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Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia
Nel 1983, in seguito a una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, fu istituita la Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (World Commission on Environment and Development), con l’obiettivo di definire “un’agenda globale per il cambiamento”.
La Commissione, presieduta dalla norvegese Gro Harlem Brundtland, pubblicò nel 1987 un rapporto (c.d. Rapporto Brundtland) in cui si sottolineava la necessità di conciliare lo sviluppo economico con la tutela dell’ambiente, definendo sostenibile uno sviluppo in grado di soddisfare “i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.
Il concetto di sostenibilità, legato inizialmente alla tutela dell’ambiente, si è evoluto negli anni con il maturare della consapevolezza che un modello di crescita economica sostenibile debba tener conto anche di considerazioni di tipo sociale e di governance dei soggetti chiamati a prendere decisioni.
L’interdipendenza tra lo sviluppo sostenibile e gli aspetti di natura ambientale, sociale e di governo societario (Enviromental, Social, Governance, ESG factors) è riconosciuta a livello internazionale, tant’è che ad essa hanno fatto riferimento gli accordi e i trattati globali via via sottoscritti. Tra questi, l’Accordo di Parigi del 2015[1], che ha sancito l’impegno comune di contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2° C rispetto ai livelli preindustriali, e l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, sottoscritta nel settembre 2015 da 193 paesi membri delle Nazioni Unite, che ha portato alla definizione di un nuovo quadro di riferimento per lo sviluppo sostenibile improntato al principio dell’integrazione e del bilanciamento delle sue tre dimensioni[2].
Dopo la firma degli Accordi di Parigi e dell’Agenda 2020, l’Unione Europea ha posto al centro delle sue politiche il tema della sostenibilità, con l’obiettivo di realizzare la transizione verso modelli di crescita attenti alle problematiche ambientali.
Nel dicembre 2016 la Commissione europea ha costituito un gruppo di esperti (c.d. High Level Expert Group on Sustainable Finance, HLEG), con il compito di elaborare delle linee guida per lo sviluppo della finanza sostenibile. Ciò al fine di orientare il mercato europeo dei capitali verso il finanziamento dei progetti che favoriscano una crescita economica sostenibile.
L’HLEG ha diffuso a luglio 2017 un rapporto provvisorio, che è stato sottoposto a consultazione pubblica, e ha pubblicato a gennaio 2018 una relazione finale, contenente otto raccomandazioni ritenute funzionali allo sviluppo della finanza sostenibile.
Sulla base delle suddette raccomandazioni, a marzo 2018 la Commissione europea ha pubblicato il “Piano d’azione per il finanziamento della crescita sostenibile”[3] (Action Plan on Financing Sustainable Growth) nel quale vengono individuate dieci azioni prioritarie da intraprendere[4] per la realizzazione di un sistema finanziario idoneo a promuovere uno sviluppo autenticamente sostenibile sotto il profilo ambientale, sociale ed economico, contribuendo così ad attuare l’Agenda 2030 e l’Accordo di Parigi. Tre sono gli obiettivi della strategia comunitaria: i) riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili per realizzare una crescita sostenibile e inclusiva; ii) gestire i rischi derivanti dal cambiamento climatico e dal degrado ambientale; iii) promuovere la trasparenza e una visione a lungo termine dell’economia.
L’impegno delle Istituzioni europee verso la sostenibilità ha acquisito ulteriore slancio nel 2019 con l’European Green Deal, contenente un serie di misure mirate al raggiungimento dell’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, e nel 2020 con il programma straordinario Next Generation EU (NGEU), volto a favorire la ripresa dalla crisi economica e sociale innescata dalla pandemia da COVID 19[5].
