, ossia l’accordo (o meglio una clausola nota come lex commissoria) mediante il quale il debitore metteva a disposizione un proprio bene in garanzia, prevedendo nel caso di suo inadempimento che il cespite passasse in proprietà del creditore: si in diem statutum pecunia soluta non esset, fundus inemptus foret[1]. Dunque, in buona sostanza, il contratto veniva dichiarato caducato nei suoi effetti (“res inempta est”) attivando la clausola di cui sopra.

Proibito con Costantino, in quanto ritenuto iniquo per il debitore, il divieto di questa pattuizione è arrivato ai giorni nostri con il codice civile il quale lo prevede in due fattispecie ossia per l’anticresi all’art. 1963 c.c.

“È nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell’immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito”.

Mentre il 2744 rimanda al divieto “tradizionale” ossia quello legato ai diritti reali di garanzia pegno e ipoteca

“È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno”.

Ora, che la forma della garanzia sia reale oppure no, il divieto riguarda comunque pattuizioni accessorie ossia legate ad una garanzia di una obbligazione principale mentre il divieto codicistico non si occupa  del cosiddetto patto commissorio autonomo[2], in cui gli accordi non accedono ad alcuna forma tipica di garanzia. Si parla quindi di un trasferimento di un bene dal debitore al creditore, sorto contestualmente o preesistente ad un rapporto obbligatorio tra le parti, e svincolato da una costituzione di pegno di ipoteca o di anticresi; in caso di adempimento l’acquisto si risolve, viceversa, nel caso in cui si verifichi l’inadempimento, l’acquisto si perfeziona.[3]

La distinzione ovviamente non è meramente dottrinale, e ha avuto una grande eco nel momento in cui si sono venute ad applicare (e a disciplinare)[4] le fattispecie di alienazioni a scopo di garanzia; qui l’alienante (debitore) e l’acquirente (creditore) si accordano in merito ad  il  trasferimento della proprietà del bene oggetto del contratto affinchè gli effetti si producano in modo definitivo solo e soltanto nel caso in cui  il debitore sarà inadempiente rispetto ad un pregresso rapporto obbligatorio. Non vi sono dunque vincoli di “garanzia” rispetto ad una separata obbligazione principale

Al riguardo, vengono fatte due distinzioni ossia:

  • alienazione in garanzia sospensivamente condizionata;
  • vendita a scopo di garanzia con patto di riscatto.

L’elemento determinante della distinzione è il momento in cui si produce il trasferimento della proprietà del bene il quale è, nella alienazione in garanzia sospensivamente condizionata, la scadenza del termine per l’adempimento, mentre nella vendita con patto di riscatto il trasferimento è immediato ma diviene definitivo solo se non vi è la restituzione della somma mutuata nel termine previsto per l’esercizio del diritto di riscatto.

La giurisprudenza inizialmente distingueva le ipotesi lecite da quelle illecite in base al momento temporale in cui il creditore acquistava la proprietà del bene e ricadevano quindi nel divieto solo i trasferimenti sospensivamente condizionati all’inadempimento, poiché l’acquisto della proprietà avveniva in un momento successivo rispetto alla stipula del contratto e solo in caso d’inadempimento. Nelle fattispecie in cui l’alienazione era immediata l’operazione veniva considerata legittima.

A partire dalla sentenza della Cassazione n. 1962 del 1983, poi confermata dalle Sezioni Unite con due pronunce del 1989, la giurisprudenza ha abbandonato una lettura prettamente letterale dell’art. 2744, a favore di un’interpretazione teleologica della norma: non assume rilevanza il momento temporale dell’acquisto, né tantomeno il nomen iuris utilizzato dalle parti, ma il riferimento deve essere l’intenzione dei contraenti di costituire, attraverso il trasferimento, una garanzia per il creditore, attraverso un’attribuzione, che potrà divenire definitiva nell’ipotesi di inadempimento.

Deve escludersi che l’art. 2744 c.c. costituisca una norma eccezionale, di stretta interpretazione, applicabile unicamente nell’eventualità sia aggiunto al pegno, all’ipoteca, all’anticresi. Il divieto di patto commissorio, infatti si estende a qualsiasi negozio, ancorchè lecito e quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente  il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito[5]

Tema fondamentale rileva essere quello del fine concreto[6] utilizzando la citata “illecita coercizione”.

