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Avv. Ernesto Sparano e Avv. Gianluca Scoleri
SOMMARIO
- Premessa
- La nascita della questione
- Le possibili fattispecie
- Il testo delle fideiussioni delle varie banche
- Le pronunzie sulla questione
- L’articolo 1957 c.c.
- La legittimazione ad agire
- L’azione risarcitoria
- Conclusioni
1. Premessa
Il sistema bancario italiano ha subito una serie di “aggressioni” nel tempo.
I più giovani tecnici del diritto potrebbero non ricordare l’ondata di azioni in danno delle banche con revocatorie che vennero a colpire anche i giroconti.
L’intervento legislativo ha ridotto la portata del fenomeno, ma non lo ha del tutto esaurito.
Dopo pochi anni, prese piede l’eccezione di anatocismo con ripercussioni molto gravi.
Un dibattito acceso che portò alla pronunzia delle Sezioni Unite della Cassazione del 2010 che escludeva ogni capitalizzazione, con ulteriore penalizzazione delle banche.
Invero l’atteggiamento assunto dal sistema bancario fu di per sé autolesionista perché sarebbe stato agevole eliminare la capitalizzazione ed elevare di poco, in compensazione, i tassi di interesse; il che non avvenne perché non si valutarono i risvolti economici del contenzioso.
Subito dopo iniziarono i giudizi sull’usura, e in particolare sull’usura sopravvenuta, con altro contenzioso alimentato da una giurisprudenza ondivaga. Solo da poco il problema sembra risolto.
Ma non sono mancati gli attacchi sulla commissione di massimo scoperto e sulle valute, un campo di per sé poco chiaro che ha trovato pronunzie di ogni tipo.
Infine, di recente, è sorto un problema di notevole dimensione sull’onere della prova nei giudizi sempre sull’anatocismo ed è spuntata ex abrupto una soluzione davvero spericolata: il “saldo zero”, che alcuni Giudici applicano quando non vi è stata l’esibizione di tutti gli estratti conto. Altri Tribunali assumono una posizione completamente diversa, a tutto discapito della certezza del diritto. Il fenomeno si verifica anche con ordinanze di segni diversi emesse dalla Suprema Corte.
Ora da pochi mesi i Tribunali sono investiti dai giudizi sulla nullità delle fideiussioni che riportano le tre note clausole ritenute anticoncorrenziali.
Il fenomeno si allargherà a dismisura anche perché qualche Giudice, pochi per ora, ha ritenuto che l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 29810 del 12.12.2017 possa qualificarsi utile precedente, dando ad essa valore nomofilattico.
La lettura di una pronunzia di un Tribunale Campano desta grandi e giustificate perplessità per le statuizioni sulla nullità dell’intero impegno fideiussorio.
Cosa sta avvenendo? Ogni garante ritiene doveroso ricorrere all’Autorità Giudiziaria per essere liberato dal vincolo fideiussorio, eccependo che le clausole della fideiussione relative alla reviviscenza, alla validità della fideiussione anche in caso di invalidità dell’obbligazione principale ed infine alla deroga alla disciplina dettata dall’art. 1957 c.c. determinerebbero la nullità assoluta della garanzia rilasciata.
Tempi duri per la Giustizia e per il sistema bancario[1], mentre vari studi legali si stanno organizzando per portare avanti il cennato contenzioso.
Si deve temere che avremo tante pronunzie di segno diverso, come è avvenuto in questi mesi dell’anno 2018, il che aggrava il fenomeno. L’argomento potrebbe diventare palestra per introdurre tesi ardite, che nel tempo saranno oggetto di revisione.
È senza dubbio vero che ogni questione giuridica va rispettata senza preconcetti, ma la recente esplosione di questo contenzioso sull’applicazione di una legge del 1990 desta perplessità sulla fondatezza della pretesa ed impone anche di prendere posizione sugli effetti gravi che una errata interpretazione dei fatti di causa potrebbe arrecare al sistema bancario.
Le dette preoccupazioni sono state avanzate da vari autori che hanno studiato il fenomeno non solo alla luce di considerazioni giuridiche, ma anche sui possibili risvolti di un contenzioso che, come detto, sembra di attualità e che si sta sviluppato in modo esponenziale.
2. La nascita della questione.
La questione è di per sé semplice e prende spunto dalla legge antitrust n. 287 del 10.10.1990 (“Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”) che venne promulgata sulla scorta di una direttiva comunitaria.
L’art. 2, rubricato “Intese restrittive della libertà di concorrenza”, stabilisce che “1. Sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari. 2. Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali”.
Nel 2003, l’Associazione Bancaria Italiana (di seguito: A.B.I.) ebbe a proporre (il termine è rilevante) agli associati un testo di tredici articoli in merito alla fideiussione omnibus.
Sulla scorta del parere del 20.4.2005 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM), nel maggio 2005 la Banca d’Italia definì il procedimento istruttorio volto ad accertare se le previsioni del testo A.B.I. fossero o meno lesive della concorrenza.
Con il provvedimento n. 55 del 02.5.2005 sulle “Condizioni generali di contratto per la Fideiussione” la Banca d’Italia ritenne che gli articoli 2, 6 e 8 del testo A.B.I. per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contenessero disposizioni che, ove applicate in modo uniforme, risultavano in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90.
Le clausole ritenute abusive sono la numero 2. «il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo»; la numero 6. «qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate»; e la numero 8. «i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato»).
