Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia
- Premessa
La velocità di diffusione del coronavirus nel mondo ha indotto i paesi colpiti ad adottare drastiche misure restrittive (distanziamento sociale, divieto di uscire di casa, chiusura delle scuole, degli esercizi commerciali e delle fabbriche produttrici di beni non essenziali, ecc.), che hanno di fatto determinato il crollo dell’attività economica, soprattutto nella domanda dei servizi turistici e di trasporto e nella domanda dei bendi consumo durevole. Per far fronte alla crisi sanitaria, sociale ed economica prodotta dall’epidemia, a livello globale sono stati varati provvedimenti straordinari fiscali e monetari, “unici per ambito, estensione e rapidità”[1].
- Le iniziative avviate nei principali paesi OCSE
Per fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica il governo italiano ha emanato il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. decreto “Cura Italia”), che comprende un ampio pacchetto di misure volte a rafforzare la capacità di risposta del sistema sanitario e il sostegno ai lavoratori, famiglie e imprese.
Il decreto determina un aumento dell’indebitamento netto di circa 20 miliardi nel 2020[2], pari all’1,1 per cento del PIL, e del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato di circa 25 miliardi. Il provvedimento si articola in cinque Titoli: il Titolo I affronta l’emergenza sanitaria, per la quale sono stanziati 2,8 miliardi di euro a valere sul bilancio 2020; il Titolo II contiene interventi a sostegno dei lavoratori per 8 miliardi, il Titolo III indica misure a sostegno della liquidità delle imprese per 5,1 miliardi; il Titolo IV contiene misure fiscali a sostegno delle imprese e delle famiglie per 2,1 miliardi; il Titolo V, infine, prevede misure diverse per un totale di 2 miliardi.
Con particolare riferimento alle misure di sostegno diretto alle imprese, contenute per lo più nei Titoli III e IV, il decreto prevede tra l’altro:
- il rafforzamento dell’operatività del Fondo di garanzia per l’accesso al credito delle PMI, attraverso lo stanziamento di 5 miliardi;
- la possibilità per le società finanziarie e non finanziarie di trasformare in crediti d’imposta una quota di attività per imposte anticipate (deferred tax assets, DTA) maturate a seguito della cessione di crediti deteriorati, al fine di ridurre il fabbisogno di liquidità connesso con il pagamento di imposte e contributi;
- la concessione alle PMI di una moratoria temporanea (fino al 30 settembre) per il pagamento delle rate di mutuo e dei canoni di leasing;
- l’istituzione presso il MEF di un fondo permanente finalizzato a: i) favorire l’erogazione di finanziamenti bancari, con il supporto della Cassa depositi e prestiti (CDP), a imprese di maggiori dimensioni, che hanno sofferto di una riduzione del loro fatturato a causa dell’epidemia; ii) consentire a CDP di supportare le banche finanziatrici tramite specifici strumenti (ad esempio, garanzie di portafoglio, anche di prima perdita);
- la sospensione dei termini per gli adempimenti fiscali, contributivi e assicurativi;
- il riconoscimento di un credito d’imposta a imprese e lavoratori autonomi, pari al 50 per cento delle spese sostenute, fino a 20.000 euro, per la sanificazione degli ambienti di lavoro e degli strumenti di lavoro nel corso del 2020.
L’Ufficio parlamentare di bilancio ha stimato che le misure previste dal decreto eserciterebbero un sostegno all’economia quantificabile in quasi mezzo punto percentuale del PIL nel 2020. L’effetto espansivo si manifesterebbe sui consumi e, in misura maggiore, sugli investimenti. Tali impatti sarebbero mitigati dall’aumento delle importazioni, indotto dalla domanda interna, mentre sulle esportazioni non vi sarebbero effetti apprezzabili[3].
Queste misure, per quanto in larga parte orientate ad attenuare gli effetti della crisi, difficilmente potranno imprimere un efficace impulso a una ripresa dell’economia. Si ravvisa quindi la necessità di introdurre, non appena superata l’emergenza sanitaria, ulteriori misure volte da un lato a stimolare la domanda e, dall’altro, ad accrescere l’offerta potenziale[4]. A tale azione di rilancio potrebbe contribuire l’avvio di un programma di investimenti pubblici, accompagnato da riforme in grado di facilitare l’intervento privato, attraverso una drastica semplificazione degli adempimenti burocratici, un miglioramento dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione e una riduzione, entro livelli fisiologici, dei tempi della giustizia civile e amministrativa[5].