Per provare l’intento elusivo del divieto, siccome si deve dimostrare un elemento psicologico come è un intento, la giurisprudenza deve ricorrere a degli indici rivelatori, e tra questi i più significativi sono: la sussistenza di un rapporto obbligatorio, anteriore o contestuale al trasferimento tra venditore e acquirente, la sproporzione tra il prezzo e il valore del bene, il mantenimento del possesso del bene da parte del venditore-debitore.

In alcuni isolati casi, la fattispecie considerata è stata ritenuta valida invece:

  • per mancanza di prova del mutuo;
  • se la vendita viene pattuita per soddisfare un precedente e già insoluto debito;
  • quando sia stata prevista una apposita clausola che garantiva al venditore la restituzione del bene trasferito all’acquirente al momento dell’adempimento del venditore qualora il ri-trasferimento avvenga al medesimo prezzo;
  • oppure nel caso in cui la titolarità del bene passi all’acquirente con obbligo di ritrasferirlo al venditore se egli adempierà la sua obbligazione[7]

Infatti, il soggetto che necessita di liquidità, invece di contrarre un mutuo, con eventuale garanzia annessa, potrebbe porre in essere una vendita con patto di riscatto o di retrovendita, in modo da procurarsi immediatamente la somma di cui ha bisogno, coincidente con il prezzo del bene alienato, riservandosi tuttavia la facoltà di recuperare il bene, restituendo il prezzo-prestito. Se restituisce la somma dovuta, recupera il bene, altrimenti il bene rimane definitivamente acquisito all’acquirente. Il meccanismo, come si può notare, è il medesimo del patto commissorio e quindi il giudice dovrebbe rilevare un’alienazione a scopo di garanzia, dichiarandone in conseguenza la nullità.

Si sta parlando di fattispecie che rientrano nell’alveo di una tipologia contrattuale che negli ultimi anni ha trovato diffusione, ossia il contratto di sale and lease back; in quest’ultimo caso un imprenditore vende un proprio bene strumentale ad una società finanziaria la quale a sua volta glielo concede in leasing  con i correlati obblighi (canone periodico), e con l’annessa facoltà per l’alienante di riacquistarne la proprietà alla scadenza, esercitando il diritto di opzione tipico di questo contratto.

Lo schema è stato ritenuto di per se valido, e non in contrasto con il divieto di patto commissorio, e questo sulla base della considerazione che la vendita effettuata dall’imprenditore alla società di leasing, non ha uno scopo di garanzia, bensì di impresa; la vendita insomma è il presupposto logico e giuridico della concessione del bene in locazione[8].

Vi è in questo caso una ipotesi di collegamento negoziale in cui ciascun contratto, mantiene la sua  causa ed individualità, non accede ad una prestazione principale, ed è preordinato al raggiungimento di una funzione economica unitaria. Sulla base della celebre definizione di causa quale funzione economico sociale del contratto[9]  dovremmo definire la causa del leasing come di finanziamento, mentre la vendita ne ha una di scambio.

L’approfondimento più puntuale lo si può trovare nella sentenza della Corte di Cassazione n. 16646/2017), ove la stessa confermando la decisione dei giudici d’appello, ha chiarito quando si configuri, nell’ambito di tale fattispecie contrattuale, la suddetta violazione; i giudici di legittimità, dopo avere premesso l’astratta” legittimità del sales e lease back, hanno poi precisato che ciò si può confermare nei fatti solo e soltanto se lo scopo di garanzia da motivo assurga a causa concreta del contratto diviene garanzia[10]. Elementi oggettivi sui quali riscostruire questo elemento sono:

  • la presenza di una situazione credito-debitoria preesistente o contestuale alla vendita;
  • la sproporzione tra entità del prezzo e valore del bene alienato e, in altri termini, delle reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto[11]
  • la presenza (preesistente o contestuale) di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa venditrice utilizzatrice;
  • una situazione di difficoltà economica del venditore legittimante il sospetto della situazione di approfittamento[12]
  • la sproporzione tra valore del bene alienato ed entità del prezzo versato, in altri termini, delle reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto[13]

Come detto in precedenza, il patto marciano si struttura proprio per eludere le problematiche legate al divieto di patto commissorio. Si tratta di una clausola che garantisce la restituzione del c.d. supero, previa perizia redatta (da un terzo indipendente), che permetta di ristabilire l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazoni del contratto “viene eliminata ogni sproporzione tra le prestazioni e ogni asimmetria  contrattuale tra parte forte e contraente debole il che viene ritenuto sufficiente  ai fini della pronuncia  di liceità dell’operazione[14]

La disposizione legislativa che a breve si analizzerà ha superato le ultime resistenze dottrinali che leggevano una illiceità del patto. Se la ratio del divieto del patto commissorio fosse stata infatti  nell’incompatibilità tra  vendita e garanzia  allora anche il patto marciano avrebbe dovuto considerarsi in frode alla legge[15](ibidem 186). Di rilievo minoritario le considerazioni secondo le quali il patto avrebbe contenuto al suo interno una formula di autotutela privata in sede esecutiva, contraria all’ordine pubblico, ma sul tema non si può rilevare che altre ne esistono senza contrasti come a titolo esemplificativo la cessio bonorum[16].

