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Di Roberta Lo Conte – Dottore di ricerca in Diritto pubblico dell’economia nell’Università “La Sapienza” di Roma
1. La vicenda.
Con l’ordinanza n. 1387 del 18 gennaio 2923, la Corte di Cassazione è tornata nuovamente a pronunciarsi in materia di abusiva concessione del credito alle imprese confermando la responsabilità risarcitoria della banca per aver protratto lo stato deficitario di una società tramite un illecito sostegno finanziario.
La vicenda ha origine nel momento in cui la curatela di una s.a.s. agiva nei confronti di due istituti bancari per chiedere la condanna al risarcimento dei danni arrecati a seguito del ricorso abusivo al credito, da parte degli amministratori della stessa, che aveva protratto illegittimamente lo stato deficitario in cui versava la società.
Per più di 10 anni, nonostante tutte le gravi perdite registrate, gli amministratori della società avevano ottenuto un forte sostegno bancario, da cui era derivato il ritardo della dichiarazione di fallimento e la conseguente maggiorazione del passivo e diminuzione dell’attivo. Con la decisione n. 152/2017, il Tribunale di Prato condannava due istituti bancari al risarcimento del danno in favore della curatela. Tale pronuncia veniva confermata dalla Corte di Appello di Firenze che, con sentenza n. 2672/2019, dichiarava che la pregressa erogazione del credito aveva permesso alla società di “galleggiare” e dunque sopravvivere in una situazione patrimoniale ed economica gravemente deficitaria. Secondo la Corte d’Appello i due istituti bancari, avendo consentito la prosecuzione dell’attività economica quando la società versava in crisi irreversibile, avevano violato gli specifici obblighi sottesi al principio di sana e prudente gestione del credito, oltreché il principio generale del neminem laedere. Sulla base di ciò, le banche ricorrevano dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione[1].
2. La fattispecie della concessione abusiva del credito: il richiamo all’orientamento espresso nella sentenza n. 18610/2021 della Corte di Cassazione
Nell’analisi dei vari motivi di gravame proposti dagli istituti bancari ricorrenti, la Cassazione cita e conferma l’orientamento espresso nelle precedenti pronunce che negli ultimi anni hanno affrontato più volte rilevanti profili controversi della materia della concessione abusiva del credito definendo un contesto interpretativo più chiaro rispetto a quello che si prospettava all’inizio degli anni 2000[2]. La sentenza principalmente richiamata è la n. 18610 del 2021 della Sezione I della Cassazione che, analizzando un caso simile, ha affrontato il tema della concessione abusiva di credito, enunciando una serie di linee guida particolarmente importanti circa la portata applicativa della relativa fattispecie nel caso in cui il finanziamento abusivo si inquadri nel contesto di un tentativo di soluzione della crisi del soggetto sovvenzionato[3].
Seguendo un ineccepibile percorso argomentativo, la Suprema Corte in tale pronuncia preliminarmente ha delineato la figura generale della concessione abusiva di credito per poi verificare se in tale categoria possa essere ricompresa la fattispecie del sostegno finanziario erogato a favore di un’impresa in difficoltà finanziaria che abbia fatto ricorso a strumenti di soluzione della crisi tra quelli previsti dall’ordinamento concorsuale[4].
In termini generali, da quanto emerso nella pronuncia del 2021, si è in presenza di un caso di concessione abusiva di credito nell’ipotesi in cui una banca eroghi credito o mantenga il credito già concesso, riscadenzandolo, in maniera “imprudente”, ossia pur conoscendo (o dovendo venire a conoscere con la dovuta la diligenza professionale richiesta dalla legge) le gravi condizioni finanziarie del soggetto finanziato[5]. L’illecito si caratterizza per una violazione del dovere di corretta erogazione del credito a danno di tutti i creditori del finanziato (anteriori o successivi all’operazione) “per effetto dell’apparenza di solvibilità ingenerata dal sostegno finanziario irregolarmente concesso e del conseguente ritardo nella manifestazione “naturale” delle effettive condizioni patrimoniali di quel soggetto”[6].
La responsabilità che ne deriva si configura dunque come una responsabilità legata all’affidamento che viene ingenerato nei creditori diversi dalla banca finanziatrice dalla concessione di un finanziamento o dal mantenimento dello stesso da parte di un soggetto deputato istituzionalmente alla verifica del merito creditizio[7].
