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Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia
Il 19 ottobre 2021 la Commissione europea ha adottato una Comunicazione che rilancia il dibattito pubblico sul riesame del quadro di governance economica dell’Unione Europea, che era stato sospeso poco dopo il suo avvio a seguito dello scoppio della pandemia da Covid-19[1].
Il documento del 19 ottobre segue la Comunicazione del 5 febbraio 2020 con la quale la Commissione aveva sottolineato una serie di elementi di debolezza del quadro di bilancio europeo riconducibili alla sostanziale inadeguatezza delle regole di bilancio[2], a causa della loro complessità, pro-ciclicità e difficoltà di applicazione, a garantire finanze pubbliche sostenibili e a prevenire eccessivi squilibri macroeconomici[3].
Secondo la Commissione, nel 2020 la pandemia ha determinato una contrazione senza precedenti dell’attività economica dell’Unione, aggravando le criticità preesistenti (aumento degli squilibri interni legati all’elevato debito pubblico e privato, crescita dei prezzi delle abitazioni e del debito ipotecario, ampliamento dei disavanzi delle partite correnti nei paesi più dipendenti dalle entrate del turismo, ecc.).
La risposta delle politiche economiche, sia europee sia nazionali, è stata energica e tempestiva. Ciò ha comportato tuttavia un aumento dei disavanzi e del debito in tutti gli Stati membri dell’area dell’euro, che nei prossimi due anni si attesteranno al di sopra dei livelli precedenti la pandemia[4].
In virtù di un forte sostegno politico coordinato, di una campagna vaccinale di successo e del conseguente graduale allentamento delle restrizioni legate alla pandemia, la crescita è ripresa nella primavera del 2021 a ritmi soddisfacenti, tant’è che la maggior parte dei paesi ha già recuperato o recupererà nei primi trimestri di quest’anno i livelli del prodotto del 2019.
Le politiche di bilancio nazionali hanno potuto agire con decisione grazie all’attivazione della “clausola di salvaguardia generale” (general escape clause) del Patto di stabilità e crescita[5], che ha consentito la sospensioni dei vincoli di bilancio fino al 2022, all’adozione del Quadro temporaneo per gli Aiuti di Stato a sostegno dell’economia[6], all’introduzione di misure di emergenza come il SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in Emergency), lo strumento di sostegno temporaneo per mitigare i rischi di disoccupazione, e al varo del programma Next Generation EU per finanziarie investimenti e riforme[7]. Si stima che gli interventi di politica fiscale varati dagli Stati membri dell’UE, compresi gli ammortizzatori automatici, ammontino al 19% del PIL nel periodo 2020-2022.
Gli sforzi di politica fiscale sono stati integrati da misure di stimolo monetario, che sono consistite essenzialmente nell’introduzione di nuove operazioni di acquisto di titoli del settore privato e pubblico e nell’immissione di liquidità a favore del settore bancario[8].
Lo shock indotto dalla pandemia ha comportato un aumento delle divergenze economiche, sociali e territoriali preesistenti, accentuando le difficoltà a conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile. L’impatto della pandemia è stato diverso nei vari Stati membri e nei vari settori di attività a causa della differente gravità della situazione sanitaria, del rigore e della durata delle misure di contenimento attuate e delle differenze tra le strutture economiche.
In conclusione, ad avviso della Commissione, il complesso delle misure di politica monetaria e di bilancio messe in campo dalle istituzioni europee e dai governi nazionali per fronteggiare la recessione ha avuto successo, in quanto l’impatto dello shock sulla disoccupazione, sulle disuguaglianze economiche e sociali, sulle insolvenze delle imprese e sui crediti deteriorati è stato di gran lunga inferiore alle previsioni iniziali.
