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5 Febbraio 2015 In Diritto bancario

La responsabilità della banca per il furto da parte del promotore finanziario infedele nel caso in cui le somme siano state consegnate dal cliente con denaro contante o assegni intestati al promotore

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Di Maura Castiglioni, Avvocato

 

La legge sancisce la responsabilità risarcitoria delle banche e degli intermediari finanziari nel caso di sottrazione da parte del promotore finanziario di somme di proprietà della clientela, affidate all’intermediario e gestite dal promotore.

Questo ai sensi dell’art. 31 comma 3 del d. lgs. 58/1998 (Testo Unico Finanziario), in forza del quale i soggetti abilitati all’offerta fuori sede di strumenti finanziari e di servizi di investimento (gli intermediari finanziari, tra cui vi sono le banche) rispondono sempre in via solidale per i danni arrecati a terzi dai promotori finanziari, della cui attività gli stessi soggetti si avvalgono, anche qualora i danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale.

L’art. 2049 (Responsabilità dei padroni e dei committenti) c.c. conferma il principio e stabilisce che i padroni e i committenti sono egualmente responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti.

In forza di tale ultimo articolo gli intermediari finanziari, e quindi anche le banche, sono sempre responsabili per le indebite appropriazioni realizzate da parte dei propri dipendenti nei confronti della clientela, anche nel caso non rivestano la qualifica di promotori finanziari.

La responsabilità dell’intermediario finanziario ex art. 31 comma 3 del Testo Unico Finanziario richiede unicamente i seguenti presupposti:

1) la qualità di promotore finanziario del preposto alla gestione del cliente;

2) il rapporto di occasionalità necessaria tra il fatto illecito del promotore e l’esercizio delle mansioni affidategli, tale per cui la realizzazione dell’illecito e dell’evento dannoso sia stata agevolata o resa possibile dall’incarico espletato dal promotore in favore dell’intermediario finanziario.

Il cliente che abbia quindi subito un ingiusto danno causato dall’indebita appropriazione da parte del promotore finanziario, potrà agire contestualmente sia nei confronti di quest’ultimo che nei confronti dell’intermediario abilitato, il quale – a differenza del promotore infedele – avrà sempre capacità patrimoniale sufficiente al risarcimento del danno.

L’art. 108, comma 5 della Delibera Consob n. 16190/2007 dispone, in merito alle modalità di consegna di somme di denaro al promotore finanziario, che:

“Il promotore può ricevere dal cliente o dal potenziale cliente, per la conseguente immediata trasmissione, esclusivamente: a) assegni bancari o postali, assegni circolari o vaglia postali intestati o girati al soggetto abilitato per conto del quale opera ovvero al soggetto i cui servizi e attività di investimento, strumenti finanziari o prodotti sono offerti, muniti di clausola di non trasferibilità;
b) ordini di bonifico e documenti similari che abbiano quale beneficiario uno dei soggetti indicati nella lettera precedente;
c) strumenti finanziari nominativi o all’ordine, intestati o girati a favore del soggetto che presta il servizio e attività di investimento oggetto di offerta”.

Mentre il successivo comma 6 dell’art. 108 Delibera Consob n. 16190/2007 aggiunge che il promotore non può ricevere dal cliente o dal potenziale cliente alcuna forma di compenso ovvero di finanziamento.

È però principio costantemente affermato in giurisprudenza che il promotore finanziario e la banca che siano stati convenuti in giudizio dal cliente non potranno difendersi sostenendo che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro per gli investimenti da realizzare, con modalità difformi rispetto a quelle previste dal contratto o dalla legge, e questo al fine di ottenere l’esclusione o la riduzione della propria responsabilità risarcitoria.

E questo perché il fatto che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro con modalità difformi da quelle stabilite dalla legge, non vale, in caso di indebita appropriazione da parte del promotore, ad interrompere il nesso di causalità esistente tra lo svolgimento dell’attività dello stesso e la consumazione dell’illecito, e non preclude, pertanto, la possibilità di invocare la responsabilità solidale dell’intermediario preponente (la banca) (Cass. civ., sez. I, sent. n. 6829 del 24/03/2011).

Né una tale circostanza può essere addotta dall’intermediario come concausa del danno subito dall’investitore, in conseguenza dell’illecito consumato dal promotore, al fine di ridurre l’ammontare del risarcimento dovuto.