L’A.B.I. emise quindi una nuova circolare con cui ebbe a recepire in buona parte le censure avanzate ed, eliminando le precedenti previsioni sopra citate, propose alle banche un nuovo testo di soli dieci articoli, che queste ultime avrebbero potuto utilizzare e/o integrare in modo del tutto indipendente.
Va però evidenziato che le indicazioni del 2003 erano state concordate dall’A.B.I. con tutte le associazioni dei consumatori, il che ha certamente un rilievo giuridico perché rende fragile la tesi delle “intese tra le banche”.
3. Le possibili fattispecie.
Preliminarmente è necessario avere un puntuale quadro sulle possibili fattispecie.
1) Fideiussioni rilasciate prima della promulgazione della legge n. 287 del 1990. Per dette garanzie non sussiste alcun problema di ipotesi di anti concorrenzialità perché precedenti alla normativa.
2) Fideiussioni rilasciate dopo la legge 287, ma prima del 2005 allorquando il dibattito si concluse con l’intervento della Banca d’Italia. La Suprema Corte con l’ordinanza del 12.12.2017 ha statuito, e non poteva essere diversamente, l’applicazione della legge antitrust dal momento della sua promulgazione.
3) Fideiussioni rilasciate dopo il 2005, che sono la materia da trattare.
Le ipotesi prospettate.
A) le previsioni innanzi indicate negli artt. 2, 6, ed 8 del testo A.B.I. del 2003 sarebbero frutto di intese e come tali nulle;
B) è da stabilire se tale nullità riguardi solo le censurate previsioni, ovvero l’intera fideiussione.
Su questo contesto si innescano altre due questioni e precisamente: l’individuazione del legittimato ad agire che è soltanto il consumatore; le conseguenze della nullità e la relativa azione di danni.
4. Il testo delle fideiussioni delle varie banche.
Non sembra utile rassegnare come le banche sono intervenute sul testo della fideiussione, ma è solo opportuno evidenziare che ciascun istituto ha rimodellato la garanzia secondo le proprie esigenze.
I) Varie banche hanno depennato la clausola aggiuntiva che prevede la reviviscenza, ritenendola superflua.
II) Hanno riformulato il testo per esigenza di rispetto della trasparenza, evidenziando bene gli impegni che il garante va ad assumere, integrando quindi il testo A.B.I. nella premessa.
III) Hanno integrato il testo con indicazione di termini entro i quali la banca può agire.
Un esame a campione evidenzia che non vi è un testo comune adottato dalle banche perché in buona sostanza non si è avuta una “standardizzazione” del modello da adottare, come erroneamente viene affermato da chi non ha esaminato i singoli modelli ora in uso.
Questa indicazione è rilevante perché gli attori nei vari giudizi affermano che le garanzie riproducono pedissequamente il testo A.B.I. del 2003: nulla di più errato.
Un esame a campione e la comparazione tra il testo A.B.I. e quello adottato.
I testi in uso sono difformi da quello proposto dall’A.B.I. sin dalla premessa perché il sistema ha ritenuto di rendere chiaro e trasparente l’oggetto della garanzia, ossia le obbligazioni che il garante andava ad assumere.
Ogni banca ha integrato l’art 4 che regola il recesso dalla garanzia, riportando un termine di efficacia del recesso stesso: vi è un’indicazione di 30 giorni, di 15 giorni e di 5 giorni e perfino di efficacia alla ricezione[2].
Di particolare rilievo è l’introduzione da parte di un istituto bancario nell’articolo relativo alla responsabilità del fideiussore di un termine di 36 mesi entro il quale la banca deve agire contro debitore e fideiussore, per superare in modo definitivo ogni possibile questione ed anche la rilevanza della natura astratta della fideiussione.
La scelta dell’A.B.I. del 2005 è stata drastica, con l’eliminazione del tutto degli articoli incriminati.
Le motivazioni non sono state rese note, ma la logica è evidente: ogni banca potrà intervenire sul testo come precisato dalla stessa A.B.I.[3] per cui in ogni caso non sarebbe possibile richiamare la legge 287 del 1990.
Qualche dubbio potrebbe sussistere sul tema, ma questo argomento non verrà trattato.
Va ribadito che ogni indagine sulla questione presuppone una comparazione tra il testo della garanzia azionata e quello A.B.I. del 2003.
Di conseguenza il primo esame che il Giudice deve espletare è quello di comparare la fideiussione rilasciata e quella che si presume frutto di intese.
Dalla casistica è agevole evidenziare che le banche negli anni hanno modificato i loro testi abrogando o modificando le previsioni censurate.
Un filtro che non sembra sia stato tenuto presente finora anche perché il giudizio instaurato presso la Corte di Appello di Venezia, e poi deciso dalla Cassazione con la citata pronunzia del 2017, partiva dalla “confessione” della banca che la garanzia agli atti era di contenuto uguale al testo A.B.I. del 2003.
È inoltre necessario un altro filtro: un esame puntuale di come e se la banca abbia ritenuto di utilizzare le previsioni censurate.
Valga un esempio: la banca, appena rilevata l’insolvenza, agisce giudiziariamente contro il debitore ed i garanti, senza lasciar trascorre tempo. Non si giova quindi della “deroga” prevista dell’art. 6 ed agisce nel termine dettato dall’art. 1957 c.c., rispettando la regola civilistica. La clausola nulla (sempre che lo sia) non è stata utilizzata e non può quindi riflettersi sull’intero impegno fideiussorio.
