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The concurrence of arbitration and insolvency proceedings under italian and german law in the framework of european regulation (eu) no. 2015/848
Dottore in Giurisprudenza (Università di Verona), membro del Deutsch-Italienischen Juristenvereins (DIJV)
Abstract: Ai fini della presente indagine, si procederà a una disamina della disciplina italiana, tedesca, e sovranazionale della concorrenza e dei rapporti tra arbitrato e procedura d’insolvenza, scomponendo i diversi piani sostanziali, processuali e internazionalprivatistici coinvolti. Una volta delimitato il campo dai limiti oggettivi alla deducibilità in arbitrato delle pretese in capo al e contro il debitore dichiarato insolvente, limitatamente alle liti astrattamente procedibili, si vedranno le conseguenze successive alla dichiarazione d’insolvenza (par. 1). Quindi, verrà definita la portata dei poteri speciali attribuiti all’organo della procedura sulla clausola compromissoria (par. 2), andando a considerare la diversa disciplina dell’Insolvenzordnung (par. 3) e comparando i risultati con l’ausilio di un caso sottoposto all’attenzione della Corte Suprema tedesca (par. 4). Si esaminerà l’impianto del Regolamento (UE) n. 848/2015 e le interrelazioni con i procedimenti arbitrali pendenti (parr. 5, 6). Infine, si guarderà da vicino al concorso fra insolvenza e arbitrato interno, soffermandosi sulle recenti evoluzioni della giurisprudenza di legittimità, in particolare le SS.UU. del 23 febbraio 2023, n. 5694 (par. 7), così come al concorso fra insolvenza e arbitrato straniero, particolarmente, in sede di riconoscibilità ed esecuzione dei lodi (par. 8).
Abstract: For the purposes of this survey, an examination of the Italian, German, and supranational disciplines of the concurrence between insolvency and arbitration will be carried out taking into consideration the different layers involved, notably the substantive, the procedural and the international private law levels. After having delimited the field with the objective limits to the deductibility in arbitration of claims lift by and against the bankrupt, the consequences deriving from insolvency declation will be shown (section 1). Furthermore, the scope of the special powers attributed to the receiver on the arbitration clause will be defined considering the Italian discipline (section 2), as well as the different rules of the German Insolvenzordnung (section 3), comparing the results by means of a case submitted to the German Supreme Court (section 4). The framework of Regulation (EU) No. 848/2015 and the interrelationship with pending arbitration proceedings will be examined in sections 5 and 6. Finally, the concurrence between insolvency and domestic arbitration will be analysed according to recent developments in Italian case law, particularly the judgement released on 23 February 2023, no. 5694 of the Cassation Court (section 7), as well as the vis-à-vis international arbitration in the frame of the recognition and enforcement of foreign awards (section 8).
Sommario:
1. L’astratta sottoponibilità all’arbitrato di determinate pretese attive (e passive) in capo al (e contro il) debitore dichiarato insolvente; 2. La procedibilità della lite attiva in conseguenza degli speciali poteri di scioglimento dell’organo concorsuale; 3. La procedibilità dell’arbitrato contro debitore dichiarato insolvente nell’Insolvenzordnung; 4. Alcuni spunti di comparazione a partire da un caso pratico; 5. Questioni di diritto internazionale privato: principio di universalità; applicazione assorbente o disgiunta alla luce del Regolamento (UE) n. 848/2015; 6. Concorso di procedure concorsuali e arbitrato nel sistema del Regolamento (UE) n. 848/2015; 7. Le conseguenze dell’apertura di una procedura concorsuale sull’arbitrato con sede in Italia; 8. Pendenza di una procedura d’insolvenza con un arbitrato straniero nel sistema della Convenzione di New York del 1958 per la riconoscibilità ed esecuzione dei lodi stranieri.
1. L’astratta sottoponibilità all’arbitrato di determinate pretese attive (e passive) in capo al (e contro il) debitore dichiarato insolvente
Il problema della concorrenza di arbitrato e insolvenza nella prospettiva del diritto italiano può essere affrontato seguendo due direttive. Innanzitutto, occorre esaminare i limiti oggettivi alla deducibilità in arbitrato delle pretese in capo e contro il debitore divenuto insolvente, ossia l’astratta sottoponibilità alla sede arbitrale di pretese attive e passive[1]. Quindi, occorre chiedersi a quali conseguenze vadano incontro i procedimenti arbitrali una volta dichiarata l’insolvenza, valutando una eventuale improcedibilità sopravvenuta. A questi fini, occorre scartare, dapprima, le liti che non sono arbitrabili a norma dell’art. 806 c.p.c. in quanto aventi ad oggetto diritti indisponibili, quindi, le liti che, seppur arbitrabili, divengono improcedibili a causa dell’apertura della procedura concorsuale. In particolare, con riguardo alle prime, la dottrina maggioritaria ritiene arbitrabili le sole liti vertenti su diritti disponibili e decidibili in un rito a cognizione piena, dovendosi escludere, invece, la dichiarazione d’insolvenza e il relativo reclamo, l’accertamento del passivo e l’eventuale impugnazione, opposizione o revocazione del decreto di verifica dello stato passivo, nonché le controversie in sede di liquidazione e ripartizione dell’attivo[2].
Passando al secondo profilo, l’eventuale improcedibilità sopravvenuta dei procedimenti arbitrali pendenti al dì della dichiarazione di insolvenza, occorre svolgere considerazioni più articolate. Restano in ogni caso procedibili le pretese in capo al debitore le quali, per effetto della sentenza dichiarativa dell’insolvenza, sono devolute alla massa dei creditori (cd. liti attive). Al contrario, divengono improcedibili le pretese con cui terzi richiedano l’accertamento e la condanna nei confronti del debitore dichiarato insolvente (c.d. liti passive), in quanto si ritiene prevalente il principio del concorso formale e del concorso sostanziale[3]. Mentre, come noto, il primo vieta azioni esecutive e cautelari individuali e impone l’accertamento secondo le forme concorsuali, il secondo impone ai creditori di soddisfarsi sul patrimonio del debitore secondo la regola della par condicio, salve le legittime cause di prelazione (artt. 51, 52, l.fall.; v. ora artt. 150, 151 c.c.i.[4]). Di conseguenza, mentre le liti attive sottoposte all’arbitrato potranno essere proseguite, una volta reinstaurato il contraddittorio, dall’organo della procedura al contrario, le liti passive per le quali era stata proposta domanda arbitrale prima dell’apertura della liquidazione giudiziale subiranno un arresto, e il creditore potrà soltanto svolgere domanda di insinuazione al passivo (cfr. 98 ss. l.fall., artt. 201 ss. c.c.i.). Con specifico riguardo all’azione revocatoria, non individuandosi profili di indisponibilità, la dottrina maggioritaria ne ammette la proponibilità in arbitrato proprio perché si tratterebbe di lite attiva[5]. Analoghe considerazioni valgono per il caso in cui l’organo concorsuale (in assenza di clausola compromissoria o, pur quando presente, qualora questa sia divenuta inefficace) preferisca optare spontaneamente per la via arbitrale, stipulando un compromesso dietro autorizzazione del comitato dei creditori (art. 35, l.fall., art. 132 c.c.i.)[6].
Il principio del concorso, come noto, subisce alcune eccezioni[7]. Tali eccezioni al principio di concorsualità, che permettono la tutela extra-concorsuale di diritti di terzi, potrebbero conferire nuovamente uno spazio operativo a clausole compromissorie eventualmente contenute nei sottostanti titoli negoziali, attribuendo al collegio arbitrale la competenza per parentesi incidentali di cognizione[8]. A questo riguardo, la recente previsione di poteri cautelari anche all’arbitrato non societario – con il limite dell’espressa attribuzione per convenzione (cfr. nuovi artt. 818 ss. c.p.c) – sembra potenziare la tutela arbitrale anche dell’esecutato che, sembra potersi ritenere, potrebbe richiedere la sospensione cautelare per gravi motivi dell’efficacia del titolo esecutivo allo stesso collegio arbitrale.
In caso di liti passive, quindi, la clausola compromissoria non potrà operare, e il procedimento subirà la vis attractiva del concorso. Tuttavia, ci si può chiedere se non sia possibile sottrarsi a tale attrazione nel caso in cui il creditore non intacchi la regola del concorso, andando solo a richiedere la tutela di accertamento (a) o solo la tutela costitutiva, in particolare svolgendo domanda di risoluzione per inadempimento (b), ovvero nei casi in cui il creditore intenda ottenere un titolo esecutivo (il lodo interno o straniero che, rispettivamente, sarà dichiarato esecutivo con il decreto del tribunale di cui all’art. 825 c.p.c., o con il decreto ottenuto dal presidente della Corte d’Appello a norma dell’art. 839 c.p.c.), ma da far valere contro il debitore solo allorché questi sarà tornato in bonis, a saldo di quanto eventualmente non ottenuto con la moneta fallimentare (c):
a) Con riferimento alla prima deroga, si registrano numerose opinioni favorevoli al proseguimento dell’arbitrato limitatamente alle domande di accertamento, permettendo così di valorizzare la maggiore specializzazione dell’arbitro e di favorire l’economia processuale tutte le volte in cui il l’istruttoria in sede arbitrale è in stadio avanzato e matura per la decisione, salvo però l’onere del creditore di insinuarsi al passivo[9]. Come si evidenzierà nel successivo par. 3, l’ordinamento tedesco offre un ulteriore esempio in questo senso.
b) In caso di domande costitutive, come la risoluzione per inadempimento, con le quali si chieda in via dipendente la ripetizione di quanto versato o il risarcimento del danno (lite passiva), la giurisprudenza di legittimità più recente introduce una distinzione: sono considerate improseguibili le domande che intendano «far valere i consequenziali effetti restitutori o risarcitori nei confronti della massa dei creditori», come la domanda di risoluzione per inadempimento proposta in via riconvenzionale, ma non quelle «dirette a conseguire finalità del tutto estranee alla partecipazione al concorso», come quelle per l’escussione di garanzie prestate da terzi, o volte a liberare la parte in bonis dagli obblighi contrattuali[10]. In particolare, se è il creditore ad aver avviato domanda di risoluzione per inadempimento della controparte, poi fallita, e di condanna alla ripetizione di quanto prestato e al risarcimento del danno, il collegio arbitrale può conoscere dell’efficacia del rapporto negoziale ed eventualmente sciogliere il sinallagma, ma deve disporre la separazione per le domande condannatorie in quanto liti passive[11].
c) Con riguardo all’ultima deroga, invece, si esclude che la domanda di condanna possa essere ancora decisa in sede arbitrale, pur anche se il creditore intenda eseguire il lodo solo allorquando il debitore torni in bonis, in quanto tale domanda difetterebbe di interesse ad agire, poiché l’interesse di tale creditore sarebbe meramente potenziale e condizionato alla mancata concessione dell’esdebitazione[12].
