Del Prof. Roberto Caratozzolo
Professore Aggregato di Diritto dell’Economia – Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche – Università di Messina
Sommario:
1. Lineamenti generali dei Piani di Risparmio Individuale. – 2. Le novità introdotte dal recente Decreto Rilancio in tema di Pir. – 3. Aspetti favorevoli e possibili criticità delle nuove previsioni. – 4. Quadro normativo di riferimento e obiettivi dei nuovi interventi. – 5. Brevi note di chiusura.
1 – Lineamenti generali dei Piani di Risparmio Individuale.
Introdotti nel nostro ordinamento dalla Legge di Bilancio 2017[1], anche in forza di esperienze di altri Paesi europei, i Pir (Piani di Risparmio Individuale) costituiscono particolari strumenti di investimento a medio termine, utilizzati per migliorare l’afflusso dei risparmi privati verso l’economia reale, vale a dire il contesto direttamente collegato alla produzione e alla distribuzione di beni e di servizi. La disciplina dettata dai commi da 100 a 114 dell’art. 1 del richiamato provvedimento istitutivo è stata sottoposta a diversi interventi di revisione, interpretazione, chiarimento ad opera del D.L. 50/2017[2], delle linee guida del Ministero dell’Economia e delle Finanze[3], della Legge di Bilancio 2019[4], del Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze[5] e, infine, del D.L. 124/2019[6]. Ciò a dimostrazione dell’interesse che il nostro sistema ripone su tali strumenti per la realizzazione degli obiettivi programmatici che informano la disciplina.
I Pir sono destinati al finanziamento delle imprese di piccola e di media dimensione non quotate, specialmente se residenti ovvero operanti principalmente in Italia. In tal senso è chiara la relazione illustrativa alla legge istituiva, ove viene affermato che “l’intervento normativo nasce dall’esigenza di prevedere un significativo incentivo fiscale finalizzato a canalizzare il risparmio delle famiglie verso gli investimenti produttivi in modo stabile e duraturo, facilitando la crescita del sistema imprenditoriale italiano. L’obiettivo della normativa in esame è, in particolare, quello di indirizzare il risparmio delle famiglie, attualmente concentrato sulla liquidità, verso gli strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali italiane ed europee radicate sul territorio italiano, per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l’approvvigionamento mediante il canale bancario”[7].
Per la realizzazione di questo disegno vengono previste diverse agevolazioni e incentivi di carattere fiscale in favore sia degli investitori sia delle stesse imprese finanziate. La diversificazione delle forme di investimento per i risparmiatori da un lato e, specularmente, quella delle forme di finanziamento per le imprese dall’altro, rappresentano i principali criteri informatori della disciplina che, pertanto, si propone di offrire ai primi nuove opportunità di impiego delle proprie risorse e, alle seconde, una struttura finanziaria articolata in maniera più efficiente anche per affrontare possibili situazioni di shock. Tutto ciò all’interno di un quadro che tende a fornire maggiore liquidità al sistema economico.
I Pir sono prodotti riservati a piccoli investitori retail, ovvero a persone fisiche che siano residenti nel nostro Paese, e hanno ad oggetto investimenti in portafogli diversificati, anche eventualmente da comporre in base a criteri determinati ab initio. Il beneficio fiscale in favore dell’investitore consiste nell’esenzione dall’imposta sui redditi qualora conseguiti al di fuori dell’esercizio di un’impresa commerciale. Per poterlo utilizzare la titolarità degli strumenti finanziari che fanno parte del Pir dovrà essere mantenuta per un periodo non inferiore a cinque anni (c.d. holding period). Si è in presenza di un investimento di medio periodo che, eventualmente, è suscettibile di diventare di lungo periodo, non essendo previsti limiti temporali massimi, ma anche di breve, nel caso in cui il risparmiatore decida di liquidarlo prima della sua scadenza. In questo ultimo caso, non venendo rispettato il detto termine quinquennale, il titolare non potrà beneficiare dei vantaggi fiscali e sarà obbligato a versare le imposte ordinarie, relative sia ai redditi realizzati attraverso la cessione sia a quelli percepiti durante il periodo di investimento; saranno dovuti anche gli interessi maturati ma non le sanzioni.
È previsto un particolare limite riguardo l’importo massimo annuo destinabile dal singolo investitore, fissato in 30 mila euro e quello complessivo che non può superare la soglia di 150.000 euro per l’intero piano.