Per usare le parole degli stessi Ermellini, accanto alla fattispecie di cui all’art. 218 della Legge Fallimentare, oggi art. 325 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza[8], è da ritenersi “egualmente illecita la condotta di «concessione abusiva di credito», che individua l’agire del finanziatore che conceda, o continui a concedere incautamente, credito in favore dell’imprenditore che versi in stato di insolvenza o comunque di crisi conclamata” in quanto, “sebbene nel nostro ordinamento non esista un generale dovere, a carico di ciascun consociato, di attivarsi al fine di impedire eventi di danno, tuttavia, con specifico riferimento alla normativa che regola il sistema bancario, il soggetto finanziatore, sulla base di questa, è invero tenuto all’obbligo di rispettare i principi di c.d. sana e corretta gestione, verificando, in particolare, il merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate”[9].
Proprio da queste condotte quindi derivano conseguenze risarcitorie ben precise anche in capo alle banche finanziatrici che “in conseguenza dell’illecito sostegno finanziario all’impresa per la concessione o la reiterata concessione del credito”, abbiano, “dolosamente o colposamente, mantenuto artificiosamente in vita un imprenditore in stato di dissesto, in tal modo arrecando al patrimonio del medesimo danni pari all’aggravamento del dissesto, nonché delle perdite generate dalle nuove operazioni così favorite”[10].
3. La legittimazione del curatore ad agire contro la banca responsabile per avere mantenuto in vita una impresa decotta
Con la recente ordinanza del 2023 la Cassazione, tornando a pronunciarsi su tale argomento, affronta anche la vexata questio in materia, quella riguardante la legittimazione attiva del curatore fallimentare ad agire nei confronti delle banche per i danni derivanti dall’ abusiva concessione di credito.
La Corte, in armonia con il precedente di legittimità sopra menzionato, respingendo il primo motivo di ricorso, ribadisce che la curatela è legittimata ad agire nei confronti delle banche per i danni cagionati alla società fallita ogni volta che viene dedotta la responsabilità del finanziatore verso il soggetto finanziato per il diretto pregiudizio causato dall’attività di finanziamento al patrimonio di quest’ultimo, richiamando il principio secondo il quale il soggetto finanziatore è tenuto all’obbligo di rispettare i principi di sana e corretta gestione, tramite la verifica puntuale del merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate[11].
Seguendo il ragionamento della Corte, è evidente come l’attività di concessione del credito posta in essere dagli istituti bancari non possa essere considerata come “affare privato” tra le parti stesse del contratto di finanziamento dal momento che gli effetti negativi derivanti da un eventuale inadempimento potrebbero avere ripercussioni non solo sulla sfera della banca contraente, ma anche, in una prospettiva macroeconomica, su un numero indefinito di soggetti creditori del soggetto finanziato[12]. Pertanto, il curatore può agire nei confronti della banca al fine di ottenere il risarcimento dei danni a seguito della sua condotta illecita di sostegno finanziario all’impresa tramite la concessione abusiva del credito. In questo caso è responsabile la banca che, “dolosamente o colposamente, abbia mantenuto artificiosamente in vita un imprenditore in stato di dissesto, in tal modo arrecando al patrimonio dell’impresa danni pari all’aggravamento del dissesto, nonché delle perdite generate dalle nuove operazioni così favorite”[13]. Tal pronuncia si mostra in evidente contrasto con la fattispecie di danno esaminato nelle più risalenti pronunce delle Sezioni Unite della Cassazione nn. 7029, 7030 e 7031 del 2006 per le quali il curatore fallimentare non sarebbe legittimato a proporre l’azione per il risarcimento del danno in virtù di una concessione abusiva di credito ad un’impresa poi dichiarata fallita, “non sussistendo, in tale fattispecie, un pregiudizio per l’intero ceto creditorio ma, se accertato, solo eventualmente per singoli creditori”[14].
