Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia
Il 28 dicembre 2020 la Banca d’Italia ha posto in consultazione pubblica le modifiche che intende apportare alle disposizioni di vigilanza in materia di governance delle banche e dei gruppi bancari, contenute nella Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013.
Le modifiche proposte rispondono all’esigenza di rafforzare, in linea con la Direttiva UE/2019/878 (CRD V), le regole sull’organizzazione e il governo societario delle banche, con l’obiettivo di assicurarne la sana e prudente gestione.
Le principali novità riguardano:
- la revisione delle categorie entro le quali sono raggruppate le banche (banche di maggiori dimensioni o complessità operativa, banche intermedie e banche di minori dimensioni o complessità operativa);
- l’introduzione di una “quota di genere” nella composizione degli organi di amministrazione e controllo delle banche;
- l’estensione delle attribuzioni dell’organo con funzione di supervisione strategica, non delegabili;
- i profili da considerare nella definizione delle strategie aziendali;
- gli standard etici;
- il presidente del comitato rischi;
- la politica della gestione del dialogo da parte degli amministratori con gli azionisti;
- gli amministratori indipendenti;
- i poteri dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione.
Al fine di graduare gli obblighi delle banche con maggiore proporzionalità e, al contempo, raccordare meglio le attuali disposizioni con l’evoluzione del quadro normativo nazionale ed europeo, viene aumentato a 5 miliardi di euro, dai 3,5 miliardi attuali, il valore dell’attivo di bilancio sotto il quale una banca è qualificata come “banca di minori dimensioni o complessità operativa”.
La proposta implica che le banche attualmente qualificate come “intermedie” (con un attivo di bilancio compreso tra i 3,5 e i 30 miliardi) continueranno ad essere assoggettate all’obbligo di istituire un comitato rischi, se il loro attivo di bilancio supera i 5 miliardi e potranno decidere di rinunciare al comitato rischi se il loro attivo di bilancio non eccede tale soglia.
Si modifica inoltre la definizione di “banche di maggiori dimensioni o complessità operativa”[1] per precisare che da tale categoria sono escluse le banche di credito cooperativo, anche quando appartenenti a gruppi bancari “significant”.
Si introduce l’obbligo per le banche di assicurare che una quota minima, pari ad almeno il 33 per cento dei componenti degli organi di amministrazione e controllo, appartenga al genere meno rappresentato. Nel modello tradizionale la quota di genere si applica distintamente al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale; nel modello monistico la quota di genere si applica distintamente al consiglio di amministrazione, al netto dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione, e al comitato per il controllo sulla gestione; nel modello dualistico la quota di genere si applica distintamente al consiglio di sorveglianza e al consiglio di gestione.
L’Organo di vigilanza propone, inoltre, di indicare come “buone prassi” che almeno un componente dei comitati endo-consiliari appartenga al genere meno rappresentato e che le cariche di presidente dell’organo con funzione di supervisione strategica, presidente dell’organo con funzione di controllo, di amministratore delegato e di direttore generale non siano ricoperte da esponenti dello stesso genere.
Si propone che la quota di genere sia raggiunta in occasione del primo rinnovo integrale dell’organo e comunque entro il 30 giugno 2024.
Le motivazioni sottese alla proposta di inserire una quota di genere per gli organi di amministrazione e controllo delle banche discendono dal quadro normativo europeo e dal contesto nazionale.
Per garantire una adeguata diversità di genere, la Direttiva 2013/36/UE (Capital Requirements Directive, CRD IV) richiede alle banche di maggiore rilevanza di individuare una soglia minima di esponenti del genere meno rappresentato e di definire, altresì, strategie idonee a raggiungere questa soglia. La norma prende le mosse dalla constatazione che anche nei paesi che presentano un tasso maggiore di partecipazione femminile al lavoro, le donne sono spesso sottorappresentate nei board delle imprese e solo di rado ricoprono incarichi esecutivi[2].
Il Regolamento UE/575/2013 (Capital Requirements Regulation, CRR), a sua volta, impone alle banche, per favorire la trasparenza sugli assetti di governo societario, di pubblicare con frequenza annuale la politica di diversity adottata per selezionare i componenti dell’organo di gestione, indicandone gli obiettivi e gli eventuali target, nonché la misura in cui questi ultimi sono stati raggiunti.
Il tema della diversità di genere è stato affrontato anche dall’Autorità bancaria europea (EBA) e dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) le quali, negli Orientamenti in materia di suitability, richiedono alle banche di predisporre una policy sulla diversità, che includa misure per la pianificazione delle carriere e per assicurare parità di trattamento e di opportunità per il personale del genere meno rappresentato.
In Italia, una quota di genere è stata introdotta per le società con azioni quotate su mercati regolamentati e per quelle soggette al controllo di una pubblica amministrazione dalla legge 120/2011 (c.d. legge Golfo-Mosca). In particolare, l’intervento normativo prevede che al genere meno rappresentato sia riservato: i) almeno un quinto dei componenti degli organi di amministrazione e controllo per il rinnovo successivo al 12 agosto 2011 o all’ammissione a quotazione successiva alla stessa data; ii) almeno un terzo per i due mandati successivi[3].
Nelle vigenti disposizioni di vigilanza sul governo societario delle banche è già previsto l’obbligo di assicurare un’adeguata diversificazione dei componenti degli organi con funzione di supervisione strategica e di gestione in termini di competenze, età, genere e provenienza geografica. Inoltre, nel 2015 la Banca d’Italia ha pubblicato un documento, dal titolo “Benchmark di diversity per il sistema bancario italiano”, nel quale si raccomanda che almeno il 20 per cento dei componenti dei board delle banche sia costituito da donne e che, per i ruoli esecutivi, se collegiali (comitato esecutivo), almeno un componente sia donna. Inoltre, le banche con un attivo di bilancio superiore a 10 miliardi di euro, anche se non quotate, sono state incoraggiate a raggiungere la soglia del 33 per cento.