Una volta esaminati i riflessi del principio concorsuale sulla decidibilità in arbitrato delle liti attive e passive, occorre considerare due ulteriori fattori, rappresentati dai poteri speciali dell’organo concorsuale per lo scioglimento dai rapporti pendenti (art. 72 l.fall., art. 172 c.c.i.) e dalle conseguenze del loro esercizio per la sottostante clausola compromissoria e i procedimenti in base ad essa avviati (art. 83-bis l.fall., art. 192 c.c.i.). Per esaminare questi profili, nel paragrafo che segue si darà per presupposto che, nel caso di specie, cui sia applicabile il diritto italiano, la lite sia arbitrabile, e che sia una lite attiva.
2. La procedibilità della lite attiva in conseguenza degli speciali poteri di scioglimento dell’organo concorsuale
Proseguendo con l’impostazione annunciata sopra, occorre ora soffermarsi sulla sorte delle liti attive in capo alla massa. Queste, pur se “sfuggite” alla vis attractiva concursus cui sono andate incontro le liti passive, possono egualmente divenire improcedibili, per principio di accessorietà, in conseguenza delle sorti del contratto pendente cui la clausola compromissoria inserisce. Come recita l’art. 83-bis l.fall., “[s]e il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto […] il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito” (cfr. anche l’analogo art. 192 c.c.i.)[13]. Con riguardo ad altre discipline dell’insolvenza, si noti, la disciplina di cui all’art. 83-bis l. fall. viene ritenuta estendibile anche all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese (v. L. 18 febbraio 2004, n. 39, cd. L. Marzano e la L. 18 febbraio 2004, n. 39, cd. L. Prodi-bis)[14].
E’ da escludersi, quindi, un potere di risoluzione attribuito soltanto in riferimento alla clausola compromissoria, vigendo una «biunivocità del legame contratto-clausola»[15]: il rappresentante della procedura (curatore fallimentare o liquidatore giudiziale) non può, una volta subentrato nel rapporto, rinunciare o sottrarsi all’efficacia della clausola sol perché ritenga inopportuna o non conveniente la devoluzione della lite alla sede arbitrale. L’organo concorsuale potrà, ma solo di riflesso, sottrarsi all’arbitrato, se riterrà inopportuno o non conveniente per la procedura proseguire nei rapporti pendenti sottoposti a clausola compromissoria[16]. Al contrario, la dottrina ammette la facoltà di sciogliersi dal solo compromesso e allo stesso tempo di subentrare nei connessi rapporti contrattuali[17].
Per raffigurare i casi in cui il potere di scioglimento dell’organo concorsuale può configurarsi, è possibile distinguere tre ipotesi in cui il contratto e, per principio di accessorietà, la clausola compromissoria, sono da considerarsi inefficaci nei confronti della procedura:
a) l’organo esercita i poteri di scioglimento o di subentro nel contratto bilaterale pendente (ossia, ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti) di cui all’art. 72, co. 1, l.fall. (ora art. 172 c.c.i.)[18];
b) in determinati casi, la semplice declaratoria di insolvenza determina lo scioglimento automatico del contratto, come nei rapporti di conto corrente, conto corrente bancario, commissione, cfr. art. 78 l.fall. (ora art. 183 c.c.i.); ovvero,
c) l’organo della procedura non esercita il potere di subentro entro il termine attribuitogli come, ad es., nei rapporti il contratto di appalto entro 60 gg. dalla dichiarazione di apertura, cfr. art. 81 l.fall. (ora art. 186 c.c.i.)[19].
Prima di passare alla disciplina di diritto tedesco, pare potersi svolgere alcune considerazioni a margine. Nella procedura per concordato preventivo, al contrario di quanto previsto per la procedura concorsuale “piena” (oggi, la liquidazione giudiziale), la legge esclude espressamente che l’eventuale scioglimento del contratto pendente cui acceda la clausola compromissoria si estenda a questa (art. 169-bis, co. 3, l.fall., nonché l’art. 102 c.c.i.). Nel caso di fattispecie con elementi di internazionalità, l’esatta applicazione di tali regole in ragione della tipologia contrattuale di volta in volta rinvenibile impone l’individuazione della norma di conflitto rilevante, nel caso in cui renda applicabile la legge italiana (cfr. il successivo par. 5). Infine, è opportuno considerare che la considerazione data nella crisi d’impresa alla clausola compromissoria appare distonica, e difficilmente conciliabile, con quella data nel diritto processuale comune, improntato al principio dell’autonomia dell’efficacia della clausola compromissoria da quella del contratto espresso dall’art. 808, comma 2, 1° periodo, c.p.c.
3. La procedibilità dell’arbitrato contro debitore dichiarato insolvente nella Insolvenzordnung
Passando all’ordinamento tedesco, l’impostazione sembra inversa rispetto a quella italiana, dovendo l’interprete, “a clessidra”, considerare i maggiori limiti all’arbitrabilità delle liti (intesa come possibilità di dedurre arbitrato la lite), rispetto all’ estesa procedibilità delle singole liti contro il debitore dopo la sua dichiarazione di insolvenza[20]. Anche per esaminare l’arbitrabilità delle liti secondo l’Insolvenzordnung seguiremo l’ordine logico già applicato per il diritto italiano, andando prima a circoscrivere quali liti siano sottoponibili ad arbitrato, poi quelle che siano procedibili (liti attive e, eventualmente, liti passive), per poi analizzare i poteri dell’organo concorsuale. Il confronto comparatistico è denso di significati per la successiva analisi.
In generale, sono arbitrabili (schiedsfähig) tutte le pretese a contenuto patrimoniale (§ 1030 Abs. I ZPO), avendo la riforma del 1998 superato il limite della disponibilità (vergleichfähig)[21]. Per opinione consolidata, non si ritengono arbitrabili le cause nelle quali l’organo della procedura (Insolvenzverwalter) può esercitare facoltà speciali derivanti da tale sua investitura (insolvenzspezifische Rechte), rispetto alle quali il debitore non ha possibilità di influenza[22]. Tali facoltà speciali possono derivare dalla titolarità di diritti potestativi (Gestaltungsrechte) ovvero da pretese che l’Insolvenzverwalter ripeta dalla sua legittimazione straordinaria (Prozessstandschaft)[23]. In particolare, si può ricondurre alle liti non arbitrabili l’azione revocatoria (§129 ff. InsO) e la consequenziale pretesa restitutoria (Rückgewähranspruch, § 143 Abs. 1 InsO), che sono ritenute estranee all’ambito applicativo della clausola compromissoria e inerenti, al contrario, ad un autonomo diritto della procedura[24]–[25]
Con riguardo alla procedibilità delle liti in capo al (e contro il) debitore, si nota una maggiore ampiezza, ritenendosi procedibili anche le liti passive contro la massa[26], pur nei limiti della tutela di solo accertamento, richiedendosi al creditore di insinuarsi nella procedura (Anmeldung der Forderung, § 174 InsO)[27]. Nel caso in cui, invece, sia emesso un lodo di condanna, esso sarebbe annullabile perché in contrasto con l’ordine pubblico, elevandosi a tale rango il principio del concorso sostanziale (gleichmäßige Befriedigung der Gläubiger)[28]. Infine, la partecipazione all’accertamento del passivo all’interno della procedura concorsuale non comporta rinuncia a far valere la clausola compromissoria[29].
Conseguenza di tale orientamento è che, nei limiti del rispetto degli insolvenzspezifische Rechte, sono arbitrabili non solo le pretese attive in capo al debitore insolvente – come nel diritto italiano – ma anche – e qui con maggiore ampiezza rispetto all’ordinamento italiano – quelle passive sorte contro questi, pur se nella forma di sola tutela di accertamento e obbligo di insinuazione al passivo. Tale maggior apertura potrebbe giustificarsi, sul piano sistematico, dall’attenuazione del principio del concorso formale che si registra nell’ordinamento tedesco, in ragione delle estese facoltà extra-concorsuali per determinati creditori. In particolare[30]:
a) sono procedibili le pretese spettanti ai creditori titolari di un diritto personale (iura ad rem) su alcuni beni in titolarità del debitore divenuto insolvente, che possono far valere a latere e in pendenza della procedura concorsuale (aussonderungsberechtigte Gläubiger, § 47 InsO);
b) sono procedibili le pretese dei creditori con diritto di prelazione (absonderungsberechtigte Gläubiger, §§ 165 ff. InsO);
c) sono procedibili le pretese del mandatario e del prestatore d’opera (Auftrags– e Geschäftsbesorgungsvertrag) al pagamento del corrispettivo dell’incarico o dell’opera prestata d’urgenza (§§ 115 Abs. 2, 116 InsO)[31].
Le fattispecie di cui alla lett. a) possono assimilarsi a quelle ipotesi per le quali, nel diritto italiano (si veda l’art. 87-bis l.fall., oggi art. 196 c.c.i., che ammette la restituzione dei beni mobili sui quali terzi vantino diritti personali, purché tali diritti siano «chiaramente riconoscibili», e art. 103 l.fall., oggi art. 210 c.c.i., per ogni altra domanda di restituzione e rivendicazione), si ammette la distrazione di beni alla massa in favore di titolari di diritti personali. Tuttavia, nel diritto tedesco, si può notare, si riconosce anche la procedibilità in arbitrato del diritto alla restituzione. Ulteriormente distintiva è la procedibilità per il diritto tedesco per la tutela di crediti con diritto di prelazione.