Se è pur vero che consegnare al promotore finanziario denaro contante o altri strumenti di pagamento che consentano al promotore un’indebita appropriazione, costituisce comportamento poco diligente da parte dell’investitore, tale circostanza non potrà quindi condurre a far ritenere realizzato un concorso di colpa da parte dell’investitore nella determinazione del danno subito.

Così difatti si è espressa la Corte di Cassazione:

“La circostanza che il risparmiatore abbia versato al promotore finanziario denaro con modalità diverse da quelle contrattualmente pattuite (nella specie, con assegni bancari all’ordine del promotore medesimo, invece che all’ordine della società di intermediazione) non esclude né attenua la colpa del promotore e dell’intermediario, nel caso di distrazione dei fondi” (Cass. civ., sez. I, sent. n. 8229 del 07/04/2006).

Questo in quanto l’art. 108, comma 5 della Delibera Consob n. 16190/2007, che stabilisce le forme e modalità di pagamento che il promotore finanziario può ricevere dal cliente, è norma che grava sull’intermediario e non sulla clientela.

Non potrebbe quindi trasferirsi sull’investitore un’eventuale responsabilità per omesso rispetto della norma in questione, che è chiaramente relativa al comportamento dell’intermediario e del suo promotore finanziario.

L’art. 108 della Delibera Consob n. 16190/2007, dettato in ordine alle modalità di corresponsione al promotore finanziario di somme di denaro, infatti, è diretto unicamente a porre a suo carico un obbligo di comportamento al fine di tutelare l’interesse del risparmiatore; non può, quindi, logicamente interpretarsi come fonte di un onere di diligenza a carico del risparmiatore, tale da comportare un addebito di colpa in capo al soggetto danneggiato dall’altrui atto illecito.

In particolare:

“La regola secondo cui il promotore finanziario può ricevere dal cliente soltanto pagamenti con gli strumenti indicati in appositi regolamenti Consob è stata posta con l’obiettivo di individuare un obbligo di comportamento in capo al promotore e, soprattutto, al fine di tutelare gli interessi del risparmiatore. La banca intermediaria, pertanto, non può avvalersi della disattenzione o dell’inesperienza del cliente, che compia versamenti con denaro contante o altri strumenti di pagamento che consentano al promotore un’indebita appropriazione, per diminuire il proprio grado di responsabilità e per richiamare le regole dell’art. 1227 c.c.” (Cass. civ., sez. III, sent. n. 10645 del 15/05/2014; conf.: Cass. civ., sez. I, sent. n. 8236 del 24/5/2012; Cass. civ., sez. I, sent. n. 6829 del 24/03/2011; Cass. civ., sez. I, sent. n. 8229 del 07/04/2006; Tribunale di Piacenza, sentenza del 29/10/2010; Tribunale di La Spezia, sentenza del 26/03/2014).

La giurisprudenza ha persino escluso che la consapevolezza da parte del cliente di consegnare denaro al promotore finanziario con modalità difformi rispetto a quelle stabilite dalla legge, possa dar luogo ad un concorso di colpa in capo al cliente ed alla conseguente riduzione del risarcimento del danno in suo favore.

E non rileverebbe neppure che il pagamento sia superiore agli stessi limiti stabiliti imperativamente dalla normativa antiriciclaggio, in quanto la violazione della normativa antiriciclaggio non contribuisce in generale, ed è anzi irrilevante, alla determinazione dell’evento dannoso, coincidente con l’appropriazione indebita da parte del promotore finanziario:

“In base al c.d. principio di causalità giuridica, perché si configuri un illecito civile non è sufficiente l’accertamento dell’avvenuta violazione di norme o di regole di diligenza e prudenza, ma è anche necessario che tale violazione abbia causato (o, quanto meno, concorso a causare) l’evento dannoso; in particolare, in caso di violazione di norme specifiche, è necessario che il danno verificatosi costituisca concretizzazione di quel rischio specifico che la norma prudenziale violata mira ad evitare” (Tribunale di Piacenza, sentenza del 29/10/2010).

 



Rivista di Diritto Bancario Tidona - Il contenuto di questo documento potrebbe non essere aggiornato o comunque non applicabile al Suo specifico caso. Si raccomanda di consultare un avvocato esperto prima di assumere qualsiasi decisione in merito a concrete fattispecie.

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