In attuazione dell’Action Plan e in considerazione della crescita significativa che il mercato della finanza sostenibile aveva registrato negli ultimi anni[6], il 24 maggio 2018 la Commissione ha presentato un primo pacchetto di misure volte a promuovere una finanza sostenibile, denominato “Sustainable Finance Package”, che comprendeva:
1) una proposta di regolamento sull’introduzione di nuovi obblighi di trasparenza (disclosure) per gli intermediari in merito alle modalità adottate per l’integrazione dei fattori ESG nelle scelte di investimento e nell’attività di consulenza, che ha portato all’approvazione del Regolamento (UE) 2019/2088;
2) una proposta di regolamento relativa alla tassonomia delle attività ecosostenibili, ossia di un sistema condiviso di classificazione e certificazione dei prodotti e servizi considerati sostenibili in grado di ridurre il rischio di pratiche scorrette (greewashing)[7], che ha portato all’approvazione del Regolamento (UE) 2020/852;
3) una proposta di modifica del Regolamento (UE) 2016/1011 per l’introduzione di due nuovi parametri di riferimento (low carbon e positive carbon impact), che tengano conto di alcuni aspetti di sostenibilità ambientale, che ha portato all’approvazione del Regolamento (UE) 2019/2089;
4) una consultazione pubblica sulle modifiche apportate agli atti delegati adottati per l’attuazione della Direttiva 2014/65/UE (MiFID II) e della Direttiva (UE) 2016/97 (Insurance Distribution Directive, IDD), che richiedono agli intermediari di considerare obbligatoriamente, nella valutazione di adeguatezza, le preferenze della clientela per i fattori ESG.
Il Regolamento 2019/2088 (c.d. Regolamento Disclosure), entrato in vigore il 10 marzo 2021, introduce obblighi informativi armonizzati in capo ai partecipanti ai mercati finanziari[8] e ai consulenti finanziari[9] sulla divulgazione di informazioni sui temi di sostenibilità. L’obiettivo principale del Regolamento è quello di rafforzare la protezione degli investitori finali e migliorare l’informativa loro destinata riguardante i rischi di sostenibilità, gli obiettivi di investimento sostenibile e la promozione delle caratteristiche ambientali e sociali.
In breve, gli operatori e i consulenti finanziari devono comunicare sul sito web e nell’informativa precontrattuale informazioni sulle policy adottate per integrare i rischi di sostenibilità nei loro processi decisionali di investimento e i probabili impatti che detti rischi potrebbero avere sul rendimento dei prodotti finanziari. Se un soggetto finanziario decide di non tenere in considerazione i fattori e i rischi di sostenibilità deve spiegarne il motivo sul proprio sito web e nell’informativa precontrattuale in materia di sostenibilità.
Il Regolamento 2020/852 (c.d. Regolamento Tassonomia), entrato in vigore il 12 luglio 2020, fissa i criteri di ecosostenibilità delle attività economiche. In particolare, un’attività economica è considerata ecosostenibile se soddisfa quattro requisiti: a) contribuisce in misura significativa al raggiungimento di almeno uno dei sei obiettivi ambientali identificati dal regolamento[10]; b) non arreca un danno rilevante a nessun altro obiettivo ambientale; c) è svolta nel rispetto delle garanzie minime sul piano sociale; d) rispetta i criteri tecnici definiti dalla Commissione.
Il Regolamento si applica: i) alle misure adottate dall’Unione o dagli Stati membri che stabiliscono obblighi per i partecipanti ai mercati finanziari o gli emittenti in relazione a prodotti finanziari o obbligazioni societarie resi disponibili come ecosostenibili; ii) ai partecipanti ai mercati finanziari che mettono a disposizione prodotti finanziari; iii) alle imprese soggette all’obbligo di pubblicare una dichiarazione di carattere non finanziario o una dichiarazione consolidata di carattere non finanziario ai sensi dell’art. 19-bis o dell’art. 29-bis della Direttiva 2013/34/UE.
Il Regolamento 2019/2089 (c.d. Regolamento Benchmark) introduce due nuovi indici di riferimento: l’“indice di riferimento UE di transizione climatica” (EU climate transition benchmark) e l’”indice di riferimento UE allineato con l’Accordo di Parigi” (EU Paris-alligned benchmark). Nel primo benchmark le attività sottostanti sono selezionate in modo tale che le emissioni di gas serra del paniere di riferimento siano allineate con gli obiettivi di lungo termine previsti dall’Accordo di Parigi. Nel secondo benchmark le attività sottostanti sono selezionate, ponderate o escluse per creare un portafoglio che segua un percorso di decarbonizzazione in conformità con gli standard minimi stabiliti dal regolatore europeo.
Per consentire agli operatori di mercato di compiere scelte informate, il Regolamento ha introdotto inoltre l’obbligo per gli amministratori di benchmark di comunicare se tale indice persegua o meno obiettivi ambientali, sociali e di governance. Infine, per consentire ai gestori di attività di scegliere il parametro di riferimento più consono alla propria strategia di investimento, gli amministratori sono tenuti a descrivere la metodologia di selezione delle attività sottostanti e di misurazione delle emissioni di carbonio associate a ciascuna attività sottostante.