Un limite soggettivo importante riguarda, ai sensi del comma 112 della citata legge, l’impossibilità per ciascuna persona fisica di essere titolare di più di un Pir e quella per cui ciascun Pir non può avere più di un titolare; non sono, ammesse ipotesi di co-intestazioni o di comunioni, anche tra coniugi, aventi ad oggetto tali piani di investimento.
Proprio perché destinati a supportare il sistema delle imprese di ridotta dimensione, sono previsti particolari vincoli in ordine alla destinazione dell’impiego delle risorse raccolte. Ai sensi delle vigenti disposizioni, infatti, per ciascun anno solare di durata del piano di risparmio, almeno i due terzi delle somme o dei valori devono essere investiti, direttamente o indirettamente, almeno per il 70 per cento del valore complessivo, in strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio medesimo. Il restante 30% potrà essere investito liberamente, anche in società estere, purché residenti in Paesi appartenenti alla c.d. white list, con i quali è consentito un adeguato scambio di informazioni, e può avere ad oggetto qualsiasi altro strumento finanziario ed anche conti correnti o depositi. Un vincolo generale è dato dal divieto di investire in strumenti emessi da società che svolgono attività immobiliare.
L’impiego delle somme deve rispettare i seguenti vincoli: della predetta quota del 70 per cento, il 25 per cento deve essere investita in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice Ftse Mib di Borsa Italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, un ulteriore 5 per cento in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite negli indici Ftse Mid Cap di Borsa Italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati.
Per i Pir costituiti tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2019 si applicano l’art. 1, commi da 100 a 114 della Legge 232/2016 e l’art. 1, commi da 211 a 215 della Legge 145/2018.
Un ulteriore limite è dato dal c.d. divieto di concentrazione, per il quale non si può investire una somma superiore al 10 per cento del totale destinato al Pir in strumenti finanziari emessi da uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell’emittente o della controparte o in depositi e conti correnti.
Al fine di favorire gli investimenti in Pmi anche da parte di investitori istituzionali, è stata aumentata la soglia dal 5 al 10 per cento che gli enti di previdenza obbligatoria e di previdenza complementare possono destinare agli investimenti qualificati o ai Pir, usufruendo di ulteriori benefici fiscali al ricorrere di specifiche condizioni.
Circa la configurazione degli “investimenti qualificati”, si considerano tali quelli consistenti nell’acquisto di azioni o di altri titoli partecipativi al capitale sociale emessi da imprese che fiscalmente sono residenti in Italia o in Stati membri dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo con stabile organizzazione in Italia, ai sensi dell’art. 67, comma 1 lett. c) del DPR 22/12/1986 n. 917 (TUIR); rientrano, altresì, in questa categoria le azioni o le quote di organismi di investimento collettivo del risparmio che investono, prevalentemente, in strumenti di partecipazione al capitale sociale delle imprese, le quote di prestiti o di fondi di credito cartolarizzati erogati o originati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti non professionali, come il lending crowdfunding, gestite da intermediari finanziari, da istituti di pagamento ovvero da soggetti vigilati operanti sul territorio italiano in quanto autorizzati in altri Stati dell’UE, le quote di fondi di venture capital.
L’investimento si instaura mediante l’apertura di un rapporto di custodia o di amministrazione o di gestione di portafogli o altro stabile rapporto con esercizio dell’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato di cui all’articolo 6 del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461 – nel qual caso si configurerà un Pir c.d. dinamico – ovvero mediante un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione o ancora mediante un Oicr – in questo caso si configurerà un Pir c.d. statico –. Sarà dunque necessario l’intervento di un intermediario specializzato ovvero di un’impresa di assicurazione, residenti o non residenti ma operanti nel territorio dello Stato tramite stabile organizzazione o in regime di libera prestazione di servizi, allo scopo di veicolare il risparmio in maniera professionale verso investimenti produttivi, permettendo una diversificazione di portafoglio tale da mantenere il rischio dello stesso ad un livello adatto alle esigenze del cliente retail.
