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24 Febbraio 2006 In Diritto bancario

La tutela dei terzi creditori nelle operazioni di Fusione

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Di Marco Solferini

24 febbraio 2006

Indice

Prima parte: Il diritto di opposizione dei terzi creditori sociali.

Parte seconda: Il ruolo della perizia.

Parte terza: Il decorso dei 60 giorni con particolare riguardo alla c.d. sospensione feriale.

Premessa

Con la riforma del diritto societario un ruolo di particolare attenzione è stato attribuito alle operazioni di fusione, una razionalizzazione che ha inevitabilmente posto al centro, fra l’altro, la tutela prestata nei confronti dei terzi creditori sociali, alcuni argomenti sono dibattuti nella realtà attuale, soprattutto alla luce del crescente numero di fusioni in essere o pianificate. Ritengo che una valida forma revisionale degli effetti che, post fusione, potrebbero interessare i terzi creditori societari, non possa prescindere da un anamnesi esaustiva dei contenuti dell’atto di fusione, in seno a quella che, per il tramite della relazione degli amministratori, rappresenterà una garanzia di “credere” nello sviluppo di un determinato business. La più gran parte della finanza capitalistica, consolidatasi dopo la fase emergente degli anni 80, ritiene che il business plan e l’operazione di budgeting economico finanziaria, sia inevitabilmente orientata verso la creazione di flussi di cassa, in parte determinati dalle strategie aziendali e in altra misura rafforzati o indeboliti, dai contenuti di politiche nazionali o internazionali, di carattere economico. La tutela dei terzi creditori è orientata esclusivamente all’anamnesi dei contenuti microeconomici circa la realtà in fase di sviluppo. Tipico esempio può essere rappresentato dal venire meno di una serie di garanzie di carattere immobiliare a copertura di una linea di credito.

Ritiene questo scrittore che la riforma del diritto societario sia da condividere nel merito della salvaguardia dell’interesse dei creditori nelle operazioni di trasformazione, fusione e scissione, perché ne sono stati accentuati i dati economici premianti della cultura del management. Un investitore istituzionale, ma anche un terzo creditore che non possegga i requisiti di professionalità e tuttavia partecipi al capitale dell’azienda, devono entrambi possedere uno spirito della categoria più tipica: il raider. L’opportunismo non è una mendacio sotto forma di speculazione, ma una naturale conseguenza della necessità di sopravvivenza che i mercati impongono a coloro che dei mercati vogliono essere parte.

La cultura di impresa è sempre formativa.

Anche per i creditori.

Parte Prima: Il diritto di opposizione dei terzi creditori.

La regola base fissata dall’art. 2503[1], offre una maggiore garanzia ai terzi creditori sociali nel momento in cui riconosce a quest’ultimi la possibilità, nei successivi 60 giorni dal deposito della delibera di fusione, di opporsi alla medesima, qualora dalla stessa rinvengano un pregiudizio concreto e dimostrato, del proprio credito. Qualora non ricorrano le eccezioni fissate dalla legge, per effetto del richiamo operato dall’art. 2503 all’art. 2445[2] il Tribunale può comunque disporre che la fusione abbia seguito nel caso in cui ritenga infondato il pericolo palesato o la società abbia prestato idonea garanzia. Alla luce di quanto espresso appare evidente che il creditore sociale possiede una duplice forma di garanzia ricollegabile all’evento fusione:

1) Un credito certo ed esigibile, dimostrato nel quantum che rinviene, per effetto dell’operazione di fusione, un pregiudizio concreto, laddove quest’ultimo dev’essere dimostrabile con documentazione precisa e concordante.

2) Un credito certo, esigibile, ma condizionato al verificarsi di un determinato evento, circostanza in cui sarà necessario dimostrare che quell’evento o altro di identica natura non si produrrà o subirà una più accentuata difficoltà a realizzarsi, per effetto della fusione.

Un azione azzardata può annacquare il diritto del terzo creditore, ben dovrà quest’ultimo analizzare, in termini fattivi e pragmatici, i contenuti empirici della fusione.

Si ritiene che un peso analogo possano avere le circostanze di lacunosità o presunte tali che si possano rinvenire dalla documentazione depositata. Tuttavia, la norma stabilisce altresì che si derogano ai 60 giorni qualora:

Vi sia il consenso dei creditori.

Si effettua il pagamento o il deposito presso una banca, in favore dei creditori dissenzienti.

La relazione degli esperti è stata redatta da una stessa società di revisione per tutte le società coinvolte e questa attesta la non necessità di garanzia.

Il tribunale competente è quello in cui ha sede la società deliberante. Qualora l’atto di fusione fosse stipulato, lo stesso sarebbe inefficace, qualora invece alla fusione partecipino più società la stessa fusione sarà inefficace, limitatamente alla società debitrice dell’opponente.

