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24 Giugno 2022 In Diritto bancario Tidona

Le aspettative dell’Organo di vigilanza sui rischi climatici e ambientali

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© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza una espressa autorizzazione scritta. È consentito il link diretto a questo documento.

Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia

 

Nella consapevolezza che i rischi climatici e ambientali comportano implicazioni anche per le banche e gli intermediari non bancari vigilati, le autorità di vigilanza e di supervisione europee hanno avviato nel corso degli ultimi anni numerose iniziative volte a orientare il sistema finanziario verso il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. Tra gli interventi più significativi si segnalano quelli dell’Autorità bancaria europea (European Banking Authority, EBA) e della Banca centrale europea (BCE).

A fine 2019, l’EBA ha pubblicato l’”Action Plan on Sustainable Finance” il quale traccia la road map per l’applicazione dei principi di sostenibilità a livello europeo e individua le aree (strategia di medio periodo e risk management; disclosure; analisi di scenario e stress test; trattamento prudenziale) su cui gli intermediari dovrebbero focalizzare la loro attenzione.

Al Piano d’azione è seguita la pubblicazione, a maggio 2020, delle “Guidelines on loan and monitoring”, dove l’EBA raccomanda agli enti creditizi di tenere conto non solo della struttura economico-finanziaria e patrimoniale delle imprese, ma anche dei fattori ESG (environmental, social and governance) in tutte le fasi del processo del credito. Successivamente, a giugno 2021, l’EBA ha pubblicato il “Report on management and supervision of ESG risks for credit institutions and investment firms” che contiene una proposta dettagliata sulle modalità di inclusione dei fattori ESG nei meccanismi di governance, nelle strategie di business, nella complessiva gestione dei rischi e nella supervisione bancaria.

Linee guida sui rischi ESG sono state emanate anche dalla BCE.

Nel documento “Guida sui rischi climatici e ambientali” del novembre 2020 sono state definite le aspettative di vigilanza sulle modalità di integrazione dei rischi climatici e ambientali nelle strategie aziendali, nei modelli di business, nei processi di governo societario, nel risk management e nell’informativa al pubblico. Da una prima ricognizione sullo stato di avanzamento dei lavori sui temi della sostenibilità, condotta dalla BCE presso le banche significative, è emerso che l’adeguamento alle linee guida pubblicate nel 2020 è ancora largamente insufficiente. Di tali carenze la Vigilanza terrà conto nel corso del prossimo esercizio di valutazione e misurazione dei rischi (supervisory review and evaluation process, SREP).

In linea con l’iniziativa della BCE, l’8 aprile 2022 la Banca d’Italia ha pubblicato le proprie “Aspettative di vigilanza sui rischi climatici e ambientali” che disciplinano le modalità attraverso le quali gli intermediari sono chiamati ad integrare tali rischi nelle strategie aziendali, nei sistemi di governo, controllo e gestione dei rischi e nell’informativa al mercato[1].

Le aspettative di vigilanza forniscono indicazioni di carattere generale non vincolanti, la cui declinazione a livello operativo è demandata al singolo intermediario, che accerterà autonomamente la rilevanza delle tematiche per il proprio modello imprenditoriale, ricercando e applicando soluzioni coerenti con l’effettiva esposizione ai rischi, in funzione della tipologia, dimensione e complessità dell’attività svolta.

Il documento è rivolto ai soggetti vigilati e autorizzati dalla Banca d’Italia ai sensi del Testo unico bancario e del Testo unico della finanza (banche, SIM, SGR, SICAV/SICAF autogestite, intermediari finanziari ex art. 106 TUB e relative società capogruppo, IP e IMEL), secondo un principio di proporzionalità, in base alla complessità operativa, dimensionale e organizzativa.

Le aspettative sono volte a favorire la realizzazione di un modello di sviluppo sostenibile dei soggetti vigilati basato sulla pena integrazione dei fattori ESG per facilitare un progresso di lungo termine e che possa concorrere alla gestione delle trasformazioni a cui la società civile dovrà far fronte a causa degli effetti delle politiche di decarbonizzazione, del degrado ambientale, dei rischi legati alla bassa inclusione sociale e a un aumento delle disuguaglianze.

Il documento definisce 12 aspettative di vigilanza con riferimento alla governance, al modello di business e strategia, al sistema organizzativo e processi operativi, al sistema di gestione dei rischi, all’informativa al mercato.

 

  1. Governo societario

La crescente rilevanza assunta dai rischi climatici e ambientali richiede all’organo di amministrazione degli intermediari di valutare come integrare tali rischi nei processi decisionali e negli assetti organizzativi e operativi, predisponendo appositi piani di azione.