Passando all’ultimo punto dell’analisi, una volta perimetrate le liti deducibili e decidili in arbitrato, appare ora possibile esaminare l’intervento dei poteri straordinari dell’organo concorsuale con riguardo ai rapporti negoziali pendenti. Anche l’Insolvenzordnung prevede una facoltà per l’organo concorsuale di rifiutare l’adempimento nei contratti bilaterali non interamente adempiuti (Wahlrecht, § 103, Abs. 2 InsO)[32]. Nonostante la differenza rispetto alla disciplina italiana, ossia la facoltà del curatore di sciogliersi dal contratto pendente (salvo i casi particolari, visti supra al par. 2, lett. b) e c)), da quella tedesca, che ricomprende la sola facoltà di rifiutare l’adempimento, le conseguenze appaiono simili: se nella prima il curatore (liquidatore) scioglie il contratto, la clausola diviene inefficace per accessorietà e il creditore può insinuare al passivo il credito corrispondente al mancato adempimento (art. 72, co. 4, l.fall.), nella seconda, se l’Insolvenzverwalter rifiuta l’adempimento del contratto, il contratto conserva i suoi effetti, ma la pretesa alla controprestazione può essere esercitata solo mediante insinuazione [33].
In modo simile alla disciplina italiana si riconosce che non è possibile esercitare il Wahlrecht specificamente solo per reagire all’applicazione della clausola compromissoria, non configurando essa un contratto bilaterale[34]. Tuttavia, in una pronuncia rimasta isolata, si è permesso di non considerare vincolante la clausola compromissoria perché ineseguibile (undurchführbar), fondandosi così la competenza dei giudici statali, quando si dimostri che la controparte, prospetticamente, non abbia i mezzi finanziari per sostenere le spese del procedimento arbitrale[35]. Una simile soluzione per i casi cd. di impecunious party non appare invece praticabile nell’ordinamento italiano, in quanto si esclude che l’accordo di incarico degli arbitri si sciolga per effetto della declaratoria di insolvenza, in quanto questi si ritengono investiti di un mandato collettivo (art. 1726 c.c.) e nell’interesse di terzi (art. 1723, secondo comma, c.c.), pertanto irrevocabile da parte di un solo mandante (ossia, il curatore)[36]. Solo lo scioglimento del contratto da parte dell’organo concorsuale potrebbe far venir meno l’incarico conferito all’arbitro con lo scioglimento dal contratto (simul stabunt, simul cadunt)[37], dovendosi quindi escludere, per il diritto italiano, iniziative unilaterali del creditore in bonis per sottrarsi alla clausola compromissoria ritenuta “ineseguibile” (undurchführbar).
Infine, prima di confrontare i risultati parziali raggiunti con l’ausilio di un caso esemplificativo, occorre notare che il diritto tedesco ritiene di principio valide clausole risolutive automatiche per il caso di insolvenza di una delle parti (inefficaci invece secondo il diritto italiano)[38]; in particolare, si ritiene che la risoluzione del contratto non si comunichi alla clausola compromissoria, osservandosi il principio di autonomia della clausola[39].
4. Alcuni spunti di comparazione a partire da un caso pratico
Dopo aver esaminato i principali aspetti problematici della concorrenza fra arbitrato e insolvenza, si offriranno alcune esemplificazioni riprendendo una vicenda affrontata dalla Corte Suprema tedesca[40]: una società si impegnava nei confronti di un armatore alla gestione di una nave commerciale e alla fornitura di tutti i materiali e tutte le scorte necessarie per il suo funzionamento (ship-management, Bereederungsvertrag). Il contratto prevedeva che, in caso di vendita della nave, una percentuale del prezzo della nave dovesse essere versato al gestore a titolo di corrispettivo per i servizi fino ad allora resi. Veniva inserita una clausola compromissoria che prevedeva la devoluzione delle liti ad un arbitrato amministrato dalla German Maritime Arbitration Association (GMAA). Dichiarata l’insolvenza dell’armatore, l’Insolvenzverwalter procedeva alla vendita della nave, ma il gestore continuava ad equipaggiare la nave fino a che la nave fu aggiudicata nel corso della liquidazione concorsuale. Non avendo ottenuto il pagamento dei servizi resi, il gestore promuoveva il procedimento arbitrale contro l’organo della procedura.
A tale vicenda sottoposta all’attenzione della corte federale tedesca si possono aggiungere, per fini esemplificativi, due varianti:
a) sia il gestore che l’armatore adempiono regolarmente le prestazioni contrattuali fino all’avvenuta aggiudicazione della nave; tuttavia, il primo viola un impegno di riservatezza rivelando informazioni riservate sull’armatore a terzi (Variante 1);
b) l’armatore, pur versando in stato di grave squilibrio finanziario, adempie esattamente tutti i pagamenti dovuti al gestore. Dopo la dichiarazione di insolvenza, pertanto, il curatore intende revocare i pagamenti, in quanto eseguiti in frode ai creditori concorsuali. Convenuto il gestore in revocatoria, questi si costituisce opponendo l’esistenza della clausola compromissoria (Variante 2).
Ove fosse applicabile il diritto italiano, la domanda di condanna proposta in via di arbitrato, poiché ricomprendente una pretesa passiva rivolta contro la massa, non sarà ammessa e il lodo eventualmente ottenuto potrà essere annullato (art. 829, co. 1, n. 4, c.p.c.: “il merito non poteva essere deciso”). Solo nella variante 1 la clausola compromissoria estendibile all’impegno di riservatezza sarebbe efficace e la pretesa al risarcimento del danno sarebbe arbitrabile, trattandosi di lite attiva.
Al contrario, applicando il diritto tedesco, come avvenuto nel caso di specie, la pretesa può essere devoluta all’arbitrato invocando una delle viste deroghe al principio concorso (cfr. par. 3, lett. c), supra), in quanto, come ritenuto dalla suprema corte, la società prestatrice del servizio doveva ritenersi aver prestato servizi in un contesto d’urgenza (§§ 115 Abs. 2, 116 InsO) nella pendenza della esecuzione e liquidazione (Verwertung) del bene[41].
Prendendo in esame la variante 2 (azione revocatoria), al contrario, solo secondo il diritto italiano la pretesa sarebbe arbitrabile, ma non secondo il diritto tedesco, in quanto l’azione revocatoria viene considerata un insolvenzspezisiches Recht (§ 143 Abs. 1 InsO) e quindi non arbitrabile.
5. Questioni di diritto internazionale privato: principio di universalità; applicazione assorbente o disgiunta alla luce del Regolamento (UE) n. 848/2015
Le differenze di disciplina esaminate nei paragrafi precedenti potrebbero rilevare particolarmente quando, in presenza di fattispecie con elementi di internazionalità, una volta ottenuto il lodo nell’ordinamento dello Stato più favorevole alla decidibilità in arbitrato di pretese afferenti alla procedura concorsuale, si invochi il riconoscimento e l’esecuzione del lodo nell’altro Stato, qualora i beni aggredibili siano situati nel rispettivo territorio. In particolare, il giudice dello Stato di esecuzione (più favorevole) potrebbe ritenere il lodo emesso nello Stato più sfavorevole “not capable of settlement by arbitration” secondo la lex fori dello Stato di emissione[42] e, viceversa, se il lodo fosse emesso nello Stato più favorevole, il riconoscimento del lodo potrebbe essere rifiutato nell’altro in quanto contrario all’ordine pubblico[43]. Preliminarmente all’esame di questi aspetti, è necessario individuare la giurisdizione internazionale del giudice fallimentare, e le norme di conflitto applicabili, limitando il campo d’indagine al Regolamento (UE) del 20 maggio 2015, n. 848, relativo alle procedure di insolvenza[44].
Il Regolamento non si applica ad imprese assicuratrici, enti creditizi, imprese d’investimento che forniscono servizi di detenzione di fondi o di valori mobiliari, di terzi e organismi di investimento collettivo (art. 1, par. 2), per i quali vale la Direttiva 2001/24/CE del 4 aprile 2001 in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi.
Come noto, il Regolamento n. 848/2015 prevede la giurisdizione dello Stato membro[45] nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore -o COMI, Centre of Main Interest – (cd. procedura d’insolvenza principale art. 3, par. 1), nonché la giurisdizione dello Stato membro diverso da quello ove è situato il centro degli interessi principali, nel cui territorio si trovi una dipendenza del debitore, intendendosi per tale un luogo in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un’attività economica con mezzi umani e con beni (cd. procedura secondaria, art. 2, n. 10, art. 3, par. 2).
Gli artt. 41, 42 e 43 richiamano i giudici e gli amministratori delle procedure di insolvenze delle procedure primarie e secondarie di insolvenza all’obbligo di collaborazione, che può assumere anche la forma di accordi o protocolli vincolanti. In particolare, nell’ottica di evitare la proliferazione eccessiva di procedure secondarie, l’art. 36 prevede la possibilità per l’amministratore della procedura principale di impegnarsi, relativamente ai beni situati nello Stato membro in cui potrebbe essere aperta una procedura secondaria di insolvenza, a ripartire tali beni o il ricavato rispettando i diritti previsti dal diritto nazionale di cui avrebbero goduto i creditori, se fosse stata aperta una procedura secondaria in quello Stato.
Solo per la procedura principale vale il principio di universalità, con la conseguenza che essa si estende a tutti i beni e a tutti i crediti del debitore, ovunque essi siano situati, e deve essere riconosciuta come tale da tutti gli altri Stati membri[46]. Tale principio soffre eccezioni, nell’ottica di realizzare un compromesso con l’istanza di protezione dei creditori locali e di prevedibilità del rischio d’insolvenza secondo il rispettivo diritto nazionale[47]. Tali eccezioni sono principalmente rappresentate dalla possibilità di apertura di una procedura secondaria con effetti limitati ai beni situati in tale Stato membro, se ivi si trova una dipendenza, nonché da deroghe per alcune fattispecie quali, particolarmente, diritti reali, riserva di proprietà, compensazione, contratti di lavoro, azione revocatorie, beni oggetto di registrazione, mercati finanziari e sistemi di pagamento.
Il carattere universalistico della procedura principale varrebbe, in astratto, per i beni situati in Stati membri diversi dallo Stato di apertura, in assenza di una dipendenza in tali Stati[48], mentre, nel caso vi sia una dipendenza in altro Stato membro, opererebbe qualora non fossero aperte procedure secondarie[49].
Le deroghe all’universalità sono rappresentate da un numero limitato di ipotesi per le quali il Regolamento ammette il superamento della generale regola di applicazione della lex concursus di cui all’art. 7[50]. Ad esempio, in caso di azione revocatoria, l’avente causa del debitore divenuto insolvente può opporre che l’atto pregiudizievole, secondo la legge dello Stato membro che lo disciplina (lex causae), non è impugnabile con alcun mezzo, tutelandosi così l’affidamento sui rispettivi presupposti di nullità o revocabilità, senza subire l’incertezza dell’applicazione successiva di una lex concursus più sfavorevole[51].