Particolare valore non potrà non avere la relazione degli esperti, nel merito della effettiva difficoltà che la società potrebbe rinvenire nel sanare i debiti ancora in essere. Dispone l’art. 2501 sexies[3] che gli esperti sono chiamati ad esprimere un parere sull’adeguatezza del metodo o dei metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio e sull’importanza relativa attribuita a ciascuno di essi nella determinazione del valore, analizzando l’operato degli amministratori.

Il legislatore non individua un metodo preciso e specifico seguito per determinare una valutazione da parte del revisore, il che significa che lo stesso è chiamato ad operare con il proprio, che riterrà il più consono, tuttavia nel caso di più società coinvolte, dovrà essere quantomeno concordata l’unanimità della valutazione operata nel merito della metodologia applicata, giacché è altresì possibile che le stesse società partecipanti provengano da analisi contabili differenti, essendosi avvalse di metodi difformi.

Possono in questo caso essere utili, prima dell’opera di fusione in senso stretto, una omogeneizzazione dei contenuti sulla base delle indicazioni ricavabili dall’U.E. e dall’O.C.S.E.

La ratio di base è sempre quella di fornire ai creditori sociali la possibilità di disporre di un termine ampio per valutare i contenuti e altresì per poter condividere, in termini di conoscenza, gli stessi. Non vi rientra categoricamente una valutazione di opportunità circa gli esiti dell’operazione sul mercato. Ritengo che per un analisi del background circa la differenza fra fusione di valori e intenzioni di business, post fusione è opportuno leggere con attenzione i contenuti della fusione operata dalla HP con Compaq, fortemente voluta dall’A.D. Carly Fiorina. Oggi tale fusione ha subito una involuzione.

Parte Seconda: Il ruolo della perizia

La questione si pone della massima importanza laddove si consideri che nella valutazione oggettiva si dovrà considerare fino a che punto le affermazioni del terzo sono da considerarsi precise e concordanti, tali da far si che il processo di fusione non possa avere seguito, poiché lo stesso recherebbe pregiudizio al creditore. Di qui la necessità che il creditore medesimo offra ampia e precisa prova non solo del credito vantato, ma anche del perché lo stesso soffrirebbe di una precarietà maggiore rispetto a quella attuale, ammesso che ve ne sia una, in seno alla sua solvibilità.

Il pregiudizio pertanto chiama direttamente in causa non soltanto un criterio di bilancio come si potrebbe evincere dal mero riscontro contabile operato nel primo documento post fusione, ma anche sull’opportunità implicita che l’operazione stessa venga portata a termine dagli amministratori e nei termini in cui ciò si realizzi.

Comprensibile è che la relazione degli esperti svolga il ruolo di bilanciere, su tale valutazione, tuttavia sul tema si palesa una evidente difformità di interpretazioni.

Il Tribunale di Milano ha affermato che la valutazione peritale non è ad esclusiva tutela del socio, bensì anche a garanzia dei terzi creditori e che pertanto, i soci non possano rinunciare al giudizio degli esperti, qualora ritengano di avere già sufficienti informazioni ed elementi di giudizio. Diversamente, recentemente si è espresso il Consiglio Notarile di Milano che sostiene l’esatto contrario.

Considerazioni I

Ritengo che alla luce del fatto che i terzi creditori sociali dovranno offrire una prova molto concordante circa il maggior rischio che verrà a soffrire il proprio diritto di vedersi sanato il credito post fusione, la relazione può essere d’aiuto per una più congrua ed esaustiva comprensione dei contenuti, tuttavia questa non dev’essere basilare ed esclusiva. In alcune circostanze, anche alla luce della relativa giovinezza della riforma, la rinuncia preventiva può non essere nell’interesse dei creditori sociali, quantunque nell’interesse dei soci, operando una forma di discrasia. Le più recenti diatribe sorte prima dell’intervento del legislatore sulle operazioni di leveraged buy out hanno forse suggerito che almeno nella fase iniziale è meglio operare con maggior prudenza, forse pure in danno a una fluidità più accentuata.

Parte Terza: Il decorso dei 60 giorni con particolare riguardo alla c.d. sospensione feriale

Recentissima massima del consiglio notarile di Milano ha affermato che “decorsi 60 giorni dall’ultima iscrizione nel registro delle imprese delle relative delibere l’atto di fusione può essere ricevuto e quindi depositato per l’iscrizione pur non essendo trascorso l’ulteriore periodo in cui il termine di opposizione dei creditori sociali sarebbe maggiorato in caso di applicazione della sospensione feriale”. Sostenendo la tesi che l’atto di opposizione da parte dei creditori sociali può essere proposto anche per via stragiudiziale (ma non elusivamente) non vi sarebbe motivazione alcuna per sospendere il termine di 60 giorni, relativo al periodo feriale.

