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Di Maurizio Tidona, Avvocato
E’ prassi bancaria consentire al cliente, talora occasionalmente, talora in modo ripetuto, di superare i limiti del fido concesso (ovvero anche di operare sul conto corrente “allo scoperto”, senza cioè che sia stato formalizzato un apposito contratto di apertura di credito); accade allora che il cliente, confidando nel comportamento permissivo della banca, continui ad operare emettendo assegni sul conto corrente privo invece della necessaria disponibilità.
In questa ipotesi – avendo la banca confermato con una ripetuta “tolleranza” l’aspettativa del credito nel cliente – è poi tenuta “legalmente” ad onorare gli assegni emessi dallo stesso?
Deve precisarsi che non esiste nella nostra legislazione un diritto al credito, per cui un obbligo in capo alla banca di pagare gli assegni emessi oltre i limiti del fido deve ricavarsi da principi di diritto comune.
Un tale obbligo potrebbe farsi derivare sostenendo che il consentire in maniera continuata uno “sconfinamento” dai limiti del fido è comportamento idoneo a modificare il contratto di apertura di credito (ovvero a costituire addirittura il vincolo contrattuale, in mancanza di una esplicita originaria dichiarazione di volontà [n.d.r. si veda l’articolo di dicembre 1999 “Il rigido formalismo dei contratti bancari: tra verità ed elusione”]) oppure, ancora, riferendosi agli obblighi di buona fede e correttezza nel contratto imposti alle parti e di cui agli artt. 1175 e 1375 del cod. civ.
In giurisprudenza alcune sentenze statuiscono che il comportamento della banca che effettuerebbe anticipi superiori ai limiti del fido, non genererebbe l’obbligo di pagare gli assegni bancari emessi dal cliente “allo scoperto”: si ravviserebbe difatti una concessione accordata di volta in volta, saltuariamente e con piena discrezionalità della banca (Cass. civ. 7/10/70, n. 1832, BBTC, 1971, II, 185).
Altre decisioni – maggiormente approfondite – distinguono tra “mera tolleranza” da parte della banca e comportamento dal quale possa invece desumersi una univoca volontà, anche implicita e cioè tacita, della banca di modificare l’ammontare del fido; netta comunque la precisazione che: “la mera tolleranza nell’accettazione del superamento del limite del fido concesso, non crea il diritto all’abuso rappresentato dalla emissione di assegni privi di copertura”; l’obbligo di comportamento secondo buona fede è difatti reciproco e deve essere valutato anche il prolungato e reiterato, accertato, abuso da parte del cliente dell’altrui tolleranza, proprio in virtù di quei principi di buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali che impongono ad entrambi i contraenti un certo comportamento (Cass. civ. 25/10/77 n. 4563, BBTC, 1978, II, 18).
Il Tribunale di Milano ha infine riconosciuto in una particolare fattispecie che dal comportamento della banca possa sorgere per il cliente una “aspettativa di credito”, e, conseguentemente, la banca violerebbe gli obblighi di diligenza su di essa gravanti, allorché rifiutasse di onorare assegni privi di provvista, nel caso di specie “di importo minimo” e nella considerazione delle gravi conseguenze negative conseguenti al “protesto” (Trib. Milano 14/1/88, BBTC, 1989, II, 486).
E’ quindi necessario valutare le esatte circostanze e ricavare – di volta in volta – i principi eventualmente da tutelare e sempre nella considerazione dell’intero assetto negoziale.
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