Una breve digressione sia permessa. Il mondo bancario italiano, e di conseguenza l’associazione di categoria, ha sempre ritenuto di dover fortificare la propria posizione, proponendo oneri a carico della controparte, in buona parte di dubbio rilievo pratico e di scarsa attendibilità giuridica.
L’attuale situazione ne è una conseguenza. Infatti delle due previsioni aggiuntive di cui agli artt. 2 ed 8 sopra esposte non si rinvengono precedenti giurisprudenziali perché, forse, giammai utilizzate nella pratica.
Resterebbe da esaminare l’esonero dalla disciplina dell’art. 1957 c.c. (art. 6) che è argomento che vorremmo trattare in seguito.
Una prima conclusione è lecita.
L’azione di accertamento della illegittimità di una garanzia che riporti le tre previsioni che sembrano da censurare presuppone una indagine preventiva tesa a verificare: A) il testo della garanzia rilasciata; B) l’utilizzo da parte della banca delle clausole de quo, perché è evidente che se la banca non se ne è giovata viene a mancare la materia del contendere; C) il danno causato al garante.
5. Le pronunzie sulla questione.
Invero non era prevedibile che in pochi mesi a seguito dell’ordinanza n. 29810 del 12.12.2017 potesse nascere un contenzioso diffuso. I tecnici del diritto conoscono le varie pronunzie pubblicate sulle riviste e quelle rinvenute direttamente, ma da una verifica presso alcuni Tribunali delle Imprese è risultato che vi è un preoccupante contenzioso in atto, anche perché vari debitori impegnati con fideiussioni hanno ritenuto di poter risolvere la propria posizione con un’iniziativa giudiziale: una ipotesi simile a quella stigmatizzata per i tanti giudizi per anatocismo e per l’ipotizzata usura!
Potremmo suddividere il nostro esame in cinque paragrafi: 1. La ripercussione della nullità delle clausole censurate sull’impegno fideiussorio: nullità parziale ovvero nullità totale; 2. Le pronunzie adottate in sede di richiesta di provvisoria esecuzione di decreto ingiuntivo; 3. L’eccezione avanzata in sede esecutiva; 4. La competenza a giudicare la contestazione; 5. Il valore da dare all’ordinanza della cassazione 12.12.2017 n. 29810.
1. La ripercussione della nullità delle clausole censurate sull’impegno fideiussorio: nullità parziale ovvero nullità totale.
1.1 La terza sezione della Corte di Appello di Napoli con la Sentenza n. 3045/2018 del 20.6.2018 (estensore la dott.ssa Regina Maria Elefante) ha statuito con estrema chiarezza che “nell’ordinanza n. 29810 del 2017 non si afferma affatto la nullità dell’intero contratto in presenza di clausole dichiarate illegittime dall’Autorità Garante, ma decidendo in una vicenda peculiare in cui la stipulazione del contratto era anteriore all’intervento dell’Autorità Garante che ha dichiarato illegittime le clausole ABI, la Suprema Corte ha stabilito che anche per i detti contratti si dovesse accertare l’esistenza dell’intesa anticoncorrenziale”. Ed ancora che “la eccepita nullità colpisce solo le dette clausole e si estende all’intero contratto solo laddove sia dimostrato che le parti non avrebbero concluso quel contratto senza quelle clausole”. Conclude, quindi la Corte territoriale che “la nullità delle stesse (clausole n.d.r.) non può condurre ad una declaratoria di nullità dell’intero contratto in mancanza di (tale) allegazione”. Sul punto va osservato che solo la banca avrebbe potuto dichiarare che senza ulteriori clausole più garantistiche non avrebbe accettato l’impegno fideiussorio.
1.2 Ordinanza del Tribunale di Verona del 01.10.2018.
Il Tribunale esamina l’eccezione di nullità della fideiussione sebbene questa sia stata avanzata irritualmente davanti al Giudice del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ritenendola un’eccezione riconvenzionale.
I vari passaggi sono interessanti.
L’eccezione sollevata presuppone che la garanzia azionata sia “in conformità allo schema predisposto dall’Associazione Bancaria Italiana nel 2003”. Il Tribunale si riservava di verificare la fattispecie.
La prima osservazione del Tribunale di Verona riguarda la competenza. Si afferma che se è pur vero che è prevista una competenza funzionale del Tribunale delle Imprese, l’eccezione può comunque essere esaminata perché tesa a paralizzare la pretesa del creditore. Questa impostazione lascia perplessi perché annulla la competenza funzionale prevista dall’art. 33 della legge 287 del 1990.
Il Giudicante imposta la sua decisione su una considerazione davvero pregevole. Il soggetto che chiede dichiararsi una nullità deve dimostrare il proprio interesse.
Si cita una nota sentenza delle Sezioni Unite della Corte Suprema (la n. 2207 del 2005) dettata proprio in un caso di vertenza sulla legge antitrust. L’attore deve dimostrare “il suo effettivo pregiudizio” che avrebbe subito dalla violazione della norma antitrust. Come detto, la Corte aveva esaminato un’intesa vietata e affermava la sussistenza del danno perché non si era data la possibilità di esaminare prodotti “concorrenti”. Il caso di specie riguardava l’ammontare del premio previsto in una polizza assicurativa e quindi la questione era rilevante sul contatto stipulato dall’attore.
