Di Maurizio Tidona, Avvocato
L’art. 1839 c.c. dispone che nel servizio delle cassette di sicurezza la banca risponde verso l’utente per l’idoneità, la custodia dei locali e l’integrità della cassetta, dovendo garantire la protezione dalle sottrazioni dei beni in essa contenuti, salvo che sia in grado di dimostrare il caso fortuito. [1]
Il caso fortuito è, per definizione, l’avvenimento imprevedibile ed eccezionale che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto. Cioè ogni accadimento naturale che si innesti nella condotta umana (qui la custodia e la protezione dell’integrità della cassetta), e da cui derivi una conseguenza imprevedibile (qui la sottrazione o distruzione del contenuto della cassetta).
Il furto è considerato dalla giurisprudenza di cassazione un evento non fortuito, e quindi comunque addebitabile alla condotta (anche quale omissione di custodia) della banca, in quanto il furto è considerabile quale fatto prevedibile in astratto, in considerazione proprio della natura della prestazione dedotta in contratto. [2]
La responsabilità della banca può venir meno pertanto nel solo caso limite dell’evento fortuito in quanto dalla banca è richiedibile un elevato grado di professionalità e diligenza, ragguagliabile alla condotta del “bonus argentarius”. [3]
La c.d. diligenza del Bonus argentarius qualifica il maggior grado di prudenza ed attenzione che la connotazione professionale della banca richiede. Essa deve trovare applicazione non solo in riferimento ai contratti bancari in senso stretto ma anche ad ogni tipo di atto o di operazione posta in essere, nell’esercizio della sua attività, dalla banca la quale deve predisporre qualsiasi mezzo idoneo onde evitare il verificarsi di eventi pregiudizievoli comunque prevedibili. [4]
La banca ha quindi su di sé l’onere, al fine di escludere la sua responsabilità, di dimostrare, anche ai sensi dell’art. 1218 c.c., che l’inadempimento dell’obbligazione di custodia sia ascrivibile ad una impossibilità della prestazione, e che tale impossibilità non fosse ad essa imputabile. [5]
L’art. 1229 c.c. dispone la nullità di qualsiasi patto che sia finalizzato ad escludere o limitare preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. [6]
In tal senso, la clausola negoziale predisposta dalla banca che preveda che l’uso delle cassette è concesso per la custodia di cose di valore complessivo non superiore ad un certo limite e che l’utente non possa conservare nella cassetta beni aventi nell’insieme valore superiore a detto importo, quando sia finalizzata a limitare la somma risarcibile in caso di sottrazione da parte di terzi, è stata ritenuta dalla Cassazione valida nella parte che escluda, anche implicitamente, la responsabilità da colpa lieve (che altrimenti sarebbe anch’essa a carico della banca) ma invalida nella parte che escluda la responsabilità della banca in caso di colpa grave o dolo. [7]
Colpa lieve – che escluderebbe la responsabilità della banca nel caso in cui vi fosse una clausola negoziale di esclusione della responsabilità siffatta – potrebbe rinvenirsi nel caso in cui il cliente dimentichi, ad esempio, un bene fuori dalla cassetta di sicurezza, ed il funzionario bancario deputato all’accompagnamento non se ne avveda; bene che poi non sia più ritrovato in quanto sottratto da terzi (altro cliente che abbia avuto accesso al caveau, o comunque persona non identificata).
In tal caso la colpa lieve del mancato controllo del locale si innesterebbe in un comportamento dello stesso cliente, non attento.
Per quanto abbiamo visto, l’onere di dimostrare la esclusione della propria responsabilità nel furto di beni contenuti nella cassetta di sicurezza è a carico della banca.
La Cassazione ha però osservato che l’onere della prova del danno subito (il valore dei beni contenuti nella cassetta e sottratti da terzi, ed in limite anche il valore affettivo degli stessi beni) grava interamente sull’utente del servizio bancario (e cioè il cliente). [8]
L’intestatario della cassetta, al fine di provare il danno subito, può però ricorrere anche solo a presunzioni semplici, oltre che a prove testimoniali, trattandosi di danni dei quali è, per la giurisprudenza, estremamente difficile, se non a volte impossibile, una prova di più alto grado.
Le presunzioni semplici sono in particolare quelle che la legge non stabilisce espressamente, rimettendole al libero apprezzamento del giudice, che è però obbligato a considerare soltanto quelle gravi, precise e concordanti (così l’art. 2729 c.c. [9]).