2. Le novità introdotte dal recente Decreto Rilancio in tema di Pir.
L’art. 136 del Decreto Rilancio[8], rubricato “Incentivi per gli investimenti nell’economia reale” introduce importanti modifiche alla delineata disciplina, con l’obiettivo di migliorare l’efficacia e di incrementare l’afflusso di risorse economiche in favore delle Pmi. La disposizione, infatti, introduce nuove previsioni, di carattere strutturale, volte a favorire gli investimenti in partecipazioni al capitale di rischio e al capitale di debito delle società non quotate su mercati regolamentati. La novità di assoluto rilievo è data dalla possibilità, riconosciuta ad ogni singolo investitore, di costituire un diverso Pir che, eventualmente, può anche affiancarsi ad un altro precedente. Il “nuovo” Pir, delineato dalle richiamate disposizioni, è sottoposto a specifici vincoli di destinazione che dovrebbero garantire profili di rischio contenuti e livelli di liquidabilità adatti, soprattutto, ai piccoli investitori.
Le nuove previsioni si pongono in chiara antitesi con quelle precedenti che, come detto, imponevano ad ogni singolo investitore la titolarità esclusiva di un unico piano di investimento di questo tipo. Al fine di incentivare gli investimenti viene consentito a ciascun risparmiatore di costituire un Pir c.d. ordinario e, contemporaneamente, un nuovo Pir, c.d. alternativo, al quale verranno applicate le regole previste dal Decreto Rilancio a partire dal 1° gennaio 2020. Di conseguenza, il concetto di unicità va rivisitato ed inteso in quest’ultimo rinnovato senso.
Quanto detto viene espressamente formalizzato dalla lett. b) del comma 2 dell’art. 136 del Decreto Rilancio che, modificando il comma 112 della Legge 232/2016, prevede che ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio a lungo termine, costituito ai sensi del comma 101 del medesimo provvedimento, e di un solo piano di risparmio, costituito ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 13-bis della Legge 157/2019. Resta ferma, invece, la previsione in ordine all’unicità del soggetto titolare di ogni piano di risparmio.
Nell’ambito del Pir alternativo gli investimenti qualificati sono rappresentati dagli strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti in Italia, diverse da quelle i cui titoli azionari sono scambiati sui segmenti Ftse Mib e Ftse Mid Cap di Borsa Italiana o in altri equivalenti mercati regolamentati, nonché da prestiti erogati e da crediti delle medesime imprese. L’oggetto dei piani di investimento risulta ampiamente allargato in quanto, essendo focalizzato sugli investimenti in favore di imprese di minori dimensioni, ricomprende oltre gli strumenti finanziari anche le fonti di finanziamento alternative al canale bancario, quali la concessione di prestiti o l’acquisizione dei crediti delle imprese a cui il piano è rivolto. Gli investimenti qualificati di tale nuova tipologia di Pir, infatti, possono essere effettuati, oltre che tramite OICR aperti e contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, anche tramite FIA, quali, a mero titolo semplificativo: Eltif, fondi di private equity, fondi di private debt e fondi di credito. Ciò permette una maggiore elasticità e duttilità di questo strumento, dovuto all’ampliamento dei soggetti intermediari attraverso i quali può essere costituito, oltre ad una maggiore diversificazione degli impieghi.
Nel tentativo di incrementare l’afflusso di liquidità alle Pmi, vengono innalzati il limite relativo al vincolo di concentrazione degli investimenti in un unico emittente, dal 10 al 20 per cento del totale degli impieghi, e quello relativo all’entità degli investimenti, da 150.000 euro l’anno a 1.500.000 euro complessivi.
I nuovi vincoli di investimento e di concentrazione vanno osservati per almeno due terzi dell’anno solare; qualora non vengano rispettati i vincoli di composizione del portafoglio del Pir, questo verrà immediatamente chiuso. Verranno, in tali casi, recuperati a tassazione, secondo le regole ordinarie e con l’applicazione degli interessi, i redditi medio tempore percepiti in relazione agli strumenti finanziari investiti nei Pir per i quali non siano trascorsi cinque anni dalla sottoscrizione.