Affinché detto organo corrisponda con efficacia alle aspettative della Banca d’Italia, dovrà, tra l’altro: i) assegnare ruoli e responsabilità in materia di rischi climatici e ambientali ai propri membri e/o ai comitati endoconsiliari già esistenti, ovvero costituire, formalizzando la decisione, un comitato ad hoc; ii) definire un robusto e affidabile sistema di reporting sui rischi climatici e ambientali con focus sull’outlook di medio-lungo periodo, specificando contenuto minimo e frequenza di flussi informativi.

 

  1. Modello di business e strategia

L’Organo di vigilanza si attende che gli intermediari siano in grado di valutare adeguatamente la materialità dei rischi climatici e ambientali, intesa come capacità di influenzare la sostenibilità dei rendimenti aziendali attuali e futuri, propri e dei portafogli gestiti per conto terzi, suscettibili di ripercuotersi sul contesto aziendale.

Una volta individuati tali rischi, la Banca d’Italia si attende inoltre che, nella definizione e attuazione della strategia aziendale, gli intermediari siano capaci di comprenderne e misurarne gli impatti, al fine di assicurare la resilienza del modello imprenditoriale e orientarne le prospettive di sviluppo.

 

  1. Sistema organizzativo e processi operativi

L’organo di amministrazione deve assicurare che la strategia aziendale, all’interno della quale sono stati ricompresi i rischi climatici e ambientali, sia attuata in maniera coerente. A tal fine, l’organo amministrativo individua le strutture interne incaricate della gestione dei suddetti rischi, descrive il mandato e adegua le policy e le procedure rilevanti[2]. Al riguardo, la banca d’Italia ha individuato tre possibili modelli o approcci organizzativi: i) modello accentrato, che prevede la creazione di una struttura ad hoc atta a governare la tematica dei rischi climatici e ambientali; ii) modello decentrato, in cui la gestione delle tematiche della sostenibilità è diffusa tra le varie strutture coinvolte, tramite l’assegnazione dei ruoli e delle connesse responsabilità; iii) modello ibrido, prevalente presso gli intermediari, il quale prevede il coordinamento delle tematiche climatiche a ambientali da parte di una struttura dedicata, che ha il compito di integrare i fattori ESG nelle attività delle altre funzioni aziendali.

L’organo di amministrazione è chiamato a valutare l’adeguatezza delle risorse umane sotto il profilo quali-quantitativo, al fine di supportare una strategia che tenga conto dei rischi climatici e ambientali, oltre che degli strumenti di analisi, monitoraggio e rendicontazione a disposizione.

La Banca d’Italia, inoltre, si attende che detto organo assicuri che:

  • le funzioni aziendali siano coinvolte in programmi formativi su tematiche inerenti ai rischi climatici e ambientali;
  • i sistemi informatici siano in grado di raccogliere e aggregare i dati necessari per la valutazione dell’esposizione ai rischi climatici e ambientali;
  • i processi istruttori a supporto delle scelte di investimento e di affidamento tengano conto dei collegati rischi climatici e ambientali;
  • la funzione di risk management incorpori i fattori climatici e ambientali nella valutazione dell’esposizione ai vari rischi e nel loro monitoraggio, elaborando report esaustivi sul tipo e sul livello di materialità dei rischi climatici e ambientali;
  • la funzione di compliance assicuri che i rischi di conformità derivanti dai rischi climatici e ambientali siano debitamente considerati in tutti i processi rilevanti;
  • la funzione di internal audit verifichi l’adeguatezza dei presidi e delle tecniche di mitigazione dei predetti rischi.

 

  1. Sistemi di gestione dei rischi

Poiché la gestione dei rischi climatici e ambientali implica alcuni elementi di complessità derivanti da un lato da un elevato grado di incertezza sull’entità degli effetti dei cambiamenti climatici e, dall’altro, dalla necessità di adottare orizzonti temporali di valutazione più ampi, gli intermediari sono chiamati ad effettuare una mappatura degli eventi che potrebbero manifestarsi a causa dei rischi climatici e ambientali e a integrare, quindi, il sistema di gestione dei rischi, identificando quelli che ne risulterebbero potenzialmente influenzati e le implicazioni di natura prudenziale.

Stante la necessità di disporre di dati sul rischio climatico affidabili, completi, comparabili e sufficientemente dettagliati, gli intermediari devono promuovere la creazione di una base dati sui profili di rischio di elevata qualità e integrata in un sistema informativo idoneo a supportare l’implementazione di metriche per la valutazione dei rischi climatici e ambientali.

Sulla base di accurate analisi di materialità, gli intermediari incorporano i rischi climatici e ambientali nei processi di valutazione del capitale interno e di liquidità, integrando il sistema dei limiti di rischio. Le valutazioni di materialità dei suddetti rischi e le correlate attività di misurazione e monitoraggio dei relativi impatti sul livello dei rischi esistenti e, di conseguenza, sul fabbisogno di capitale e liquidità e sui limiti di rischio dei portafogli gestiti devono tenere debitamente conto sia di fattori d’ordine geografico, economico e normativo sia di fattori specifici legati agli obiettivi strategici, all’operatività, alla composizione e alla qualità degli attivi in bilancio e fuori bilancio e alla composizione delle fonti di finanziamento.

