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Di Maurizio Tidona, Avvocato
18 aprile 2012
Ai sensi dell’Art. 1 della Legge Fallimentare (R.D. n. 267 del 16/03/1942) non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento gli imprenditori che dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
La Corte di Cassazione (con sentenze nn. 5420 del 4 aprile 2012 e 22546 05 novembre 2010) ha stabilito che il debitore, benché non costituito avanti al tribunale, può indicare per la prima volta, anche in sede di reclamo alla sentenza di fallimento comunque emessa, i mezzi di prova di cui intende avvalersi, e questo pure al fine di dimostrare la sussistenza dei limiti dimensionali di cui all’art. 1 l. fall., tenuto conto che – come espresso dalla Corte cost., con sent. n. 198 del 1° luglio 2009 – permane un ampio potere di indagine officioso in capo all’organo giudicante.
In tema di presupposti dimensionali per l’esonero dalla fallibilità del debitore, nel computo dei ricavi, ai fini del riconoscimento della qualifica di piccolo imprenditore, il triennio cui si richiama il legislatore nell’art. 1 legge fallimentare va riferito agli ultimi tre esercizi in cui la gestione economica è scadenzata, e non agli anni solari; a tale conclusione si perviene attraverso una interpretazione sistematica delle norme e il richiamo, tra esse, dell’art.14 legge fallimentare, che, in tema di istanza di fallimento, impone al debitore – che chieda la dichiarazione di fallimento in proprio – di depositare le scritture contabili e fiscali degli ultimi tre anni, cioè degli ultimi tre esercizi cui ha riguardo la documentazione funzionale all’accertamento delle sue condizioni di fallibilità (così Cass. civ., sent. n. 24630 del 3 dicembre 2010).
Nel verificare la sussistenza del requisito della fallibilità posto dall’art. 1 legge fallimentare, è prioritario il dato ricavabile dalle scritture contabili; tuttavia, possono tenersi in considerazione anche altri elementi dai quali risulti comunque l’esistenza di debiti ulteriori, anche qualora essi siano in parte contestati, essendo comunque rilevanti quale dato dimensionale dell’impresa; la contestazione, infatti, non ne impedisce l’inclusione nel computo dell’indebitamento complessivo e non si sottrae alla valutazione del giudice chiamato a decidere sull’apertura della procedura concorsuale, anche se la relativa pronuncia non pregiudica l’esito della controversia volta all’accertamento di quel debito (così Cass. civ, sent. n. 25870 del 2 dicembre 2011).
Ai fini dell’accertamento del requisito di fallibilità occorre pertanto procedere ad una valutazione dell’esposizione complessiva dell’imprenditore, anche con riguardo ai debiti non scaduti, trattandosi di requisito assunto dal legislatore quale indice dimensionale dell’impresa; per tale motivo vanno considerati anche i debiti condizionati, come quelli derivanti dalla prestazione di garanzie, che presuppongono la preventiva escussione del debitore (così Cass. civ, sent. n. 9760 del 4 maggio 2011).
L’art. 15 della l. fall. prevede altra causa di impedimento alla dichiarazione di fallimento, disponendo che non si può egualmente dichiarare il fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila.
L’art. 15, l. fall, prevede quindi una aggiuntiva condizione per la dichiarazione di fallimento, la cui sussistenza deve essere necessariamente valutata dal tribunale in base al materiale probatorio e informativo acquisito, a prescindere anche dalla proposizione di una eccezione da parte del debitore.
Non costituiscono peraltro un sintomo inequivocabile dello stato di insolvenza i debiti emersi nel corso dell’istruttoria prefallimentare che superino di poco il limite sancito dall’art. 15 (così Tribunale Chieti, sent. n. 188 del 9 febbraio 2010).
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