Negli anni successivi sono state promosse ulteriori iniziative in materia di finanza sostenibile, mirate a dare attuazione all’Action Plan del 2018.
Il 21 aprile 2021 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di comunicazione societaria sulla sostenibilità[11] (Corporate Sustainability Reporting Directive, CSRD), la quale richiede alle imprese non finanziarie di divulgare una serie di informazioni su rischi e impatti relativi ai temi di sostenibilità delle proprie attività aziendali, mediante la pubblicazione di un rapporto sulla sostenibilità (sustainability report).
La proposta di direttiva mira a rimuovere le criticità emerse dall’applicazione dell’attuale sistema di reporting delle informazioni non finanziarie disciplinato dalla Direttiva 2014/95/UE (Non-Financial Reporting Directive, NFRD)[12]; criticità riconducibili essenzialmente all’inefficacia delle pratiche di comunicazione sulla sostenibilità a corrispondere alla crescente domanda di dati e informazioni avanzata dagli investitori e alla mancanza di informazioni sufficientemente affidabili e comprensibili.
Tra le principali novità introdotte dalla proposta si segnalano le seguenti:
- ampliamento dell’ambito di applicazione soggettivo della Direttiva NFRD, estendendo gli obblighi di rendicontazione a tutte le imprese di grandi dimensioni (con almeno 200 dipendenti), quotate e non quotate, e alle PMI quotate, escluse le microimprese. Tale allargamento determinerà un aumento del numero dei destinatari delle nuove disposizioni da 11 a 50 mila;
- introduzione del principio della doppia materialità, in virtù del quale le informazioni da fornire saranno in grado di far comprendere da un lato come i fattori ESG influenzano lo sviluppo e le performance dell’impresa (prospettiva inside-out) e, dall’altro, di illustrare l’impatto delle attività aziendali sull’impresa e sull’ambiente esterno (prospettiva outside-inside);
- adozione di standard comuni di reporting, il cui sviluppo è stato affidato all’EFRAG (European Financia Reporting Advisory Group);
- assoggettamento a revisione delle informazioni ad opera di un ente esterno qualificato, secondo un metodo semplificato definito “limited assurance”.
In pari data, la Commissione ha adottato anche sei atti delegati modificativi relativi alla consulenza in materia di investimenti e assicurazioni e ai doveri fiduciari, allo scopo di garantire che le imprese finanziarie, i gestori di attivi o gli assicuratori tengano conto della sostenibilità nelle loro procedure e nella consulenza in materia di investimenti fornita alla clientela, nella valutazione dei propri rischi per la sostenibilità e in sede di progettazione dei loro prodotti.
Tali modifiche normative non mancheranno di produrre effetti significativi sui processi e le procedure degli intermediari, con particolare riguardo alle seguenti aree: i) i requisiti organizzativi e il processo di product government; ii) il processo di valutazione dell’adeguatezza; iii) la valutazione degli effetti degli investimenti ESG sulla gestione dei rischi; iv) l’individuazione e la gestione dei conflitti di interesse; v) la trasparenza e l’informativa alla clientela.
Il 6 luglio 2021 la Commissione ha presentato un secondo pacchetto di misure in tema di finanza sostenibile che comprende, tra l’altro, la Strategia per finanziare la transizione verso un’economia sostenibile (Strategy for financing the transition to a sostenibility economy)[13] e una proposta di regolamento sui green bond europei[14].
Muovendo dalla considerazione che dal 2018, anno di nascita del Piano d’azione per la finanza sostenibile, ad oggi il contesto globale è profondamento cambiato, la Commissione ritiene che occorra ridefinire il quadro strategico per la finanza sostenibile dell’Unione. La nuova strategia individua sei linee d’intervento per sostenere il processo di transizione.
La prima azione prevede di sviluppare un framework più completo per facilitare il finanziamento alla transizione di alcune attività che al momento non contribuiscono agli obiettivi di neutralità climatica. A tal fine, la Commissione esaminerà l’opportunità di presentare una proposta legislativa a sostegno di determinate attività economiche che concorrono a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, valuterà le diverse opzioni per un’estensione del quadro tassonomico oltre le attività sostenibili dal punto di vista ambientale per riconoscere eventualmente attività a un livello intermedio di prestazioni ambientali, adotterà due atti delegati, di cui uno per comprendervi le attività sostenibili escluse dal primo atto delegato sul clima (agricoltura e alcuni settori dell’energia) e l’altro per i restanti quattro obiettivi ambientali (acque, economia circolare, prevenzione e biodiversità).