3. Aspetti favorevoli e possibili criticità delle nuove previsioni.
Certamente l’assetto regolamentare previsto dal legislatore d’urgenza per i nuovi Pir presenta numerosi vantaggi di rilievo sia per i risparmiatori sia per le imprese. Entrambi, infatti, possono usufruire delle agevolazioni fiscali previste, oltre che dei benefici dovuti alla diversificazione, rispettivamente, delle fonti di approvvigionamento e di impiego della liquidità. In particolare, i risparmiatori possono aumentare le agevolazioni fiscali a proprio favore per ogni Pir posseduto. Ciò, dovrebbe invogliare la loro propensione ad investire in questi speciali prodotti. I vantaggi per le imprese possono essere ricondotti, anche nell’ottica relativa agli obiettivi di politica economica, alla concreta composizione del portafoglio del Pir. I vincoli previsti a tal proposito, infatti, permettono di contenere un’ampia gamma di strumenti finanziari esistenti sul mercato retail che, unitamente ai vincoli di impiego, dovrebbero consentire la partecipazione di larga parte di imprese di piccola dimensione interessate all’incremento delle fonti di finanziamento.
Allo stesso tempo, tuttavia, si riscontrano alcuni elementi che possono essere valutati in termini più critici, potendo produrre effetti meno favorevoli soprattutto per la posizione dei clienti. Proprio i vincoli di composizione e di destinazione imposti ai Pir potrebbero, in quest’ottica, rivelarsi poco vantaggiosi dal momento che non sembrerebbero in grado di garantire sufficienti livelli di diversificazione, territoriale e geografica, degli investimenti. Essendo questi rivolti, essenzialmente, ad imprese con sede in Italia o comunque in uno spazio limitato, si creerebbe un rischio intrinseco direttamente collegato al sistema Paese, che non verrebbe controbilanciato dalla possibilità di investimento in altre aree geografiche. Alla diversificazione all’interno dell’area geografica circoscritta dalle previsioni normative non conseguirebbe una idonea diversificazione del rischio prodotto, concentrato, invece, esclusivamente su tali imprese.
Per altro verso, anche la stessa tipologia di imprese da finanziare aumenta questo tipo di rischio. Trattandosi di imprese di piccole e di medie dimensioni, spesso sottocapitalizzate e poco propense all’apertura verso i mercati dei capitali, il loro investimento non gode di sufficienti elementi in ordine alle prospettive di rendimento, presentandosi, per di più, poco liquido e altamente rischioso, per la mancanza di un mercato secondario ove negoziare gli strumenti acquistati. Ciò potrebbe addirittura risultare contrario agli stessi principi informatori dell’intervento d’urgenza.
A questi rilievi, tuttavia, possono contrapporsi diverse considerazioni, in ordine alla circostanza che tali imprese sono state spesso in grado di affrontare correttamente le situazioni di crisi, potendo contare su fattori operativi che le pongono anche in una dimensione internazionale, permettendo di cogliere trend economici positivi e di ridurre i rischi connessi alla concentrazione geografica e alla possibile influenza delle criticità nazionali. Il divieto di concentrazione, in forza del quale non può essere destinata ad un’unica società più di una determinata percentuale dell’investimento complessivo, si porrebbe nella medesima direzione, configurandosi quale correttivo ai rilevati rischi.
Altro limite potrebbe riguardare la limitatezza degli strumenti acquistabili che, nuovamente, non permetterebbe un’adeguata diversificazione del piano che potrebbe far aumentare il rischio dell’investimento, non sufficientemente articolato ed equilibrato. Tuttavia, anche sotto questo aspetto, va sottolineato come le nuove disposizioni si siano mosse proprio in questa direzione, ampliando la categoria di strumenti oggetto dei Pir che, certamente, si rivelerà utile per ovviare ai rischi rilevati.
4. Quadro normativo di riferimento e obiettivi dei nuovi interventi.
Tra le misure adottate dal nostro Governo per reagire agli effetti recessivi causati dall’emergenza sanitaria Covid-19, hanno trovato ampia articolazione numerose previsioni in favore delle Pmi, accomunate da un medesimo obiettivo: la necessità di intraprendere nuovi percorsi mediante i quali riuscire a far affluire all’economia reale risorse liquide per riavviare il sistema economico. In effetti, un complesso di misure analogo era già stato dettato dal nostro legislatore ma il Decreto Rilancio ha provveduto a rinforzare le precedenti previsioni, rimarcandone una serie di aspetti sia da un punto di vista prettamente economico, con la destinazione di maggiori risorse per il funzionamento, sia strutturale, con la previsione di nuove disposizioni che tendono a migliorare l’efficacia di diversi istituti.