Con riguardo all’applicazione delle norme di conflitto che individuano la legge applicabile ai poteri dell’organo della procedura (quali le facoltà di subingresso, di scioglimento, il rifiuto d’adempiere), il Regolamento, all’art. 7, lett. e), prevede che «[l]a legge dello Stato di apertura [della procedura d’insolvenza] determina le condizioni di apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza. In particolare, essa determina […] (e) gli effetti della procedura di insolvenza sui contratti in corso di cui il debitore è parte». In questo modo, si determina una coincidenza di forum et ius, dovendosi quindi escludere il rinvio[52].
Da tali norme si ricava che il contratto con elementi di internazionalità deve essere qualificato secondo la lex concorsus (ossia, il diritto dello Stato di apertura della procedura di insolvenza) al fine di decidere «[de]gli effetti della procedura di insolvenza sui contratti in corso», restando impregiudicata l’individuazione del diritto sostanziale per decidere nel merito (lex causae), da determinarsi secondo le ordinarie norme internazionalprivatistiche. Tale soluzione appare riconducibile, richiamandosi alle tradizionali categorie di norme di conflitto, alla teoria della cd. applicazione assorbente (unselbständige Anknüpfung der Vorfrage)[53]. Appare invece escluso accedere, entro il campo applicativo del Regolamento, alla teoria opposta dell’applicazione disgiunta, o selbständige Anknüpfung der Vorfrage (che porterebbe, all’opposto, ad una incorporazione delle norme fallimentari nel diritto sostanziale)[54].
Si possono ora applicare i visti principi al caso esemplificativo: si deve prescindere dalla qualifica dello ship management secondo il diritto sostanziale applicabile al contratto, dovendosi effettuare la qualificazione secondo la legge materiale applicabile nel foro ove è aperta l’insolvenza (qualificazione, verrebbe da dire, lege concorsus).
Di conseguenza:
a) ove la procedura fosse aperta in Italia, il contratto di ship management potrebbe essere ricondotto, alternativamente, ad un appalto di servizi (art. 1655 c.c.) per ricollegarvi l’effetto risolutivo automatico di cui all’art. 81 l.fall. (oggi art. 186 c.c.i.), ovvero, all’opposto, come contratto atipico (art. 1322 c.c.), cui sarebbe applicabile la generale regola di cui all‘art. 72, co. 1, l.fall. (oggi art. 172 c.c.i.) di applicazione residuale[55]; invece, se si qualificasse il contratto come somministrazione, potrebbe ritenersi che il rinvio alla disciplina dell’appalto di cui all’art. 1570 c.c. ricomprenda la speciale regola del diritto dell’insolvenza di cui all’art. 81 l.fall.;
b) ove la procedura fosse aperta in Germania, lo speciale diritto concesso a chi presta servizi in un contesto d’urgenza (§§ 115 Abs. 2, 116 InsO) nella pendenza della esecuzione e liquidazione del bene, dovrebbe ritenersi, non potrebbe essere aggirato dall’esercizio del Wahlrecht di cui al § 103 Abs. 2 InsO, ossia dal rifiuto dell’organo concorsuale, il quale si dovrebbe applicare, a ben vedere, alle pretese sorte in virtù del contratto, e non in virtù di speciali diritti di preferenza concessi dal diritto dell’insolvenza, quali i §§ 115 Abs. 2, 116 InsO.
6. Concorso di procedure concorsuali e arbitrato nel sistema del Regolamento (UE) n. 848/2015
Proseguendo nell’analisi del Regolamento n. 848/2015 cit. per i profili d’interesse della presente analisi, si individuano l’art. 7, lett. f), il quale ritiene applicabile la lex concursus per decidere «[de]gli effetti della procedura d’insolvenza sulle azioni giudiziarie promosse da singoli creditori, salvo che per i procedimenti giudiziari pendenti», e, con specifico riferimento al rapporto della procedura con i procedimenti arbitrali pendenti, l’art. 18, il quale prevede che «[g]li effetti della procedura d’insolvenza su un procedimento giudiziario o arbitrale pendente relativo a un bene o a un diritto facente parte della massa fallimentare di un debitore sono disciplinati esclusivamente dalla legge dello Stato membro in cui il procedimento è pendente o ha sede il collegio arbitrale».
Le due disposizioni presentano impostazioni contrapposte[56]. L’art. 7, lett. f), limitatamente alle azioni non pendenti al momento dell’apertura della procedura di insolvenza, rende estendibile il divieto di azioni individuali, che sia eventualmente previsto dalla lex concursus[57], come è il caso dell’Italia (artt. 51, 52 l.fall.), a tutti gli Stati membri, anche grazie alla riconoscibilità immediata riconosciuta alla sentenza di apertura dell’insolvenza (art. 19) e al dispiegarsi degli effetti previsti dalla legge dello Stato di apertura in ogni altro Stato membro (art. 20). Tale efficacia “paneuropea” del principio concorsuale, nel diverso grado di intensità di ciascun ordinamento (maggiore o minore, come si è visto nel par. 3 nella prospettiva italiana e tedesca), è ulteriormente tutelata dall’obbligo di restituzione in capo a ciascun creditore di quanto abbia ottenuto con qualsiasi mezzo mediante azioni esecutive a soddisfazione totale o parziale del credito (art. 23).
Al contrario, qualora un procedimento arbitrale sia pendente al momento dell’apertura della procedura di insolvenza in un altro Stato membro, il Regolamento, innovando il precedente art. 15 del Reg. 2000/1346/CE[58], assicura la salvezza dei procedimenti paralleli, qualora tali procedimenti siano considerati procedibili secondo la legge del luogo ove ha sede l’arbitrato (lex loci arbitri). In particolare, è stato ritenuto che l’art. 18, rinviando alla lex loci arbitri dello Stato membro ove ha sede l’arbitrato, ricomprende anche il diritto dell’insolvenza di quel Paese[59]. Per l’effetto, la legge processuale dello Stato di apertura dell’insolvenza (lex concursus) non può regolare gli effetti sui procedimenti giudiziali o arbitrali che siano già pendenti in un altro Stato membro.
Tale disposizione, in netto contrasto con la regola generale della lex concursus di cui all’art. 7, è motivata dall’esigenza di tutelare le aspettative legittime e la certezza delle transazioni negli Stati membri diversi da quello in cui la procedura è stata aperta (considerando n. 67). Nel considerando n. 73, tuttavia, si fa salvo che tale criterio «non dovrebbe pregiudicare le norme nazionali in materia di riconoscimento e di esecuzione dei lodi arbitrali»[60].
Procedendo con ordine, si affronterà prima il concorso fra insolvenza e arbitrato con sede in Italia, che è stato oggetto di importanti evoluzioni nella giurisprudenza di legittimità, d’interesse sia per l’interprete italiano, per le fattispecie interne, e per quello straniero, per il caso di apertura di procedure d’insolvenza in uno Stato membro quando sia pendente un arbitrato con sede in Italia (cfr. par. 7). Quindi, ci si occuperà del concorso fra insolvenza e arbitrato straniero con uno specifico riguardo alla riconoscibilità ed esecuzione dei lodi stranieri (cfr. par. 8).
7. Le conseguenze dell’apertura di una procedura concorsuale sull’arbitrato con sede in Italia
Con riguardo ai procedimenti arbitrali con sede in Italia sulle cd. liti passive, che siano stati proposti prima dell’apertura della procedura concorsuale, la conseguenza della dichiarazione d’insolvenza è l’improcedibilità ex art. 52 l.fall. , come visto nel par. 1 supra. In queste ipotesi, la chiusura dell’arbitrato per improcedibilità sopravvenuta è inevitabile, e si potrà eventualmente ricostituire il contraddittorio con l’organo della procedura solo per accertare l’intervenuta improcedibilità[61]. Al contrario, con riguardo alle cd. liti attive, la ricostituzione del contraddittorio è più ben più centrale, in quanto permette, salvo l’esercizio dei poteri di scioglimento del curatore (cfr. par. 2) la decidibilità nel merito della domanda arbitrale.
Procedendo con ordine, occorre prima esaminare l’eventuale interruzione e le modalità di ricostituzione del contraddittorio (a), e quindi le condizioni dell’esercizio dei poteri di scioglimento dall’arbitrato pendente (limitatamente alle liti attive) (b), per poi infine, nel caso in cui il contraddittorio non sia stato legittimamente ricostituito con il curatore, valutare la validità di un lodo comunque pronunciatosi nel merito (c):
- La prima questione sollevata è destinata a restare aperta, sostenendo alcuni Autori la specialità della disposizione fallimentare (art. 43, co. 3, l.fall., ora art. 143 c.c.i.) rispetto a quella arbitrale[62], ed equamente altri Autori quello della specialità del procedimento arbitrale, che non conosce interruzione, ma solo le forme dell’art. 816-sexiesp.c., più flessibili rispetto ai principi generali del processo di cognizione[63]. Le conseguenze applicative in caso di mancata prosecuzione o riassunzione sarebbero, rispettivamente, l’estinzione, una volta decorso il termine trimestrale di cui all’art. 305 c.p.c., ovvero quello annuale di cui all’art. 819-bis c.p.c.[64], divenuto semestrale per effetto della Riforma Cartabia, applicabile ai procedimenti instaurati successivamente al 30 giugno 2023.
- Passando al secondo punto individuato, si deve evidenziare la centralità dell’introduzione nel 2006 dell’art. 83-bis fall. (riproposto nell’art. 192 c.c.i.): se, in passato, autorevole dottrina sosteneva che la prevenienza del procedimento arbitrale sulla procedura concorsuale vincolasse di per sé il curatore e gli organi concorsuali, in quanto la dichiarazione dell’insolvenza era circostanza sopravvenuta alla perpetuatio competentiae et iurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c. (ritenuta applicabile anche alla domanda arbitrale)[65], con la norma del 2006, al contrario, il potere di scioglimento non trova ostacolo nella prevenzione[66]. Ne deriva che al curatore resta la prerogativa di sciogliersi dal procedimento arbitrale, lasciando così alla parte in bonis la sola possibilità di far accertare il suo diritto nelle forme concorsuali. Ai fini pratici, particolarmente incisivo è l’uso della messa in mora prevista dall’art. 72, co. 2, l.fall., con la quale sarebbe possibile ad un tempo sciogliere il rapporto negoziale e rendere improcedibile l’arbitrato, per effetto del meccanismo dell’art. 83-bis l.fall.[67].
