Cassazione Civile, II° sez., sentenza n. 21131 del 2/10 /2020
Di Donato Giovenzana – Legale d’impresa
Secondo la sentenza impugnata: «lnvero non risulta in alcun modo che il (consulente finanziario) sia entrato in contatto con la cliente quale promotore finanziario, né tanto meno che ella si sia rivolta a lui in tale qualità, che è evidentemente cosa diversa dall’essere i due entrati in rapporto per la qualità del ricorrente di dipendente della banca, di cui la signora ed il defunto marito erano clienti. Ciò posto la corte ritiene che la qualifica di promotore finanziario non comporti, al di fuori dei rapporti professionali svolti in tale veste, l’osservanza delle prescrizioni imposte, significativamente contestate con riferimento a rapporti con una cliente».
Per il che la Corte territoriale aveva accolto la tesi difensiva secondo la quale non poteva essere radiato chi non aveva mai fatto il promotore finanziario, essendo legato da un rapporto di lavoro subordinato alla Banca.
Secondo invece la Suprema Corte gli artt. 107 e l 08 del regolamento Consob, in connessione con gli artt. 30 e ss. del TUF, impongono al consulente finanziario di rispettare gli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti di tutti i soggetti con i quali egli venga in contatto nel corso della sua attività professionale, qualunque sia la veste in cui si trovi ad operare.
Il consulente finanziario è tenuto al rispetto delle regole di comportamento in questione sia nei confronti del cliente dell’intermediario, sia nei confronti del potenziale cliente, a prescindere dal fatto che il consulente (nell’attività svolta per conto dell’intermediario e nella relazione con quel cliente) agisca secondo le forme tecniche dell’offerta in sede o fuori sede.
Evidenzia la Cassazione che, secondo la corte d’appello, il consulente finanziario è soggetto alle norme che ne disciplinano l’attività e alle relative sanzioni solo in relazione a comportamenti posti in essere nell’ambito di rapporti professionali svolti in tale specifica veste. Quei medesimi comportamenti, invece, qualora non siano stati posti in essere nello svolgimento della specifica attività prevista dall’art. 30 del TUF, non sarebbero passibili di sanzione, seppure in linea di principio divergenti dai doveri di condotta cui i consulenti finanziari sono tenuti in ragione della loro qualità.
Tale interpretazione, secondo gli Ermellini, è in palese contrasto con la ratio delle norme che stabiliscono le regole di comportamento del consulente finanziario, finalizzate all’evidenza a garantire la diligenza, la correttezza dell’attività del promotore nei confronti dei soggetti, clienti o potenziali clienti dell’intermediario al quale egli è collegato, che entrino in contatto con lui nel corso della sua attività professionale. I consulenti finanziari (già promotori finanziari) sono professionisti che esercitano un’attività riservata e, come tali, sono tenuti al rispetto delle norme che regolano la loro attività in ogni ambito nel quale operano per il solo fatto dell’appartenenza a tale categoria professionale.
La sentenza è stata pertanto cassata, con la precisazione del seguente principio di diritto per il Giudice del rinvio:
“Ai sensi dell’art 196 del d. lgs. n. 58 del 1998, nei confronti del consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, che si sia reso responsabile di una delle violazioni contemplate nell’art. 110, comma 2, lett. a) del Regolamento Consob n. 16190/2007, è applicabile la sanzione della radiazione dall’albo, senza che abbia alcuna rilevanza la distinzione, quando egli sia dipendente dell’intermediario al quale è collegato (art. 31 del d. lgs. n. 58 del 1998), a seconda che egli sia venuto in contatto con il cliente o il potenziale cliente nell’esercizio della specifica attività connessa alla qualifica o per la concorrente qualità di dipendente dell’intermediario”.
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