La seconda azione è finalizzata a garantire una più ampia inclusività degli strumenti di finanza sostenibile. Per il raggiungimento di tale obiettivo, la Commissione valuterà, insieme all’Autorità bancaria europea, strumenti di supporto per facilitare l’introduzione di finanziamenti “green” entro il 2022 e aumenterà l’accesso delle PMI ai servizi di consulenza sulla finanza sostenibile, si adopererà per aumentare la copertura assicurativa contro i rischi di disastri ambientali e climatici, esaminerà eventuali ulteriori azioni per incoraggiare le soluzioni innovative offerte dalle tecnologie digitali per sostenere PMI e investitori, pubblicherà un report sulla tassonomia sociale entro la fine del 2021, rafforzerà gli strumenti di monitoraggio sulla spesa legata al clima e alla biodiversità, sosterrà i paesi membri che manifestano l’intenzione di riorientare il proprio bilancio nazionale verso priorità ecologiche.
La terza azione è volta a rafforzare il sistema economico e finanziario contro i rischi sostenibili esterni, adottando misure per garantire che i rischi ESG siano sistematicamente inclusi nei rating di credito e nelle prospettive di rating, proponendo modifiche al quadro di vigilanza prudenziale delle banche (CRD/CRR) e delle imprese di assicurazione (Solvency II) affinché tali rischi siano inclusi nei sistemi di gestione del rischio, rafforzando la cooperazione con le autorità di vigilanza europee e la BCE per individuare, monitorare e mitigare i rischi sistemici di sostenibilità che hanno un impatto a medio e lungo termine sulla stabilità finanziaria.
La quarta azione mira a rafforzare il contributo del sistema finanziario alla sostenibilità, prevedendo che: i) le istituzioni finanziarie segnalino al mercato i loro piani di transizione e decarbonizzazione, compresi gli obiettivi intermedi e a lungo termine; ii) i doveri fiduciari degli investitori e dei fondi pensione nei confronti dei beneficiari rispecchino anche i rischi ESG inside-out degli investimenti.
La quinta azione è orientata ad assicurare l’integrità del sistema finanziario e a monitorare la sua transizione ordinata verso la sostenibilità. Per impedire che il rischio di greenwashing si materializzi al crescere della domanda di investimenti sostenibili, con la conseguenza di generare una perdita di fiducia nei prodotti della finanza sostenibile e, più ingenerale, nel sistema finanziario, compromettendone la solidità, la Commissione prevede di: a) monitorare i rischi di greenwashing e riesaminare gli strumenti di vigilanza a disposizione delle autorità nazionali competenti, per garantire che i poteri, le capacità e gli obblighi di supervisione siano adatti allo scopo; b) assistere gli Stati membri nella valutazione del divario esistente negli investimenti interni all’UE e nello sviluppo di un sistema di monitoraggio per misurare i progressi compiuti dai settori finanziari nazionali; c) rafforzare la cooperazione tra tutte le Autorità e Istituzioni europee su un approccio comune per monitorare una transizione ordinata; d) istituire un forum di ricerca sulla finanza sostenibile per promuovere lo scambio di conoscenze tra i ricercatori e la comunità finanziaria.
Infine, la sesta azione si pone l’obiettivo di sviluppare iniziative e standard internazionali di finanza sostenibile. In tale ambito, la Commissione continuerà a cooperare con i propri partner nei forum internazionali per raggiungere un accordo su obiettivi e principi comuni per le tassonomie, proporrà di ampliare lo spettro di attività della Piattaforma per la finanza sostenibile[15], definirà una strategia globale per il rafforzamento della finanza sostenibile nei paesi membri dell’Unione, specie in quelli a basso e medio reddito, e per promuovere le emissioni di obbligazioni verdi.
Nel giugno 2019 il Technical Expert Group[16] ha pubblicato un rapporto proponendo la creazione di un EU Green Bond Standard europeo (EUGBS) per migliorare la trasparenza del mercato e la comparabilità dei prodotti, con l’obiettivo ultimo di aumentare il volume degli investimenti. Lo standard proposto, elaborato sulla base delle migliori pratiche di mercato, prevede che le risorse raccolte mediante l’offerta di un EUGB debbano essere utilizzate esclusivamente per finanziare progetti green. Inoltre, l’emittente dovrà pubblicare un “Green Bond Framework”, certificato da un soggetto esterno accreditato, contenente informazioni circostanziate sull’utilizzo delle risorse raccolte, sulla strategia seguita e sui processi.