GlI interventi risolutori della Corte di Cassazione, anche se va detto quasi tutti sono stati in via incidentale[17] hanno reso la questione della liceità pacifica prima ancora della novella al TUB, inserita all’art. 48 TUB dall’art. 2 del D.L. 3 maggio 2016, n. 59 – convertito con modificazioni dalla l. 30 giugno 2016 n. 119, il quale ha finalmente previsto in modo espresso la pattuizione marciana, all’interno del contratto di finanziamento tra un intermediario finanziario e un imprenditore.

La ratio della normativa inserita nel testo cosiddetto “Decreto Banche”, e da molti chiosato come (ennesimo?) “Decreto salva-banche” è da ricercarsi in realtà in dati oggettivi inconfutabili: il rapporto della Banca Mondiale “Doing Business 2018” collocava l’Italia al 46° posto – tra i 190 sistemi economici analizzati – nella classifica di competitività e al 108° posto con specifico riferimento al tema dell’esecuzione giudiziale degli obblighi contrattuali (o meglio “enforcing contracts” nel testo originale). Lo stesso rapporto ricordava che, in media, sono necessari in Italia 1.120 giorni per il recupero di un credito in via giudiziaria, a fronte dei 395 giorni richiesti in Francia, dei 499 giorni richiesti in Germania e dei 510 giorni richiesti in Spagna[18]. In un mercato caratterizzato da tassi bassi e credit crunch, un giusto utilizzo del patto potrebbe permettere una maggiore disponibilità dell’intermediario finanziario alla erogazione di mutui ipotecari.

Si palesava quindi, in realtà già da molti anni, la necessità di provvedere a forme di garanzia che permettessero una uscita dalle tradizionali forme di coazione esecutiva, nell’attesa (verosimilmente lunga) che i tempi in questo ambito migliorassero, dato che comportano adeguamenti processuali e riforme burocratiche (quando non istituzionali) di ampia portata. Ma, come visto, i limiti del patto commissorio bloccavano l’operatività a forme alternative di garanzia, e lo stesso patto marciano non trovava nemmeno una unanime accoglienza in dottrina.

Questa normativa dunque permette il patto citato con le condizioni che si illustrano di seguito[19].

In primo luogo il creditore deve essere una banca o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti al pubblico e questo limite soggettivo, oltre ad escludere ab ovo tutti i soggetti che tali requisiti non hanno, ovviamente comporta anche che nel caso (sempre più frequente) di cessione di crediti la possibile azionabilità della stessa solo e qualora il cessionario fosse soggetto con le medesime qualità. A titolo esemplificativo, una cessione a favore di società recupero crediti (115 TULPS) che sono state ammesse all’acquisto di crediti massivi (pur se con ampie limitazioni per evitare che gli stessi si tramutino in intermediari bancari senza averne requisiti e controlli) non potrebbero avvalersi del patto in oggetto. Inoltre dal profilo del creditore si ricorda che la norma consente che della clausola possa esserne beneficiario anche una società controllata o collegata alla banca stessa

Da ciò ne consegue che, ovviamente, nel caso di cessione massiva non si chiederà l’annotazione a margine della trascrizione ad eccezione di –cessione di rami di azienda bancari oppure di cessioni in blocco (art. 58 TUB) o cartolarizzato (legge 130/99) .

Quanto al debitore come detto potrà essere solo un imprenditore, e la tipologia è indicata in modo generico come finanziamento, non volendo la legge addentrarsi in specificazioni che avrebbero cagionato inutili distinzioni con il solo scopo di limitarne la portata.  Ugualmente e sempre in termini generici rimane l’indicazione del cespite staggito con l’unica esclusione che non si tratti di “abitazione principale del proprietario, del coniuge o dei suoi parenti e affini entro il terzo grado”. Rimangono dunque aperte alcune questioni; l’imprenditore potrebbe quindi essere tale ma svolgere l’operazione per un bene che non sia abitazione principale (ad esempio la seconda casa), però tale ipotesi sarebbe non valida per un soggetto non imprenditore? Dunque è la qualifica soggettiva che prevale e non quella funzionale del bene?[20].