La Commissione ritiene che la crisi innescata dalla pandemia abbia reso manifesta ancora di più la necessità che sia ripreso, quando le condizioni economiche lo consentiranno, il percorso di riduzione graduale del rapporto debito/PIL, per garantire finanze pubbliche sostenibili, evitare divergenze di bilancio tra gli Stati membri, mantenere condizioni di finanziamento favorevoli e prevenire tensioni sul mercato che potrebbero ripercuotersi negativamente sull’economia. A suo dire, occorre inoltre:
- potenziare la capacità della politica fiscale discrezionale anticiclica di rispondere alle fluttuazioni economiche, attraverso la costituzione di riserve di bilancio nei periodi di congiuntura favorevole;
- promuovere maggiori investimenti pubblici verdi, digitali e capaci di rafforzare la resilienza;
- prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici;
- semplificare le regole esistenti e migliorarne la trasparenza, la titolarità e l’applicazione.
Come dinanzi accennato, l’impatto della crisi pandemica sull’economia ha indotto le istituzioni europee a sospendere temporaneamente le regole di bilancio, attivando la general escape clause. La riattivazione delle regole, prevista nel 2023, potrebbe costringere i paesi membri, soprattutto quelli ad alto debito pubblico, come Grecia, Italia, Portogallo e Spagna, ad adottare severe misure di aggiustamento fiscale che potrebbero rallentare il processo di ripresa dell’attività economica in atto.
Posizioni di bilancio sostenibili sono particolarmente importanti in un’unione monetaria, in quanto i paesi che ne fanno parte non hanno la possibilità di utilizzare la politica monetaria e quella di cambio per reagire a shock locali. Inoltre, come dimostrato dalla crisi dei debiti sovrani, la posizione di bilancio non solida di un paese può propagarsi ad altri paesi con effetto domino, mettendo a rischio la sopravvivenza dell’Unione[9]. La dottrina economica è tuttavia concorde nel ritenere che le regole fiscali vigenti, pur avendo contributo alla definizione di solide politiche di bilancio, siano eccessivamente complesse, per l’accumularsi nel tempo di nuove norme e di eccezioni, poco trasparenti, per il ricorso a stime di grandezze non osservabili e difficilmente quantificabili[10], e non abbastanza anticicliche, cioè in grado di attenuare le fluttuazioni del sistema economico. In considerazione di ciò, sono state avanzate numerose proposte di riforma del quadro di bilancio europeo, tra cui si ricordano quelle di Boitani e Tamborini, di Blanchard e altri autori, dell’European Fiscal Board (EFB), del Comitato economico e sociale europeo (CESE), di Martin e altri autori, di Giavazzi e altri autori e di Cottarelli e Galli, di seguito brevemente descritte.
Dopo aver rilevato che qualsiasi riforma delle regole di finanza pubblica deve tener conto delle mutate circostanze (inefficacia della politica monetaria a far fronte a shock negativi, anche di natura simmetrica, a causa della prossimità allo zero dei tassi d’interesse, crescita del livello di indebitamento in tutti i paesi dell’UEM per fronteggiare la recessione economica innescata dalla pandemia, ecc.), Boitani e Tamborini[11] propongono di concentrare l’attenzione sulla sostenibilità del debito pubblico[12], eliminando il riferimento a numeri fissi e validi per gli Stati membri indifferentemente e, soprattutto, liberando l’analisi della sostenibilità dall’influenza di variabili non osservabili, come il PIL potenziale[13] e l’output gap[14].
A loro giudizio, per ciascun paese membro dovrebbe essere condotta periodicamente una analisi di sostenibilità, ad opera dell’EFB e delle istituzioni azionali, per stabilire se il debito sia sostenibile con elevata probabilità, tenendo conto delle connotazioni specifiche di ciascun paese con riferimento alla crescita, alla dinamica della popolazione, all’andamento dei tassi d’interesse, alle politiche di bilancio in atto e a quelle previste per il futuro. Se detta analisi dovesse mostrare che il debito rischia di divenire insostenibile con elevata probabilità, la Commissione, su proposta dell’EFB, dovrebbe concordare con il paese interessato un percorso pluriennale di riduzione del deficit che bilanci i rischi per la sostenibilità del debito con i costi di aggiustamento in termini di produzione, con l’esplicito obiettivo di evitare per quel paese e per l’intera UEM una crisi di debito.