- Infine, occorre chiedersi quali siano gli effetti della pronuncia di un lodo in assenza delle deliberazioni del curatore. Non è problematica l’ipotesi di emissione di un lodo prima della dichiarazione d’insolvenza, sia anche un lodo di condanna contro il debitore: esso è opponibile con lo stesso valore di una sentenza e sarà ammesso al passivo con riserva, purché vi sia certezza della data[68]. Più dibattuta era invece l’ipotesi del lodo emesso nella pendenza del termine previsto per l’organo concorsuale (spatium deliberandi)[69] per pronunciare l’eventuale scioglimento, ovvero l’eventuale prosecuzione nel rapporto contrattuale, sulla quale una recente pronuncia a Sezioni Unite è intervenuta a dirimere i contrasti. Mentre alcune precedenti pronunce di legittimità ritenevano che il contratto, durante tale spatium deliberandi, dovesse ritenersi sospeso, con salvezza delle clausole accessorie (a cui doveva ricondursi la clausola compromissoria), altre affermavano che la dichiarazione di fallimento provocava lo scioglimento del contratto come effetto legale, sottoposto alla condizione sospensiva del mancato subentro[70].Le recenti SS.UU. del 23 febbraio 2023[71] hanno accolto tale ultima ricostruzione, traendone la conseguenza che il lodo emesso in pendenza di tale termine sarebbe nullo. Tale corollario rigoroso deriverebbe, secondo la Corte, dalla necessità di preservare la prerogativa decisoria attribuita all’organo concorsuale per la migliore ponderazione degli interessi della massa. A voler diversamente opinare, tale lodo toglierebbe inammissibilmente la parola al curatore. Peraltro, per coloro che ritengono applicabile all’arbitrato l’interruzione di cui all’art. 43, co. 3, l.fall. (oggi art. 143 c.c.i., cfr. punto a) supra) nella ipotesi ben più patologica del lodo emesso ignorando la sopraggiunta insolvenza, non solo dovrebbe ritenersi nullo il lodo per le medesime ragioni da ultimo illustrate, ma anche per il combinato dell’art. 43, co. 3, l. fall. con gli artt. 298, 304 c.p.c., che vietano il compimento di atti dopo il verificarsi dell’interruzione[72].
E’ stato giustamente notato che l’art. 18 reg. cit., derogando in favore della lex loci arbitri, impedisce al curatore (ora liquidatore), ove sia aperta in Italia la procedura, di sottrarsi all’arbitrato straniero, dovendosi ritenere il diritto dell’insolvenza vigente nello Stato ove ha sede l’arbitrato pendente prevalente rispetto all’art. 83-bis l.fall.[73].
Prima di affrontare l’ultimo punto della presente analisi, ossia l’interrelazione del Regolamento n. 848/2015 con l’arbitrato internazionale, ci si può chiedere se la competenza a decidere sulla legittimità della pronuncia di scioglimento del curatore sia esclusivamente del giudice delegato adito in sede di reclamo ex art. 36 l.fall., ovvero anche del collegio arbitrale. La dottrina, argomentando dalla facoltà degli arbitri di decidere autonomamente sulla loro competenza (desumibile dall’art. 817, co. 1, e, si potrebbe aggiungere, dall’art. 819-ter c.p.c.), si riconosce che lo stesso collegio arbitrale possa decidere autonomamente sulla procedibilità della lite, prima e a prescindere dall’eventuale esercizio dei poteri di scioglimento del contratto cui inerisca la clausola compromissoria[74]. Tale conclusione sembra ancor più avvalorata dalla disciplina dell’insolvenza transfrontaliera, poiché, come visto, secondo l’art. 18 reg. 848/2015 cit., «[g]li effetti della procedura d’insolvenza», che sia stata aperta in un altro Stato membro, «su un procedimento […] arbitrale pendente», la cui sede si trovasse in Italia e «relativo a un bene o a un diritto facente parte della massa fallimentare di un debitore [,] sono disciplinati esclusivamente dalla legge dello Stato membro in cui […] ha sede il collegio arbitrale», ossia, nel nostro caso, il principio Kompetenz-Kompetenz espresso nell’art. 817 c.p.c..
8. Pendenza di una procedura d’insolvenza con un arbitrato straniero nel sistema della Convenzione di New York del 1958 per la riconoscibilità ed esecuzione dei lodi stranieri.
Giungendo all’ultimo punto dell’analisi, occorre soffermarsi sul rapporto fra l’art. 18 e il considerando 73 del Regolamento n. 848/2015 cit., tenendo conto del principio di universalità del Regolamento, che inevitabilmente può interferire con eventuali procedure di exequatur avviate in Stati membri, nonché sulle eventuali ripercussioni per l’applicazione della Convenzione di New York del 1958.
Come illustrato nel par. 5, il principio di universalità della procedura d’insolvenza principale (art. 3, par. 1, Reg. n. 848/2015 cit.) si estende a tutti i beni del debitore dichiarato insolvente, anche se collocati in uno Stato membro diverso da quello di apertura. Nel par. 6, inoltre, si è visto che l’art. 7, lett. f) permette allo Stato di apertura di estendere il principio concorsuale nazionale ad ogni successiva azione giudiziaria promossa da un singolo creditore con una sorta di efficacia “paneuropea”. Ne deriva che ogni azione esecutiva avviata in uno Stato membro diverso da quello di apertura successivamente a questa dovrà sottostare alla lex concursus[75]. Si può ritenere, in particolare, che afferisca alle azioni esecutive anche il procedimento di exequatur mediante il quale gli Stati riconoscano e autorizzino a ritenere titolo esecutivo per il proprio ordinamento un lodo straniero, quale, per l’Italia, il procedimento introdotto di fronte alla Corte d’Appello a norma degli artt. 839 ss. c.p.c..
Da queste considerazioni ne deriva che lo Stato membro in cui si invochi il riconoscimento, il cui ordinamento sia più favorevole alla concorrenza di arbitrato e insolvenza, non potrebbe applicare i propri, più ridotti limiti, e autorizzare l’esecuzione di un lodo straniero, qualora la parte soccombente sia stata dichiarata insolvente in un altro Stato membro. Al contrario, uno Stato membro potrebbe applicare i propri, più incisivi limiti derivanti dall’ordinamento interno, eventualmente più sfavorevole rispetto allo Stato di emissione del lodo. Infatti, il principio universalistico del Regolamento sottende l’assunto che una procedura concorsuale produce nel territorio di tutti gli Stati membri almeno gli effetti prodotti nello Stato del foro[76], ciò che non sembra impedire, ad un primo esame, l’estensione della più incisiva tutela dei creditori concorsuali da parte dello Stato di riconoscimento del lodo.
Tuttavia, sono molti gli interrogativi che l’interrelazione del Regolamento n. 848/2015 e della Convenzione di New York del 1958 lasciano aperti. Per quanto riguarda l’Italia, la Corte d’Appello, adita per l’exequatur di cui agli artt. 839 ss. c.p.c., potrebbe negare il riconoscimento e l’esecuzione del lodo ottenuto contro la parte insolvente in base, sembrerebbe, alle ipotesi di “incapacity” o “invalidity” secondo la legge dello Stato di emissione del lodo (Art. V(1)(a), Convenzione di New York), ovvero per “incapability of settlement by arbitration” o per contrasto con una “public policy” dello Stato ove ne è invocato il riconoscimento (Art. V(2)), ripresi, in attuazione della ratifica della Convenzione, dall’art. 839, co. 5, c.p.c.).
In particolare, la “incapacity” o “invalidity” estenderebbero nello Stato di esecuzione la portata del principio concorsuale così come declinato (ad esempio, in senso più sfavorevole) nell’ordinamento dello Stato membro di apertura, se ivi era situata la sede dell’arbitrato. Al contrario, la “incapability of settlement by arbitration” o il contrasto con una “public policy” dello Stato ove ne è invocato il riconoscimento potrebbero far rivivere la lex loci arbitri vigente in tale Stato, che sia più sfavorevole all’arbitrato con parte insolvente. Inoltre, se le parti avessero scelto come sede dell’arbitrato uno Stato più favorevole, l’efficacia paneuropea riconosciuta dal Regolamento n. 848/2015 del principio concorsuale nazionale potrebbe rilevare come norma di ordine pubblico nello Stato di riconoscimento. Non vi è dubbio, invece, che il riconoscimento del lodo nello Stato di apertura farebbe rivivere il principio concorsuale nazionale come principio di ordine pubblico[77].
Rispetto a tali interrelazioni si andranno solo a svolgere alcune limitate considerazioni di ordine generale. Si può ritenere che l’estensione universale, “paneuropea” della lex concorsus (artt. 3, par. 1, 7, 19 reg. cit.) dovrebbe essere contemperata con la clausola di salvezza della lex loci arbitri di cui all’art. 18, che non potrebbe essere svuotata di contenuto, in quanto espressione di istanze di tutela e di affidamento dei creditori[78]. Di conseguenza, il Regolamento non potrebbe imporre allo Stato ove è invocato il riconoscimento del lodo di annullare il lodo emesso contro una parte insolvente quando tali effetti sono del tutto sproporzionati. A conclusioni simili è giunto l’arbitral tribunal della LCIA nel corso della vicenda Vivendi-Elecktrim con decisione poi confermata dall’High Court e dalla Court of Appeal del Regno Unito, escludendosi che la disciplina nazionale dell’imprenditore insolvente (con sede in Polonia), che prevedeva l’inefficacia di tutte le clausole compromissorie e l’improcedibilità dei giudizi arbitrali in corso all’apertura della procedura (art. 142 della legge fallimentare polacca) impedisse lo svolgimento del procedimento arbitrale nel Regno Unito, argomentandosi in base all’art. 15 reg. 1346/2000 cit., applicabile ratione temporis[79]. A simili conclusioni è giunto lo stesso giudice superiore polacco, chiamato a pronunciarsi in sede di riconoscimento del lodo ha escluso che tale disposizione interna fosse una loi d’application immédiate[80].