Sulla scorta delle suddette raccomandazioni e al fine di incentivare il finanziamento degli investimenti sostenibili e la transizione verso un’economia a zero emissioni, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento sui green bond[17], preceduta da una pubblica consultazione, con l’obiettivo di:
- supportare gli investimenti nell’identificazione e nell’affidabilità della qualità dei green bonds;
- agevolare l’emissione di obbligazioni verdi di qualità superiore, fornendo le definizioni delle attività economiche e dei progetti sostenibili a livello ambientale a cui destinare i proventi;
- standardizzare le attività di revisione esterna e migliorare, quindi, l’affidabilità dei revisori esterni tramite l’introduzione di un regime volontario di registrazione e supervisione[18].
L’ambito di applicazione soggettivo del provvedimento comprende tutti gli emittenti, sia pubblici sia privati, che intendono su base volontaria utilizzare la qualifica di “European Green Bonds” o “EUGBS”). Altri aspetti qualificanti della proposta sono:
1) l’utilizzo dei proventi dell’emissione di green bond per il finanziamento (o rifinanziamento) di determinate attività ammissibili, incluse determinate attività finanziarie;
2) l’obbligo in capo agli emittenti di titoli green di redigere una scheda informativa (factsheet) nella quale andranno indicate, tra l’altro, le modalità di utilizzo dei proventi e le attività finanziabili. La scheda informativa dovrà essere predisposta secondo un modello predeterminato e sarà oggetto di revisione da parte di un revisore esterno che ne verificherà la conformità con i requisiti previsti dal Green Bond Standard Europeo;
3) l’obbligo per gli emittenti di redigere un report annuale in merito all’allocazione dei proventi dell’emissione, che dovrà anch’esso essere sottoposto al vaglio di un revisore esterno;
4) l’obbligo per gli emittenti di predisporre un report, secondo un modello predefinito, sull’impatto ambientale derivante dall’utilizzo dei proventi.
Data l’importanza che il settore bancario riveste nella transizione ecologica, anche le autorità di vigilanza e di supervisione europee hanno emanato nel tempo linee guida e regolamenti per orientare il sistema finanziario verso il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. Tra gli interventi più significativi, si segnalano quelli dell’European Banking Authority (EBA) che, a fine 2019, ha pubblicato l’”Action Plan on Sustainable Finance” il quale traccia la road map per l’applicazione dei principi di sostenibilità a livello europeo e indica le aree (strategia di medio-lungo periodo e risk management; trasparenza; analisi di scenario e prove di stress; trattamento prudenziale) su cui le banche dovrebbero concentrare la loro attenzione.
Al Piano d’azione è seguita nel corso del 2021, sempre su iniziativa dell’EBA, la pubblicazione di due documenti importanti. Il primo è un parere in risposta alla richiesta della Commissione di fornire un’opinione sugli indicatori chiave di prestazione (Key Performance Indicator, KEY) e sulla relativa metodologia per la divulgazione da parte delle istituzioni finanziarie di informazioni su come e in che misura le loro attività si qualificano come sostenibili dal punto di vista ambientale. Nell’opinion l’EBA propone il Green Asset Ratio (GRA)[19], affiancato da altri indicatori di performance, che individua gli asset che finanziano attività sostenibili secondo la tassonomia UE, come quelli coerenti con il Green Deal europeo e gli obiettivi dell’Accordo di Parigi[20].
Il secondo documento è un report sulla gestione e la supervisione dei rischi ESG per gli enti creditizi e le imprese di investimento, nel quale: i) si fornisce la definizione di rischio ESG; ii) si delinea l’impatto che i fattori ESG possono avere sulle controparti o sulle attività oggetto di investimento delle istituzioni finanziarie, con conseguente ripercussione sui rischi finanziari; iii) si descrivono gli indicatori quantitativi e qualitativi disponibili, le metriche e i metodi di valutazione necessari per un’efficace gestione dei rischi ESG; iv) si raccomanda alle istituzioni finanziarie di integrare i rischi ESG all’interno delle strategie aziendali, negli obiettivi, nelle strutture di governance, nonché di elaborare metodologie e approcci per verificare la loro resilienza a lungo termine rispetto ai rischi ESG.