Le linee di riforma suggerite dagli autori “soddisfano i requisiti di semplicità e osservabilità delle variabili rilevanti e lasciano spazio a politiche di stabilizzazione quando necessarie e nella misura in cui non sono svolte dalla capacità fiscale comune”.
La proposta di Boitani e Tamborini appare sostanzialmente in linea con quella formulata da Blanchard e altri autori[15] i quali, muovendo dall’osservazione che tetti di debito e deficit fissi e invariabili sono degli indicatori estremamente deboli della sostenibilità del debito, suggeriscono di sostituire le regole di bilancio attuali con standard qualitativi, resi operativi con un’analisi stocastica di sostenibilità del debito, nonché di rafforzare la sorveglianza di bilancio affidando ai fiscal council nazionali (FCN) e/o alla Commissione europea il compito di monitorare i rischi di sostenibilità del debito dei paesi membri. Nel caso in cui il debito con alta probabilità non fosse sostenibile, FCN e Commissione richiederebbero al paese interessato di promuovere adeguate azioni correttive; qualora, invece, FCN e Commissione ritenessero che tali azioni non fossero coerenti con il mantenimento della sostenibilità del debito, potrebbero deciderne la sospensione, in attesa di un giudizio finale.
Nell’agosto 2019 l’EFB, organo consultivo indipendente della Commissione europea in materia fiscale, ha proposto una radicale revisione delle regole di bilancio[16]; revisione resa necessaria per tre ragioni principali. La prima risiede nella scarsa comprensibilità delle regole vigenti a causa della loro complessità. La seconda è che le modalità di calcolo di alcuni indicatori fanno riferimento ad aggregati non osservabili e ampiamente variabili (come l’output gap). La terza ragione è che l’applicazione di dette norme ha spinto i governi nazionali ad attuare politiche fiscali pro-cicliche. Alla luce di tali considerazioni, l’EFB propone: i) una semplificazione delle regole basata su un unico obiettivo (il debito pubblico), un singolo strumento di controllo (la spesa nominale al netto di interessi e di spese soggette al ciclo economico) e un aggregato direttamente osservabile; ii) che la stima del reddito potenziale sia effettuata prendendo in esame gli ultimi cinque anni e le stime del successivo quinquennio; iii) che la programmazione della spesa sia triennale anziché annuale; iv) l’introduzione di una “golden rule limitata”, cioè estesa solo agli investimenti relativi a progetti approvati a livello europeo; v) l’abolizione delle sanzioni e la loro sostituzione con incentivi sotto forma di accesso a fondi europei purché siano rispettate le norme fiscali; vi) l’introduzione di una differenziazione di obiettivi di debito su PIL tra i diversi paesi come risultato di una contrattazione pluriennale.
In un parere d’iniziativa adottato ad ottobre 2021 il CESE, organo consultivo dell’Unione, sollecita la Commissione a riesaminare al più presto il quadro di governance dell’UE, tenendo conto dell’attuale contesto macroeconomico. In particolare, il CESE propone di introdurre una “regola d’oro” (golden rule) per gli investimenti pubblici, in combinazione con una regola di spesa, di ampliare il margine di manovra ciclico, di consentire una maggiore flessibilità e differenziazione per paese per quanto riguarda i percorsi di aggiustamento del debito, ferma restando l’esigenza di assicurare la sostenibilità di bilancio.
Tale revisione, si sottolinea nel documento, è necessaria non solo ai fini della stabilizzazione dell’economia nel breve e medio termine, ma anche al finanziamento di una transizione ecologica e digitale dell’economia europea, che garantisca occupazione e inclusione sociale.
