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16 Aprile 2020 In Diritto bancario, Diritto finanziario

Gli Orientamenti dell’EBA sulle prove di stress dei sistemi di garanzia dei depositi

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Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia

 

L’art. 4, paragrafo 10, della Direttiva 2014/49/UE, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (deposit guarantee schemes, DGS), impone ai DGS di condurre, almeno ogni tre anni, prove di stress sulla propria capacità di assolvere i compiti previsti dalla Direttiva. In applicazione dell’art. 16 del Regolamento (UE) 1093/2010, istitutivo dell’Autorità bancaria europea (European Banking Authority), l’EBA ha pubblicato il 19 ottobre 2016 le linee guida sugli stress-test dei DGS, che dovrebbero contribuire a rafforzare la resilienza del sistema europeo dei DGS.

Gli orientamenti dell’EBA specificano i principi metodologici e i contenuti minimi degli esercizi e presuppongono la definizione di un programma di prove che contempli, in un orizzonte temporale abbastanza ampio (da due a cinque anni), gli scenari di intervento e le aree tematiche oggetto delle prove di stress. Il programma andrà aggiornato alla luce dei risultati emersi dalle prove di stress, nonché delle iniziative intraprese dai DSG e degli sviluppi del quadro normativo.

L’EBA ha richiesto che, entro il 3 luglio 2019, i DGS si adoperino per svolgere una serie di “test prioritari” e di comunicarne i risultati. Tali test vanno condotti sui file della SCV (single customer view[1]), sulle capacità operative, sulla cooperazione transfrontaliera e sulla capacità di finanziamento.

I test sui file SCV sono finalizzati ad assicurare, fra l’altro, che i file stessi evidenzino i depositi presso succursali ubicate in altri Stati membri.

La prova sulle capacità operative dovrebbe essere di severità tale da testare la capacità del DGS di gestire in modo efficace ed efficiente processi, risorse e sistemi informatici critici in condizioni di stress.

Il test di cooperazione transfrontaliera, da condurre in raccordo con almeno un altro DGS, è volto a valutare se il DGS sia in grado di trasmettere efficacemente al DGS di un paese ospitante un file di istruzioni di pagamento relativo ai depositanti presso una succursale estera di un dato ente creditizio, con conferma da parte del DGS del paese ospitante che il file contiene le informazioni necessarie all’esecuzione del pagamento.

L’ultimo test è finalizzato a misurare le aree e gli indicatori relativi alla capacità di finanziamento (cfr. infra), in uno scenario di rimborso o di risoluzione che preveda uno o più dissesti e ipotizzi un intervento da parte del DGS pari almeno allo 0,8 per cento della massa protetta ovvero a un livello-obiettivo[2] inferiore.

Ogni prova di stress si articola in quattro fasi: 1) pianificazione; 2) esecuzione; 3) rilevazione e valutazione degli esiti; 4) cooperazione con le autorità competenti.

La fase di pianificazione (planning) prevede che i DSG nominino un “gruppo direttivo” (steering team) o “funzionario direttivo” (steering officer), con il compito di pianificare e coordinare le diverse funzioni aziendali coinvolte nella prova di stress. L’alta dirigenza deve assicurare che il gruppo direttivo disponga di tutte le informazioni necessarie e sia efficacemente coadiuvato dal restante personale. Prima di ogni esercizio, il gruppo direttivo fissa i tempi di esecuzione della prova e individua i partecipanti (interni e/o esterni) coinvolti.

Sulla base di uno specifico programma, il gruppo definisce in dettaglio il focus della prova, lo scenario di intervento, le aree tematiche, gli indicatori oggetto di misurazione e le ipotesi sottostanti l’esercizio (ad esempio, il livello delle perdite subite da un ente creditizio). Ai DGS si richiede di dotarsi di meccanismi in grado di assicurare obiettività nella definizione delle ipotesi per lo stress-test, nell’esecuzione del test stesso e nella formulazione di conclusioni obiettive. Si prescrive inoltre che, nell’ambito di tali meccanismi, i DGS assicurino una chiara e netta separazione tra il gruppo direttivo e gli altri partecipanti all’esercizio.

In alternativa alla suddetta separazione, è prevista la partecipazione al processo di osservatori esterni (autorità designate, altre autorità pubbliche, società di consulenza oppure altri DGS), con l’incarico di verificare che l’esercizio sia condotto in modo obiettivo e, in caso di dubbio, di esprimere i propri timori al gruppo direttivo.