In effetti le nuove misure si pongono nel solco, già tracciato dal nostro ordinamento, volto a favorire quelle imprese che, notoriamente, costituiscono l’ossatura portante del sistema imprenditoriale italiano. È chiaro, tuttavia, come esse assumono aspetti del tutto peculiari, legati alla realtà contingente caratterizzata da un marcato intervento da parte dello Stato nello svolgimento dei rapporti economici privati, nel tentativo di salvaguardare l’intero sistema e di creare le condizioni adatte per una ripresa economica immediata. Per supportare interi settori produttivi e distributivi gravemente colpiti dalla crisi, il nostro Paese si è accollato gran parte degli oneri economici, pur tentando di garantire, per quanto possibile, l’operatività dei principi di mercato.
Il Governo si è mosso nell’ambito del quadro tracciato dal c.d. Temporary Framework con il quale la Commissione Europea ha dettato i criteri che giustificano l’adozione delle misure di contenimento della crisi da parte dei Paesi europei. Così, sono state dichiarate compatibili con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b) del TFUE, le misure temporanee volte ad ovviare alla carenza di liquidità delle imprese e ad evitare che gli effetti negativi ne potessero compromettere la redditività[9]. L’eccezionalità degli eventi ha giustificato, anche rispetto ai principi europei e nazionali in tema di aiuti di Stato e di concorrenza, le scelte operate nel nostro ordinamento, accomunate dai medesimi intenti, che cesseranno di essere applicabili il 31 dicembre 2020[10]. La stessa Commissione ha qualificato la pandemia Covid-19 in termini di evento eccezionale, ritenendo di dover giustificare gli interventi dei vari Stati comunitari in quanto provvedimenti di assoluta eccezionalità, temporaneità e di natura emergenziale.
Con successiva comunicazione dell’8 maggio la Commissione ha ulteriormente ampliato l’ammissibilità degli aiuti di Stato in favore delle imprese, tutelando il level playing field nell’ambito dell’Unione europea. Tutti gli interventi dovranno sottostare a condizioni rigorose, limitare le possibili distorsioni della concorrenza e garantire le normali condizioni di mercato sia nell’acquisto che nella vendita dei diversi strumenti finanziari emessi dalle società[11].
Per le suddette finalità, la Commissione Europea ha delegato ai singoli Stati membri l’adozione di misure in tal senso, tenuto conto che la normativa europea consente loro di attuare azioni rapide ed efficaci a sostegno di cittadini e di imprese. Ogni Stato membro dovrà dimostrare che le misure di aiuto, di cui ha informato formalmente la Commissione, adottate in esecuzione del richiamato quadro temporaneo, sono necessarie, adeguate e proporzionate a porre rimedio al grave turbamento economico e che sono pienamente rispettose delle condizioni in esso fissate.
Sulla scorta di tali criteri, si è intervenuti a sostegno sia della domanda che dell’offerta di beni e servizi, la cui drastica riduzione ha comportato una diminuzione delle risorse liquide in circolazione nel sistema economico. La pandemia, infatti, ha causato una crisi della domanda assolutamente nuova e peculiare, sia interna che proveniente dall’estero, ritenuta “un vero e proprio crollo della produttività del consumatore” legato non soltanto a motivi prettamente economici ma anche alla concomitante presenza di ulteriori cause di carattere emotivo e psicologico[12]. Ma gli effetti negativi hanno riguardato anche gli investitori che, per le forti incertezze e per all’assoluta imprevedibilità dell’evoluzione dei fenomeni, anche da un punto di vista temporale, hanno dovuto necessariamente rivedere i propri piani programmatici di impiego.
Diversi interventi hanno riguardato la piccola e media impresa, ritenuta particolarmente fragile ed esposte ai rischi derivanti dall’attuale contesto, rivolgendo particolare attenzione all’incentivazione degli investimenti, sia in capitale di rischio sia in capitale di debito. Essi hanno riguardato sovvenzioni dirette, contributi a fondo perduto e agevolazioni fiscali, garanzie per l’erogazione di prestiti bancari, erogazioni di crediti agevolati alle imprese, assicurazioni dei crediti all’esportazione a breve termine.