Dopo aver osservato che in un’unione monetaria vincoli alla discrezionalità delle politiche di bilancio nazionali sono necessari ma che le vigenti regole europee sono diventate profondamente inadeguate nell’attuale contesto macroeconomico, Martin e altri autori[17] propugnano l’eliminazione delle soglie numeriche del debito (60% del PIL) e del disavanzo (60% del PIL), poiché ritenute obsolete e prive di basi analitiche.
Essi ritengono che criteri numerici omogenei siano fuori luogo perché la sostenibilità del debito dipende essenzialmente dalla capacità di mantenere un avanzo primario sufficiente, in modo da evitare che il rapporto tra debito e PIL non diverga in un contesto di crescita e tassi di interesse sfavorevole (cfr. nota n. 8). Tuttavia, sia il livello massimo dell’avanzo primario sia il differenziale tra il tasso di interesse e il tasso di crescita del prodotto sono molto specifici per paese.
Pertanto, propongono che ciascuno Stato membro stabilisca: i) un obiettivo di debito quinquennale, la cui adeguatezza sarebbe valutata dal FCN e dalle istituzioni europee; e ii) un limite al tasso di crescita nominale della spesa per la programmazione di bilancio pluriennale, tenendo conto del tasso di crescita del prodotto potenziale e dell’obiettivo del debito.
Per garantire la sostenibilità del debito, si propone inoltre che:
- l’EFB definisca una metodologia comune per valutare la sostenibilità di bilancio nazionale e i FCN ne controllino l’attuazione;
- ciascun governo fissi un obiettivo di indebitamento e una regola di spesa su un orizzonte di cinque anni, in conformità con gli standard di sostenibilità stabiliti dall’EFB;
- i FCN valutino l’adeguatezza tra l’obiettivo di debito e gli obiettivi di sostenibilità, sulla base di una metodologia comune definita dall’EFB e approvata dalla Commissione europea;
- il Consiglio Ecofin approvi o respinga l’obiettivo di debito e il massimale di spesa primaria proposti dallo Stato membro;
- la Commissione abbia la responsabilità di monitorare l’attuazione della norma di bilancio specifica per paese.
La proposta di Giavazzi e altri autori[18] si articola su due pilastri: la revisione delle regole fiscali e la creazione di un’Agenzia europea del debito, che assorba il debito accumulato nel corso della pandemia.
Con riferimento al primo pilastro, la proposta prevede la fissazione di un limite massimo al tasso di crescita della spesa primaria al netto degli interessi, da rivedere ogni tre anni, che consenta, in un orizzonte temporale di dieci anni, la riduzione del rapporto debito/PIL.
L’equazione dt+10 – dt/10 = β (dF,t – d*) + ydS,t definisce l’obiettivo di medio periodo per il debito. Sul lato destro dell’equazione il debito è diviso in due parti: dF,t è la parte “ad aggiustamento rapido” (fast–adjusting) e Ds,t è quella “ad aggiustamento lento” (slow-adjusting). La somma delle due parti costituisce lo stock di debito complessivo.
I coefficienti β e y indicano la velocità di aggiustamento del debito, con β maggiore di y. La costante d* rappresenta l’obiettivo di lungo periodo sul debito.
La parte slow-adjusting del debito è la somma di due componenti: la prima è data dal debito accumulato per fronteggiare la crisi pandemica; la seconda componente rappresenta il debito accumulato per finanziare la “spesa per il futuro”[19]. La parte fast–adjusting del debito è quella residua.
Le ragioni che giustificano la fissazione di un obiettivo per la riduzione del debito sono due. La prima è che mantenere un rapporto debito/PIL stabile è un presupposto fondamentale per assicurarsi che gli investitori siano disponibili ad assorbire il debito emesso da un paese e a considerarlo sicuro. La seconda ragione è che un obiettivo siffatto risponde automaticamente ai cambiamenti di variabili macroeconomiche, come il tasso di interesse reale e il tasso di crescita del prodotto.
