© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza una espressa autorizzazione scritta. È consentito il link diretto a questo documento.
Di Maurizio Tidona, Avvocato
29 marzo 2013
La capitalizzazione degli interessi bancari (il c.d. anatocismo bancario) determina l’applicazione di interessi c.d. composti, invece dell’applicazione di interessi passivi semplici, in quanto computati sul solo capitale originario.
L’illegittimità della capitalizzazione degli interessi nei rapporti bancari, è principio consolidato sia dalla giurisprudenza di legittimità sia da quella di merito, che ne sanciscono la rilevabilità anche d’ufficio (tra le altre: Cass. Civ., sez. I, sent. n. 19882 del 13/10/2005; Cass. Civ., sez. I, sent. n. 4095 del 25/02/2005; Cass. civ., Sez. Unite, sent. n. 21095 del 04/11/2004, Cass. civ., sez. I, sent. n. 4490 del 28/03/2002; Cass. civ., sez. I, sent. n. 1287 del 01/02/2000; Cass. civ., sez. I, sent. n. 15706 del 12/12/2001; Cass. civ., sez. I, sent. n. 6263 del 04/05/2001; Cass. Civ., sez. I, sent. n. 12507 del 11/11/1999; Cass. Civ., sez. I, sent. n. 3845 17/04/1999; Tribunale di Termini Imprese, sent. del 05/02/2003; Tribunale di Napoli, sent. del 27/11/2002; Tribunale di Reggio Calabria, sent. del 28/06/2002; Tribunale di Brindisi, sent. del 13/05/2002; Corte d’Appello di Milano, sent. del 06/03/2002; Tribunale di Milano, sent. del 08/02/2001; Tribunale di Napoli, sent. del 17/12/2002; Tribunale di Genova, sent. del 10/07/2000; Tribunale di Firenze, sez. III, sent. del 27-11-2006, Tribunale di Bari, sez. I, sent. n. 1803 del 28-06-2006 ).
L’illegittimità della capitalizzazione degli interessi non si estende soltanto a quella trimestrale, ma riguarda ogni differente periodicità.
Ogni dubbio sulla possibile validità della capitalizzazione annuale o semestrale, in sostituzione automatica di quella trimestrale, è stato definitivamente risolto dal recente intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, le quali, con la sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010, hanno stabilito che la nullità del sistema di capitalizzazione trimestrale degli interessi non può comportare l’automatica sostituzione con una differente periodicità, quale quella annuale.
Dunque la nullità riguarda non soltanto il sistema di contabilizzazione trimestrale, ma qualsiasi altra differente periodicità.
Così in particolare si è pronunciata la Suprema Corte nella sentenza citata:
“L’interpretazione data dal giudice di merito all’art. 7 del contratto di conto corrente bancario, stipulato dalle parti in epoca anteriore al 22 aprile 2000, secondo la quale la previsione di capitalizzazione annuale degli interessi contemplata dal primo comma di detto articolo si riferisce ai soli interessi maturati a credito del correntista, essendo invece la capitalizzazione degli interessi a debito prevista dal comma successivo su base trimestrale, è conforme ai criteri legali d’interpretazione del contratto ed, in particolare, a quello che prescrive l’interpretazione sistematica delle clausole; con la conseguenza che, dichiarata la nullità della surriferita previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c. (il quale osterebbe anche all’eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna”.
Si ritiene che gli addebiti imposti dalla Banca a titolo di capitalizzazione degli interessi devono essere sottratti al saldo debitorio per tutta la durata dei rapporti e dunque anche per il periodo successivo alla data del 30 giugno 2000, corrispondente al termine ultimo stabilito dalla Delibera CICR del 9 febbraio 2000 (“Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria”) per l’adeguamento, nei contratti a tale data già in essere, alle disposizioni contenute nella Delibera medesima.
L’art. 2 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000 ha previsto espressamente che nel conto corrente l’accredito e l’addebito degli interessi avvenga sulla base di tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti e che il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalità.
La capitalizzazione degli interessi è quindi possibile per i rapporti successivi all’entrata in vigore della Delibera CICR, purchè sia contrattualmente prevista una medesima periodicità per la capitalizzazione sia degli interessi passivi e sia degli interessi attivi.
In relazione ai contratti già in essere alla data di entrata in vigore della richiamata Delibera CICR l’art. 7 del provvedimento ha previsto espressamente che le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della Delibera dovessero essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 ed i relativi effetti si sarebbero prodotti dal 1° luglio 2000.
In particolare poi all’art. 7, comma 3 così è stato disposto:
“Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela”.
Il richiamo alle “condizioni precedentemente applicate”, riportato nell’art. 7 della Delibera, deve essere ricondotto alla nullità dell’anatocismo trimestrale, risultante dalla normativa vigente (l’art. 1283 c.c.) – oltre che dalla costante giurisprudenza – e precedente alla Delibera medesima, con ciò verificandosi un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate e dunque richiedendosi una espressa approvazione scritta da parte del cliente.
Se difatti per il periodo antecedente all’entrata in vigore della Delibera CICR la capitalizzazione periodica è ritenuta illegittima in forza della normativa e della giurisprudenza richiamata, è evidente che una previsione che legittimi la capitalizzazione a decorrere dal 1° luglio 2000, comporti un evidente peggioramento delle condizioni in essere a tale data.
Con la sentenza n. 425/2000 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 25, comma 3 del d. lgs. 342/99 nella parte in cui aveva stabilito la validità ed efficacia – sino all’entrata in vigore della Delibera CICR – delle clausole contrattuali precedentemente stipulate e che prevedevano una periodica capitalizzazione degli interessi.
