Di Maurizio Tidona, Avvocato
23 ottobre 2000
Si pubblica integralmente il decreto di sospensione da parte del Tribunale di Parma di una esecuzione intrapresa da una società finanziaria in forza di un mutuo concluso antecedentemente all’entrata in vigore della L. 108/96 – recante disposizioni in materia di usura -, ed in applicazione dell’art. 1815 c.c. ove dispone “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.
Interessante l’interpretazione data dal giudice il quale ha ritenuto che, ferme restando le somme riscosse, legittimamente stante la lettera del contratto stipulato, prima dell’iniziale rilevazione ministeriale, per quelle successive, ed oggetto dell’ esecuzione, va valutato il superamento del tasso – soglia, avvenuto laddove vengano ricompresi, nel calcolo, gli interessi di mora.
Ritenendosi pacifico comunque il mancato rimborso della somma capitale, rispetto a questa non si è ritenuta sussistere ragione per sospendere l’esecuzione.
TRIBUNALE DI PARMA
Ufficio Esecuzioni Immobiliari
Il Giudice dell’Esecuzione, letti gli atti ed a scioglimento della riserva che precede, osserva:
In particolare, i ricorrenti, pur avendo stipulato i primi due contratti in epoche antecedenti, invocano l’immediata applicabilità della legge 7 marzo 1996 n. 108.
Con essa, com’è noto, il legislatore, nel sostituire l’art. 644 c.p., ha previsto che “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari” (art. 1, terzo comma); l’art. 2, quarto comma, ha individuato la soglia usuraria nel “tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma uno, relativamente alla categoria di operazioni cui il credito è compreso, aumentata della metà”; l’art. 4, infine, ha sostituito il secondo comma dell’art. 1815 c.c., nel senso che “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.
La questione è oggetto di ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale.
Sotto quest’ultimo profilo, l’orientamento prevalente – e condiviso da chi giudica – fra i giudici di merito, ma, a quanto pare ormai, anche di legittimità (cfr. CASS. 2 febbraio 2000 n. 1126 e 22 aprile 2000 n. 5286), è per l’immediata applicabilità della legge 108, e delle soglie via via indicate nella Gazzetta Ufficiale, nei rapporti di mutuo, quantomeno “limitatamente alla regolamentazione di effetti ancora in corso”.
Nel caso de quo, ferme restando le somme riscosse, legittimamente stante la lettera del contratto stipulato, prima dell’iniziale rilevazione ministeriale, per quelle successive, ed oggetto della presente esecuzione, va valutato il superamento del tasso – soglia, avvenuto, per quanto riconosciuto dalla stessa difesa della creditrice opposta (fol. 10 comparsa di costituzione), laddove vengano ricompresi, nel calcolo, gli interessi di mora, applicati ai sensi dell’art. 3 del capitolato di patti e condizioni allegato al contratto.
La tesi di una loro non ricomprensione, propugnata dalla stessa difesa, attesa la loro natura marcatamente afflittiva, finalizzata a consentire una liquidazione automatica, e forfetaria, del danno da inadempimento, quindi differente rispetto a quella degli interessi corrispettivi appare non condivisa dalla S.C., nella cit. sentenza n. 5286/2000, a prescindere dall’entità del superamento del tasso – soglia.
Ne consegue, sotto quest’ultimo profilo, la concorrenza di gravi motivi per aderire alla richiesta di sospensione della esecuzione, ai sensi dell’art. 624, comma primo, c.p.c..
Ciò posto, però, non deve sfuggire che, se controversa è la questione dell’ammontare complessivo dovuto a
La S.C. ha, infatti, più volte affermato che l’intimazione di precetto per somma superiore a quella dovuta non produce la nullità di esso, dando luogo soltanto ad una riduzione della somma domandata, nei limiti di quella dovuta, rettifica validamente operabile nel corso del giudizio di esecuzione, senza che il precetto perda validità.
Come evidenziato dai Giudici di legittimità, se il legislatore non ha previsto, espressamente, la possibilità di sospendere parzialmente, l’esecuzione, la sospensione è prevista in un caso talmente simile a quello in esame (ult. comma dell’art. 624 cit.), che, per l’identità di ratio, può ben essere disposta anche in quest’ultimo (cfr., ad es., Cass. nn. 2938/1992, 1874/1993).
Si tratta d’impostazione chiaramente orientata all’esigenza di evitare che, per assurdo, venga sospesa totalmente l’esecuzione in caso di minimi errori per eccesso, contenuti nell’atto di precetto e giustificata anche dal fatto che, comunque, anche in caso di discrepanze maggiori, sarebbe incongruo addivenire alla sospensione totale, atteso che, fin quando il credito titolato non è semplicemente estinto per capitale, interessi e spese, sussiste ancora, in capo al creditore, il diritto di procedere ad esecuzione forzata (così, ad es., Pret. Torino, ord. 6 marzo 1996, De Benedetti c. Banco Ambrosiano).
P.T.M.
visto l’art. 624 c.p.c.,
sospende l’esecuzione per l’importo eccedente la sorte capitale in precetto, pari complessivamente a £. ……., oltre interessi, se ed in quanto dovuti, dalle varie date indicate per i singoli mutui, sino al soddisfo.
Visti gli artt. 616 e 180 c.p.c., fissa la prima udienza di trattazione, avanti a sé, per il ……….,
Parma, il 7 agosto 2000.
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