All’interno di questa applicazione, il patto può essere stabilito sia nel contratto che con integrazione successiva, richiedendosi ad substantiam la forma dell’atto notarile.

Dal punto di vista invece della sua opponibilità ai terzi, il patto viene equiparato all’ipoteca all’interno della par condicio creditorum, e la trascrizione della vendita verrà dunque fatta come “vendita sospensivamente condizionata”, mentre ragionando sulle ragioni del patto marciano come volte ad agevolare l’esecuzione, non si può non aderire alle interpretazioni della dottrina più attenta, secondo la quale risulteranno sempre applicabili le singole prelazioni legali nei rapporti con l’esecuzione coattiva[21].

Ai fini del concorso creditori e par conidico equiparato a ipoteca.

In merito non possiamo non sottolineare che il legislatore ha in questo modo avallato la legittimità della condizione sospensiva di adempimento, la quale non è certamente una condizione meramente potestativa,  e dunque vietata ai sensi dell’art. 1355 c.c., ma certo è stata lungamente oggetto di dibattiti[22]; particolarità della fattispecie, la stessa si considererà avverata al momento della comunicazione che invierà il creditore, dunque retroagirà ma solo si a quella data, fatto di per se atipico nel sistema delle condizioni. Qua si aprono però due momenti temporali diversi per quanto concerne però il momento esatto in cui si trasferisce il bene: se la stima del bene dovesse indicare un valore inferiore al saldo debitorio, allora il fatto si intende realizzato (e la proprietà trasferita) quando la stessa viene comunicata al creditore, mentre se la perizia dovesse indicare un valore maggiore, allora la proprietà sarà trasferita solo al momento del pagamento della differenza di valore.

Infine, elemento essenziale; la valutazione del cespite, che dovrà essere fatta da un perito terzo e indipendente (non sono state tipizzate dalla legge particolari abilitazioni o garanzie su questa condizione di indipendenza), ma la nomina dovrà essere fatta, a garanzia dell’ìmparzialità, dal presidente del tribunale del luogo ove è l’immobile, perizia che può essere impugnata dal debitore (ma nulla dice la legge sulla possibilità che il creditore abbia i medesimi diritti) . L’impugnazione però può riguardare solo il quantum e non l’an.

In relazione a quando si ha inadempimento tale e per cui può rendersi esecutivo il patto, la norma è stata molto analitica:

  • quando il mancato pagamento si protrae per oltre nove mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive, nel caso di obbligo di rimborso a rate mensili;
  • per oltre nove mesi dalla scadenza anche di una sola rata, quando il debitore è tenuto al rimborso rateale secondo termini di scadenza superiori al periodo mensile;
  • per oltre nove mesi, quando non è prevista la restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale, dalla scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento
  • qualora alla data di scadenza della prima delle rate, anche non mensili, non pagate di cui al primo periodo il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto in misura almeno pari all’85 per cento della quota capitale, il periodo di inadempimento di cui al medesimo primo periodo è elevato da nove a dodici mesi.

Ovviamente nel caso di valore inferiore il debitore del cespite rispetto al debito, lo stesso sarà esdebitato, e il patto può avverarsi anche in corso di esecuzione (in tale caso come perizia si utilizzerà, ovviamente, la CTU). In tale caso “Il giudice dell’esecuzione provvede all’accertamento dell’inadempimento con ordinanza, fissando il termine entro il quale il creditore deve versare una somma non inferiore alle spese di esecuzione e, ove vi siano, ai crediti aventi diritto di prelazione anteriore a quello dell’istante ovvero pari all’eventuale differenza tra il valore di stima del bene e l’ammontare del debito inadempiuto”.

Quali temi rimangono aperti, e rischiano di minare il successo dell’istituto, e vanificare le sue finalità già viste in precedenza?

Per quanto riguarda il perimento del bene in pendenza di condizione, la dottrina ha fatto notare che in pendenza della condizione risolutiva (nei casi, appunto, in cui le parti abbiano congegnato il patto marciano secondo la struttura di una alienazione risolutivamente condizionata

all’adempimento del debitore) il creditore non sopporta il rischio del perimento del bene in garanzia, stante la causa che regge la relativa attribuzione. In relazione alle ipotesi in cui il patto marciano sia sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore e il bene perisca in pendenza della condizione, deve ritenersi che il rischio del perimento fortuito ricada sul debitore non solo in base al principio desumibile dall’art. 1465, comma 4, c.c., ma altresı` in considerazione della causa (di garanzia e autosatisfattiva) dell’alienazione[23].