Per effetto dell’intervento della Corte Costituzionale è conseguito che le clausole anatocistiche, in base al principio che regola la successione delle leggi nel tempo, restano disciplinate dalla normativa antecedentemente in vigore: dunque sono soggette a nullità, in quanto in aperta violazione dell’art. 1283 c.c.
Così difatti si è pronunciata la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 21095/2004):
“In tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi per il cliente, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 425/00, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 76 Cost., l’art. 25, comma terzo, D. lgs. n. 342/99, il quale aveva fatto salva la validità e l’efficacia – fino all’entrata in vigore della Delibera CICR di cui al comma 2 del medesimo art. 25 – delle clausole anatocistiche stipulate in precedenza, siffatte clausole, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sono disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi sono da considerare nulle in quanto stipulate in violazione dell’art. 1283 c.c.”
Quindi per i contratti già in essere all’entrata in vigore della Delibera CICR, l’applicazione di una periodica capitalizzazione degli interessi – seppure con pari periodicità per gli interessi passivi e per quelli attivi – comporta evidentemente un peggioramento delle condizioni, con la conseguente necessità di una previsione scritta ed approvata dal cliente ex art. 7 della Delibera CICR.
In difetto, si ritiene, nessuna periodica capitalizzazione può essere ritenuta legittima, neppure per il periodo successivo al 30 giugno 2000.
Così sul punto la giurisprudenza del Tribunale di Milano:
“La ritenuta nullità comporta l’esclusione di ogni capitalizzazione, in quanto non si rinviene nella normativa alcun criterio sussidiario che legittimi una capitalizzazione seppur a periodicità maggiore del trimestre; non è possibile il richiamo all’art. 1831 c.c. (relativo al conto corrente ordinario) laddove l’art. 1857 c.c. ne esclude espressamente l’applicabilità al conto corrente bancario. Ciò non solo per il periodo anteriore all’entrata in vigore del d. lgs. 4.8.1999 n. 342, in particolare l’art. 25 comma 2, e della delibera CICR attuativa, ma anche successivamente. Non risultano infatti espresse successive pattuizioni tra le parti in relazione alla previsione di una capitalizzazione paritaria tra interessi attivi ed interessi passivi” (Tribunale di Milano, sez. VI, G.U. dott.ssa Alda Maria Vanoni, sentenza n. 1554 del 06/02/2008).
E ancora, la giurisprudenza di altri fori:
“Invero, tenuto conto che per le ragioni esposte la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori fino alla citata modifica legislativa doveva ritenersi in radice nulla, con esclusione pertanto di qualsiasi capitalizzazione degli interessi, va da sé che, nel momento in cui la banca, senza concludere un nuovo contratto, ma intervenendo unilateralmente sulle originarie previsioni negoziali, modifica la periodicità di capitalizzazione dei frutti creditori al fine (nella sua intenzione) di “sanare” e salvare l’originaria clausola relativa alla capitalizzazione trimestrale degli interessi, che altrimenti – come detto – sarebbe nulla, introduce una variazione del tasso di interesse sfavorevole al cliente: ebbene, detta condotta, non risultando alcuna previsione per iscritto rilasciata in tal senso dal cliente medesimo, non è legittima e la relativa nuova clausola risulta nulla ai sensi dell’art. 117 del TUB” (Tribunale di Venezia, sent. del 22 gennaio 2007; conf.: Tribunale di Benevento, sent. n. 252 del 18 febbraio 2008; Tribunale di Padova, sentenza del 27 aprile 2008).
Quand’anche si sostenesse che l’adeguamento, nei contratti antecedenti all’entrata in vigore della Delibera CICR, alle previsioni relative alla capitalizzazione degli interessi e di cui alla Delibera medesima, non comporti un peggioramento delle condizioni in essere, egualmente dovrebbero essere decurtati tutti gli importi addebitati dalla Banca a titolo di interessi capitalizzati, anche successivamente alla data del 1° luglio 2000.
Difatti l’art. 7 comma 2 della Delibera CICR ha previsto che se le nuove condizioni non avessero comportato un peggioramento di quelle precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari avrebbero dovuto provvedere all’adeguamento entro il termine del 30 giugno 2000 in via generale mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Così però conclude l’art. 7, comma 3: “Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000”.
Quindi, indipendentemente dalla avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle nuove condizioni applicate, le banche avevano l’obbligo di comunicare per iscritto ai clienti l’avvenuta applicazione delle nuove condizioni entro il termine del 31 dicembre 2000. E la prova di tale comunicazione incombe sulla banca.
Se così non sia stato nessuna capitalizzazione degli interessi è dovuto, neppure per il periodo successivo al 30 giugno 2000.
Rivista di Diritto Bancario Tidona - www.tidona.com - Il contenuto di questo documento potrebbe non essere aggiornato o comunque non applicabile al Suo specifico caso. Si raccomanda di consultare un avvocato esperto prima di assumere qualsiasi decisione in merito a concrete fattispecie.
Le informazioni contenute in questo sito web e nella rivista "Magistra Banca e Finanza" sono fornite solo a scopo informativo e non possono essere ritenute sostitutive di una consulenza legale. Nessun destinatario del contenuto di questo sito, cliente o visitatore, dovrebbe agire o astenersi dall'agire sulla base di qualsiasi contenuto incluso in questo sito senza richiedere una appropriata consulenza legale professionale, da un avvocato autorizzato, con studio dei fatti e delle circostanze del proprio specifico caso legale.