Per quanto riguarda il secondo pilastro, la proposta prevede la creazione di una European Debt Association (EDA), che potrebbe essere il Meccanismo europeo di stabilità (MES) oppure un organismo di nuova costituzione, alla quale trasferire la quota del debito pubblico contratto dai paesi europei per fronteggiare l’emergenza sanitaria.
Nella visione degli autori, il trasferimento dovrebbe avvenire nell’arco di cinque anni e l’EDA si finanzierebbe sul mercato attraverso l’emissione di titoli a prezzi di mercato che la BCE acquisterebbe in cambio dei debiti trasferiti.
I paesi beneficiari pagherebbero interessi all’Agenzia in base a una formula che prende in considerazione la differenza tra il costo del debito emesso dall’EDA e il tasso di crescita del paese, l’ammontare del debito di quel paese detenuto dall’organismo e il PIL dell’anno precedente.
In uno scenario caratterizzato da bassi tassi d’interesse, i contributi degli Stati sarebbero superiori agli interessi sul debito emesso dall’Agenzia. Si creerebbe quindi un surplus di liquidità che potrebbe essere destinato alla costituzione di un fondo per interventi di emergenza, al finanziamento di progetti comuni europei oppure retrocesso agli Stati membri.
Nel caso dell’Italia, ad esempio, il debito accumulato durante la pandemia è pari al 19% del PIL. Quindi, l’EDA acquisirebbe un debito pari al 3,8% del PIL in ogni anno dal 2022 al 2026. Negli anni successivi al quinto, l’Agenzia acquisirebbe debito in modo da mantenere quello detenuto al 19% del PIL italiano.
Cottarelli e Galli[20], muovendo dalla constatazione che le regole di bilancio sono necessarie nelle unioni monetarie per evitare che l’indisciplina fiscale di un paese costringa gli altri partner a intervenire per sostenerlo, che le stesse devono essere chiare e semplici, basarsi su variabili osservabili e sospese in presenza di shock negativi di dimensioni rilevanti, propongono di combinare l’approccio delle regole fiscali seguito dall’UE con quello dei piani di bilancio a medio termine adottati da alcuni paesi, tra cui Australia e Nuova Zelanda.
Ad avviso dei proponenti, i vincoli di bilancio dovrebbero essere imposti solo ai paesi che, contraddistinti da un elevato rapporto debito/PIL, sono obbligati a porre in essere correzioni fiscali nel medio periodo. Al riguardo, si possono seguire due opzioni: la prima prevede una soglia unica per tutti i paesi (tra l’80 e il 100 per cento) fissata dal Consiglio europeo su raccomandazione della Commissione e rivista ogni cinque-dieci anni alla luce delle tendenze di lungo termine di alcune variabili economiche e sociali (livello dei tassi di interesse globali, tasso di crescita del PIL, invecchiamento della popolazione, ecc.); la seconda opzione prevede, invece, l’applicazione di soglie diverse da paese a paese, anch’esse fissate dal Consiglio europeo su raccomandazione della Commissione, alla luce, per esempio, della loro differente capacità dimostrata di mantenere un determinato tasso di crescita. Quest’ultima opzione appare preferibile sul piano teorico, ma difficilmente attuabile senza creare complesse discussioni tra gli Stati membri e tra questi e la Commissione.
I paesi con un rapporto debito/PIL superiore alla soglia fissata dovrebbero presentare al Consiglio europeo un piano quadriennale di aggiustamento fiscale che preveda la riduzione (ogni anno) del livello di indebitamento e si basi su ipotesi ragionevoli di crescita valutate dalla Commissione o dall’EFB[21].