Linee guida sui rischi ESG sono state emanate anche dalla Vigilanza della Banca centrale europea (BCE). Nel documento “Guida sui rischi climatici e ambientali”[21] del 2020 sono state definite le aspettative sulle modalità di integrazione del rischio climatico nelle strategie aziendali, nei modelli di business, nei processi di governance, nel risk management e sull’informativa da fornire al pubblico.
In tale ambito, si colloca anche la prova di stress sul rischio climatico condotta nel corso del 2021 su oltre 4 milioni di imprese non finanziarie in tutto il mondo e 1.600 banche dell’area dell’euro per stimare le ricadute sugli operatori dei costi legati a calamità e transizione energetica nei prossimi 30 anni. I risultati del test mostrano che imprese ubicate in regioni altamente esposte al rischio di disastri naturali e quelle appartenenti ai settori ad alto consumo di energia ed elevata produzione di CO2 potrebbero essere soggette al rischio climatico fino a quattro volte in più rispetto all’impresa media. L’esercizio mostra anche che nel medio e lungo periodo i benefici di una transizione tempestiva superano i costi di breve periodo derivanti dalla riduzione delle emissioni di carbonio necessaria per convergere verso un’economia a zero emissioni[22].
All’inizio del 2022 la Vigilanza della BCE ha avviato uno stress test sul rischio climatico, per valutare il grado di preparazione delle banche europee nell’affrontare gli shock economici e finanziari derivanti dal rischio climatico. La prova di stress, che integrerà i risultati dell’esercizio condotto lo scorso anno, si compone di tre moduli distinti: i) un questionario per valutare la capacità delle banche di gestire il rischio climatico; ii) un’analisi per confrontare la sostenibilità dei modelli di business e di come le banche sono esposte nei confronti delle imprese ad alta intensità di emissioni; iii) una prova di stress di tipo bottom-up, per valutare in che modo gli eventi metereologici estremi influenzeranno le banche, quanto sono vulnerabili a un forte aumento del prezzo delle emissioni di gas nocivi e come esse risponderebbero a scenari di transizione nei prossimi trenta anni.
L’interesse della BCE per le tematiche ambientali trova conferma anche nella nuova strategia di politica monetaria laddove è previsto che, nelle valutazioni di politica monetaria, l’Eurosistema terrà conto, tra le altre cose, delle implicazioni dei cambiamenti climatici e della transizione verso un’economia più sostenibile per la stabilità dei prezzi.
La crescente attenzione delle banche centrali ai rischi connessi con il cambiamento climatico e il degrado ambientale è dovuta al fatto che da questi rischi possono discendere rischi per la stabilità finanziaria ed effetti macroeconomici rilevanti, tali da pregiudicare la loro capacità di conseguire gli obiettivi istituzionali. Inoltre, tali possibili rischi possono incidere sul valore delle attività finanziarie detenute in bilancio e quindi la solidità patrimoniale delle banche centrali.
Per ovviare a tale ultimo rischio le banche centrali, in qualità di investitori, hanno deciso di adottare una visione ampia di sostenibilità per i propri investimenti, che comprende i fattori ambientali, sociali e di governance. La Banca d’Italia, ad esempio, dal 2019 applica criteri di sostenibilità ai propri portafogli finanziari, privilegiando imprese attente all’utilizzo responsabile delle risorse naturali e al loro impatto sugli ecosistemi, che mantengono adeguate condizioni di sicurezza, salute, giustizia, parità e inclusione, che generano reddito e lavoro nel rispetto di principi etici e che si strutturano secondo i migliori assetti di governo societario[23].
Riferimenti bibliografici
Annunziata & Conso, Regolamentazione ESG: stato dell’arte e prospettive future, in www.dirittobancario.it, 3.3.2022
Banca d’Italia, Banche centrali, rischi climatici e finanza sostenibile, Questioni di economia e finanza, n. 608/2021
CONSOB, La finanza per lo sviluppo sostenibile, Giugno 2021
Forum per la finanza sostenibile, L’Unione Europea e la finanza sostenibile, 2019
Siani G., L’impatto del processo di attuazione dell’Action Plan sulla finanza sostenibile, Banca d’Italia, 6.11.2021
Note:
[1] Nell’ambito di questo Accordo, l’UE si è impegnata a raggiungere tre obiettivi entro il 2030: 1) ridurre di almeno il 40 per cento le emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990; 2) portare la quota di consumo energetico soddisfatto da fonti rinnovabili almeno al 32 per cento; 3) migliorare il livello di efficienza energetica di almeno il 32,5 per cento. Per conseguire questi risultati, la Commissione europea ha stimato che occorreranno 260 miliardi di euro di investimenti annui in aggiunta a quelli già stanziati. Di qui la necessità di coinvolgere il settore privato nella realizzazione dei progetti.
