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17 Maggio 2019 In Diritto finanziario

I mini-bond: uno strumento di finanziamento alternativo per le PMI

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Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia

 

  1. Introduzione

Il sistema produttivo italiano si caratterizza, come noto, per la diffusa presenza di imprese di piccole e medie dimensioni (PMI), a guida familiare. Nel complesso, esse costituiscono il 99,9 per cento del numero totale delle imprese del territorio nazionale, mentre solo lo 0,1 per cento è rappresentato da imprese di grandi dimensioni[1]. Le ragioni della preponderanza delle PMI nel tessuto economico italiano appaiono essenzialmente riconducibili all’arresto del processo di modernizzazione del Paese e delle grandi imprese pubbliche e private e allo sviluppo di distretti industriali.

La ridotta dimensione aziendale (c.d. nanismo) e la natura familiare della proprietà hanno scoraggiato gli imprenditori ad aprire il capitale all’ingresso di nuovi soci e finanziatori o a reperire fondi sul mercato borsistico o presso investitori istituzionali. Alla base della scarsa propensione alla quotazione vi sono diversi fattori, tra cui il rischio della perdita del controllo, la dipendenza dal credito bancario, l’elevatezza dei costi di quotazione e di compliance, l’assenza di agevolazioni fiscali.

La prolungata fase recessiva che ha colpito l’economia italiana in conseguenza della crisi finanziaria globale e della crisi dei debiti sovrani ha accresciuto le difficoltà per le imprese di accedere ai finanziamenti del sistema bancario, stante anche la decisione di quest’ultimo di ridurne l’offerta. Per far fronte a tale situazione i governi che si sono succeduti negli anni 2012-2014 hanno varato una serie di provvedimenti a sostegno delle imprese con un duplice obiettivo: favorire modalità di finanziamento alternative al credito bancario e agevolare il ricorso al mercato dei capitali.

 

  1. I canali di finanziamento alternativi al credito bancario

I principali interventi legislativi sono rappresentati dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (c.d. decreto Sviluppo), convertito nella legge 134/2012, e dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (c.d. decreto Sviluppo bis), convertito nella legge 221/2012, che hanno introdotto significative innovazioni alla disciplina delle cambiali finanziarie, dei titoli di debito a medio e lungo termine e delle obbligazioni subordinate e partecipative (c.d. mini-bond), rimuovendo i vincoli civilistici e fiscali che penalizzavano le società non quotate in Borsa rispetto a quelle quotate e alle omologhe società di altri paesi europei.

Per quanto riguarda le cambiali finanziarie, è stata modificata la loro durata portandola fino a un massimo di 36 mesi e si è consentita l’emissione in forma dematerializzata. Si stabiliscono, inoltre, tre condizioni per l’emissione e la circolazione di dette cambiali: i) i titoli siano collocati esclusivamente presso investitori istituzionali che non siano, direttamente o indirettamente, neanche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, soci delle medesima impresa emittente e destinati alla circolazione esclusivamente tra investitori qualificati; ii) l’emissione sia assistita da uno sponsor (banca, SGR, SICAV o intermediario finanziario iscritto all’elenco di cui all’art. 107 del TUB)[2]; iii) l’ultimo bilancio dell’impresa emittente sia stato assoggettato a revisione contabile da parte di un professionista o di una società iscritti nel Registro dei revisori legali e delle società di revisione.

La nuova disciplina ha regolamentato per la prima volta le c.d. obbligazioni subordinate partecipative, che consistono in titoli di debito con clausole di partecipazione agli utili e di subordinazione, avanti scadenza uguale o superiore a 5 anni. Si tratta di titoli che incorporano due particolari condizioni: la clausola di partecipazione, che regola la parte del corrispettivo spettante al portatore del titolo obbligazionario, commisurandola al risultato economico dell’impresa emittente[3], e la clausola di subordinazione che definisce i termini di postergazione del detentore del titolo ai diritti degli altri creditori della società, con l’eccezione dei sottoscrittori del solo capitale sociale.

Le nuove disposizioni si applicano alle società di capitali, alle società cooperative e alle mutue assicuratrici non emittenti titoli rappresentativi di capitale negoziati in mercati regolamentati o non regolamentati, che rientrano nella definizione di piccole e medie imprese dettata dalla Raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE[4]. Rimangono invece escluse dal perimetro di applicazione della normativa le banche e le microimprese[5].