In merito alla prova per testimoni, il titolare della cassetta di sicurezza, al fine di provare quali beni fossero contenuti nella cassetta ed in limite anche il loro valore (economico o affettivo), potrà ricorrere alle deposizioni degli stretti familiari (parenti prossimi), che siano in grado di affermare l’esistenza di quei beni e che gli stessi fossero conservati dal parente prossimo nella cassetta di sicurezza. [10]
Secondo la Cassazione, inoltre, il giudice sarà tenuto a dare rilievo, nella valutazione delle presunzioni gravi, precise e concordanti anche di quegli elementi di fatto che possano far presumere l’esistenza di quei beni e la conservazione nella cassetta di sicurezza; tra tali elementi di fatto, avrà valore di presunzione anche la denuncia penale presentata dallo stesso titolare della cassetta, nonostante essa sia di provenienza della stessa parte che afferma l’esistenza dei beni nella cassetta, nel caso in cui tale denunzia sia coerente con il quadro probatorio complessivo. [11]
[1] Art. 1839 (Cassette di sicurezza) c.c.: “[I]. Nel servizio delle cassette di sicurezza, la banca risponde verso l’utente per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità della cassetta, salvo il caso fortuito”.
[2] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 28835 del 27 dicembre 2011: “In tema di contratto bancario per il servizio delle cassette di sicurezza, nel caso di sottrazione dei beni custoditi nella cassetta di sicurezza a seguito di furto – il quale non integra il caso fortuito, in quanto è evento prevedibile, in considerazione della natura della prestazione dedotta in contratto – grava sulla banca, ai sensi dell’art. 1218 c.c., l’onere di dimostrare che l’inadempimento dell’obbligazione di custodia è ascrivibile ad impossibilità della prestazione ad essa non imputabile (per avere tempestivamente predisposto impianti rispondenti alle più recenti prescrizioni in tema di sicurezza raccomandate nel settore), non essendo sufficiente, ad escludere la colpa, la prova generica della sua diligenza, dal momento che tale disposizione generale, che regola l’inadempimento delle obbligazioni contrattuali, si applica anche in presenza di una clausola limitativa della responsabilità della banca, da ricondurre all’art. 1229 c.c. e che riguardi l’ammontare del debito risarcitorio, non l’oggetto del contratto”.
[3] Tribunale di Lucca, sent. n. 678 del 25 marzo 2016: “Nel servizio bancario delle cassette di sicurezza, il rapporto contrattuale ha ad oggetto la sicurezza dei locali nei quali si trovano le cassette ed è la cassetta – e non i beni in essa immessi – l’oggetto dell’obbligo di custodia in capo alla banca; in caso di violazione dell’obbligo di custodia, la banca è esente da responsabilità solo per il caso fortuito, dovendosi considerare l’alto grado di professionalità e la diligenza nell’adempimento ragguagliabile alla condotta del “bonus argentarius””.
[4] Cassazione, sent. n. 5421 del 7 maggio 1992;
[5] Art. 1218 (Responsabilità del debitore) c.c.: “[I]. Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
[6] Art. 1229 (Clausole di esonero da responsabilità) c.c.: “[I]. È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. [II]. È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico”.
[7] Cassazione Civile, sez. III, sent. n. 28314 del 22 novembre 2011: “In tema di contratto bancario per il servizio delle cassette di sicurezza, la clausola negoziale che disponga che l’uso delle cassette è concesso per la custodia di cose di valore complessivo non superiore ad un certo limite e che comporti l’obbligo dell’utente di non conservare nella cassetta medesima cose aventi nell’insieme valore superiore a detto importo, in correlazione con altra che, in caso di risarcimento del danno verso l’utente, imponga di tenere conto della clausola precedentemente indicata, va qualificata come attinente alla limitazione della responsabilità. Ne consegue che, essendo tale clausola valida nei limiti di cui all’art. 1229, comma 1, c.c., la banca è tenuta a rispondere soltanto per dolo o per colpa grave, operando l’esonero da responsabilità in caso di colpa lieve anche per l’ipotesi di furto, pur in mancanza di prova del caso fortuito”.
[8] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 18637 27 luglio 2017: “In tema di contratto bancario per il servizio delle cassette di sicurezza, nell’ipotesi di sottrazione dei beni custoditi a seguito di furto, ricorrendo la responsabilità della banca, l’onere della prova del danno subito grava sull’utente, sebbene sia all’uopo ammissibile il ricorso a presunzioni semplici ed a prove testimoniali, risultando anzi esso doveroso, tanto da giustificare, in caso di omissione non adeguatamente motivata, la cassazione della relativa decisione, trattandosi di danni dei quali è estremamente difficile, se non impossibile, fornire la prova storica”.
[9] Art. 2729 (Presunzioni semplici) c.c.: “[I]. Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti. [II]. Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni”.
[10] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 8945 del 4 giugno 2012: “Il contenuto di una cassetta di sicurezza costituisce una circostanza di fatto generalmente non divulgata, attesa la prioritaria esigenza di riservatezza che caratterizza la scelta di questo servizio bancario. Ne consegue che in tema di prova del suo contenuto, la parte ben può ricorrere alle deposizioni degli stretti familiari e il giudice è tenuto a non sottovalutare od ignorare, se coerenti con l’insieme dei riscontri probatori, elementi di fatto quali la denuncia penale, solo perché di provenienza unilaterale, dovendosi sempre tenere conto, nell’esame e selezione del materiale probatorio, della peculiarità dei fatti da dimostrare”.
[11] Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 8945 del 4 giugno 2012 (già in precedente nota).
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