Va soggiunto che il governo pare orientato ad assumere ulteriori provvedimenti di contrasto alla crisi, tanto più che ora i margini di azione si sono ampliati con il riconoscimento da parte delle istituzioni europee della sussistenza delle condizioni per l’attivazione della “clausola generale di salvaguardia” (general escape clause) del Patto di stabilità e crescita, che consente deviazioni dal percorso di rientro verso l’obiettivo di bilancio di medio termine (cfr. parafo n. 3)[6].
Il Centro Studi di Confindustria ha stimato che un ulteriore stanziamento di risorse pubbliche, di dimensioni analoghe a quello previsto dal decreto di marzo, potrebbe attenuare il calo del PIL nel 2020 di uno 0,5 per cento.
Analoghe misure di finanza pubblica per fronteggiare la crisi sono state varate dagli altri principali paesi avanzati; come si potrà rilevare, si tratta, nella maggior parte dei casi, di misure fiscali più consistenti di quelle poste in atto finora dal nostro Paese[7].
In Germania, lo scorso 23 marzo il governo ha approvato un aumento del disavanzo di bilancio per 156 miliardi, pari al 4,7 per cento del PIL, rispetto a quanto previsto in precedenza. Di questi, 123 miliardi (3,6 per cento del prodotto) consistono prevalentemente in misure di sostegno alle famiglie e ai lavoratori (circa 60 miliardi), nonché a piccole imprese e a lavoratori autonomi (50 miliardi). Alle risorse già stanziate potrebbero aggiungersi nel corso dell’anno altri 200 miliardi da destinare, in parti uguali, alla capitalizzazione delle aziende in difficoltà e alla banca pubblica Kreditanstalt fur Wiederaufbau (KfW) per l’erogazione di finanziamenti alle imprese. Infine, lo Stato si è impegnato a fornire garanzie pubbliche sui prestiti alle imprese (400 miliardi sui prestiti alle grandi imprese erogati dal Fondo per la stabilizzazione economica e 822 miliardi sui prestiti alle PMI erogati dalla banca pubblica).
Nel Regno Unito, il governo ha varato due pacchetti di misure: il primo prevede un programma di spesa per 30 miliardi di sterline, pari all’1,4 per cento del PIL, di cui 5 miliardi a sostegno del sistema sanitario e 7 a supporto di imprese e lavoratori. I restanti 5 miliardi saranno distribuiti nel corso dell’anno e nel 2021; il secondo pacchetto ha un valore di 350 miliardi ed è costituito per 330 miliardi (15 per cento prodotto) dalle garanzie pubbliche sui debiti delle imprese che necessitano di liquidità e per 20 miliardi da destinare a tagli fiscali e a sussidi per le imprese e i lavoratori. Inoltre, il governo avrebbe manifestato l’intenzione di varare un terzo pacchetto di misure di sostegno ai lavoratori che resteranno senza lavoro a causa dell’epidemia.
In Francia, il governo ha stanziato risorse per 45 miliardi, pari all’1,9 per cento del PIL, per il differimento di un mese delle imposte che gravano sulle imprese e dei contributi sociali (32 miliardi), per il pagamento di due mesi di stipendio dei lavorati rimasti temporaneamente inoccupati (8,5 miliardi), per la costituzione di un fondo di solidarietà a favore delle piccole imprese (2 miliardi), per alti interventi minori (2,5 miliardi). Il governo si è altresì impegnato, attraverso l’utilizzo della banca di investimento pubblica Bpifrance, a fornire garanzie di Stato sui prestiti bancari alle imprese per un importo di 300 miliardi (12,4 per cento del prodotto).
In Spagna, il governo ha approvato un piano fiscale per complessivi 18 miliardi, pari all’1,5 per cento del PIL. Sono previsti interventi per far fronte alla crisi sanitaria, aiuti alle imprese e misure di sostegno al reddito dei lavoratori autonomi e dei dipendenti. In aggiunta, lo Stato si sarebbe impegnato a fornire garanzie pubbliche sui prestiti alle imprese per circa 100 miliardi (8 per cento del prodotto), tramite l’Instituto de Credito Oficial (ICO).
Negli Stati Uniti, l’amministrazione Trump ha approvato un piano di interventi di circa 2.000 miliardi di dollari, pari al 9 per cento del PIL. Le misure varate consisterebbero nell’erogazione di assegni ad adulti e minori, di prestiti e garanzie sui prestiti diretti all’industria (circa 500 milioni), nonché nella concessione di aiuti alle PMI (367 miliardi) che necessitano di liquidità, di sussidi di disoccupazione e di fondi per la sanità (150 miliardi).