 

  1. I mini-bond

I mini-bond sono obbligazioni o titoli di debito a medio e lungo termine emessi da piccole e medie imprese e sottoscritte da investitori professionali e qualificati che, a fronte della raccolta di capitale, offrono una remunerazione contrattualmente stabilita attraverso il pagamento di cedole periodiche.

Come anticipato, le disposizioni contenute nei decreti Sviluppo e Sviluppo bis rimuovono i limiti quantitativi previsti dal codice civile per le emissioni di obbligazioni ed estendono i vantaggi fiscali a favore degli emittenti e degli investitori in mini-bond.

Prima dell’entrata in vigore del decreto Sviluppo, il codice civile stabiliva, all’art. 2412, un limite all’emissione di obbligazioni, prevedendo che le società potevano emettere obbligazioni (al portatore e nominative) per una somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Tale limite poteva essere superato solo se le obbligazioni emesse in eccedenza erano sottoscritte da investitori professionali. Le suddette disposizioni non trovavano applicazione esclusivamente in caso di emissioni obbligazionarie da parte di società le cui azioni fossero quotate in mercati regolamentati.

Il decreto Sviluppo ha esteso la possibilità di emettere obbligazioni superiori al doppio del patrimonio netto a tutte le società non quotate, diverse dalle banche e dalle microimprese, che emettono obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facilities, MTF)[6], eliminando così il vincolo legale che impediva, di fatto, alle imprese non quotate di emettere titoli obbligazionari per un ammontare sufficiente a finanziare nuove iniziative.

Inoltre, al fine di agevolare il finanziamento delle PMI sul mercato dei capitali, i decreti Sviluppo e Sviluppo bis hanno introdotto le seguenti agevolazioni fiscali, già previste per i grandi emittenti (banche e società quotate):

  • deducibilità degli interessi passivi a favore degli emittenti e degli investitori. Le società non emittenti azioni quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione dei paesi UE o di paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo inclusi nella “white list” possono dedurre gli interessi passivi ai fini IRES, nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo, a condizione che i titoli siano negoziati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione oppure detenuti da investitori professionali che non possiedano, direttamente o indirettamente, anche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, più del 2 per cento del capitale o del patrimonio dell’emittente;
  • deducibilità dei costi emissione. Le spese di emissione delle obbligazioni sono deducibili nell’esercizio in cui sono sostenute, indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio;
  • esenzione della ritenuta d’acconto sugli interessi e altri proventi corrisposti alle obbligazioni emesse dalle società non quotate, a condizione che i titoli siano negoziati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione dei paesi dell’UE o di paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo inclusi nella “white list”.

  Più recentemente, il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 (c.d. decreto Destinazione Italia), convertito nella legge 9/2014, ha introdotto ulteriori innovazioni volte a favorire la diffusione di forme di finanziamento di medio e lungo termine alternative o complementari a quelle bancarie. Le disposizioni più rilevanti riguardano:

  • l’estensione dell’ambito di applicazione della legge 130/1999 in materia di cartolarizzazione dei crediti anche alle obbligazioni e titoli simili, esclusi i titoli partecipativi, ibridi e convertibili;
  • l’ammissibilità delle obbligazioni, dei relativi titoli cartolarizzati, e delle quote dei fondi che investono prevalentemente in tali obbligazioni, come attivi a copertura delle riserve tecniche assicurative e compatibilità con le disposizioni in materia di limiti di investimento per i fondi pensione;
  • l’estensione della possibilità di costituire un privilegio speciale sui beni mobili destinati all’esercizio dell’attività d’impresa anche a garanzia di titoli obbligazionari, purché tali titoli siano sottoscritti e destinati alla circolazione solo presso investitori professionali;
  • la disapplicazione della ritenuta d’acconto sugli interessi e sui proventi corrisposti ai fondi che investono prevalentemente in obbligazioni e titoli similari, a condizione che le quote del fondo sia detenute esclusivamente da investitori professionali;
  • la possibilità per il Fondo centrale di garanzia di garantire anche le SGR, per gli investimenti sia su singole emissioni di titoli sia su portafogli;
  • l’inclusione tra le attività idonee come garanzia delle obbligazioni collateralizzate emesse dalle banche, anche delle obbligazioni societarie e dei crediti alle PMI.