Inoltre, l’eventuale diniego del riconoscimento e dell’esecuzione per contrasto con l’ordine pubblico dovrebbe tenere conto dell’intensità del collegamento dell’ordinamento dello Stato di esecuzione con lo Stato di apertura. La comparazione offre importanti segni in questa direzione: (i) alcuni Autori ricordano che in Francia non si ritiene contrastante con l’ordine pubblico il riconoscimento di un eventuale lodo emesso su domande di solo accertamento sull’esistenza e la liquidazione del danno, senza pronuncia di condanna, purché vi sia stata insinuazione del creditore al passivo (déclaration de créance)[81]; (ii) secondo l’orientamento prevalente, in Germania si esclude il contrasto con l’ordine pubblico interno quando vi sia stata la insinuazione al passivo (cfr. par. 3 supra)[82]. In senso similare, nel diritto italiano, pur se in tema di crediti erariali o crediti sottoposti alla giurisdizione esclusiva contabile, altri Autori ricordano che la giurisprudenza della S.C. ha in più occasioni accolto la tesi dell’insinuazione al passivo con riserva di tali crediti e successiva rimessione del relativo accertamento alle giurisdizioni speciali, e ammettono una soluzione similare anche per l’arbitrato estero[83].
Tuttavia, nell’ordinamento tedesco vi è un crescente consenso a considerare le norme che impongono il rispetto del concorso espressione di principi di ordine pubblico internazionale nei casi in cui si ottenga un lodo di condanna contro il debitore insolvente senza insinuazione al passivo per una somma equivalente[84]. Tuttavia, l’applicazione di tale principio sembra essere ragionata, in quanto si tiene conto dell’intensità del collegamento dell’insolvenza con lo Stato di esecuzione, invocandosi il limite dell’ordine pubblico nei casi in cui la procedura d’insolvenza è aperta in Germania, oppure quando il lodo è emesso da un arbitrato con sede in tale Paese[85].
Al contrario, al di fuori dell’impianto del Regolamento europeo, sarebbero interamente operativi, da un lato, gli stringenti limiti derivanti dal concorso formale e sostanziale nei diritti dell’insolvenza dei singoli Stati, così, dall’altro i più ridotti ostacoli alla pendenza di un arbitrato estero in corso di procedura concorsuale[86].
Note:
[1] Ex multis P. Carratta, La sorte dell’arbitrato e del lodo dopo la dichiarazione di fallimento, in Dir. Fall. Soc., 1, 2019, p. 1 ss.; L. Baccaglini, Fallimento e arbitrato rituale, Profili di interrelazione e autonomia tra i due procedimenti, Editoriale Scientifica, Napoli, 2018, passim; D. Corapi, L’art. 83-bis l. fall. E gli effetti del fallimento sul patto compromissorio e sull’arbitrabilità della lite, in Dir. Fall. Soc., 2018, 2, p. 1 ss.; A. Dimundo, Sub art. 83-bis, in G. Lo Cascio (a c. di), Codice commentato del fallimento, Milano, 2017, p. 1218 ss.; L. Groppoli, “Indisponibilità” dell’accertamento del passivo: riflessi sull’arbitrato, in Fall., 3, 2016, p. 319 ss.; L. Boggio, Apertura del concorso e procedimento arbitrale estero tra Convenzione di New York del 1958, Reg. CE n. 1346/2000 (e Reg. UE n. 848/2015), Legge Marzano e Legge Fallimentare, nota a SS.UU., 21 luglio, 2015, n. 15200, in Giur. It., 2016, p. 407 ss.; M. Bove, Convenzione arbitrale e fallimento, in Riv. Arb., 2016, 2, p. 127 ss.; E. Zucconi Galli Fonseca, Ancora su arbitrato rituale e fallimento, in Riv. Arb., 1, 2014, p. 1 ss.; M. Bove, Arbitrato e fallimento, Riv. Arb. 2012, p. 293 ss., nonché in judicium.it (da cui si cita), M. Nitrola, Arbitrato e fallimento, Contr., 8-9/2012, p. 756 ss.; A. Bonsignori, Arbitrati e Fallimento, Cedam, 1995, passim. C. VELLANI, L’art. 83-bis L. Fall. e l’art. 15 regolamento CE n. 1346 del 2000, in AA.VV. Sull’arbitrato. Studi offerti a Giovanni Verde, Napoli, 2010, p. 86 ss..
[2] Baccaglini, Fallimento e arbitrato, cit., p. 10 e ivi per ulteriori riferimenti; Dimundo, Sub art. 83-bis, cit., p. 1221, Zucconi Galli Fonseca, Ancora su arbitrato rituale e fallimento, cit. par. 2 e nota 4 ivi; VELLANI, L’art. 83-bis L. Fall., cit., p. 864.
[3] SS. UU., 23 febbraio 2023, n. 5694, est. Ferro, par. 10, cit.; Cass., 24 ottobre 2016, n. 4453; SS.UU., 21 luglio, 2015, n. 15200, est. Travaglino, in Giur. It., 2016, 2, 403, con nota di BOGGIO; Cass. 24 giugno 2015, n. 13089, in Fall. 2016, 3, p. 316 ss.; SS. UU. 26 maggio 2015, n. 10800, in Corr. Giur., 2016, 4, 531, con nota di VISCONTI, in Int’l Lis, 2015, 2, p. 70, con note di Pilloni, Penasa, Gioia, d’Alessandro, Zuffi; Cass. 17 febbraio 2011, n. 3918, in Foro it., 2, 2012, p. 558 ss.; SS. UU. 6 giugno 2003, n. 9070, in Riv. Arb. 2004, p. 229 ss.; Dimundo, Sub art. 83-bis, cit., p. 1221; Zucconi Galli Fonseca, Ancora su arbitrato rituale e fallimento, cit. par. 2; Baccaglini, Fallimento e arbitrato, cit., p. 17.
[4] D.Lgs. Del 12 gennaio 2019, n. 14, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, applicabile alle procedure avviate successivamente al 15 luglio 2022.
[5] Dimundo, Sub art. 83-bis, cit., p. 1224, Zucconi Galli Fonseca, Ancora su arbitrato rituale e fallimento, cit., p. 1 ss., par. 2; Carratta, La sorte dell’arbitrato e del lodo, cit., p. 83 ss., par. 6.
[6] BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 8; C. VELLANI, L’art. 83-bis L. Fall. e l’art. 15 regolamento CE n. 1346 del 2000, cit., p. 863.
[7] Quali, senza pretesa di completezza: il mutuo fondiario (art. art. 41 co. 2, d.lg. 1° settembre 1993, n. 385), eccezione ancora più significativa all’indomani delle recenti SS.UU. che ne hanno escluso la nullità per superamento dei limiti di finanziabilità (Cass. Civ., SS. UU., 16 novembre 2022, n.33719, in Foro it. 2023, 1, I, 168, nonché in Banca Borsa Titoli di Credito 2023, 3, II, 323), l’art. 87-bis l.fall. (oggi art. 196 c.c.i.) e l’art. 103 l.fall. (oggi art. 210 c.c.i.), che consentono a terzi che vantino diritti personali su beni mobili di ottenerne con decreto del giudice la restituzione, l’art. 104-ter, co. 8, l.fall. (oggi art. 213, co. 2, c.c.i.), che permette alla procedura di non acquisire all’attivo o rinunciare a determinati beni, ove la liquidazione non appaia conveniente per gli interessi della procedura, nonché l’art. 107, co. 6, l.fall. (oggi art. 216 co. 10 c.c.i.), per quanto riguarda le procedure esecutive già pendenti al dì della dichiarazione d’insolvenza.
[8] Beninteso, nei limiti dei diritti disponibili, come sarebbe per le opposizioni nel merito ex art. 615 c.p.c., ma non per i vizi deducibili con l’opposizione agli atti esecutivi, v. Cass. Sez. III ord. 30 marzo 2018, n. 7891, in Ilprocessocivile.it 7 giugno, 2018.
[9] Boggio, Apertura del concorso e procedimento arbitrale estero, cit., p. 413; Carratta, La sorte dell’arbitrato e del lodo, cit., par. 3; Baccaglini, Fallimento e arbitrato, cit., p. 137, la quale presenta interessanti spunti comparatistici con l’ordinamento francese.
[10] SS. UU., 23 febbraio 2023, n. 5694, est. Ferro, cit., par. 15, che richiama Cass. sez. I 7 febbraio 2020, 2991, par. 8.2, e par. 11.3. Mentre quest’ultima pronuncia si occupava di domanda risolutoria proposta di fronte an giudice diverso dal tribunale fallimentare, competente ex art. 9 l. fall., la SS.UU. sembra estendere tale orientamento anche alla concorrenza fra arbitrato e fallimento.
[11] BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 134.
[12] Carratta, La sorte dell’arbitrato e del lodo, cit., par. 3.
[13] Dimundo, Sub art. 83-bis, cit., p. 1218 ss.; BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 103 ss.; Zucconi Galli Fonseca, Ancora su arbitrato rituale e fallimento, cit. par. 4; CASTAGNOLA, Arbitrato pendente e subentro del curatore nel contratto, cit., p. 177.
[14] Boggio, Apertura del concorso e procedimento arbitrale estero, cit., p. 411.
[15] Cfr. SS. UU., 23 febbraio 2023, n. 5694, est. Ferro, par. 23; SS. UU. 26 maggio 2015, n. 10800, cit., sub 4.2.
[16] Boggio, Apertura del concorso e procedimento arbitrale estero, cit., p. 410-411. BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 102.
[17] Bove, Arbitrato e fallimento, cit., p. 10.
[18] Zucconi Galli Fonseca, Ancora su arbitrato rituale e fallimento, cit. par. 4; Dimundo, Sub art. 83-bis, cit., p. 1221, 1235.
[19] Boggio, Apertura del concorso e procedimento arbitrale estero, cit., p. 412. Per un’applicazione all’appalto, vedi Trib. Udine, 23 agosto 2013, il caso.it.