In Giappone, il governo ha adottato finora due pacchetti di misure di sostegno all’economia. Il primo intervento, adottato a metà febbraio, prevedeva 500 miliardi di yen, pari allo 0,1 per cento del PIL, di prestiti pubblici a favore di PMI del settore turistico. Con il secondo intervento, varato a metà marzo, i prestiti pubblici sono aumentati a 1.600 miliardi (0,3 per cento del prodotto) e sono stati estesi a un numero maggiore di imprese. Inoltre, sono stati stanziati 430 miliardi per misure fiscali (principalmente spesa sanitaria e congedi parentali). Per il mese di aprile è previsto un terzo intervento di più ampia portata (circa 15.000 miliardi, pari al 2,7 per cento del PIL), che dovrebbe comprendere misure di sostegno alle imprese, tagli fiscali e pagamenti in contanti in favore delle famiglie.
- Le iniziative delle Istituzioni europee
Per fronteggiare l’impatto negativo della pandemia sull’attività economica e quindi sulle prospettive di crescita delle economie a livello globale e dell’area dell’euro, nella riunione del 12 marzo scorso Il Consiglio direttivo della BCE [8] ha deciso di adottare un insieme articolato di misure di politica monetaria, con il duplice obiettivo di sostenere le condizioni di liquidità per le famiglie, le imprese e le banche e di garantire l’ordinario afflusso di finanziamenti all’economia reale. In particolare:
- saranno condotte fino al mese di giugno operazioni aggiuntive di rifinanziamento a più lungo termine (ORLT) a condizioni favorevoli, al fine di fornire un’immediata iniezione di liquidità a supporto del sistema finanziario della zona euro[9];
- si applicheranno condizioni più vantaggiose nel periodo compreso tra giugno 2020 e giugno 2021 a tutte le operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine trimestrali (OMRLT-III) in essere durante il suddetto periodo[10], per sostenere il credito bancario a favore degli operatori più duramente colpiti dall’epidemia;
- sarà resa disponibile una dotazione temporanea aggiuntiva di 120 miliardi di euro per ulteriori acquisti netti di attività del settore privato sino alla fine dell’anno, allo scopo di contribuire a sostenere condizioni di finanziamento favorevoli per l’economia reale in fasi di accentuata incertezza e volatilità finanziaria;
- i tassi di riferimento rimarranno invariati (0,00%, 0,25% e -0,50% sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale);
- il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del Programma di acquisto di attività (PAA) continuerà ad essere reinvestito integralmente per un prolungato periodo di tempo.
Queste misure sono state ulteriormente rafforzate nella riunione del 18 marzo scorso, nel corso della quale la BCE, nel dichiarare che farà tutto ciò che sarà necessario (whatever it takes) nell’ambito del proprio mandato per sostenere l’economia per l’intera durata della crisi, ha deciso di: i) avviare un nuovo programma di acquisto di titoli pubblici e privati, definito “Programma di acquisto per l’emergenza pandemica” (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP), per contrastare i gravi rischi a cui il meccanismo di trasmissione della politica monetaria e le prospettive di crescita economica per l’area dell’euro sono esposti a causa della dell’insorgere e della rapida propagazione del Covid-19. Il programma avrà una dotazione finanziaria complessiva di 750 miliardi di euro e si protrarrà sino alla fine del 2020; ii) estendere la gamma delle attività ammissibili nell’ambito del programma di acquisto per il settore societario (Corporate Sector Purchase Programme, CSPP) alla carta commerciale di adeguata qualità creditizia emessa da società non finanziarie; e iii) allentare i requisiti in materia di garanzie, apportando correzioni ai principali parametri di rischio. In particolare, sarà ampliata la portata degli schemi di crediti aggiuntivi (Additional Credit Claims, ACC), includendo i crediti relativi al finanziamento del settore societario.
L’emergenza sanitaria ha spinto anche le autorità di vigilanza ad adottare, nelle proprie aree di competenza, misure di sostegno al sistema bancario per assicurare continuità alla loro funzione primaria di finanziamento delle famiglie e delle imprese in difficoltà temporanee.