Il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (c.d. decreto Competitività), convertito nella legge 116/2014, contiene una serie di disposizioni urgenti per il rilancio e lo sviluppo delle imprese. Con riferimento al mercato dei mini-bond, è stata prevista:

  • l’eliminazione della ritenuta d’acconto su interessi e proventi di obbligazioni non quotate in sistemi multilaterali di negoziazione, purché collocate da investitori istituzionali;
  • l’estensione dell’imposta sostitutiva anche a cessioni di crediti garantiti;
  • la disapplicazione della ritenuta d’acconto su interessi e proventi di obbligazioni e titoli similari corrisposti alle società di cartolarizzazione che li sottoscrivono.

Da ultimo, la legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) ha apportato ulteriori modifiche al quadro normativo che disciplina i mini-bond. In particolare, è stata modificata la normativa sui Piani individuali di risparmio (PIR)[7], introducendo il vincolo di investimento in fondi italiani di venture capital e in azioni di PMI quotate nei segmenti AIM Italia ed ExtraMOT Pro di Borsa Italiana (cfr. infra) in misura pari ad almeno il 3,5 per cento del patrimonio, nonché la legge 130/1999 sulla cartolarizzazione consentendo alle società di cartolarizzazione di erogare direttamente finanziamenti sia a S.p.A. sia a S.r.l. Viene previsto, infine, che la sottoscrizione di obbligazioni o titoli di debito sia riservata agli investitori professionali e a particolari categorie di investitori eventualmente individuati dalla CONSOB e sia effettuata in una sezione del portale on-line diversa da quella in cui si svolge la raccolta del capitale di rischio.

La Tab. 1 riassume le principali innovazioni normative introdotte sui mini-bond dal 2012 ad oggi.

Tab. 1:

Provvedimento di legge Innovazioni
Sviluppo e Sviluppo bis Eliminazione dei limiti massimi quantitativi di cui all’art. 2412 c.c. per obbligazioni

Estensione a società non quotate delle deducibilità degli interessi passivi per titoli

negoziati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione e detenuti da investitori professionali che non possiedono più del 2% del capitale o del patrimonio dell’emittente

Estensione a società non quotate della deducibilità delle spese di emissione

Esenzione della ritenuta d’acconto sui proventi di obbligazioni emesse da società non quotate e negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione di paesi dell’UE o di paesi inclusi in white list

Destinazione Italia Estensione dell’ambito di applicazione della legge sulla cartolarizzazione dei crediti alle obbligazioni

Ammissibilità di obbligazioni, dei relativi titoli cartolarizzati e delle quote dei fondi, come attivi a copertura delle riserve tecniche assicurative

Estensione del privilegio speciale sui beni mobili destinati all’attività dell’impresa a garanzia delle emissioni obbligazionarie

Disapplicazione della ritenuta d’acconto su interessi e proventi corrisposti ai fondi d’investimento mobiliari detenuti da investitori qualificati

Possibilità per il Fondo centrale di garanzia di garantire anche le SGR per gli investimenti su singole emissioni e portafogli

Inclusione tra le attività idonee come garanzia delle obbligazioni collateralizzate emesse dalle banche, anche delle obbligazioni societarie e dei crediti alle PMI

Competitività Eliminazione della ritenuta d’acconto su interessi e proventi di obbligazioni non quotate in sistemi multilaterali di negoziazione, purché collocati da investitori istituzionali

Estensione dell’imposta sostitutiva a cessioni di crediti garantiti

Disapplicazione della ritenuta d’acconto su interessi e proventi di obbligazioni corrisposti alle società di cartolarizzazione che li sottoscrivono

Legge di bilancio 2019 Modifica della normativa sui PIR

Modifica della legge 130/1999 sulla cartolarizzazione

Possibilità per i portali di equity crowdfunding autorizzati dalla CONSOB di collocare mini-bond presso investitori professionali in una sezione dedicata