Considerato che la significatività di tale valutazione risente di problematiche connesse con la qualità delle informazioni disponibili, l’Organo di vigilanza si attende che l’intermediario avvii un processo di identificazione di strumenti e metodologie in grado di supportare la misurazione di tali rischi.

Con particolare riferimento ai rischi di credito, di mercato, operativo e di liquidità, gli intermediari: i) integrano i rischi climatici e ambientali in tutte le fasi del processo del credito adeguando le relative politiche e procedure alle linee guida dell’EBA in materia di concessione e monitoraggio dei prestiti del maggio 2020[3]; ii) tengono conto del possibile impatto dei rischi climatici e ambientali sul pricing degli investimenti in strumenti finanziari propri e gestiti per conto terzi, anche in chiave prospettica, al fine di ridurre al minimo il rischio di perdite; iii) tengono conto del possibile impatto dei rischi della specie sulla continuità operativa che potrebbe subire interruzioni a causa di danni materiali a immobili, dipendenze e centri elaborazione dati a seguito di eventi estremi, nonché sul livello dei rischi reputazionali e legali nel caso in cui gli stakeholders avvertano che i temi di sostenibilità sono promossi esclusivamente a fini di marketing: iv) integrano i rischi climatici e ambientali nella misurazione e gestione del rischio di liquidità, stimando potenziali peggioramenti della posizione di liquidità dovuti, tra gli altri, a deflussi di cassa e/o diminuzione dell’ammontare delle riserve.

 

  1. Informativa al mercato

Gli intermediari sono chiamati a dotarsi delle infrastrutture, dei dati e dei processi necessari per segnalare al pubblico le modalità con cui integrano i driver di rischio ambientale nella strategia aziendale, nell’organizzazione interna e nei meccanismi di gestione del rischio, comprese le metriche utilizzate per valutare i rischi climatici e gli obiettivi di sostenibilità.

° ° ° °

La Banca d’Italia avvierà nel corso del 2022 un primo confronto con gli intermediari sul grado di rispondenza alle aspettative e sui piani di adeguamento. La valutazione sarà condotta nell’ambito del percorso di analisi di vigilanza, con il fine precipuo di assicurare il progressivo allineamento delle prassi aziendali alle aspettative dell’Organo di vigilanza.

Per connessione d’argomento, si segnala che il 6 aprile 2022 la Commissione europea ha pubblicato una bozza di regolamento delegato in cui vengono raggruppati i 13 progetti di RTS (Regulation Tchnical Standards) ai sensi del Regolamento (UE) 2019/2088 (Sustainability Finance Disclosure Regulation, SFDR), nonché le informative periodiche in merito ai prodotti finanziari di cui all’art. 5, comma 1, e art. 6, comma 1, del Regolamento /UE) 2029/852 (c.d. Taxonomy Regulation).

 

Note:

[1] La Banca d’Italia ha fatto proprie le definizioni di rischi climatici e ambientali adottate dalla BCE e dall’EBA, distinguendo tra rischio fisico e rischio di transizione. Il rischio fisico si riferisce all’impatto economico derivante dall’atteso aumento di eventi naturali la cui manifestazione può essere definita “estrema”. Tali rischi possono essere acuti quando dipendono dal verificarsi di fenomeni ambientali estremi (alluvioni, siccità, ecc.) legati ai cambiamenti climatici, ovvero cronici quando sono causati da eventi climatici che si manifestano progressivamente (ad esempio, il graduale innalzamento delle temperature e del livello del mare). Il rischio di transizione si riferisce all’impatto economico derivante dall’adozione di normative atte a ridurre le emissioni di gas nocivi nell’aria e a favorire lo sviluppo di energie rinnovabili.

[2] Qualora l’incarico sia affidato a una funzione apposita, l’Organo di vigilanza si attende che sia chiaramente definito come questa vada a integrarsi nei processi esistenti e a raccordarsi con le altre funzioni aziendali.

[3] In particolare, nell’ambito della concessione del credito, gli intermediari sono tenuti a formalizzare criteri operativi, di natura qualitativa e quantitativa, sulla scorta dei quali distinguere settori di attività economica e singoli prenditori sulla base della loro esposizione ai rischi climatici e ambientali. Sarà quindi necessario mappare la posizione geografica e il settore di attività dei soggetti affidati, definendo le classificazioni basate sul grado di vulnerabilità al rischio fisico e di transizione. In aggiunta, per i clienti esposti a rischi climatici e ambientali più elevati gli intermediari devono svolgere un’analisi accurata del modello di business considerando i possibili impatti, attuali e prospettici, delle politiche di regolamentazione.



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