[2] Il programma d’azione si articola in 169 target raggruppati in 17 macro-obiettivi (Sustainable Development Goals).
[3] COM (2018) 97 final.
[4] In particolare, sono state delineate nel Piano le seguenti azioni: 1) istituzione di un sistema unificato di classificazione delle attività sostenibili; 2) creazione di norme e marchi per i prodotti finanziari sostenibili; 3) promozione degli investimenti in progetti sostenibili; 4) integrazione della sostenibilità nella consulenza finanziaria; 5) elaborazione di indici di riferimento in materia di sostenibilità; 6) migliore integrazione della sostenibilità nei rating e nella ricerca di mercato; 7) maggiore chiarezza in merito agli obiettivi degli investitori istituzionali e dei gestori di attività; 8) integrazione della sostenibilità nei requisiti prudenziali; 9) rafforzamento della comunicazione in materia di sostenibilità e della regolamentazione contabile; 10) promozione di una governance sostenibile e attenuazione della visione a breve termine nei mercati dei capitali.
[5] Le risorse stanziate per rilanciare la crescita, gli investimenti e le riforme ammontano a 750 miliardi di euro, dei quali oltre 390 sotto forma di sovvenzioni. I fondi destinati al Dispositivo per la ripresa e la resilienza, la componente più rilevante del programma NGEU, sono reperiti attraverso l’emissione di titoli obbligazionari dell’UE.
[6] Secondo la Global Susteinable Investment Alliance, nel 2018 circa 31.000 miliardi di dollari, di cui 14.000 in Europa e 12.000 negli Stati Uniti, erano impiegati in investimenti sostenibili, in aumento del 34 per cento rispetto al 2016. Nel 2020 sarebbero oltre 35.000 miliardi di dollari l’ammontare delle risorse impiegate in investimenti sostenibili, il 54 per cento in più rispetto al 2016.
[7] Con il termine greenwashing s’intende una tecnica di comunicazione o di marketing utilizzata da imprese, enti e istituzioni che propongono come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo. Tali pratiche, anche se risultano efficaci nel breve periodo, possono alla lunga danneggiare pesantemente la reputazione dell’impresa e la sua competitività sul mercato.
[8] Rientrano in tale categoria i gestori di fondi UCITS, alternativi (AIF), EuVECA e EuSEF, le imprese e le banche che prestano il servizio di gestione del portafoglio, le imprese di assicurazione, gli enti pensionistici aziendali o professionali, i creatori di prodotti pensionistici e i fornitori di un prodotto pensionistico individuale paneuropeo.
[9] Sono considerati tali le banche, le imprese di investimento e i gestori di fondi UCITS e AIF che forniscono il servizio di consulenza in materia di investimenti, nonché le imprese e gli intermediari assicurativi che forniscono consulenza in materia di assicurazioni.
[10] I sei obiettivi di sostenibilità adottati dall’UE sono: mitigazione del cambiamento climatico; adattamento al cambiamento climatico; uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine; transizione verso l’economia circolare, con riferimento anche a riduzione e riciclo dei rifiuti; prevenzione e riduzione dell’inquinamento; protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
[11] COM (2021) 189 final.
[12] La Direttiva NFRD è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il d.lgs. n. 254/2016, il quale prevede l’obbligo di redigere la dichiarazione di carattere non finanziario per gli enti di interesse pubblico con più di 500 dipendenti e che abbiano superato determinati limiti dimensionali. La dichiarazione deve contenere informazioni di carattere ambientale e sociale, inerenti alla gestione del personale, alla tutela dei diritti umani e riguardanti la lotta contro la corruzione. Tali informazioni devono essere fornite descrivendo: i) il modello aziendale di gestione, organizzazione e controllo dell’impresa; ii) le politiche praticate dall’impresa, i risultati conseguiti e i fondamentali indicatori di prestazione di carattere non finanziario; iii) i principali rischi legati ai temi ambientali, sociali, ecc. Le dichiarazioni sono soggette al controllo da parte di un revisore legale o dell’organo di controllo dell’impresa.
[13] COM (2021) 390 final.