Si ampliano le attribuzioni dell’organo con funzione di supervisione strategica che non possono essere oggetto di delega, introducendo le seguenti previsioni: i) in materia di gestione delle crisi, l’approvazione, il riesame e l’aggiornamento del piano di risanamento; la sua modifica e il suo aggiornamento su richiesta dell’autorità di vigilanza; l’adozione delle misure per l’attuazione del piano; ii) in materia di promozione della diversità e inclusività, l’approvazione di una specifica policy e dell’eventuale quota minima di componenti dell’organo di amministrazione che deve appartenere al genere meno rappresentato, superiore a quella già applicabile ai sensi delle presenti disposizioni o di altre norme di legge.
Vengono specificati i profili che l’organo con funzione di supervisione strategica deve tenere in considerazione nell’elaborazione delle strategie aziendali: i) il monitoraggio e la gestione dei crediti deteriorati nonché l’approvazione delle politiche per la gestione degli stessi; ii) l’eventuale adozione di modelli imprenditoriali, processi o prodotti nuovi, anche con modalità di partnership o esternalizzazione, connessi con l’offerta di servizi finanziari ad alta intensità tecnologica; iii) i rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, in considerazione, tra l’altro, dell’attività svolta, della clientela e delle aree geografiche di riferimento; iv) gli obiettivi di finanza sostenibile; v) i rischi derivanti dalle attività connesse o strumentali eventualmente esercitate; vi) la definizione e corretta attuazione delle politiche di funding.
Si conferisce all’organo con funzione di supervisione strategica, in linea con gli Orientamenti dell’EBA in materia di governance interna[4], il compito di elaborare e promuovere regole di condotta professionale per il personale bancario, anche attraverso la previsione di codici etici, volti a limitare i rischi operativi e reputazionali a cui la banca potrebbe essere esposta in caso di comportamenti anomali da parte dei propri dipendenti.
In linea con le richiamate linee guida dell’EBA sulla governance interna delle banche, viene previsto che il presidente del comitato rischi non possa anche ricoprire l’incarico di presidente dell’organo con funzione di supervisione strategica o di altri comitati.
Si introduce l’obbligo, per le banche significative, di dotarsi di una policy, da formalizzare in un regolamento interno, per la gestione del dialogo con gli azionisti, inclusi gli investitori istituzionali e i gestori degli attivi, che definisca almeno: i) le cariche/figure, anche aziendali, incaricate di gestire il dialogo, con indicazione del ruolo attribuito agli amministratori indipendenti e di minoranza; ii) i tempi e le modalità di circolazione all’interno degli organi con funzione di supervisione strategica, gestione e controllo delle informazioni riguardanti gli incontri con gli azionisti e i relativi esiti; iii) i presidi approntati per assicurare il rispetto della confidenzialità delle informazioni e delle regole in materia di informazioni privilegiate; iv) le opportune differenze tra le procedure relative al dialogo avviato su iniziativa della banca e quello avviato su iniziativa degli azionisti; v) le questioni rilevanti su cui instaurare il confronto con gli azionisti.
Allo scopo di rafforzare il coordinamento tra gli amministratori indipendenti e quindi l’efficacia del loro ruolo, viene previsto l’obbligo per le banche di dotarsi di un regolamento interno per definire le modalità con cui favorire il confronto tra i suddetti amministratori e si richiede che gli stessi si riuniscano, in assenza degli altri amministratori, con cadenza periodica – almeno annuale – per confrontarsi su tematiche rilevanti.
Si stabilisce che lo statuto delle banche che adottano il modello monistico deve, tra l’altro, prevedere che i componenti del comitato per il controllo sulla gestione possano in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione o controllo. Tale previsione è volta ad allineare, potenziandoli, i poteri dei membri del comitato per il controllo sulla gestione con quelli dei sindaci.
La consultazione si concluderà il 22 febbraio 2021.
Note:
[1] Sono considerate tali: le banche significative sottoposte alla vigilanza della BCE; le banche quotate; le banche che si sono collocate in tale categoria tenendo conto di ulteriori criteri, oltre a quello dimensionale (tipologia di attività svolta, struttura proprietaria dell’intermediario, appartenenza ad un gruppo bancario, ecc.).
[2] Alcuni studi hanno evidenziato gli effetti positivi in termini di una maggiore dialettica interna e un più efficace monitoraggio sugli organi esecutivi. E’ emerso infatti che, rispetto agli uomini, le donne partecipano con maggiore frequenza alle riunioni dei board, dedicano più tempo all’analisi di decisioni complesse, mostrano un dissenso più costruttivo, esercitano un maggiore monitoraggio sui sistemi di remunerazione degli amministratori delegati. Alti lavori hanno riscontrato l’esistenza di una soglia minima di presenza femminile che, se non raggiunta impedisce il prodursi di benefici sia sulla performance finanziaria sia sui meccanismi decisionali. Cfr. Analisi d’impatto della regolamentazione.
[3] Poiché l’obiettivo alla base della legge Golfo-Mosca non era stato ancora pienamente raggiunto, la legge di bilancio 2020 ha rinnovato l’obbligo delle quote di genere per altri sei mandati consecutivi accrescendone la misura.
[4] Cfr. EBA/GL/2017/11.
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