[20] P. WAGNER / C. KRAMER, IBA Toolkit On Insolvency And Arbitration. Questionnaire. National Report Of Germany. January 2021. A. Kuhli / N. Köppel, Die Schiedsbindung von Insolvenzverwaltern – (K)ein Buch mit sieben Siegeln, in Zeitschrift für Schiedsverfahren (SchiedsVZ), 2020, 3; BGH, Beschl. vom 27.7.2017 – I ZB 93/16, in Neue Zeitschrift für Insolvenz- und Sanierungsrecht (NZI), 2018, 106, Rn. 22, BGH, Beschl. vom 29.6.2017 – I ZR 60/16, SchiedsVZ, 2018, 127, sulle quali v. D. Buntenbroich / M. Kaul, Zur Bindung des Insolvenzverwalters an eine vom Schuldner in einem Geschäftsbesorgungsvertrag vereinbarte Schiedsklausel, SchiedsVZ 2018, 131; M.A. Göbl/T. Nebel, Aktuelle gesellschaftsrechtliche Fragen in Krise und Insolvenz, NZI 2018, 391; M. Gerhlein, Die Rechtsprechung des BGH zu gegenseitigen Verträgen in der Insolvenz, NZI 2015, 97; BGH, Urteil vom 25. 4. 2013 – IX ZR 49/12, NZI 2013; G. Flecke—Giammarco / C. Keller, Die Auswirkung der Wahl des Schiedsorts auf den Fortgang des Schiedsverfahrens in der Insolvenz, in NZI 2012, 529; BGH, Beschl. vom 30. 6. 2011 – III ZB 59/10, SchiedsVZ 2011, 283, Rn. 14. T. Heydn, Bindung des Insolvenzverwalters an eine Schiedsvereinbarung bei der Geltendmachung insolvenzspezifischer Rechte?, SchiedsVZ 2010, 182; BGH, Beschl. vom 29. Januar 2009 – III ZB 88/07, in SchiedsVZ 2009, 176; BGH, Beschl. vom 17.1. 2008 – III ZB 11/07, SchiedsVZ 2008, 148.
[21] W. Buchwitz, Schiedsverfahrensrecht, Berlin, 2019, p. 61.
[22] BGH, NZI 2018, 106, Rn. 22; BGH, SchiedsVZ 2018, 129; BGH, SchiedsVZ 2011, 283, Rn. 14; KUHLI/KÖPPEL, SchiedsVZ 2020, 3, BUNTENBROICH/KAUL, SchiedsVZ 2018, 132; Buchwitz, Schiedsverfahrensrecht, cit., p. 67.
[23] L. Rosenberg / K. H. Schwalb / P. Gottwald, Zivilprozessrecht, 18. Aufl., 2018, München, § 40, Rn. 13, p. 2018.
[24] BGH, 29.6.2017 – I ZR 60/16, cit., 129 Rn. 18; BGH, NZI 2013, 935, Rn. 9; BGH, Beschl. vom 17.1. 2008 – III ZB 11/07, SchiedsVZ 2008, 148 (150), Rn. 17; Kuhli/Köppel, SchiedsVZ 2020, 7, WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., par. 45.
[25] Al contrario, l’Insolvenzverwalter non viene considerato legittimato straordinario del debitore, e soggiace alla clausola compromissoria, nel caso in cui dichiari inefficaci le cessioni in garanzia (§ 398 BGB) effettuate dal debitore insolvente o riscuota i crediti ceduti (§ 166 Abs. 2 InsO, Einziehungsrecht), senza che sia necessaria l’azione revocatoria. Anche se questi esercita una facoltà speciale quale organo della procedura (insolvenzspezifische Rechte), la clausola compromissoria cui sia eventualmente sottoposta l’obbligazione ceduta resta opponibile, v. BGH, SchiedsVZ 2018, 129, Rn. 19; Kuhli/Köppel, SchiedsVZ 2020, 3-4 ; BGH, NZI 2013, 935, Rn. 10; WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., par. 21.
[26] WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., par. 43 ; BGH, SchiedsVZ 2018, 129, Rn. 23;
[27] WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., parr. 17, 52; Flecke—Giammarco / Keller, Die Auswirkung der Wahl des Schiedsorts, cit., 534; BGH, Beschl. vom 29. Januar 2009, SchiedsVZ 2009, 179, Rn. 28.
[28] BGH, Beschluss vom 29. 1. 2009 – III ZB 88/07, NJW 2009, 1747; Buchwitz, Schiedsverfahrensrecht, cit., p. 286.
[29] WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., par. 56.
[30] RG, Urteil v. 8.7.1932, RGZ 137, 109 (111), richiamato in BGH, SchiedsVZ 2018, 129, Rn. 19; Kuhli/Köppel, SchiedsVZ 2020, 4; WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., parr. 19, 33.
[31] BUNTENBROICH/KAUL, Zur Bindung des Insolvenzverwalters, SchiedsVZ 2018, cit., 131.
[32] BGH, NZI 2018, 106, Rn. 11; BGH, Urteil vom 25. 4. 2013 – IX ZR 49/12, NZI 2013, 935, Rn. 8, WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., par. 44. A. Kuhli / N. Köppel, SchiedsVZ 2020, 3, con critiche, 6: il potere dell’organo sarebbe meramente dichiarativo, e non costitutivo, poiché la pretesa del creditore è inesigibile (undurchsetzbar) sin dall’apertura della procedura.
[33] Kuhli/Köppel, SchiedsVZ 2020, 3; M. Huber, in AA.VV., Münchner Kommentar zur Insolvenzordnung: MüKoInsO, 4. Aufl., 2019, InsO § 103 Rn. 12a-13:“Wählt der Verwalter nicht Erfüllung, bleibt der Vertrag ungeachtet der Eröffnung des Insolvenzverfahrens bestehen, wird aber rein insolvenzmäßig abgewickelt“.
[34] Flecke—Giammarco / Keller, Die Auswirkung der Wahl des Schiedsorts, NZI 2012, 532; WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., par. 46.
[35] BGH, Urteil vom 14. 9. 2000 – III ZR 33/00, NJW 2000, 3720, sulla quale, in senso critico, G. WAGNER, Impecunious Parties and Arbitration Agreements, in SchiedsVZ 2003, 215; secondo lo stesso Autore, tale decisione vale anche quando l’ineseguibilità è determinata da insolvenza, cfr. WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., par. 26.
[36] Cass. sez. I 24 giugno 2015, n. 13089, in Fall. 2016, 3, p. 316 ss.; SS. UU. 26 maggio 2015, n. 10800, sub 4.1; C. Dimundo, Sub art. 83-bis, op. cit., p. 1219; nella vigenza della versione precedente dell‘art. 78 l.fall., v. Cass. sez. I, 17 aprile 2003, n. 6165, in Il fall., 5, 2004, p. 523 ss., con nota di VINCRE; Cass. sez. I 14 ottobre 1992, n. 11216in Il fall, 1993, p. 475 ss. con nota di BOZZA. V- in senso critico Carratta, La sorte dell’arbitrato e del lodo op. cit., par. 2, perché tale irrevocabilità non è conciliabile con il potere di scioglimento accordato al curatore dall’art. 83-bis l.fall..
[37] Boggio, Apertura del concorso e procedimento arbitrale estero, cit., p. 412. V. invece in senso critico a tale ricostruzione BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 96.
[38] Come noto, in diritto italiano tale clausola sarebbe inefficace per l’art. 72, co. 6, l.fall., il quale, si può ipotizzare, assume valore di norma di applicazione necessaria prevalente sull’eventuale lex causae straniera.
[39] BGH, Beschluss vom 9.8.2016 – I ZB 1/15, NJW 2017, 488; Buchwitz, Schiedsverfahrensrecht, cit., p. 261.
[40] BGH, Beschl. vom 29.6.2017 – I ZR 60/16, SchiedsVZ, 2018, 127, sulla quale v. le note di D. Buntenbroich / M. Kaul, Zur Bindung des Insolvenzverwalters an eine vom Schuldner in einem Geschäftsbesorgungsvertrag vereinbarte Schiedsklausel, SchiedsVZ 2018, 131 e di M.A. Göbl/T. Nebel, Aktuelle gesellschaftsrechtliche Fragen in Krise und Insolvenz, NZI 2018, 391.
[41] BUNTENBROICH/KAUL, Zur Bindung des Insolvenzverwalters, SchiedsVZ 2018, cit., 131.
[42] Cfr. Art. V(1)(a), Convenzione di New York del 1958, vedi infra par. 8.
[43] Cfr. Art. V(2)(b), Convenzione di New York del 1958, vedi infra par. 8.
[44] Sul quale, ex multis, L. Boggio, Confini ed implicazioni dell’ambito di applicazione delle nuove regole, in Giur. It., 1, 2018, p. 226 ss.; A. LEANDRO, Le procedure concorsuali transfrontaliere, in A. Jorio- B. Sassani (a c. di), Trattato delle procedure concorsuali, Vol. III – Il Fallimento, Torino, 2016, p. 739 ss.; F. Mucciarelli, Il regolamento sulle insolvenze transfrontaliere, in M. Benedettelli – M. Lamandini (a c. di), Diritto societario internazionale ed europeo, Torino, 2016, p. 711 ss.; S. Bariatti, The European Insolveny Regulation and Arbitration, Riv. Arb., 2, 2016, p. 267 ss.; Università degli studi di Milano – Wiener Universität – Max Plank Institute Luxemburg, AA.VV., The implementation of the new Insolvency Regulation, JUST/2013/JCIV/AG/4679, p. 1 ss.; C. VELLANI, L’art. 83-bis L. Fall. e l’art. 15 regolamento CE n. 1346 del 2000, in AA.VV. Sull’arbitrato. Studi offerti a Giovanni Verde, Napoli, 2010, p. 861 ss.; L. Fumagalli, Il regolamento comunitario sule procedure d’insolvenza, in Riv. Dir. Proc., 2001, p. 697 ss.; BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 125 ss..
[45] Compresa l’Irlanda ed esclusa la Danimarca, le quali hanno esercitato, rispettivamente, l’opt-in e l’opt-out.
[46] MUCCIARELLI, Il regolamento sulle insolvenze transfrontaliere, cit., p. 715; LEANDRO, Le procedure concorsuali transfrontaliere, cit., p. 745 ss..
[47] MUCCIARELLI, Il regolamento sulle insolvenze transfrontaliere, cit., p. 720.
[48] MUCCIARELLI, Il regolamento sulle insolvenze transfrontaliere, cit., p. 727.
[49] LEANDRO, Le procedure concorsuali transfrontaliere, cit., p. 749.
[50] MUCCIARELLI, Il regolamento sulle insolvenze transfrontaliere, cit., p. 732.
[51] MUCCIARELLI, Il regolamento sulle insolvenze transfrontaliere, cit., p. 737.