Il Tribunale di Verona affronta la questione di fondo e rileva che manca ogni spiegazione per la quale l’intesa pregiudicherebbe il contratto di garanzia.
In conclusione si evidenzia che, in ogni caso, l’opponente avrebbe dovuto dimostrare il pregiudizio da porre a base dell’azione di nullità e di quella risarcitoria.
Vi è poi un interessante riferimento al Decreto legislativo n. 3 del 2017 che in caso di violazione delle norme sulla concorrenza prevede solo il risarcimento del danno sempre ché fosse stato causato: non è prevista alcuna tutela reale!
Il Tribunale conclude il provvedimento concedendo la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo e quindi rigetta l’eccezione di nullità proposta dagli opponenti.
1.3 Ordinanza del Tribunale di Rovigo del 09.9.2018.
La decisione è molto precisa: a) le clausole da ritenersi nulle “non rilevano nel caso di specie, essendo la garanza azionata al di fuori del loro ambito di applicazione”. Questa osservazione svuota tutte le pretese che non abbiano un riferimento diretto alle previsioni ritenute anticoncorrenziali! b) la banca avrebbe comunque accolto la garanzia anche senza le clausole di cui si discute. Con queste argomentazioni il Tribunale esclude la nullità dell’intera garanzia.
1.4 Sentenze del Tribunale di Treviso n. 1623 del 26.7.2018 e n. 1632/2018 del 30.7.2018.
Con ampia motivazione si esclude la nullità dell’impegno fideiussorio come derivante dalla inclusione nel testo della garanzia delle tre previsioni ritenute anticoncorrenziali.
Con la Sentenza del 26 luglio 2018 si afferma che le intese anticoncorrenziali non costituiscono negozi funzionalmente collegati con la fideiussione, che resta valida.
Né le fideiussioni contenenti le clausole definite anticoncorrenziali sono nulle per illiceità della causa, considerato che il contraente c.d. debole conclude il negozio per soddisfare un proprio interesse che si esaurisce e si ricollega al fine tipico dell’operazione conclusa.
La tutela tipica della parte che abbia concluso un negozio fideiussorio contenente le clausole in contrasto con la normativa antitrust è quella risarcitoria.
Le argomentazioni sono ampie e permettono di enucleare i detti principi di diritto.
Con la Sentenza del 30 Luglio 2018 si esplicano ancora più puntualmente le considerazioni già indicate e precisamente che la nullità delle fideiussioni, stipulate in conformità allo schema di contratto predisposto dall’A.B.I. nel 2003, non può essere ipotizzata né in termini di nullità derivata, né per illiceità della causa, né ex art. 1418 co. 1 c.c.
Si esamina se l’invalidità di un rapporto giuridico possa propagarsi, con effetti invalidanti, ad un altro rapporto, presupponendo che tra i due vi sia un vincolo di dipendenza funzionale o, quantomeno, di un collegamento negoziale oggettivamente apprezzabile.
La puntuale indagine svolta in merito esclude che vi siano tali legami.
Invero, a nostro avviso si deve evidenziare che le clausole in discussione sono aggiuntive al testo della garanzia e che questa è rispettosa delle norme di legge. È puntuale, a tal proposito, l’osservazione espressa dal Tribunale che le clausole aggiuntive censurate mostrano di non costituire un tutt’uno con i contratti a valle, di non essere a questi collegati né per legge, né per volontà delle parti e di non rappresentarne in alcun modo un presupposto di esistenza, validità od efficacia.
Vi è poi un passaggio interessante sulla insussistenza di un’illiceità endogena del contratto “a valle” (la fideiussione) per illiceità della causa in quanto vi è un interesse comune tra le parti: i) l’imprenditore persegue un suo fine istituzionale, quello di garantire il credito e non certamente di alterare a suo favore il mercato o di ottenere un extraprofitto; ii) l’altro contraente stipula il contratto per soddisfare un proprio interesse che si ricollega ed esaurisce nel fine tipico dell’operazione posta in essere.[4]
1.5 Il Tribunale di Salerno (GOT dott.ssa Lucia Cammarota, Sentenza del 23.8.2018) ha rimesso sul ruolo il giudizio “a seguito della sopraggiunta pronunzia della Corte di Cassazione n. 29810 del 12.12.2017”. Questa considerazione lascia perplessi perché non si tratterebbe di ius sopravvenuto, ma di un precedente della Suprema Corte. Sul punto non vi sono precedenti!
La seconda affermazione che si legge in sentenza è che la fideiussione sarebbe stata “sicuramente predisposta sui formulari ABI”.
Ci sembra un’affermazione fine a sé stessa perché, per avere certezza di tale presupposto dell’eccezione, sarebbe stata necessaria la comparazione tra il testo della fideiussione e quello ABI!
Ad un’affermazione di buon senso, e precisamente che l’uniformità dei testi utilizzati dalle banche permetterebbe una migliore valutazione delle condizioni economiche offerte, si passa ad una apodittica affermazione di principio: che l’inclusione di clausole nulle perché in violazione della legge antitrust si “riverte sull’intero contratto di fideiussione”.
Si citano due precedenti, il primo Tribunale Venezia (in Foro Padano 2017, p. 192) ed il secondo la nota ordinanza della Cassazione del 12.12.2017. In prima fase si riporta il contenuto del provvedimento che ritiene applicabile la legge 287 anche alle fideiussioni successivamente rilasciate.