Circa la responsabilità della banca, la Corte Suprema, pur ritenendo inammissibile il motivo di ricorso degli istituti di credito in quanto teso ad un riesame del merito della controversia, ha proceduto a ripercorre la motivazione esplicata nella sentenza di secondo grado impugnata dichiarando che la Corte fiorentina ha correttamente accertato la violazione da parte della banca degli obblighi specifici sottesi al principio di sana e prudente gestione del credito e della normativa settoriale di vigilanza[15]. La Corte d’Appello aveva infatti dichiarato che “le banche concedendo prestito a breve, nuovi mutui e mantenendo gli affidi nonostante rilevanti scoperti per periodi medio-lunghi, hanno violato il principio generale richiamato dal citato art. 5 TUB e la normativa speciale del settore creditizio, in particolare le Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia di cui alla circolare n. 229 del 21.4.09 e l’Accordo di Basilea 2 sul rating” [16]. Disattendendo difatti le Istruzioni di Vigilanza, la banca avrebbe trascurato di acquisire tutta la documentazione reddituale che le avrebbe permesso di valutare correttamente la situazione patrimoniale della società e apprenderne correttamente la situazione di crisi in cui versava[17].
4. La decorrenza del termine di prescrizione dell’azione risarcitoria per abusiva concessione di credito
Proseguendo sulla scia dei più recenti orientamenti, l’ordinanza si segnala per avere affrontato un aspetto non molto approfondito dagli studiosi del settore: quello dell’individuazione del dies quo di decorrenza del termine di prescrizione di cinque anni dell’azione nei confronti della banca responsabile dell’attività di abusiva concessione di credito.
Sul punto la Cassazione ha proceduto ad applicare principi già consolidati in materia di azione di responsabilità dei creditori sociali ex art. 2394 c.c. esercitata dal curatore fallimentare secondo la disciplina contenuta all’art. 146 l.f., osservando che l’azione di responsabilità prevista dall’art. 2394 c.c. è “soggetta a prescrizione quinquennale decorrente dal momento in cui i creditori sono oggettivamente in grado di venire a conoscenza dell’insufficienza del patrimonio sociale per l’inidoneità dell’attivo – raffrontato alle passività – a soddisfare i loro crediti”[18] e che, ai fini dell’individuazione del momento in cui la tale insufficienza si sia resa oggettivamente palese per tutti i creditori, non occorre porsi in una prospettiva di “soggettivismo psicologico, ma della valutazione di astratta conoscibilità: non già mero fatto soggettivo di conoscenza del danno da parte del titolare dell’azione, bensì rilievo del dato oggettivo della sua conoscibilità da parte dei terzi creditori, posti così nella condizione di poter esercitare il proprio diritto”; tale momento, secondo i giudici della Cassazione, coincide con la dichiarazione di fallimento, utilizzando un ragionamento presuntivo fondato sull’id quod plerumque accidi, “anche se tale presunzione non esclude come, in concreto, il deficit si sia manifestato in un momento anteriore, gravando tuttavia il relativo onere probatorio su chi allega la circostanza e fonda su di essa un più favorevole inizio del decorso della prescrizione”[19].
L’approdo della Corte Suprema sulla tematica sembrerebbe essere condiviso in dottrina, nonostante una lacuna derivante dal mancato sforzo interpretative che sarebbe stato utile ad adattare i criteri elaborati in relazione all’azione ex art. 2394 c.c. alle caratteristiche peculiari della fattispecie di abusiva concessione di credito[20].
È infatti di palmare evidenza che, a differenza della prima fattispecie, laddove vengono in considerazione gli indici rivelatori dell’insufficienza patrimoniale (rispetto alla capacità di fare fronte al rimborso dei debiti della società), nel caso di concessione abusiva del credito è lo stato di insolvenza a dover essere percepibile dalla generalità dei creditori per l’inizio del decorso del termine di prescrizione dell’azione; in questo caso quindi la valutazione deve essere condotta secondo una prospettiva esclusivamente “finanziaria”, attraverso una verifica della sussistenza di indicatori che attestino l’incapacità sopravvenuta dell’impresa di far fronte alle proprie obbligazioni[21]. Mentre i parametri riguardanti l’emersione dell’insufficienza patrimoniale risultano di più facile rilevazione, meno immediata è invece l’esistenza degli indicatori di una situazione di insolvenza che presuppone un’indagine più attenta e approfondita delle voci di bilancio al fine di ricavare indici che non facilmente possono essere nella disponibilità del creditore “medio” dato che, come dichiarato in dottrina, è “al profilo soggettivo di quest’ultimo che occorre fare riferimento per definire la percepibilità dell’esistenza di uno stato di decozione da parte della generalità indistinta del ceto creditorio dell’impresa finanziata”[22].