Contrariamente a ciò si pongono antecedenti sentenze che invece ritengono come codesto periodo debba essere conteggiato, in quanto l’azione dei creditori sociali dovrebbe essere esperita esclusivamente per via giudiziale[4].

E’ bene certamente riflettere sul fatto che l’art. 2503 opera un espresso rinvio all’art. 2445; nella logica della procedura civile certamente il Chiovenda non condividerebbe l’ipotesi posta dal Notariato, vero è tuttavia che dal celebre saggio che il Giurista rese in Bologna la Dotta molto tempo è trascorso e tante sono le incertezze interpretative che il tempo ha realizzato.

Considerazioni II

Una riflessione di stile non potrà non considerare che le operazioni di fusione non possono essere assimilate esclusivamente sotto la pur vasta e comprensiva alea della codicistica, una parte di esse sono frutto di esigenze di carattere aziendalistico ed imprenditoriale con una forte tendenza alla localizzazione della cultura d’impresa. In lacune circostanze siamo in presenza di una tale elaborazione di contenuti che pur essendo minoritarie per numero, possono rappresentare un business estremamente grande e diversificato. Si pensi alla differenza che vi può essere fra un operazione di fusione fra due società armatoriali laddove la garanzia di esigibilità del credito sia rappresentata, per i terzi creditori, dalla proprietà fisica dei beni. Questa è una circostanza molto tipica e una tempistica, soprattutto se riguardante società quotate su mercati regolamentati, potrebbe suggerire un azione immediata a tutela dei terzi creditori forse meglio esperibile nello stragiudiziale, del resto non è lontano il giorno in cui, nella sede della Enron, venivano pignorate le automobili nei parcheggi interni alla società, nel momento medesimo in cui i dipendenti licenziati, uscivano con sedie e computer in mano. Altro e diverso è il caso in cui a fondersi siano due società biotecnologiche attive nella sequenziazione del dna, una delle quali abbia un paracadute finanziario teso a coprire i costi fino a quando una determinata molecola, in fase di studio, non consentirà il realizzo di un farmaco, da commercializzare. In questo caso l’aspettativa del credito dei terzi si basa in larga parte sulla diluizione che tale paracadute potrebbe avere nel momento in cui, all’incertezza della pratica applicativa dello studio scientifico, si aggiungano i potenziali altri costi della società, con la quale ci si fonde. In questa seconda ipotesi la via giudiziaria appare preferibile nel momento in cui la coincidenza di termini, troppo prossimi al periodo feriale potrebbe, data la complessità della fattispecie, favorire un eventuale mendacio ai danni dei creditori. Non dimentichiamo mai che nel nostro sistema costituzionale la Magistratura è garante dei diritti e dell’applicazione corretta delle norme di legge. Le operazioni di leveraged buy out si pongono inoltre come particolarmente rischiose dato l’ingente mole di indebitamento su cui si basano, per il realizzarsi della fusione, in questo caso è evidente che una pianificazione prossima al periodo estivo renderebbe più difficoltoso l’esercizio del diritto o potrebbe renderlo tale.

Siccome gli indirizzi sopra citati provengono da autorevolissime fonti, la cui indiscussa capacità di comprendere la realtà attuariale, premia un sistema storico di elaborazione di garanzie per i terzi, l’auspicio è che si giunga presto ad una soluzione interpretativa mediata che renda o quanto meno offra in maggior parte onore alle differenziazioni del caso. Il dialogo e la libera espressione del resto hanno sempre fatto si che questo accadesse, di ciò tutti, creditori e soci, possono essere ampiamente fieri.

Chiudo con una breve nota di stile a titolo personale. Ritengo che l’attenzione posta dalle massime istituzioni giuridiche e dal Notariato, sia un esempio straordinariamente evidente di quanto in Italia il progresso nella lettura e nell’adeguamento di tematiche economiche sia presente, ai massimi livelli. Non è vero ciò che il luogo comune a volte sintetizza con il malvezzo di un Paese stanco, lento e incapace di adeguarsi. E’ invece del tutto evidente come vi sia una particolare attenzione, progressista e creativa, certamente intelligente, da parte di tutti i soggetti coinvolti. Ritengo che di questo ogni lettore debba essere consapevole. Nelle Istituzioni giuridiche c’è garanzia di democrazia e molta voglia di fare bene.

Un ringraziamento speciale al Professor Renzo Costi per essere stato il mio relatore durante la tesi di laurea in Diritto dei Mercati Finanziari con titolo: L’attività di collocamento dei prodotti finanziari.

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