Si richiama la decisione a Sezioni Unite della Cassazione del 2005 n. 2207 che fornisce unicamente un’utile indicazione secondo la quale il soggetto danneggiato dall’utilizzo di una previsione anticoncorrenziale, ha diritto all’azione di risarcimento danni, dopo aver dimostrato il pregiudizio arrecatogli.
Il Tribunale ritiene infine di poter giudicare sulla validità della fideiussione perché afferma che l’eccezione non è un’autonoma domanda, bensì una riconvenzionale avanzata per paralizzare le pretese della banca. Da qui la sua competenza a giudicare sulla validità dell’eccezione.
Un’osservazione va avanzata. Sembrerebbe che l’eccezione sia stata sollevata in sede di precisazione delle conclusioni e come tale tardivamente, senza tener conto che vi è la competenza funzionale del Tribunale delle Imprese, il che potrebbe far temere un’ipotesi di contraddittorietà di giudicati.
La sentenza che si sta commentando riprende il suo dire affermando che nel caso di specie non sarebbe applicabile la disciplina dell’art. 1419 c.c.
Invero la difesa della banca osservava che le clausole che si pretendevano nulle, qualora lo fossero state, sarebbero divenute inefficaci al di fuori della fattispecie disciplinata dall’art. 1419 c.c. Non si chiedeva un’integrazione contrattuale, ma solo si sosteneva che restava valido l’impegno fideiussorio manifestato con il rilascio della garanzia.
Nuovo passaggio con riferimento all’ordinanza n. 29810 per affermare (correttamente) che sulla questione di “riverbero” della nullità delle clausole censurate sul contratto di garanzia la Corte non si è pronunziata, il che va inteso in modo chiaro: il citato provvedimento non è un precedente che poteva giammai condizionare la decisione del Tribunale, come pure si afferma nelle premesse.
Altre osservazioni “dubbiose” del Tribunale confermano le perplessità sulla decisione assunta.
2. Le pronunzie adottate in sede di richiesta di provvisoria esecuzione di decreto ingiuntivo.
2.1 Il Tribunale di Fermo con l’ordinanza del 24.9.2018 ha sospeso la provvisoria esecuzione di un decreto ingiuntivo opposto sulla scorta di una considerazione di dubbia valenza: vi è la pronunzia della Corte di Cassazione n. 29810 del 2017 e vi sarebbe “nella giurisprudenza di merito un orientamento che ritiene nulla la fideiussione omnibus e non già le singole clausole”.
Il Tribunale riconosce che la questione merita approfondimento, ma ciò nonostante ha sospeso la provvisoria esecuzione.
2.2 la Corte di Appello di Firenze con l’ordinanza del 18.7.2018 ha sospeso l’esecutorietà della sentenza di primo grado con una brevissima motivazione: “il fumus si profila meritevole di un più approfondito esame da parte di questa Corte alla luce quantomeno della pronunzia della Corte di Cassazione n. 29810 del 2017”.
Non sembra che possa ricavarsi nulla da tale provvedimento[5].
2.3 il Tribunale di Roma con l’ordinanza del 26.7.2018 ha respinto la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo fornendo un’interpretazione della ordinanza n. 29810 del 2017 della Corte che lascia perplessi. Il passaggio sembra voler affermare che le clausole ritenute nulle comportino la “trasformazione” della fideiussione in un contratto autonomo di garanzia. Anche questa affermazione desta dubbi[6].
2.4 I Tribunali di Padova e di Pisa con due ordinanze entrambe del 05.6.2018 hanno sospeso la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo con questa stringata motivazione: considerato che l’istanza si basa sulla nuova circostanza della recente sentenza (ordinanza per la precisione) della Corte di Cassazione.
2.5 Si richiama la già citata Sentenza del Tribunale di Verona dell’01.10. 2018 che ha concesso la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo, rigettando l’eccezione di nullità proposta dagli opponenti.
3. L’eccezione avanzata in sede esecutiva.
3.1 Il Tribunale di Rovigo con l’ordinanza del 19.6.2018 osserva preliminarmente che la rilevazione di un vizio del contratto di fideiussione non costituisce un “fatto estintivo o modificativo sopravvenuto” alla formazione del titolo esecutivo giudiziale che possa essere dedotto a sostegno della opposizione all’esecuzione. Il Giudice rileva che con l’opposizione all’esecuzione fondata su titolo giudiziale – ivi compreso il decreto ingiuntivo – il debitore non può sollevare eccezioni inerenti a fatti estintivi od impeditivi anteriori a quel titolo, i quali sono deducibili esclusivamente nel procedimento preordinato alla formazione del titolo medesimo, ovverosia, nel caso di specie, l’opposizione al decreto ingiuntivo.
In ogni caso, il Giudice rileva che nella specifica materia vi è la competenza funzionale del Tribunale competente per territorio presso cui è istituita la sezione specializzata in materia di Impresa (art. 33, comma II, della l. 287/1990).
La competenza a giudicare la contestazione.
La legge (art. 33, II co., L.287/1990) prevede espressamente la competenza funzionale del Tribunale delle Imprese a giudicare sulla questione trattata.
Tuttavia, come si è visto, vi sono diversi Tribunali che si ritengono competenti a giudicare l’eccezione sul presupposto che si tratti di “eccezione riconvenzionale” volta a paralizzare la pretesa del creditore.
Questa impostazione lascia perplessi e può portare al rischio di giudicati contrastanti, ovvero al proliferare di eccezioni di litispendenza o addirittura di giudicato, con buona pace della certezza del diritto.