Vi è poi la possibilità che il debitore, dopo avere contratto un mutuo ipotecario sorretto dal patto marciano, trasferisca su questo bene la sua abitazione principale, rendendo vane e inapplicabili le disposizioni del 48 TUB, e dovendo il creditore ricorrere ai (lunghi) rimedi ordinari per tutelare le sue ragioni, non essendovi uno strumento diretto e specifico di tutela.

Di maggiore peso ed attualità le indicazioni secondo le quali, il grave limite di questo patto marciano, specie parlandosi di debitori “Imprenditori” dunque di soggetti che in re ipsa, ricorrono al credito; nel momento in cui la banca decida di riprendersi il bene, essa non ha tutele contro le pretese di terzi, e dunque si troverà nella proprietà di un bene gravato da oneri di terzi (ad esempio oneri condominiali, debiti pregressi ecc.), cosa che certamente non conferisce agli erogatori del credito quell’appeal che l’istituto avrebbe meritato, soprattutto per raggiungere le sue finalità.

 

Note:

[1] Pomponio 9 ad Sab. D. 18.1.6.1. Alla lex commissoria è dedicato il terzo titolo del diciottesimo libro del Digesto, rubricato appunto ‘De lege commissoria’. Per un approfondimento si consiglia E. MARELLI, Appunti in tema di vendita con lex Commissoria, in www.teoriaestoriadeldirittoprivato.com, Numero Xm Anno 2017

[2]  Sulle possibilità e sugli approfondimenti di questo tema si rimanda a due autori e due opere di segno opposto. Il primo è C. M. BIANCA, Il divieto del Patto commissorio, Napoli,  2013,  il cui titolo fa già intuire i risultati cui giunge questo autore. Per una tesi di segno opposto invece F. GIGLIOTTI, Patto commissorio autonomo e libertà dei contraenti, Napoli, 1997.

[3] C. M. RUOCCO, Salvis Juribus, 17 September 2020

[4] A titolo esemplificativo si ricordano le discipline, tutte recenti, del pegno non possessorio (d.l. 3 maggio 2016 n. 59) e del prestito vitalizio ipotecario o P.V.I

[5]Corte di Cassazione n.2285/2006, III sezione civile

[6]D.MARINELLI S. SABATINI, Le alienazioni in garanzia , Santarcangelo di Romagna, pag.71

[7]Rispettivamente Cassazione 5635/2005, Cassazione 19950/2004 Cassazione 6175 2014. Si consiglia per un approfondimento D. MARINELLI S.SABATINI, op. cit, pag. 70 e ss.

[8] G.TORRELLI, Ai limiti del divieto del patto commissorio, In Il blog del diritto, 11 luglio 2018. Si veda anche M.IMBRENDA, Leasing e Lease Back, In trattato di Diritto Civile, Napoli 2008

[9]Tra gli altri G. de GENNARO, I contratti misti, Padova, 1934

[10] Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973; Cass., 27/7/2006, n. 17145; Cass., 8/5/2006, n. 10490; Cass., 14/11/2005, n. 22932; Cass., 26/10/2005, n. 20816; Cass., 21/10/2005, n. 20398

[11]D.MARINELLI S.SABATINI, op.cit, p.233 e ss. In termini giurisprudenziali invece: Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 29/3/2006, n. 7296).

[12] Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 29/3/2006, n. 7296.

[13] Cass., 14/3/2006, n. 5438.

[14] Ibidem pag. 185

[15] Ibidem p. 186

[16] E. CARBONE, Patto commissorio e patto marciano, in Enciclopedia Giuridica Treccani online

[17] Vedasi Corte di Cassazione 1273 del 21 gennaio 2005, e 10986 del 2013.

[18]  http://www.doingbusiness.org.

[19] Si consiglia A. LUMINOSO, Patto marciano e sottotipi, in Rivista di Diritto Civile, n. 6 2017.

[20]  D.MARINELLI S.SABATINI, op.cit, pag. 190 e ss, per una soluzione positiva in caso di unioni civili.

[21] Ibidem p. 303.

[22] G.MIRABELLI, Dei contratti in generale, Torino, 1958, p. 235, G. PETRELLI, La condizione “elemento essenziale” del negozio giuridico, Milano, 2000, p. 431 ss.;

[23] A. DOLMETTA, La ricerca del “marciano utile”, in Rivista di Diritto Civile, 2017. Pag. 819



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