La fase esecutiva (running) della prova consiste nella raccolta presso i partecipanti, da parte del gruppo direttivo, delle informazioni necessarie a valutare il funzionamento dei sistemi dei DGS in relazione alle aree tematiche e agli indicatori oggetto della prova. Le prove possono assumere molteplici forme, tra cui sessioni di role-playing, nelle quali i partecipanti interni ed esterni simulano le azioni e le decisioni che adotterebbero in un determinato scenario di intervento, oppure scambi di back-office.

La fase di rilevazione e valutazione degli esiti (reporting) riguarda la rilevazione dei risultati della prova e la formulazione di una valutazione obiettiva della resilienza del DGS nelle aree di rischio oggetto di misurazione. I DGS hanno l’obbligo di comunicare alle autorità competenti, con periodicità almeno annuale, gli esiti delle prove di stress. Qualora una prova di stress evidenziasse carenze nei sistemi di un DGS, quest’ultimo dovrebbe adottare misure correttive (corrective action). Ove invece le carenze riscontrate siano riconducibili a un ente creditizio, il DGS dovrebbe richiedere l’applicazione di appropriate misure, rivolgendosi, se del caso, all’autorità di vigilanza competente.

L’ultima fase della prova di stress, quella della cooperazione con le autorità (cooperation), si concretizza nell’obbligo dei DGS di tenere pienamente informate le autorità designate durante le fasi di pianificazione e conduzione delle prove. A tal fine, si richiede ai DGS di sottoporre il programma di esercizi di stress alle autorità designate e all’EBA.

Per valutare in modo compiuto la propria capacità di fronteggiare efficacemente i casi di fallimento di una banca, i DGS devono testare gli scenari di intervento. In particolare, devono verificare la propria capacità di assolvere i compiti connessi alle seguenti tipologie di intervento:

  1. il rimborso dei depositanti in caso di dissesto di una banca (funzione di rimborso). In uno scenario di rimborso i DGS simulano il fallimento di uno o più intermediari allo scopo di valutare se l’importo rimborsabile sarebbe disponibile entro i termini prescritti dall’art. 8 della Direttiva 2014/49/UE;
  2. il finanziamento della risoluzione di una banca al fine di preservarne la continuità di accesso ai depositi (funzione di contributo alla risoluzione)[3], conformemente all’art. 11, paragrafo 2, della Direttiva in questione;
  3. l’utilizzo dei mezzi finanziari disponibili per misure alternative finalizzate ad evitare il dissesto di una banca, ove consentito dall’ordinamento dello Stato membro in cui il DGS è stabilito (funzione di prevenzione di fallimenti)[4], a norma dell’art. 11, paragrafo 3, della predetta Direttiva;
  4. l’utilizzo dei fondi disponibili per finanziare misure volte a preservare l’accesso ai depositi protetti nel contesto di procedure di insolvenza nazionali, ove consentito dall’ordinamento dello Stato membro in cui il DGS è insediato (scenario di contributo all’insolvenza), in conformità dell’art. 11, paragrafo 6, della su richiamata Direttiva.

 

Nel testare uno scenario di intervento, i DGS avranno cura di selezionare uno o più enti creditizi affiliati (tra cui gli intermediari significativi vigilati direttamente dalla BCE, gli intermediari a rilevanza sistemica a livello globale (G-SII) e gli altri intermediari a rilevanza sistemica (O-SII), le cui caratteristiche risultino adeguate rispetto al focus previsto della prova. Inoltre, sarebbe opportuno testare sia scenari che ipotizzino livelli diversi di severità e complessità sia molteplici aree geografiche, introducendo gradualmente scenari che prevedano interventi a sostegno dei depositanti presso succursali con sede in altri Stati membri.