Il valore da dare all’ordinanza della cassazione 12.12.2017 n. 29810.
Questo provvedimento viene richiamato da più parti per sostenere la nullità totale del contratto di garanzia perfezionato a favore della Banca.
Invero in nessuna pronuncia, sia essa sentenza o ordinanza, il Giudice del merito ha l’ardire di richiamarlo come precedente per sostenere la tesi della nullità assoluta del contratto di garanzia.
La Cassazione doveva esaminare il motivo di ricorso in relazione alla statuizione della Corte distrettuale di Venezia.
Questa sosteneva che la fideiussione era di data anteriore al provvedimento della Banca d’Italia del 2005 per cui non accoglieva la domanda attrice.
I Giudici di legittimità non condividevano tale impostazione perché il riferimento da prendere in considerazione era la legge n. 287 del 1990.
Questo è l’unico principio di diritto che viene dettato dalla Cassazione ed ogni altra considerazione travalica il dato sostanziale e formale!
Non vi sono dubbi che il giudizio di violazione di una previsione contrattuale deve esplicarsi nell’ambito della contestazione. A tal proposito è bene precisare che la Sentenza n. 11904 del 2014, richiamata nell’ordinanza, riguardava l’ammontare del premio preteso dalla compagnia di assicurazione, frutto di un accordo fra le aziende assicurative. Ripetiamo che la censura era quella di aver chiesto un prezzo fuori mercato determinato a seguito di un’intesa tra le società assicuratrici.
È ovvio che l’intervento del Giudice che accoglieva la domanda, comportava la nullità della richiesta del premio che di conseguenza veniva ridotto in via equitativa e travolgeva l’intera contrattazione perché veniva ad incidere proprio sulla polizza.
Nel nostro caso la questione è ben diversa perché vi era un contratto regolato dal codice civile, l’impegno di garanzia, al quale venivano aggiunte delle clausole, secondarie, che erano riportate nel testo A.B.I. del 2003, come la reviviscenza, la validità dell’impegno anche in caso di caducazione della obbligazione principale ed infine la deroga all’articolo 1957 c.c.; norme di contorno ritenute affette da nullità, che non potevano influenzare la causa vera ed effettiva della garanzia, ossia l’impegno a pagare in caso di insolvenza del debitore principale.
6. L’articolo 1957 c.c.
È opportuno ricordare la ratio della norma.
Vale ripetere quanto scritto dal FRAGALI[7] sul termine entro il quale il creditore ha l’onere di produrre istanze contro il debitore principale ovvero contro i fideiussori solidali.
Il legislatore ha ritenuto necessario intervenire per mantenere in vita il diritto di surroga del fideiussore. In altre parole la tutela è del garante che potrà da subito surrogarsi nelle azioni del creditore.
In questo contesto si può affermare, come è stato affermato, che il fideiussore può rinunziare a far valere la liberazione nel caso in cui il creditore non inizi un’azione giudiziale nei termini di due o sei mesi.
Invero si deve verificare se questa rinunzia sia un aggravamento della posizione del fideiussore ovvero, al contrario, può essere dettata da un interesse anche del garante. A tal proposito si osserva che il garante può sempre agire nei confronti del debitore principale ai sensi dell’art. 1953 c.c. (rilievo del fideiussore), ma soprattutto la dispensa dall’agire nei termini di legge può avere una sua valenza pregante per scongiurare il rischio “di far precipitare situazioni debitorie altrimenti sanabili nel tempo, il che in concreto risponderebbe all’interesse anche del fideiussore”.
A nostro avviso, questa notazione fornisce una valida giustificazione alla rinunzia a far valere la liberazione anche perché nei casi più ricorrenti di garanzia rilasciata per garantire una società di famiglia ovvero un congiunto, questo aspetto è di tutta evidenza. Un’eventuale proroga concessa al debitore principale spesso viene chiesta proprio dal garante nel proprio interesse.
Un’ultima notazione: il debitore principale ha difficoltà a manifestare alla banca la sua situazione di debolezza, anzi tenta di nasconderla. Al contrario, il socio che ha rilasciato fideiussione è ben al corrente dell’oggettivo stato di decozione, per cui può direttamente intervenire a tutela del suo impegno ovvero collaborare con il creditore per superare il pericolo di insolvenza.
La disciplina dell’art. 1957 c.c., che vorrebbe un’aggressione immediata, risulterebbe così penalizzante per il debitore principale e per il fideiussore.
Questo spiega ampiamente perché la rinunzia alla liberazione è stata ritenuta da tempo possibile e legittima.
La formulazione della previsione A.B.I. (art. 6) in materia, che viene superficialmente indicata come deroga all’art. 1957 c.c., riporta due indicazioni: “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino alla totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore”; si voleva affermare il principio che la fideiussione resta valida sino alla completa estinzione del debito; ma il testo ABI, in un’ansia di precisazioni inutili, recita ancora: “senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore entro i termini previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 c.c. che si intende derogato”. È evidente che il secondo periodo è un’inutile ripetizione perché se la fideiussione rimane in vita fino all’estinzione del debito è pleonastico ripetere il concetto, affermando che si intende derogare alla disciplina dell’art. 1957 c.c.
Questa notazione, peraltro banale, ha indotto da tempo le banche a modificare il testo e riportare solo il principio della sopravvivenza della fideiussione fino al totale rientro del debito.