[14] COM (2021)391 final.
[15] La Piattaforma è stata creata il 1° ottobre 2020, su iniziativa della Commissione europea. E’ un organo consultivo composto da esperti provenienti dal settore pubblico e privato, che ha sostituito il Technical Expert Group (TEG). Quattro sono i suoi principali compiti: i) consigliare la Commissione sulla scelta dei criteri tecnici di screening per la tassonomia e sull’applicabilità dei criteri stessi; ii) consigliare la Commissione nell’attività di revisione del Regolamento sulla Tassonomia, favorendo l’inclusione di ulteriori obiettivi di sostenibilità, tra cui la dimensione “social”; iii) monitorare e riferire sui flussi di capitale verso investimenti sostenibili; iv) supportare la Commissione sulla politica finanziaria sostenibile.
[16] Sostituito dalla Piattaforma per la finanza sostenibile (cfr. nota n. 15).
[17]I green bond sono titoli obbligazionari destinati al finanziamento di progetti che abbiano un impatto positivo sull’ambiente (efficienza energetica, produzione di energia da fonti pulite, ecc.). Poiché non esiste uno standard universalmente accettato per certificare come “green” un’obbligazione, nel 2014 l’International Capital Market Association (IMCA) ha elaborato i “Green Bond Principles”, che si articolano in quattro componenti fondamentali: 1) utilizzo dei ricavi (gli emittenti devono fornire una descrizione adeguata della destinazione dei proventi derivanti dall’emissione di green bond. E’ necessario che i progetti sottostanti a tali emissioni generino benefici a livello ambientale, che dovranno essere valutati e quantificati dall’emittente); 2) valutazione e selezione del progetto (gli emittenti devono comunicare, in maniera trasparente, agli investitori gli obiettivi ambientali perseguiti, i processi seguiti per la determinazione della compatibilità dei progetti finanziati con i criteri ambientali espressi dalle linee guida IMCA; 3) gestione dei ricavi (i profitti netti derivanti dall’emissione di green bond devono essere tracciati mediante un apposito sistema interno controllato dall’emittente, al fine di garantire la massima trasparenza nella gestione dei proventi); 4) rendicontazione (gli emittenti sono tenuti a redigere dei report per aggiornare gli investitori sullo stato di avanzamento dei progetti finanziati). Le prime obbligazioni verdi sono state emesse negli anni 2007-2008 dalla Banca europea degli investimenti (BEI) e dalla Banca Mondiale. Da allora il mercato è cresciuto notevolmente, superando i 1.000 miliardi di dollari alla fine del 2020. Attualmente, gli emittenti di obbligazioni verdi più numerosi sono quelli privati, mentre la quota maggiore di volumi di emissioni è riferibile agli emittenti finanziari. Nonostante la rapida espansione, il mercato dei titoli green è ancora di modeste dimensioni è rappresenta una quota pari al 5 per cento delle emissioni obbligazionarie mondiali.
[18] Il registro dei revisori esterni e la vigilanza sono di competenza dell’ESMA (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati).
[19] Il GAR è un quoziente dove a numeratore vi sono le attività o impieghi “green” e a denominatore le attività totali. Esso include quindi le esposizioni verso società finanziarie e non finanziarie, PMI, famiglie, amministrazioni locali in tutte le forme tecniche di finanziamento (strumenti di capitale, garanzie, prestiti di ristrutturazione, titoli di debito, ecc.).
[20] Secondo il primo test condotto dall’EBA sull’indice GAR, gli asset green delle banche europee sono pari al 7,9 per cento. Ciò significa che meno del 10 per cento dei finanziamenti bancari sono indirizzati al sostegno dell’economia verde.
[21] I due principali fattori di rischio climatico e ambientale sono il rischio fisico e quello di transizione. Il rischio fisico è legato al progressivo cambiamento del clima che causa eventi catastrofici, con pesanti costi in termini di vite umane e di degrado o distruzione di colture, infrastrutture e beni materiali. Esso è classificato come acuto se provocato da eventi estremi, e cronico se causato da mutamenti progressivi quale l’aumento delle temperature o l’innalzamento del livello del mare. Il rischio di transizione è il rischio che il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio avvenga in modo disordinato, provocando una perdita finanziaria.
[22] Cfr. Comunicato stampa della BCE del 22.9.2021.
[23] Angelini P., Presentazione della Carta degli investimenti sostenibili della Banca d’Italia, 5.7.2021.
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