Concludendo sulla prescrizione dell’azione risarcitoria per abusiva concessione di credito, si constata che una corretta applicazione dei principi delineati nella sentenza in esame rende residuale[23] l’eventualità che la banca, convenuta in giudizio da una curatela fallimentare, sia in condizione di superare la presunzione iuris tantum di coincidenza del dies a quo del termine quinquennale di prescrizione con la data della sentenza che dichiara lo stato di insolvenza del soggetto finanziato.[24]
5. Brevi considerazioni conclusive
Dalla pronuncia in esame, ricollegandosi alle prospettive delineate dalla giurisprudenza medesima in precedenti pronunce, può trarsi la convinzione che l’ordinamento giuridico italiano in materia concorsuale abbia ormai attribuito al curatore la piena legittimazione ad agire non solo nell’interesse della massa indistinta dei creditori, ma anche a tutela dell’“impresa” nel suo complesso[25]. Ciò sarebbe confermato anche dalla “centralità” che viene attribuita all’impresa dalle norme del Codice, oltreché “dal diverso atteggiarsi della garanzia patrimoniale rispetto alla collettività dei creditori, nel passaggio dalla fase fisiologica a quella patologica della crisi, sì da confortare l’opinione che vuole ampliate le possibilità che il curatore si sostituisca ai creditori”[26].
Volgendo alle conclusioni, sulla scorta di quanto analizzato in questa sede, l’approdo sistematico a cui si è giunti con l’ordinanza n. 1387 del 18 gennaio 2023, oltre a dare una risposta concreta al quesito dell’individuazione del dies quo di decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dell’azione nei confronti della banca responsabile dell’attività di abusiva concessione di credito, sembra dare la possibilità di superare tutte le limitazioni alla legittimazione del curatore ad esperire le azioni risarcitorie conseguenti alla concessione abusiva del credito, e di considerare maggiormente il concorso della banca alla produzione del danno all’“attività dell’impresa” che (seppur non approfondito in questa sede) pare delinearsi, sia pure con qualche forzatura interpretativa, nel nuovo contesto del Codice della crisi e dell’insolvenza[27].
Note:
[1] Cfr. R. Bencini, Abusiva concessione del credito: «Caveat argentarius», in Diritto & Giustizia, n. 14/2023, pp. 3 ss.; C. Tatozzi, Prescrizione dell’azione risarcitoria per abusiva concessione di credito, in www.dirittobancario.it, 2023.
[2] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., nn. 7029, 7030, 7031 del 2006.
[3] Cfr. B. Inzitari, L’azione di massa per abusiva concessione di credito nella giurisprudenza della Cassazione, in Contr. E impr., n. 1/2021, pp. 1125 ss.; E. Depretis, Abusiva concessione di credito, legittimazione del curatore, danno alla massa ed al soggetto finanziato, in Dir. fall., n. 1/2018, pp. 1035 ss.
[4] Si vedano L. Benedetti, La ridefinizione della fattispecie della concessione abusiva di credito ad opera della Cassazione, in Banca Borsa Titoli di Credito, n. 2/2022, pp. 178 ss.; A. Nigro, La responsabilità delle banche nell’erogazione del credito alle imprese in “crisi”, in Giur. comm., n. 1/2011, pp. 305 ss.
[5] Cfr. V. Caridi, Concessione di credito e informazione al mercato, in Dir. banc. merc. fin., 2017, pp. 785 ss.; S. Fortunato, Finanziamenti bancari alle imprese in crisi: responsabilità della banca, in Dir. banc. merc. fin., n. 1/2016, pp. 138 ss.
[6] Così L. Benedetti, La ridefinizione della fattispecie della concessione abusiva di credito ad opera della Cassazione, in Banca Borsa Titoli di Credito, n. 2/2022, p. 178.
[7] Si tratterebbe di un’informazione inesatta circa la solvibilità o la risanabilità dell’impresa finanziata.
[8] Tale articolo sanziona gli amministratori, i liquidatori, i direttori generali e gli imprenditori commerciali quando ricorrono o continuano a ricorrere al credito, dissimulando il dissesto.
[9] Cosi Cass. Civ., Sez. I, n. 18610/2021; cfr. A. A. Dolmetta, Merito del credito e concessione abusiva. Dopo Cass. n. 18610/2021, su www.dirittobancario.it, 2021.
[10] Così Cass., Civ., Sez. III, n. 1387/2023.