L’assetto della governance economica dell’UE ha mostrato dei limiti, resi più evidenti dalla crisi pandemica. Il cambiamento del sistema di regole vigenti è reso necessario, oltre che dall’emergere di criticità, anche dal mutato contesto macroeconomico. Le proposte di riforma sul tappeto sono numerose: alcune delineano modifiche sostanziali, altre invocano una revisione radicale del quadro di bilancio europeo. Tutte però concordano sulla necessità di ridurre nel medio periodo gli elevati livelli di debito pubblico che caratterizzano gli Stati membri, in ispecie quelli dell’area mediterranea. Ciò tanto più laddove si intenda portare avanti il progetto di dotare l’Unione di una fiscal capacity centrale, con compiti sia anticiclici che strutturali[22].
Con ogni probabilità la scelta finale sarà il frutto di un compromesso tra paesi rigoristi (Olanda, Germania e Austria) che hanno espresso contrarietà a un eccessivo allentamento dei vincoli di bilancio e paesi con alto livello di debito (Italia in testa) che auspicano l’abbandono delle politiche di austerity in favore di investimenti pubblici sostenibili per il rilancio della crescita economica[23].
Note:
[1]Commissione europea, Comunicazione su “L’economia dell’UE dopo la COVID-19: implicazioni per la governance economica”, COM (2021) 662 definitivo.
[2] Le regole fiscali derivano dal Trattato di Maastricht del 1992, che richiede agli Stati membri dell’UE il rispetto di due parametri, un rapporto disavanzo/PIL inferiore al 3% e un rapporto debito/PIL inferiore al 60%, dal Patto di stabilità e crescita del 1997, dalle disposizioni integrative introdotte con il six pack nel 2011 e il two pack nel 2013 e, infine, dal Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria del 2012, di cui fa parte il c.d. Fiscal Compact.
[3] Commissione europea, Comunicazione sul “Riesame della governance economica”, COM (2020) 55 definitivo.
[4] Nel 2020 il disavanzo nominale è asceso al 7% del PIL rispetto allo 0,5% del 2019, mentre il debito pubblico in rapporto al PIL ha raggiunto il 92%, a fronte del 79% di dicembre 2019. Secondo le proiezioni macroeconomiche della BCE, il rapporto disavanzo/PIL dovrebbe scendere al 5,9% nel 2021 e diminuire ulteriormente nel 2022, al 3,2%, per poi stabilizzarsi appena al di sotto del 2% nel 2024. Il rapporto debito/PIL dovrebbe diminuire leggermente collocandosi appena al di sotto del 97% nel 2021 e poi ulteriormente toccando il 90% circa nel 2024.
[5] La clausola in parola, introdotta nel 2011 dal six pack, consente a uno Stato membro nell’ambito del braccio preventivo di discostarsi temporaneamente dal percorso di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine (OMT), a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa.
[6] Il Temporary framework, adottato dalla Commissione europea il 19 marzo 2020 e successivamente modificato, integrato e prorogato sino al 30 giugno 2022, in considerazione del protrarsi della pandemia, è volto a consentire agli Stati membri di approntare misure di sostegno alle imprese duramente colpite dalla crisi, sfruttando la flessibilità massima prevista dalle norme sugli aiuti di Stato.
[7] NGEU è uno strumento temporaneo per la ripresa da oltre 800 miliardi di euro, che contribuirà a riparare i danni economici e sociali prodotti dalla pandemia per creare un’Europa più verde, digitale e resiliente.
[8] In particolare, la BCE ha introdotto il nuovo programma PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP), con una dotazione iniziale di 750 milioni, aumentata a 1350 a giugno 2020 e a 1.850 a fine anno, e ha reso più favorevoli le operazioni di rifinanziamento a lungo termine.
[9] Killinger-Leiner N. e Nerlich C., le regole di bilancio nell’area dell’euro e gli insegnamenti acquisiti nell’ambito di altre unioni monetarie, in Bollettino economico della BCE, n. 3/2019.
