Di Maura Castiglioni, Avvocato
10 luglio 2015
L’art. 1832 c.c. stabilisce che l’estratto conto trasmesso da un correntista all’altro s’intende approvato, se non è contestato nel termine pattuito o in quello usuale, o altrimenti nel termine che può ritenersi congruo secondo le circostanze.
L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di ricezione dell’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura, che deve essere spedito per mezzo di raccomandata.
L’approvazione del conto non preclude il diritto di impugnarlo per errori di scritturazione o di calcolo, per omissioni o per duplicazioni.
La norma è relativa al contratto di conto corrente ordinario, ma è applicabile anche alle operazioni bancarie in conto corrente, per espresso richiamo dell’art. 1857 c.c.
La giurisprudenza, sia di legittimità che di merito (1), ha più volte ribadito il principio, che la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate.
Ne consegue che in generale è sempre comunque possibile – anche oltre il termine di decadenza di cui all’art. 1832 c.c. – impugnare la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori da cui le operazioni non contestate derivano, potendo il correntista (che non ha formato l’estratto conto e che lo riceve dalla banca) eccepire che le singole registrazioni siano conseguenza di un negozio nullo, annullabile, inefficace o comunque di una situazione illecita.
La decadenza dal diritto di impugnazione delle operazioni contabili nel termine di sei mesi, stabilito dall’art. 1832 c.c., è prevista però non solo per il cliente, ma anche per la banca, relativamente agli errori o omissioni di questa nell’annotazione delle operazioni riportate in estratto conto, in particolare relativamente a propri crediti successivamente azionati nei confronti della clientela.
La giurisprudenza di legittimità ha difatti precisato che il termine di sei mesi stabilito dall’art. 1832 comma 2 c.c. opera anche in danno della banca, nel caso in cui questa abbia omesso la registrazione di propri crediti:
“Nel rapporto di conto corrente bancario il termine di decadenza di sei mesi per l’impugnazione dell’estratto conto trasmesso al cliente, fissato dall’art. 1832, comma 2 c.c., opera anche per la banca, relativamente all’omessa registrazione di partite a credito per l’istituto, con la conseguenza che, decorso inutilmente detto termine, la banca decade dal diritto di far valere crediti che non risultano dall’estratto conto approvato, specie nell’eventualità in cui si tratti di operazioni non annotate” (Cass. civ. sez. III, sent. n. 12372 del 24/05/2006; conf.: Cass. civ., sez. I, sent. n. 18626 del 05712/2003; Cass. civ. sent. n. 4140 del 10/04/1995).
Il principio è relativo ad una fattispecie di mandato all’incasso conferito dal cliente alla banca e la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito, che aveva escluso il diritto della banca di chiedere, dopo la chiusura definitiva del rapporto, il pagamento di una fattura il cui importo, accreditato sul conto del mandante, non era stato incassato, senza però che l’omessa riscossione fosse stata annotata nell’estratto conto di chiusura predisposto dalla banca ed inviato al cliente.
La Suprema Corte ha così precisato nella motivazione della sentenza n. 12372/2006:
“Dalle stesse difese della ricorrente, anzi è indubbio che nella specie si è a fronte a una mancata annotazione – da parte della banca e, certamente per sua esclusiva colpa – di una operazione (e, cioè, la mancata annotazione della omessa riscossione della fattura per euro …) ed è evidente, pertanto, che correttamente i giudici del merito hanno ritenuto che la omissione rientra nella previsione di cui all’art. 1832 c.c., comma 2”.
La Corte, con il suddetto principio, ha affermato che la banca decade quindi dalla possibilità di affermazione di fatti contrari a quelli risultanti in estratto conto, da essa formato e trasmesso al proprio cliente; estratto da intendersi quindi definitivamente ratificato decorso il termine di 6 mesi dall’approvazione dello stesso (in tal caso, da intendersi nella formazione del documento e nell’invio al cliente).
(1) Ex multis: Cass. civ. sez. I, sent. 11626 del 26/05/2011; Cass. civ., sez. I, sent. n. 3574 del 14/02/2011; Cass. civ., sez. III, sent. n. 22945 del 12/11/2010; Tribunale di Roma, sez. IX, sent. n. 13487 del 20/06/2014; Tribunale di Pescara, sentenza del 24/06/2013; Tribunale di Nocera Inferiore, sez. II, sent. n. 396 dell’8/05/2013.
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