[11] Si vedano L. Castelli, S. Tina, Concessione abusiva del credito e legittimazione attiva del curatore: il punto della Suprema Corte, in Contratti, 2022, pp. 171 ss.; F. Guizzi, La tutela del risparmio nella Costituzione, in Il filangieri, 2005, pp. 153 ss.
[12] Cfr. L. Benedetti, La responsabilità “aggiuntiva” ex art. 2497, 2 co., c.c., Milano, 2012, pp. 27 ss.
[13] Così Cass., Civ., Sez. III, n. 1387/2023; L. Stanghellini, Il credito «irresponsabile» alle imprese e ai privati: profili generali e tecniche di tutela, in Società, 2007, pp. 403 ss.
[14] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., n. 7031/2006, in Riv. dir. comm. 2006, 1/2/3, II, 1.
[15] Si vedano F. Pacileo, Concessione “abusiva” di credito e “sana e prudente gestione”: linee-guida giurisprudenziali, in Banca Borsa Titoli di Credito, 2019, pp. 203 ss.; G. P. La Sala, La responsabilità da abusiva concessione del credito alle imprese nella prospettiva del codice civile (con qualche riflessione critica sugli orientamenti della giurisprudenza recente), in Banca, borsa e titoli di credito, 2019, pp. 805 ss.
[16] Cfr. Cass., Civ., Sez. III, n. 1387/2023.
[17] Si veda E. Andreani, Verifica del merito creditizio ed abusiva concessione di credito, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 2 gennaio 2023.
[18] Cfr. Cass., Civ., Sez. III, n. 1387/2023; secondo la medesima pronuncia “la nozione di insufficienza patrimoniale si ricollega alla garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740 c.c., costituita dal patrimonio della società, ed essa rappresenta un mero fatto contabile, che si verifica quando il patrimonio della società presenti un’eccedenza delle passività sulle attività”.
[19] Cfr. Cass., Civ., Sez. III, n. 1387/2023.
[20] Sul punto si veda C. Tatozzi, Prescrizione dell’azione risarcitoria per abusiva concessione di credito, in www.dirittobancario.it, 2023.
[21] Si vedano S. Delle Monache, Concessione abusiva di credito e legittimazione del curatore, in Fall., 2021, pp. 1329 ss.; R. Santagata, La concessione abusiva del credito al consumo, Torino, 2020, pp. 37 ss.; F. Di Marzio, L’abuso nella concessione di credito, in Contr. impr., 2015, pp. 319 ss.
[22] Così C. Tatozzi, Prescrizione dell’azione risarcitoria per abusiva concessione di credito, in www.dirittobancario.it, 2023.
[23] Rispetto a ciò che accade in caso di azione di responsabilità ai sensi dell’art. 2394 c.c.
[24] Sul punto si vedano C. Tatozzi, Prescrizione dell’azione risarcitoria per abusiva concessione di credito, in www.dirittobancario.it, 2023; R. Bencini, Abusiva concessione del credito: «Caveat argentarius», in Diritto & Giustizia, n. 14/2023, pp. 7 ss.
[25] Cfr. S. Fortunato, La concessione abusiva di credito dopo la riforma delle procedure concorsuali, in Il Fall., 2009, pp. 65 ss.; L. Balestra, Concessione abusiva del credito e legittimazione del curatore: sulla non facile delimitazione perimetrale, in Il Fall., 2017, pp. 1157 ss.; M. Fabiani, Il valore della solidarietà nell’approccio e nella gestione delle crisi d’impresa, in Fallimento, 2022, pp. 9 ss.
[26] Così M. Spiotta, Le “azioni di massa” dopo il D.Lgs. n. 83/2022: un aggiornamento del catalogo o un ripensamento del significato del sintagma?, in Judicium, settembre 2022, p. 318.
[27] Per un approfondimento sulle categorie civilistiche della responsabilità della banca alla luce delle disposizioni del Codice della crisi e dell’insolvenza si vedano G. D’Attorre, I principi generali del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Studi sull’avvio del Codice della Crisi. Diritto della Crisi, Speciale a cura di L. De Simone, M. Fabiani e S. Leuzzi, settembre 2022, pp. 6 ss.; R. Rordorf, I doveri dei soggetti coinvolti nella regolazione della crisi nell’ambito dei principi generali del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Fallimento, 2022, pp. 589 ss.
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