Di Maurizio Tidona, Avvocato
In caso di recesso della banca dal contratto di conto corrente bancario, il fideiussore è tenuto al pagamento del debito esistente alla data dello scioglimento del rapporto, entro il limite del massimale della garanzia previsto nel contratto di fideiussione. [1]
Anche quando sia il fideiussore a recedere dal rapporto di garanzia il limite è quello del debito esistente alla data dello scioglimento del rapporto, sempre entro il massimale della garanzia. [2]
Il recesso della banca (dal rapporto di credito garantito) o del fideiussore (dal rapporto di garanzia) produce l’effetto di circoscrivere l’obbligazione fideiussoria al saldo del debito esistente al momento in cui il recesso è divenuto efficace. [3]
L’obbligo del garante è limitato al pagamento di tale saldo anche qualora il debito, al momento dell’effettiva chiusura del conto, sia aumentato in dipendenza di operazioni successivamente addebitate in rapporto; quando cioè il debito garantito sia aumentato, successivamente al recesso.
Il fideiussore non può però avvantaggiarsi delle rimesse a credito nel conto garantito, successive al recesso, separandole dalle rimesse a debito, e questo per l’unitarietà e l’inscindibilità del rapporto tra banca e cliente.
Solo se il saldo esistente alla chiusura del rapporto garantito sia inferiore a quello esistente al momento del recesso del fideiussore, si verifica difatti una corrispondente riduzione dell’obbligazione fideiussoria, in applicazione della regola sancita dall’art. 1941, comma 1, c.c., per cui la fideiussione non può eccedere l’ammontare dell’obbligazione garantita. [4]
In merito agli interessi dovuti dal fideiussore si deve operare una specificazione temporale.
In generale, ex art. 1942 c.c., la fideiussione, salvo patto contrario, si estende a tutti gli accessori del debito principale, nonché alle spese per la denunzia al fideiussore della causa promossa contro il debitore principale e alle spese successive.
Relativamente agli interessi moratori previsti nel rapporto della banca con il debitore principale, maturati precedentemente al recesso dalla banca, questi non sono dovuti dal fideiussore, a meno che non ne sia previsto espressamente, nel contratto di fideiussione, l’addebito al fideiussore.
Il fideiussore è difatti tenuto a corrispondere, in tale ipotesi, soltanto gli interessi legali, e non già i maggiori interessi moratori convenuti tra creditore e debitore principale nel rapporto contrattuale garantito; a meno che, come scritto, non vi sia un diverso e specifico accordo nel contratto di fideiussione.
Nei confronti del fideiussore in mora nell’adempimento dell’obbligazione di garanzia non trova applicazione, difatti, la norma di cui al comma 1 dell’art. 1224 c.c., secondo cui gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura, superiore a quella legale, che sia stata convenzionalmente stabilita prima della mora, posto che la pattuizione degli interessi è intervenuta fra il debitore principale ed il creditore ed è produttiva di effetti esclusivamente tra le parti stipulanti. [5]
Gli interessi moratori maturati successivamente al recesso della banca – e quindi a causa di un mancato tempestivo adempimento imputabile (anche) allo stesso fideiussore – sono, invece, a carico del fideiussore anche oltre il limite del massimale della fideiussione, in applicazione della regola generale della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 cod. civ. per i fatti a lui riferibili. [6]
L’obbligazione fideiussoria cessa quindi non appena il tetto massimo della garanzia sia stato raggiunto, anche per il cumulo degli interessi moratori che siano già maturati, nell’ipotesi che sia stata pattuita una misura ultralegale. [7]
La costituzione in mora del fideiussore non può ridare vigore, in nessun caso, alla garanzia cristallizzata nell’importo sussistente al momento del recesso, ma può dar luogo unicamente – in assenza di diversa diretta pattuizione tra fideiussore e creditore – ai normali effetti di cui all’art. 1224 c.c., e, quindi, all’obbligo, per il fideiussore costituito in mora, di corrispondere, oltre il tetto massimo garantito, i correlativi interessi al tasso legale, salva comunque la prova del maggior danno da parte della banca.
NOTE:
[1] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 12263 del 12/6/2015: “In caso di recesso della banca dal contratto di conto corrente bancario, il fideiussore resta tenuto al soddisfacimento del debito quale esistente alla data dello scioglimento del rapporto e in tale misura cristallizzato, dovendo ad esso essere raffrontato il limite di massimale della garanzia; gli interessi moratori maturati dopo quel momento a causa del mancato tempestivo adempimento imputabile (anche) allo stesso fideiussore restano, invece, a suo carico oltre il limite del massimale della fideiussione, in applicazione della regola generale della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 cod. civ. per i fatti a lui riferibili, nonché dei principi di divieto dell’abuso del diritto e della correttezza nei rapporti interprivati”.
