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16 Novembre 2012 In Diritto bancario

La nullità della clausola contrattuale di rinvio agli usi per la determinazione degli interessi nei contratti antecedenti le norme sulla trasparenza bancaria ed il testo unico bancario.

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L’applicazione del tasso sostitutivo ex art. 1284 c.c. secondo l’ordinanza n. 338/2009 della Corte Costituzionale.

Di Maura Castiglioni, Avvocato

 

L’art. 4 della legge n. 154 del 17 febbraio 1992 (Norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari) ha stabilito per la prima volta la nullità delle clausole contrattuali che per la determinazione degli interessi rimandino agli usi. In particolare così ha previsto il citato articolo:

“I contratti devono indicare il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora.
2. L’eventuale possibilità di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione deve essere espressamente indicata nel contratto con una clausola approvata specificamente dal cliente.
3. Le clausole contrattuali di rinvio agli usi sono nulle e si considerano non apposte.
4. Le clausole che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli resi pubblici sono nulle”.

L’art. 5 della legge n. 154/92 ha individuato il tasso sostitutivo applicabile in ipotesi di nullità delle clausole contrattuali, così in particolare stabilendo: “Nelle ipotesi di nullità di cui all’articolo 4, comma 4, nonché nei casi di mancanza di specifiche indicazioni, si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del Tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive; b) gli altri prezzi e condizioni resi pubblici nel corso della durata del rapporto per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto”.

Entrambe le norme sopra riportate sono state abrogate dall’art. 161, d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, ma il relativo contenuto è stato trasfuso nell’art. 117 d. lgs. 385 del 1° settembre 1993 (Testo Unico Bancario), il quale così dispone:

“I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. Il CICR può prevedere che, per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere stipulati in altra forma. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo. I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora. Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati. In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 5, si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione. b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento della conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, al momento in cui l’operazione è effettuata o il servizio viene reso; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto. La Banca d’Italia puo’ prescrivere che determinati contratti, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia”.

Quindi dall’entrata in vigore della legge n. 154/1992 prima e del d. lgs. 385/1993 poi è stata stabilita ex lege la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione degli interessi.

La giurisprudenza è costante nell’estendere tale nullità anche ai contratti stipulati antecedentemente l’entrata in vigore della L. 154/1992 e del d. lgs. 385/83. Difatti l’orientamento dominante della Corte di Cassazione, con riferimento ai contratti stipulati anteriormente all’entrata in vigore della c.d. legge sulla trasparenza bancaria (L. 154/92), afferma che la nullità delle clausole che facciano riferimento agli usi su piazza inserite nei contratti di conto corrente bancario deriva dall’art. 1284 c.c., in quanto le condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito su piazza non costituiscono un riferimento idoneo a consentire una oggettiva determinabilità del tasso di interesse convenzionale.

Così in particolare si è pronunciata la Corte di Cassazione (sez. I, sent. N. 4094 del 25/02/2005; conf. ex multis: Cass. civ. sent. n. 1287 dell’01/02/2002; Cass. civ. sent. n. 5675 del 18/04/2001; Cass. civ. sent. n. 9465 del 19/07/2000; Cass. civ. sent. n. 7871 dell’11/08/1998; Cass. civ. sent. n. 4696 dell’08/05/1998; Cass. civ. sent. n. 6247 del 23/06/1998; Cass. civ. sent. n. 11042 del 10/11/1997):

“In tema di contratti bancari, nel regime anteriore alla entrata in vigore della disciplina dettata dalla legge sulla trasparenza bancaria 17 febbraio 1992 n. 154, poi trasfusa nel testo unico 1 settembre 1993 n. 385, la clausola che, per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è priva del carattere della sufficiente univocità, per difetto di univoca determinabilità dell’ammontare del tasso sulla base del documento contrattuale, e non può quindi giustificare la pretesa della banca al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale quando faccia riferimento a parametri locali, mutevoli e non riscontrabili con criteri di certezza”.

Nella considerazione della non retroattività della L. 154/1992 e del successivo d. lgs. 385/1993, la giurisprudenza maggioritaria ha ritenuto applicabile agli interessi, in sostituzione del tasso evidentemente nullo, il tasso legale ex art. 1284 c.c. sino all’entrata in vigore della L. 154/92 e successivamente il tasso sostitutivo dei Buoni Ordinari del Tesoro, come stabilito all’art. 5 L. 154/92 ed all’art. 117, comma 7 d. lgs. 385/93.

Difatti: “Qualora venga dichiarata la nullità della clausola di determinazione dell’interesse mediante rinvio agli usi di piazza contenuta nei contratti di conto corrente, in sua sostituzione, alle partite debitorie, dovrà essere applicato il tasso legale sino all’entrata in vigore della l. 154/1992 e successivamente quello di cui al comma 7 dell’art. 117 del TUB” (Tribunale di Mantova, sent. del 12/07/2008; conf. ex multis: Tribunale di Napoli sent. del 17-12-2002; Tribunale di Lecce sent. del 10-03-2006; Tribunale di Mantova, sez. II, sent. del 10-09-2004; Tribunale di Torino sent. del 21-01-2010).