Tra le disposizioni del Titolo VI, Misure Fiscali, il legislatore d’urgenza ha previsto anche l’istituzione dei nuovi Pir, con disposizioni che confermano l’impostazione di fondo del provvedimento volto per un verso ad affrontare il contesto emergenziale e, per altro, a porre le basi per una ripresa strutturale di medio o lungo periodo. In questo contesto, sono state previste diverse misure anche sul versante dei piccoli investitori, in relazione ad investimenti di importo limitato. La prospettiva di stimolare la partecipazione al finanziamento anche da parte di soggetti retail completa, infatti, il quadro d’azione tracciato in favore di Pmi per potenziarne la capitalizzazione e favorirne la crescita.
5. Brevi note di chiusura
La breve analisi svolta consente di tracciare qualche considerazione, di carattere necessariamente provvisorio, in attesa della definitiva conversione del provvedimento in legge, con le possibili modifiche.
Le misure di sostegno e di sollecitazione all’investimento in piccole e medie imprese hanno informato gran parte degli interventi regolatori d’urgenza. L’immediato sostegno alla liquidità di tali realtà economiche è in grado di proteggere l’occupazione e la capacità produttiva delle stesse, in un momento di drammatica perdita di reddito per imprese e famiglia. La scelta di garantire un flusso di risorse adeguato, attraverso l’incremento degli investimenti sugli strumenti finanziari da esse emessi, anche da parte dei piccoli risparmiatori, appare giustificata in tal senso, tenuto anche conto dell’orientamento ormai intrapreso, a livello internazionale ed interno, volto ad estendere le operazioni di mercato mobiliare in favore delle imprese di ridotta dimensione.
Come rilevato da diverse analisi economiche, durante la fase più acuta della crisi i risparmi delle famiglie italiane hanno trovato rifugio in depositi presso le banche, i cui livelli si sono attestati su cifre triplicate rispetto al medesimo periodo dello scorso anno[13]. È stato, pertanto, ritenuto opportuno stimolare il loro impiego, favorendo la propensione all’investimento da parte dei singoli in modo da reimmettere nel sistema le risorse giacenti sui conti, a vantaggio di esigenze private ma anche dell’intera collettività.
In questo contesto, l’introduzione dei nuovi Pir, con l’eliminazione del vincolo di unicità e la previsione di ulteriori benefici fiscali, può essere letta come un efficace tentativo di coinvolgimento dei risparmiatori retail e di stimolo dei loro impieghi in favore dell’economia reale che può concorrere ad apportare, nel quadro complessivo, quegli effetti sperati che le nostre istituzioni stanno tentando di realizzare.
È chiaro che tra le azioni messe in campo dal Governo comporteranno, nel prossimo futuro, un aumento significativo del debito pubblico. Ma l’alternativa, una distruzione permanente della capacità produttiva e quindi della base fiscale, sarebbe molto più dannosa per l’economia e per il credito pubblico[14]. Si renderebbe necessario, pertanto, riuscire ad ottenere sufficiente garanzia in ordine all’impiego delle risorse impegnate, in maniera corretta ed efficiente, in favore di soggetti realmente capaci di contribuire ad una ripresa economica complessiva[15].
È certo, tuttavia, che la reale valenza di tali scelte potrà essere apprezzata soltanto a posteriori, in esito alla loro concreta attuazione ed ai tempi ed ai modi della stessa, e dipenderà, con ogni probabilità, dall’andamento delle vicende sanitarie oltre che da quelle meramente economiche nel contesto attuale e futuro.
Note:
[1] Legge 11 dicembre 2016, n. 232 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019”, in G.U. Serie Generale n. 297 del 21-12-2016 – Suppl. Ordinario n. 57.
[2] Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50, “Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo”, in G.U. Serie Generale n. 95 del 24-04-2017 – Suppl. Ordinario n. 20, convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 2017, n. 96 G.U. del 23-06-2017, n. 144.
[3] Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro, Linee guida per l ’ applicazione della normativa sui piani di risparmio a lungo termine, pubblicate il 4/10/2017.
[4] Legge 30 dicembre 2018, n. 145 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021” in G.U. Serie Generale n. 302 del 31-12-2018 – Suppl. Ordinario n. 62.
[5] Ministero dello sviluppo economico, Decreto del 30/04/2019 “Disciplina attuativa dei Piani di Risparmio e lungo termine, in G.U. n. 105 del 07.05.2019.
[6] Decreto Legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito in Legge 19 dicembre 2019, n. 157, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”, in G.U. Serie Generale n. 301 del 24-12-2019.