In questo caso va evidenziato che molte banche non hanno adottato il testo A.B.I., ma hanno precisato, anche nel rispetto della trasparenza, gli impegni che il garante assume e che tale obbligazione rimane in vita sino all’estinzione del rapporto creditizio.
Questa breve digressione sul tema porta a ritenere: 1) che la rinuncia alla liberazione ex art. 1957 c.c.[8] è legittima; 2) che molte banche hanno da tempo riformulato il testo A.B.I. dell’art. 6 per chiarire che il fideiussore rimane impegnato fino all’estinzione del debito; 3) che per le fideiussioni cosiddette astratte la disciplina dell’art. 1957 c.c. non trova applicazione, come affermato da una giurisprudenza costante.
Vale, dunque, osservare che se è vero da un lato che la clausola sulla reviviscenza (art.2) e quella che prevede l’obbligo a restituire le somme erogate anche se l’obbligazione principale fosse invalida (art 8) sono clausole aggiuntive che integrano la fattispecie legale della fideiussione, al contrario, dall’altro, la precisazione che l’estinzione della garanzia si ha solo dopo l’integrale pagamento del debito è un’applicazione del principio della solidarietà dettato dall’art. 1944 c.c. “il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale”.
Più esplicitamente si potrebbe dire che la natura solidale della fideiussione esclude l’applicazione dell’art. 1957 c.c. e che la precisazione che la banca possa agire in deroga a tale norma è stata un approccio superficiale al problema. La disciplina dell’art. 1957 c.c. trova applicazione solo nelle ipotesi contrattuali ove viene escluso il vincolo di solidarietà tra debitore principale e fideiussore.
Di conseguenza è lecito domandarsi come un’applicazione di un principio di legge possa essere “confusa” come una previsione frutto di intese anticoncorrenziali!
7. La legittimazione ad agire.
Le tutele previste dalla legge n. 287 del 10.10.1990 (“Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”) sono azionabili soltanto da quei soggetti che si possono qualificare “consumatori”.
Si deve, quindi, verificare se i fideiussori possano essere qualificati “consumatori” al fine di accertare la loro legittimazione ad agire.
La giurisprudenza sia di merito che di legittimità riteneva che il fideiussore di una società non poteva giammai essere considerato consumatore in quanto “in presenza di un contratto di fideiussione è all’obbligazione garantita che deve riferirsi il requisito soggettivo ai fini dell’applicabilità della specifica normativa in materia di tutela del consumatore, attesa l’accessorietà dell’obbligazione del fideiussore all’obbligazione garantita”. (Cass. n. 25212/2011).
La materia è stata però recentemente rivisitata dalla Corte di Giustizia Europea, che ha esaltato la qualità del consumatore nel contratto di garanzia, a discapito del contratto principale.
La Corte ha infatti emesso in data 19 novembre 2015 un’importante pronuncia in tema di applicabilità della Direttiva 93/13/CE[9] in ipotesi di contratti di garanzia accessori (nel caso di specie, di una fideiussione e di una ipoteca a favore dell’istituto di credito) ad un’apertura di credito stipulata tra un istituto di credito ed una società unipersonale con finalità imprenditoriale, nel caso in cui il garante non abbia un collegamento funzionale che lo leghi a detto ente (Ordinanza CGUE, 19 novembre 2015, Causa C-74/15).
La Corte ha statuito che i contratti di garanzia per un finanziamento a un professionista, pur nella loro natura di contratti accessori, se posti in essere da consumatori nell’interesse esclusivo del beneficiario e per scopi che esulano dall’attività professionale dei garanti, sono assoggettati al regime consumeristico e non a quello del contratto principale.
È dunque in capo alle parti del contratto di garanzia che deve essere valutata la qualità in cui queste hanno agito, precisando che il garante persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale può essere considerato consumatore laddove, ad esempio, non abbia “collegamenti funzionali che lo legano a tale società”.
Questa impostazione è stata recepita dalla maggior parte dei Tribunali[10] secondo cui per stabilire la qualità di consumatore o di professionista del garante non si deve più guardare alla qualità del debitore principale, ma si deve valutare esclusivamente in relazione al soggetto che ha concluso il contratto di garanzia. Se quindi, quest’ultimo è privo di collegamenti patrimoniali e/o funzionali con la società debitrice principale dovrà qualificarsi consumatore.
Va però evidenziata – oltre a delle recenti pronunce di segno contrario di alcuni Tribunali (Arezzo n. 765 del 17.7.2018) – soprattutto la Sentenza n. 24846/2016 della Suprema Corte che, nello specifico caso del contratto autonomo di garanzia, ha stabilito che “in presenza di un contratto di fideiussione è all’obbligazione garantita che deve riferirsi il requisito della qualità di consumatore, attesa l’accessorietà dell’obbligazione del fideiussore rispetto all’obbligazione garantita. Alla stessa soluzione si deve pervenire anche nell’evenienza di contratto autonomo di garanzia, posto che questo contratto è funzionalmente inserito nell’attività dell’impresa garantita, quale elemento utile per il suo funzionamento”.
8. L’azione risarcitoria.
Il presupposto è il danno causato. La casistica possibile va collegata alla clausola azionata dalla banca nei confronti del garante.
A) Viene azionata la clausola della reviviscenza (art. 2 testo A.B.I. 2003). Il garante potrà contestare la validità della detta previsione solo eccependo che la stessa è frutto di “intesa” perché la giurisprudenza costante la ha sempre ritenuta valida. Nel caso di specie vi sarebbe un effettivo pregiudizio del garante.