Le prove di stress dovrebbero coprire principalmente due aree di rischio: 1) i rischi operativi, vale a dire i rischi cui i DGS sono esposti a causa dell’impossibilità di adempiere ai propri obblighi per l’ inadeguatezza o la carenza di processi, personale e sistemi interni; e 2) i rischi di finanziamento, ossia i rischi che le fonti di finanziamento previste dall’art. 10 della Direttiva 2014/49 (contributi ordinari, contributi straordinari e meccanismi di finanziamento alternativo) non sono sufficienti a fronteggiare le passività potenziali ovvero a fronteggiarle entro i termini prescritti. In particolare, i DGS dovrebbero testare le proprie capacità operative e di finanziamento negli scenari di intervento sopra indicati, attraverso l’utilizzo di una serie di indicatori. Nel primo caso, si verifica la capacità di gestire i processi e i meccanismi necessari ai fini di un intervento, tra cui l’accesso ai dati su enti creditizi, depositi e depositanti, le risorse operative e umane, la comunicazione con i depositanti e con il pubblico in generale, il periodo di tempo compreso fra la determinazione dell’indisponibilità dei rimborsi e il momento in cui detti rimborsi sono attuabili, la cooperazione fra le autorità del paese di origine e le autorità del paese ospitante. Nel secondo caso, si valuta l’adeguatezza dei finanziamenti ex ante disponibili al momento dell’esercizio per il rimborso o il contributo alla risoluzione richiesti, nonché dei contributi ex post straordinari e dei mezzi di finanziamento alternativi (prestiti o linee di credito messi a disposizione da soggetti privati o pubblici) necessari a ripianare la carenza entro il termine di rimborso.

Il d.lgs. 30/2016, che ha recepito nell’ordinamento nazionale la Direttiva 2014/49, dispone che i DGS riconosciuti in Italia svolgano, ogni tre anni, prove di resistenza della propria capacità di effettuare rimborsi in caso di liquidazione e interventi di sostegno finanziario alla risoluzione (art. 96-bis. 3, comma 1, lettera b), del TUB). A quanto risulta, il Fondo interbancario per la tutela dei depositi (FITD) avrebbe definito nel 2017, sulla base di un Programma Quadro delle attività, un piano pluriennale delle prove di stress che copre un orizzonte temporale di cinque anni (2017-2021) e definisce gli scenari di intervento da sottoporre a test, le aree tematiche e i test prioritari da svolgere.

Nel giugno 2017 il FITD ha condotto il primo esercizio di stress, riguardante uno scenario di payout di una banca consorziata, che avrebbe dato esito positivo. E’ seguito, nel secondo semestre, il previsto ciclo di test, per la verifica della SCV e del rispetto dei tempi stabiliti per il rimborso dei depositanti (7 giorni lavorativi), che ha coinvolto 20 banche consorziate. Anche in questo caso le prove svolte si sarebbero concluse con esito positivo.

L’attività di stress test del Fondo è proseguita nel 2018, sulla base delle linee tracciate nel Programma pluriennale 2017-2021. Le prove hanno coinvolto 43 banche consorziate e sono state improntate a una logica di complessità e severità crescenti. Nello specifico, sono state effettuate tre prove di resistenza “su scenario”, cui si sono affiancate quattro sessioni di test sui file della SCV. Le prime hanno riguardato, rispettivamente, uno scenario di rimborso dei depositanti di una banca consorziata e due simulazioni di cooperazione cross-border con un sistema di garanzia estero, nel corso delle quali il Fondo ha ricoperto, alternativamente, il ruolo di DGS Home e di DGS Host[5].

 

Note:

[1] Secondo l’EBA, è tale il file che “contiene le informazioni sul singolo depositante, necessarie a predisporre un rimborso da parte di un DGS, ivi compreso l’importo aggregato di depositi ammissibili detenuti da ciascun depositante”.

[2] La Direttiva 2014/49 stabilisce che le contribuzioni ordinarie ex ante delle banche aderenti raggiungano, entro luglio 2024, un livello-obiettivo pari almeno all’8 per cento dei depositi protetti.

[3] Possono essere effettuate prove di stress basate su scenari di risoluzione individualmente o nel quadro di un più ampio esercizio con scenario di risoluzione condotto sotto la guida delle autorità di risoluzione, a condizione che vengano testate determinate aree e applicato un set di indicatori (cfr. infra).

[4] Qualora sia consentito a un DGS di utilizzare fondi per prevenire il dissesto di un ente creditizio, esso deve effettuare almeno due tipi di prova: i) una prova che simuli un deterioramento significativo della situazione tecnica di uno o più enti creditizi consorziati; e ii) una prova dei sistemi di monitoraggio dei rischi in uso presso il DGS.

[5] FITD, Relazione e bilancio 2018, Roma, marzo 2019.



Rivista di Diritto Bancario Tidona - Il contenuto di questo documento potrebbe non essere aggiornato o comunque non applicabile al Suo specifico caso. Si raccomanda di consultare un avvocato esperto prima di assumere qualsiasi decisione in merito a concrete fattispecie.

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