Tale orientamento non è stato tuttavia interamente condiviso dalla Corte Costituzionale, la quale, investita da una richiesta avanzata dal Tribunale di Milano, ha statuito con ordinanza n. 338 del 18 dicembre 2009 la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, lett. a), l. 17 febbraio 1992 n. 154 e dell’art. 117, comma 7, d.lg. 1 settembre 1993 n. 385, in riferimento all’art. 3 cost., nella parte in cui identificano il tasso legale sostitutivo – delle clausole di contratti bancari nulle perché indeterminate – con riguardo al valore dei buoni del tesoro annuali o di altri titoli similari emessi nei dodici mesi “precedenti la conclusione del contratto”.

In particolare nella motivazione dell’ordinanza la Corte Costituzionale ha contestato come il Tribunale rimettente in relazione ai rapporti sorti prima dell’entrata in vigore della L. 154/92 avesse fatto “derivare (senza, peraltro, addurre alcun supporto argomentativo in merito) l’automatica conseguenza secondo cui «la nullità di tale indeterminata ed indeterminabile pattuizione del tasso di interesse ultralegale comporta, per il periodo successivo al 9 luglio 1992 […] l’applicazione del tasso sostitutivo legale di cui all’art. 5 della legge n. 154/1992 e, successivamente, all’art. 117-7° TUB»”.

La Consulta ha difatti evidenziato come tale conclusione fosse basata esclusivamente sulla assiomatica affermazione dell’applicabilità delle norme impugnate ai contratti oggetto del giudizio, la quale tuttavia non risulta essere l’unica opzione ermeneutica praticabile. La Corte Costituzionale ha stabilito l’inammissibilità della questione per mancato esperimento, da parte del Tribunale rimettente, di una possibile lettura alternativa delle norme impugnate, idonea a superare gli evocati dubbi di incostituzionalità riferiti alla fattispecie in esame. Sostanzialmente ha stabilito che l’applicazione del tasso sostitutivo ex art. 5 L. 154/92 ed ex art. 117 d. lgs. 385/1993 nei contratti antecedenti l’entrata in vigore della L. 154/92 non fosse l’unica direzione percorribile e non fosse nemmeno la più corretta.

Difatti secondo la Corte Costituzionale è invece da condividere quell’orientamento giurisprudenziale (si vedano: Cassazione 1° marzo 2007, n. 4853, e Cassazione 21 dicembre 2005, n. 28302; nonché Tribunale ordinario di Cagliari, sentenza 27 maggio 2002, n. 1441, e Tribunale ordinario di Reggio Emilia, sentenza 17 novembre 2001) che – muovendo dalla premessa secondo cui la irretroattività (espressamente sancita dall’art. 161, comma 6, del testo unico bancario) della nuova disciplina della nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse si estende anche alla censurata previsione (derogatoria rispetto a quella previgente, fondata su quanto disposto dal terzo comma dell’art. 1284 del codice civile) della sostituzione automatica della clausola nulla, il cui effetto opera in ragione (ed a cagione) della nullità parziale ex art. 1419, secondo comma, cod. civ., derivante dalla mancata osservanza di requisiti sostanziali e formali di singole clausole di contratti stipulati nella vigenza della nuova disciplina – conclude viceversa nel senso della applicabilità ai contratti stipulati anteriormente non già della nuova previsione sostitutiva, bensì degli interessi legali di cui, appunto, al citato art. 1284, terzo comma, del codice civile.

Quindi per i contratti già in essere alla data di entrata in vigore della L. 154/1992 e del successivo d. lgs. 385/1993, la nullità della clausola che per la determinazione degli interessi faccia rinvio agli usi deve comportare quale tasso sostitutivo applicabile il tasso legale ex art. 1284, terzo comma c.c.

Il principio incluso nell’ordinanza n. 338/2009 della Corte Costituzionale è stato seguito dalla più recente giurisprudenza, che ha stabilito l’applicazione del tasso legale ex art. 1284 c.c., richiamando la pronuncia della Consulta (ex multis: Tribunale di Pisa, sez. dist. Pontedera, sent. del 21 febbraio 2012):

“Al riguardo, si evidenzia che il rapporto tra le parti risulta stipulato anteriormente sia alla legge 154/92 che al d. lgs. 1.9.1993 n. 385, per cui – in difetto di specifiche pattuizioni accettate per iscritto dall’istante – l’irretroattività della disciplina relativa alla nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interessi prevista dall’art.161 c. 6° del d. lgs.385/93 (che dispone che i contratti già conclusi all’entrata in vigore del nuovo Testo Unico Bancario sono regolati dalle norme anteriori) inibisce l’applicazione di interessi oltre la misura legale prevista dall’ultimo comma dell’art.1284 c.c., con la conseguenza che – si ripete – in difetto di valide condizioni a suo tempo accettate formalmente dal correntista nonché in applicazione dell’automatica sostituzione in ragione della nullità parziale di cui all’art.1419 c.2° c.c., la banca, in realtà, potrebbe esigere, alla definizione del rapporto, i soli interessi al saggio legale come determinato nel corso dell’intera durata del contratto (cfr ordinanza n.338/2009 della Corte Costituzionale)”.



Rivista di Diritto Bancario Tidona - Il contenuto di questo documento potrebbe non essere aggiornato o comunque non applicabile al Suo specifico caso. Si raccomanda di consultare un avvocato esperto prima di assumere qualsiasi decisione in merito a concrete fattispecie.

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