[52] Fumagalli, Il regolamento comunitario, cit., 697. Non potrebbe essere altrimenti, visto che, essendo la norma di conflitto la stessa per tutti gli Stati membri, e valendo il Regolamento solo per gli Stati membri, il rinvio sarebbe sempre accettato.
[53] A. Juncker, Internationales Privatrecht, 3. Aufl., München, 2019, §10 Rn. 9; F. Mosconi – C. Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale, 1., 8 a ed., Milano, 2019, p. 228, “soluzione dell’assorbimento”; B. Barel – S. Armellini, Manuale breve di diritto internazionale privato, 18° ed., Milano, 2023, p. 55.
[54] Non potendo quindi la parte, quando è applicabile la regola generale della lex concursus, invocare le conseguenze fallimentari previste per la clausola compromissoria dalla lex causae. MUCCIARELLI, Il regolamento sulle insolvenze transfrontaliere, cit., p. 727; LEANDRO, Le procedure concorsuali transfrontaliere, cit., p. 792.
[55] Si veda in tal senso E. Gabrielli, La disciplina generale dei rapporti pendenti, in F. Vassalli, F.P. Luiso, E. Gabrielli, Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, 3., in AA. VV. Gli effetti del Fallimento, Torino, 2014, p. 140 ss..
[56] V. LEANDRO, Le procedure concorsuali transfrontaliere, cit., 842 ss.; VELLANI, L’art. 83-bis L. Fall. e l’art. 15 regolamento, cit., p. 868; BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 155; Bariatti, The European Insolveny Regulation and Arbitration, cit., p. 269. Le due norme, incentrate sulla prevenzione e il riconoscimento automatico della sentenza di apertura, potrebbero portare a esiti incerti nei casi in cui la sentenza dichiarativa di insolvenza produce effetto retroattivo, si pensi, ad un momento anteriore all’introduzione della causa preveniente. Al contrario, per l’Italia, si nota che alcune norme prevedono la retrodatazione limitatamente a determinati effetti (come i termini di compimento degli atti per l’azione revocatoria, cfr. art. 69-bis, l.fall.), potendosi ritenere che tale retrodatazione non dovrebbe per la litispendenza ai fini dell’art. 18 reg. 848/2015 cit.. Su questi aspetti, v. MUCCIARELLI, Il regolamento sulle insolvenze transfrontaliere, cit., p. 725.
[57] LEANDRO, Le procedure concorsuali transfrontaliere, cit., 842.
[58] Se si eccettuano le voci di chi, come LEANDRO, Le procedure concorsuali transfrontaliere, cit., p. 844, in nota, VELLANI, L’art. 83-bis L. Fall. e l’art. 15 regolamento, cit., p. 868 e BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 154, già ammettevano tale estensione in via interpretativa nel vigore del reg. 1346/2001.
[59] LEANDRO, Le procedure concorsuali transfrontaliere, cit., p. 844, in nota. Si veda inoltre la vicenda Aeradia-Ryanair, decisa dalle SS. UU. 26 maggio 2015, n. 10800, in Corr. Giur., 2016, 4, 531, con nota di VISCONTI, in Int’l Lis, 2015, 2, p. 70, con note di Pilloni, Penasa, Gioia, d’Alessandro, Zuffi, e la vicenda Vivendi-Elecktrim, sulla quale v. infra nel testo; Bariatti, The European Insolveny Regulation and Arbitration, cit., p. 270.
[60] Si esamineranno le interrelazioni tra il principio di universalità e la clausola di salvezza di cui all’art. 18, nonché le conseguenze per l’exequatur dei lodi stranieri, nel successivo par. 8
[61] BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 135.
[62] BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 142, A. CASTAGNOLA, Arbitrato pendente e subentro del curatore nel contratto contenente la clausola compromissoria, in AA.VV. Sull’arbitrato. Studi offerti a Giovanni Verde, Napoli, 2010, p. 174. Da ultimo, v. SS. UU., 23 febbraio 2023, n. 5694, est. Ferro, cit., par. 26, sia pur in obiter.
[63] Zucconi Galli Fonseca, Ancora su arbitrato rituale e fallimento, cit. par. 4; Bove, Arbitrato e fallimento, cit., p. 13.
[64] BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 144.
[65] Bonsignori, Arbitrati e Fallimento, cit., p. 55 ss.
[66] Bonsignori, Arbitrati e Fallimento, cit., p. 103 ss. La litispendenza arbitrale si produce pendente con la notifica dell’atto di nomina degli arbitri, non con l’accettazione della nomina da parte degli arbitri, cfr. Dimundo, Sub art. 83-bis, cit., p. 1230, 1236.
[67] BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 135, Bonsignori, Arbitrati e Fallimento, cit., p. 95.
[68] Che può derivare ad es. dal deposito del lodo in cancelleria per la dichiarazione di esecutività ex art. 825 c.p.c., ovvero dalla data di notifica del lodo, effettuata per lucrare il termine breve di impugnazione di 90 gg. di cui all’art. 828, co. 1, c.p.c., v. Carratta, La sorte dell’arbitrato e del lodo, cit., par. 10; Groppoli, “Indisponibilità” dell’accertamento del passivo, cit., p. 320 in nota; BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 164.
[69] Come regola generale (par. 2, lett. a)), non oltre il termine fissato dal giudice su istanza della controparte, art. 72, co.2, l.fall., mentre nelle ipotesi di contratti risolti in assenza di tempestiva decisione di prosecuzione (come l’appalto, par. 2, lett. c)) esercitabile entro 60 gg. dalla dichiarazione di fallimento, cfr. art 81, co. 1, l.fall..
[70] Cass. sez. I 20 novembre 2015, n.23810, Cass. sez. I 6 marzo 2015, n.4616, Cass. sez. VI 18 settembre 2013, n.21411, Cass. sez. I, 9 luglio 1999, n.7203.
[71] SS.UU. del 23 febbraio 2023, n. 5694, pres. D’Ascola, est. Ferro, per la quale v. la nota di M. Giorgetti, L.c.a. e validità del lodo emesso durante lo spatium deliberandi del commissario liquidatore, ilfallimentarista, 9 maggio 2023,
[72] BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 145. Sull’automaticità dell’interruzione ex art. 43, co. 3, l.fall., v. la recente Cass. Civ. SS. UU., 7 maggio 2021, n.12154, in Ilprocessocivile.it 12 maggio 2021, con nota Farina.
[73] VELLANI, L’art. 83-bis L. Fall. e l’art. 15 regolamento, cit., p. 865, BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 156 in nota.
[74] BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 136. Contro F. DE SANTIS, Sull’opponibilità al curatore fallimentare della convenzione d’arbitrato stipulata dal fallito alla luce delle riforme della legge concorsuale, in AA.VV. Sull’arbitrato, cit., p. 364, poiché l’art. 83-bis paralizzerebbe in sede arbitrale ogni domanda, compreso lo stesso “an“ della procedibilità.
[75] Così LEANDRO, Le procedure concorsuali transfrontaliere, cit., p. 845, anche se prevenienti, limitandosi la portata dell’art. 18 ai soli procedimenti di natura cognitoria.
[76] LEANDRO, Le procedure concorsuali transfrontaliere, cit., p. 841.
[77] BGH, Beschluss vom 29. 1. 2009 – III ZB 88/07, NJW 2009, 1747; OLG Stuttgart, Beschluss vom 05. November 2013 – 1 Sch 2/11, SchiedsVZ 2014, 307; Buchwitz, Schiedsverfahrensrecht, cit., p. 286.
[78] MUCCIARELLI, Il regolamento sulle insolvenze transfrontaliere, cit., p. 720.
[79] Queen’s Bench Division, 2 ottobre 2008 [2009] EWHC 2155 (Comm.), su cui v. P. Widmann, Il caso Vivendi: la disciplina degli effetti della dichiarazione di fallimento sul procedimento arbitrale pendente all’estero, tra lex fori concursus e lex loci arbitri, in Int’Lis, 2010, p. 128 ss. Bariatti, The European Insolveny Regulation and Arbitration, cit., p. 270;
[80] Riferisce Bariatti, The European Insolvency Regulation and Arbitration, cit., p. 271.
[81] BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., pp. 157, 162. Diversamente, Boggio, Apertura del concorso e procedimento arbitrale estero, cit., p. 413, ritiene che, se è l’Italia il Paese di apertura della procedura, il riconoscimento del lodo possa essere negato applicando il diritto italiano, ove non vi sia stata ricostituzione del contraddittorio con gli organi concorsuali, in base all’art. V(1)(a) per “incapacity”, da intendersi anche come difetto di legittimazione processuale ex art. 44 l.fall., e in caso di inopponibilità alla procedura, in base all’art. V(2)(a) perché la materia “was not capable of settlement by arbitration”.
[82] BGH, Beschl. vom 29. Januar 2009, SchiedsVZ 2009, 178, Rn. 21; Flecke—Giammarco / Keller, Die Auswirkung der Wahl des Schiedsorts, cit., 534, in riferimento al §87 InsO. WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., par. 32.
[83] Boggio, Apertura del concorso e procedimento arbitrale estero, cit., p. 415. In materia tributaria, v Sez. un., 16 maggio 2008, n. 12371, in Fall., 2008, 1223, nonché Cass., 9 giugno 1995, n. 6498, in Giust. Civ., 1996, I, 434; in materia contabile, v. Cass., 29 gennaio 1999, n. 789, Fall., 2009, 1334. Che l’arbitrato estero ponga una questione di giurisdizione, decidibile con regolamento preventivo (art. 41 c.p.c.) è stato di recente affermato da Cass. Civ. SS. UU., 25 ottobre 2013, n.24153, in Foro it., 2013, 12, I, 3407, con nota di E. D’ALESSANDRO.
[84] OLG Stuttgart, Beschluss vom 05. November 2013 – 1 Sch 2/11, SchiedsVZ 2014, 307; Buchwitz, Schiedsverfahrensrecht, cit., p. 286.
[85] Giammarco / Keller, Die Auswirkung der Wahl des Schiedsorts, cit., 534; WAGNER / KRAMER, National Report, op. cit., par. 29.
[86] BACCAGLINI, Fallimento e arbitrato, cit., p. 162 e ivi per ulteriori riferimenti; Bonsignori, Arbitrati e Fallimento, cit., p. 122.
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