Il ricorso ai mini-bond consente alle PMI di fruire di una serie di vantaggi, oltre a quelli di natura fiscale introdotti dal legislatore. Anzitutto, l’opportunità di sostenere periodicamente, durante la vita del prestito, il pagamento dei soli interessi sul finanziamento ricevuto, evitando all’impresa rilevanti deflussi di cassa nel periodo in cui gli investimenti non hanno ancora cominciato a produrre i relativi cash flows. In secondo luogo, un allungamento della durata media delle fonti di finanziamento può generare una maggiore coerenza tra la duration dell’attivo e del passivo, con conseguente miglioramento degli equilibri patrimoniali e finanziari. In terzo luogo, l’emissione di obbligazioni non determina alcuna segnalazione presso le banche dati (CRIF e Centrale dei rischi) né prevede il rilascio di garanzie personali o reali da parte dell’emittente, lasciando così inalterata la capacità di richiedere e ottenere finanziamenti bancari. Infine, la possibilità di disporre di una fonte di provvista alternativa al tradizionale prestito bancario permette di attenuare la dipendenza dal canale bancario.

Tale strumento non è privo, tuttavia, di rischi e di potenziali svantaggi per le imprese. Il ricorso ai mercati finanziari, attraverso l’emissione di mini-bond, rende necessaria una maggiore trasparenza sui dati finanziari, al fine di garantire maggiore tutela agli investitori e stabilità al mercato. Occorre poi valutare con attenzione i costi legati all’analisi di fattibilità dell’operazione e alla gestione dell’emissione, in quanto agli oneri relativi ai diversi soggetti coinvolti nell’operazione (advisor, arranger, consulenti, ecc.) potrebbero aggiungersi quelli inerenti all’eventuale quotazione su mercati regolamentati. Infine, il processo di emissione e di ammissione a negoziazione dei mini–bond comporta generalmente un allungamento dei tempi necessari alla raccolta di capitali rispetto a quelli richiesti per l’erogazione dei finanziamenti bancari.

L’emissione di mini-bond è un processo complesso che coinvolge una pluralità di soggetti e richiede una serie di adempimenti normativi e regolamentari. Durante il processo di emissione l’emittente è generalmente assistito da un advisor che ha il compito di effettuare, nella fase preliminare, una valutazione costi/benefici dell’operazione rispetto alle altre forme di finanziamento e di redigere il business plan, un documento che sintetizza i contenuti e le caratteristiche del progetto imprenditoriale. Ove sussistano i presupposti per la realizzazione dell’operazione, l’advisor predispone i dati e i documenti necessari all’attività di due diligence e all’eventuale emissione del rating da parte di un’agenzia autorizzata (CERVED, CRIF, ecc.)[8]. Dopo di che, individua le caratteristiche dell’obbligazione (scadenza, modalità di rimborso del capitale, ecc.) più idonee al progetto di sviluppo dell’azienda e al suo profilo economico-finanziario. Infine, collabora alla ricerca di potenziali investitori per valutare l’interesse del mercato all’emissione e assiste l’emittente anche nelle fasi successive all’emissione attraverso l’analisi periodica del rispetto degli accordi raggiunti con gli investitori (c.d. covenants) e l’indicazione di eventuali criticità legate all’andamento economico-finanziario della società. Altre figure chiave del processo di emissione di mini-bond sono il consulente legale, l’arranger e le banche (agenti e depositarie) Il consulente legale ha il compito di verificare gli aspetti formali e di compliance, allo scopo di evitare rischi di contenzioso o di illeciti; l’arranger svolge il ruolo di coordinatore finanziario e collabora con i diversi soggetti coinvolti nella strutturazione dell’operazione, soprattutto per quanto riguarda il reperimento dei fondi e il classamento dei titoli sul mercato. Le banche agenti assistono le imprese emittenti nelle pratiche relative alla dematerializzazione dei titoli e all’attribuzione del codice ISIN[9]. Le banche depositarie hanno invece il compito di custodire i titoli, una volta che gli stessi sono dematerializzati e tenuti presso la Monte Titoli.

 

  1. Il mercato dei mini-bond in Italia

Le società che emettono mini-bond possono decidere di collocare i propri titoli presso il segmento professionale ExtraMOT Pro[10] di Borsa Italiana. I requisiti di quotazione e quelli informativi sono particolarmente ridotti, per favorirne la quotazione. Per quotare un mini-bond è sufficiente che l’emittente abbia pubblicato il bilancio degli ultimi due esercizi di cui almeno l’ultimo sottoposto a revisione legale e un documento di ammissione contenente alcune informazioni minime (nominativi dei responsabili della società, i fattori di rischio specifici della società, la struttura organizzativa, i principali azionisti, ecc.). I requisiti richiesti post quotazione prevedono la pubblicazione del bilancio sottoposto a revisione legale, la comunicazione del rating, ove esistente, la diffusione di informazioni price sensitive e di informazioni di carattere tecnico (cedole, date di pagamento degli interessi, piani di ammortamento, scadenze anticipate). Non è richiesta la presenza di uno sponsor o di un listing partner[11] per non gravare l’emittente di costi accessori. Può invece esserci un operatore sul lato bid[12] del mercato qualora gli investitori necessitino di un mercato di scambio di pricing ufficiale.

Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio della Scuola di Management del Politecnico di Milano, nel 2018 il numero delle imprese emittenti è stato pari a 176 (di cui 123 affacciatesi sul mercato per la prima volta), con un aumento significativo rispetto all’anno precedente (137). Nel 2018 sono più che raddoppiate le emittenti costituite sotto forma di S.r.l. rispetto al 2017 (da 21 a 45).

Per quanto riguarda il settore di attività, si conferma la netta supremazia del comparto manifatturiero (41 per cento del campione). La collocazione geografica evidenzia, come di consueto, una prevalenza delle regioni del Nord, tra le quali primeggia la Lombardia con 50 emittenti nel 2018, seguita dal Veneto e dall’Emilia-Romagna. Rispetto alle motivazioni del collocamento, si conferma come dominante l’obiettivo di finanziare la crescita per vie interne (nel 60 per cento delle PMI emittenti). Al secondo posto spicca l’obiettivo di ristrutturare le passività finanziarie (soprattutto per le grandi imprese). Seguono le strategie di crescita per vie esterne tramite acquisizioni e il fabbisogno di alimentare il ciclo di cassa del capitale circolante.

Nel 2018 sono state censite 198 emissioni, a fronte di 170 nel 2017, con un controvalore di 4,3 miliardi, che risulta in calo rispetto all’anno precedente (5,5 miliardi), a causa della discesa al minimo storico del valore medio delle emissioni (22,40 e 20,85 milioni rispettivamente nel secondo e nel primo semestre). La raccolta si è pressoché dimezzata (da 1,4 miliardi a 668 milioni). Delle 198 emissioni, 179 sono di importo inferiore a 50 milioni. Rispetto all’anno precedente, il 2018 ha segnalato un lieve aumento del tasso d’interesse medio (dal 4,83 al 5,10 per cento), così come si è leggermente allungata la scadenza (da 4,9 a 5,2 anni).

 

  1. Conclusioni

Tra il 2012 e il 2014 sono stati varati quattro provvedimenti legislativi che, attraverso l’introduzione di agevolazioni fiscali e l’eliminazione di taluni limiti legali, hanno ampliato le opportunità di ricorso al mercato dei capitali per le imprese italiane non quotate. Nonostante i progressi sinora realizzati, la struttura finanziaria delle PMI permane, tuttavia, fortemente sbilanciata verso il canale bancario. Secondo un’indagine condotta da CRIF Ratings su un campione di oltre 15.000 PMI italiane, nel periodo 2006-2015 il debito bancario è rimasto ampiamente preponderante tra le fonti di finanziamento, con un peso sul totale dei debiti finanziari costantemente oltre l’85 per cento. Inoltre, l’incidenza delle obbligazioni sul totale dei debiti finanziari, che tra il 2006 e il 2012 era pari al 3 per cento, è salita progressivamente negli anni successivi fino ad attestarsi al 4,1 per cento a fine 2015 e, presumibilmente, intorno al 5 per cento nel 2016. Un risultato positivo ma ancora distante dagli standard europei.

 

Bibliografia:

Alvaro S., Caselli S., D’Eramo D., Nuovi strumenti di politica industriale per lo sviluppo e la quotazione delle PMI, Quaderni giuridici della CONSOB, n. 18/2018

Banfi A. e Pampurini F., I minibond per il finanziamento delle imprese: aspetti tecnici ed evoluzione del mercato italiano, in Osservatorio Monetario, n. 3/2014

Broccadoro E. e Erzegovesi L., I minibond e i modelli di finanziamento delle imprese, in Bancaria, n. 7-8/2014

Calugi R., Morelli V., Paglietti G., I mini-bond, Istruzioni per l’uso, Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza

Mele G., Nuovi strumenti di finanziamento per le imprese, in www.finriskalert.it, 13.10.2014

Politecnico di Milano, Scuola di Management, Osservatorio Mini-Bond, 5° Report italiano sui Mini-Bond

Rossi P., Il finanziamento delle imprese durante le due recessioni, in Osservatorio Monetario, n. 3/2014

 

[1] Il 95 per cento delle imprese italiane ha meno di 9 addetti e il 67 per cento dei lavoratori è occupato in imprese con meno di 49 addetti. Inoltre, tra le microimprese, più della metà sono imprese individuali, senza alcun dipendente.