[10] Artoni R., Debito-Pil, il nodo irrisolto, in www.sbilanciamoci,it, 7.1.2022.
[11] Boitani A. e Tamborini R., Riformare le regole europee, in Friedrich Ebert Stiftung, Dicembre 2021.
[12] Nella visione tradizionale di finanza pubblica la sostenibilità del debito, intesa come capacità di un paese di assicurare in qualsiasi momento il servizio del debito accumulato, è legata all’ipotesi che il tasso di crescita dell’economia (g) sia superiore al tasso d’interesse reale (r). In caso contrario (gr), i paesi con elevati livelli di debito devono attuare una gestione oculata dei conti pubblici, basata su un accorto mix di contenimento della spesa corrente e di aumento delle entrate, in grado di generare avanzi primari (saldi di bilancio al netto della spesa per interessi) sufficientemente ampi da imprimere al rapporto debito/PIL un andamento tendenzialmente flettente.
[13] Il PIL potenziale è il prodotto ottenibile con il pieno utilizzo delle risorse (lavoro e capitale) in condizioni di inflazione stabile. La misurazione del PIL potenziale è soggetta a considerevole incertezza per la mancanza di un generale consenso sulla metodologia più appropriata per la sua stima.
[14] L’output gap è il divario tra la produzione effettiva e il prodotto potenziale. Viene stimato sulla base di assunti che implicano diversi gradi di discrezionalità.
[15] Blanchard O., Leandro A., Zettelmeyer J., Redesigning EU fiscal rules: from rules to standards, in Economic Policy, Aprile 2021.
[16] EFB, Assessment of EU fiscal rules with a focus on the six and two-pack legislation, Agosto 2019. Su punto cfr. anche Bordignon M., Regole fiscali europee: una proposta di riforma, in www.lavoce.it, 17.9.2019.
[17] Martin P., Pisani-Ferry J., Ragot X., Reforming the European Fiscal Framework, Les notes du conseil d’analyse economique, Novembre 2020.
[18]D’Amico L., Giavazzi F., Guerrieri V., Lorenzoni G. e Weymuller C.H., Riformare il sistema fiscale europeo: le regole, in www.lavoce.info, 14.1.2022.
[19] L’aggregato comprende la spesa per investimenti utili alle prospettive di crescita a lungo termine del paese e la spesa che riguarda beni comuni europei di cui beneficeranno le generazioni future, come la lotta al cambiamento climatico, la difesa, la sanità, ecc.
[20] Cottarelli C. e Galli G., Review of the EU economic governance framework: a focus on the revision of the SGP fiscal rules, in www.osservatoriocpi.unicatt.it, 7.1.2022.
[21] Cfr. Bordignon M., Regole fiscali europee: una proposta di riforma, in www.lavoce.it, 17.9.2019.
[22] Banca d’Italia, Indagine conoscitiva sulla Conferenza sul futuro dell’Europa, 7.12.2021.
[23] In una lettera inviata al Financial Times il 23 dicembre 2021, Macron e Draghi, dopo aver ricordato il sostegno fornito dall’Unione a famiglie e imprese nel corso della pandemia, affermano che le regole di bilancio sono troppo opache ed eccessivamente complesse. “Hanno limitato il campo d’azione dei governi durante la crisi e sovraccaricato di responsabilità la politica monetaria”. Non basta. “Non hanno creato gli incentivi giusti per dare priorità a una spesa pubblica che guardi al futuro e rafforzi la sovranità”. Nel riconoscere l’esigenza prioritaria di ridurre i livelli di indebitamento, i due leader sostengono che questo obiettivo non può essere raggiunto con l’aumento di tasse, tagli alla spesa sociale e “neppure attraverso aggiustamenti di bilancio impraticabili”. Occorre, a loro dire, aumentare il debito per finanziare investimenti che gioveranno alle generazioni future e alla crescita di lungo termine, mantenendo sotto controllo la spesa corrente.
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