[7] Tale passo della relazione è richiamato dalla Circolare esplicativa dell’Agenzia delle Entrate, n. 3/E del 26/02/2018, “Legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), articolo 1, commi da 100 a 114. Applicazione delle disposizioni concernenti i piani di risparmio a lungo termine (PIR)”.
[8] Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, (20G00052), in G.U. Serie Generale n. 128 del 19-05-2020 – Suppl. Ordinario n. 21.
[9] Commissione Europea, Comunicazione “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, del 19.3.2020, C (2020) 1863 final che ha dettato un quadro temporaneo legale per consentire agli Stati membri di avvalersi pienamente della flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato al fine di sostenere i rispettivi sistemi economici e, per essi, quello complessivo europeo.
[10] Il primo comma dell’art. 56 (Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19) del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (in Gazzetta Ufficiale – Serie generale – Edizione Straordinaria n. 70 del 17 marzo 2020), convertito con modificazioni in L. 24 aprile 2020, n. 27 recante: “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi”, in G.U. Serie Generale n. 110 del 29-04-2020 – Suppl. Ordinario n. 16, espressamente ritiene, pur nel contesto del detto articolo, che “l’epidemia da COVID-19 è formalmente riconosciuta come evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia, ai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”. Le misure adottate, pertanto, sono giustificate dal richiamo a tele principio, che sembra potersi estendere all’intera produzione normativa di questo periodo emanata per le citate finalità.
[11] In ordine al quadro delle condizioni economiche fissate dal Temporary Framework si veda A. Sacco Ginevri, Supporto alle imprese italiane da parte di un patrimonio destinato che verrà costituito da Cassa depositi e prestiti S.p.A. con apporto di beni dal Ministero dell’Economia, in Newalert del 20/05/2020, su www.chiomenti.it.
[12] B.Busacca e M.Costabile, Battere la crisi della domanda ridisegnando acquisti e consumi, in Ilsole24ore, del 22.05.2020, pag. 22, secondo cui la crisi del consumatore è dovuta alla concorrenza di input pesanti ed output leggeri dei processi di acquisto e di consumo: fra i primi l’impegno alla spesa appesantito dal maggior tempo necessario a immaginare, desiderare e realizzare acquisti e consumi, in un contesto di nuova e inusuale scomodità (mascherine, guanti, barriere fisiche, percorsi obbligati, distanziamenti, costituiscono dei veri e propri disconfort emotivi); fra i secondi la percezione del rischio da parte del consumatore non solo legato a situazioni concrete ma tramutato in angoscia che paralizza i consumi e ne comprime l’output edonistico. L’interessante analisi ritiene che la depressione prima che economica sia psicologica e che per contrastarla sia necessario un forte impegno da parte delle imprese innovative che possano ridisegnare le operazioni di acquisto e di consumo “restituendo piacere ludico al consumo individuale e sociale, riducendo i maggiori sacrifici fisici e mentali”.
[13] M.Cellino, Corsa al conto corrente, in Ilsole24ore, del 22.05.2020, che analizzando il fenomeno, anche in Spagna ed in Francia, sottolinea come i timori legati alla pandemia abbiano spinto i risparmiatori a prediligere il deposito della liquidità sui propri conti correnti.
[14] Così espressamente M.Draghi, We face a war against coronavirus and must mobilise accordingly, Higher public debt levels will become an economic feature and be accompanied by private debt cancellation, in Financial Times, del 25.03.2020 secondo il quale l’unico modo efficace per reagire immediatamente alla crisi economica è mobilitare completamente interi sistemi finanziari: mercati obbligazionari, principalmente per grandi società, sistemi bancari e in alcuni paesi persino il sistema postale. E deve essere fatto immediatamente, evitando ritardi burocratici. La velocità del deterioramento dei bilanci privati, causata da un arresto economico, che è sia inevitabile che desiderabile, deve essere combattuta con la stessa velocità nella distribuzione dei bilanci pubblici, nella mobilitazione delle banche e, come europei, sostenendosi a vicenda nel perseguimento di quella che è evidentemente una causa comune. Ciò necessita di un profondo cambio di mentalità.
[15] M.Irrera, Finanziamenti a fondo perduto? A chi e perché?, Editoriali, maggio 2020, in dirittobancario.it, occorrerà che le risorse pubbliche vengano “spese bene giacché andranno ad aggravare il debito pubblico che lasceremo in eredità ai nostri figli”
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