[2] Lo sponsor ha il compito di: i) supportare la società nelle fasi di emissione e di collocamento dei titoli; ii) sottoscrivere e mantenere nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi: a) non inferiore al 5% del valore di emissione, per le emissioni fino a 5 milioni di euro; pari al 3% in più, rispetto alla quota di cui al punto sub a), del valore di emissione in un range tra i 5 e i 10 milioni; c) pari al 2% in più, rispetto alle quote di cui ai punti sub a) e b), del valore di emissione eccedente i 10 milioni; iii) assicurare la liquidità dei titoli per tutta la durata dell’emissione.

[3] Viene previsto che il corrispettivo consti di una parte fissa e di una parte variabile. La prima è rappresentata da un tasso di interesse che non può essere inferiore al tasso ufficiale di riferimento pro-tempore vigente. La seconda è quella commisurata al risultato economico dell’esercizio indicata all’atto di emissione.

[4] Sono medie imprese quelle che occupano meno di 250 persone e il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è inferiore ai 43 milioni; sono piccole imprese quelle che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o hanno un totale di bilancio inferiori ai 10 milioni.

[5] Sono microimprese quelle che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato annuo o hanno un totale di bilancio non superiori ai 2 milioni di euro.

[6] Gli MTF sono circuiti di negoziazione gestiti da soggetti privati, che permettono l’acquisto e la vendita di strumenti finanziari mediante l’incontro di interessi di negoziazione da parte di una pluralità di soggetti e in base a regole non discrezionali.

[7] Il PIR è un “contenitore fiscale” (OICR, gestione patrimoniale, deposito titoli, ecc.) all’interno del quale i risparmiatori possono collocare qualsiasi tipologia di strumenti finanziari o somma di denaro, rispettando però determinati vincoli di investimento. La legge 232/2016 ha previsto uno speciale regime fiscale agevolativo per i PIR, con l’obiettivo di consentire ai risparmiatori di investire a condizioni fiscalmente vantaggiose, di far confluire il risparmio all’economia reale e di favorire lo sviluppo del mercato finanziario nazionale. L’agevolazione fiscale consiste nell’esenzione totale sia dalla tassazione dei redditi, qualificabili come redditi di capitale o come redditi diversi di natura finanziaria derivanti dagli investimenti effettuati nei PIR sia dall’imposta di successione.

[8] Ancorché non sia obbligatorio, il rating di credito è una valutazione utile sia nella stesura del business plan sia nella fase di collocamento del titolo. Nel primo caso, un rating consente di definire lo stato di salute di partenza e una strategia di finanziamento sostenibile dall’impresa; nel secondo caso, un giudizio di affidabilità può risultare utile a rassicurare gli investitori sulla convenienza dell’investimento e sul rischio di inadempienza dell’emittente.

[9] Il codice ISIN, acronimo di International Services Identification Number, è un codice standard utilizzato a livello internazionale per identificare specifici titoli (obbligazioni, azioni, futures, opzioni, ecc.).

[10] Attivato a febbraio 2013, il segmento ExtraMOT Pro è un sistema multilaterale di negoziazione accessibile solo a investitori professionali, che non possono accettare ordini provenienti da altre categorie di investitori. Il nuovo segmento offre un canale semplice, flessibile e con bassi costi diretti per gli emittenti che per la prima volta si affacciano sul mercato e che desiderano beneficiare delle agevolazioni fiscali connesse alla quotazione.

[11] È un soggetto preposto all’assistenza nelle attività finalizzate alla quotazione di una società. Svolge una pluralità di compiti, tra cui l’effettuazione delle attività di due diligence e di firma del prospetto informativo, l’organizzazione di incontri con investitori nazionali ed esteri e il collocamento delle azioni.

[12] E’ il prezzo al quale può essere acquistata un’attività finanziaria.



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