[2] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 3575 del 7/4/1998: “Ferma restando la facoltà del fideiussore di recedere unilateralmente, l’esercizio del recesso comporta la conseguenza che egli non può essere chiamato a rispondere degli effetti obbligatori delle nuove operazioni che vengano eventualmente poste in essere dal debitore garantito, dopo la data in cui il recesso acquista efficacia nei confronti del creditore; ma egli resta tenuto al soddisfacimento del debito quale esistente alla suddetta data e in tale misura cristallizzato (al quale va raffrontato il limite massimo della garanzia), e resta tenuto inoltre, nel caso di mancato tempestivo adempimento, agli ulteriori interessi che a titolo moratorio abbiano a maturare su tale importo fino alla data del pagamento, da chiunque effettuato: e l’incremento che per tal modo subisce il debito del fideiussore, in quanto imputabile a specifico inadempimento del fideiussore stesso, svincolato da correlazione con la ormai caducata efficacia della garanzia e autonomamente rilevante, non soggiace – a differenza di quello rappresentato dagli interessi (anche moratori) maturati anteriormente al recesso – al limite del massimale della fideiussione”.
[3] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 9848 del 15/6/2012: “Il recesso del fideiussore dalla garanzia prestata per i debiti di un terzo, derivanti da un rapporto di apertura di credito bancario in conto corrente destinato a prolungarsi ulteriormente nel tempo, produce l’effetto di circoscrivere l’obbligazione accessoria al saldo del debito esistente al momento in cui il recesso medesimo è diventato efficace. L’obbligo del garante è limitato al pagamento di tale saldo anche qualora il debito dell’accreditato, al momento in cui la successiva chiusura del conto rende la garanzia attuale ed esigibile, risulti aumentato in dipendenza di operazioni posteriori, e senza che peraltro, ai fini della determinazione dell’ambito della prestazione dovuta dal garante, possa aversi una considerazione delle ulteriori rimesse dell’accreditato separata e diversa rispetto ai prelevamenti dallo stesso operati, e ciò stante l’unitarietà e l’inscindibilità del rapporto tra banca e cliente. Solo se il saldo esistente alla chiusura del rapporto di apertura di credito sia inferiore a quello esistente al momento del recesso del fideiussore, si verifica una corrispondente riduzione dell’obbligazione fideiussoria, in applicazione della regola sancita dall’art. 1941, comma 1, c.c., per cui la fideiussione non può eccedere l’ammontare dell’obbligazione garantita”.
[4] Art. 1941 (Limiti della fideiussione) c.c.: “[I]. La fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose. [II]. Può prestarsi per una parte soltanto del debito o a condizioni meno onerose. [III]. La fideiussione eccedente il debito o contratta a condizioni più onerose è valida nei limiti dell’obbligazione principale”.
[5] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 13758 del 20/9/2002: “Nei confronti del fideiussore in mora nell’adempimento dell’obbligazione di garanzia non trova applicazione la norma di cui al primo comma dell’art. 1224 c.c., secondo cui gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura, superiore a quella legale, che sia stata convenzionalmente stabilita prima della mora, posto che la pattuizione degli interessi, essendo intervenuta fra il debitore principale e il creditore, è produttiva di effetti esclusivamente fra le parti stipulanti”.
[6] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 12263 del 12/6/2015: “In caso di recesso della banca dal contratto di conto corrente bancario, il fideiussore resta tenuto al soddisfacimento del debito quale esistente alla data dello scioglimento del rapporto e in tale misura cristallizzato, dovendo ad esso essere raffrontato il limite di massimale della garanzia; gli interessi moratori maturati dopo quel momento a causa del mancato tempestivo adempimento imputabile (anche) allo stesso fideiussore restano, invece, a suo carico oltre il limite del massimale della fideiussione, in applicazione della regola generale della garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 cod. civ. per i fatti a lui riferibili, nonché dei principi di divieto dell’abuso del diritto e della correttezza nei rapporti interprivati”.
[7] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 15370 del 22/7/2015: “L’obbligazione fideiussoria cessa non appena il tetto massimo della garanzia sia stato raggiunto, anche per il cumulo degli interessi moratori che siano già maturati nella misura ultralegale pattuita. Pertanto, la mora del fideiussore non può ridare vigore alla garanzia così esaurita, ma può dar luogo unicamente – in assenza di diversa diretta pattuizione tra fideiussore e creditore – ai normali effetti di cui all’art. 1224 c.c., e, quindi, all’obbligo, per il fideiussore costituito in mora, di corrispondere, oltre il tetto massimo garantito, soltanto i correlativi interessi moratori al tasso legale, salva la prova del maggior danno”.
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