B) Viene azionata la clausola che prevede in ogni caso la validità della fideiussione (art. 8 testo A.B.I. 2003). Il principio dell’accessorietà verrebbe meno e quindi la garanzia sarebbe da qualificare atipica. La giurisprudenza sembra finora di aver ritenuto meritevole di tutela questa deroga all’art. 1939 c.c. per cui il garante potrebbe solo eccepire che la stessa è frutto di “intesa”.
Vale ricordare che questa eccezione sembra preclusa ove il garante si trovi in una posizione comune con il garantito, con la possibilità di controllare od ispirare il comportamento di quest’ultimo.
La fattispecie da ipotizzare è quella della garanzia rilasciata dall’amministratore della società debitrice o dal socio della stessa; in questo caso il garante non avrebbe ragione per contestare il suo impegno fideiussorio.
C) La deroga all’art. 1957 c.c. (art. 6 testo A.B.I. 2003). Va ipotizzato che la banca non abbia aggredito il debitore principale nei termini di cui all’art. 1957 c.c. In questo caso il garante deve dimostrare il danno subito dalla detta circostanza.
Come in precedenza evidenziato, il fideiussore dovrebbe provare che la sua surrogazione è stata pregiudicata dal comportamento della banca. L’ipotesi è plausibile ma a nostro avviso residuale perché vi è la norma a protezione del garante (art. 1953 c.c. rilievo del fideiussore) e perché – come già scritto- il garante potrebbe avere avuto un interesse a che la posizione del debitore principale non venisse immediatamente travolta.
In sintesi l’azione risarcitoria per avere azionato una clausola in contrasto con la legge antitrust è certamente possibile, ma difficile sul piano probatorio del danno subito.
9. Conclusioni.
La questione testé sorta presuppone che la fideiussione azionata rispecchi pedissequamente il testo rilasciato dall’A.B.I. nel 2003. In tutte le ipotesi in cui non vi è coincidenza non è legittimo ipotizzare una nullità collegata alla normativa antitrust.
Come già detto, l’ipotesi che i testi fideiussori ricalchino quello A.B.I. del 2003 va verificata con una comparazione testuale dell’impegno assunto.
Inoltre, va anche controllato se la banca si sia avvalsa o meno delle clausole censurate, perché in caso negativo mancherebbe del tutto la materia del contendere.
Invece, nelle ipotesi in cui la banca abbia utilizzato a proprio favore le clausole ritenute nulle, il fideiussore danneggiato dovrà dimostrare il danno effettivamente subito, con un non facile onere della prova.
Infine, per quanto sopra evidenziato, la tesi della nullità assoluta, sposata solo dal Tribunale di Salerno con una motivazione peraltro perplessa, non può essere condivisa.
I provvedimenti di sospensione assunti nei giudizi di opposizione non sono motivati e sono con riserva di migliore approfondimento, pertanto non possono assumere valenza di precedenti.
Va quindi confermato il nostro pensiero secondo cui l’impegno fideiussorio resta valido e non viene travolto dalla eventuale nullità delle clausole aggiuntive; nullità che peraltro va verificata caso per caso.
NOTE:
[1] Destinato ad aggravarsi dato che il fenomeno è in forte espansione, come la produzione giurisprudenziale di pochi mesi dimostra.
[2] Sulla questione vedi il lavoro di SPARANO in “Diritto della banca e del mercato finanziario” Vol. XV, n. 4, 2001.
[3] La circolare del 26.9.2005 termina con una indicazione riportata in grassetto: si rammenta che tale schema costituisce per sempre una mera traccia, priva di ogni valore vincolante o di raccomandazione, di cui ciascun intermediario potrà valersi o meno ed al quale potrà apportare tutte le modifiche ritenute opportune.
[4] La sentenza ultima del Tribunale di Treviso e quella del Tribunale di Rovigo sono state commentate da PIERO CECCHINATO su “dirittobancario.it” del 11.10.2018 che sembra sostanzialmente condividere l’iter argomentativo. Anche BARBARA BORRILLO su Rivista di diritto bancario 2018 esamina il fenomeno con ampi richiami di dottrina. L’impostazione del lavoro porta a ritenere che la tesi della nullità totale di per sé avrebbe “effetti demolitori”.
Non possiamo condividere l’affermazione che tutti i testi utilizzati dal sistema sono “uguali”, riprendendo il concetto di “standardizzazione” che non sembra sussistere; questa tesi viene proposta senza l’esame dei tanti e differenti modelli in uso nel sistema; è vero che i testi contengono l’obbligo fideiussorio che è la causa dell’istituto.
[5] La massima riportata su “Il Caso.it” non sembra rispondente al testo dell’ordinanza!
[6] Si deve osservare che la massima riportata sul “Il Caso.it” non sia puntuale rispetto al provvedimento!
[7] In “Commentario del Codice Civile” Libro quarto, 1968, sub art. 1957 c.c.
[8] Si veda, ex multis, Cassazione, VI sez, civ. n. 21867 del 24.9.2013 in Giustizia Civile Massimario, 2013
[9] Dir. 93/13, trasposta in Italia negli articoli 33 e seguenti del d.lgs. 206/2005, cd. “codice del consumo”.
[10] Ancona n. 1329/2018; Padova del 27.6.2018; Palermo del 31.7.2017; Lucca n. 406 del 18.2.2017.
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