Lo scorso 12 marzo la Vigilanza bancaria della BCE (Single Supervisory Mechanism) ha concesso un allentamento temporaneo dei requisiti patrimoniali. Nello specifico, si è consentito agli intermediari di operare temporaneamente al di sotto del livello di capitale definito dalla Guida al pilastro 2, dal buffer di conservazione del capitale (CCB, pari al 2,5 per cento dal 2019) e dal coefficiente di copertura della liquidità. Queste misure potranno poi essere rafforzate da un allentamento dei buffer di capitale anticiclici da parte delle autorità nazionali macroprudenziali. Con l’occasione, la Vigilanza della BCE ha: specificato che il capitale liberato dall’introduzione di queste misure dovrà essere utilizzato per sostenere l’economia e non per aumentare le distribuzioni di dividendi o la remunerazione variabile; prolungato la scadenza delle eventuali misure correttive richieste alle banche in seguito ad accertamenti ispettivi in-site e a verifiche sui modelli interni.
Il 20 marzo la Vigilanza ha emanato ulteriori misure di mitigazione del rischio di credito, introducendo elementi di flessibilità nel trattamento dei crediti deteriorati per attenuare gli effetti pro-ciclici dello standard contabile IFRS 9 e per trarre benefici dalle garanzie e dalle moratorie sui pagamenti concesse dalle autorità pubbliche[11].
Con una raccomandazione pubblicata il 27 marzo, la BCE ha chiesto alle banche significative, cioè agli intermediari direttamente vigilati, di astenersi dalla distribuzione di dividendi e dal riacquisto di azioni (c.d. buy-back). La raccomandazione ha una duplice finalità: i) destinare gli utili al rafforzamento dei mezzi propri e mettere il sistema bancario nella condizione migliore per assorbire le perdite che si materializzeranno a causa dell’emergenza sanitaria; e ii) poter continuare a erogare credito all’economia reale[12].
Con la Comunicazione del 13 marzo scorso la Commissione europea ha delineato un quadro generale delle misure che intende avviare per controbilanciare gli effetti socioeconomici della crisi provocata dal Covid-19. Come specificato, tali misure sono finalizzate a:
- fornire liquidità alle PMI in difficoltà attraverso la messa a disposizione del Fondo europeo per gli investimenti di un miliardo di euro a titolo di garanzia, ad integrazione delle misure adottate a livello nazionale;
- mantenere il flusso di liquidità all’economia reale tramite il settore bancario;
- attenuare l’impatto sull’occupazione per gli individui e per i settori più colpiti in caso di interruzione della produzione o di calo delle vendite, attraverso l’utilizzo di specifici strumenti, come la riduzione dell’orario lavorativo, proroghe temporanee dell’indennità di malattia e il telelavoro. A questo fine, è stata preannunciata l’accelerazione dell’elaborazione della proposta legislativa relativa a un regime europeo di rassicurazione contro la disoccupazione;
- creare un’iniziativa di investimento in risposta al coronavirus, che destini all’emergenza sanitaria 37 miliardi di euro nel quadro della politica di coesione. Tale risultato si raggiungerebbe: i) rinunciando per l’anno in corso al rimborso dei prefinanziamenti dei fondi strutturali e di investimento non spesi e tuttora detenuti dagli Stati membri (circa 8 miliardi); ii) rendendo pienamente ammissibili alla lotta contro la crisi a partire dal 1° febbraio 2020 fino a 28 miliardi di fondi strutturali non ancora assegnati dalle dotazioni nazionali esistenti, compresi i contributi nazionali; e iii) consentendo il trasferimento semplificato di importi significativi di fondi all’interno dei programmi. La Commissione propone inoltre di estendere il perimetro di applicazione del “Fondo di solidarietà dell’UE” includendovi anche le crisi di sanità pubblica[13] e di mobilitare il “Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione” per sostenere i lavoratori licenziati e gli autonomi[14].
Nella suddetta Comunicazione la Commissione ha: i) rilevato che l’impatto dell’epidemia in Italia è di natura e dimensioni tali da consentire il ricorso agli aiuti destinati a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro di cui all’art. 107, paragrafo 3, lett. b), del TFUE; e ii) fornito chiarimenti in materia di aiuti di Stato, specificando che le misure applicabili a tutte le imprese (ad esempio, integrazioni salariali o la sospensione dei pagamenti delle imposte sulle società) e il sostegno finanziario diretto ai consumatori (ad esempio, per servizi cancellati o biglietti non rimborsati) possono essere adottate senza il coinvolgimento della Commissione. Invece, le misure rivolte a ovviare ai danni causati dall’epidemia (ad esempio, le misure intese a compensare le imprese che operano in settori particolarmente colpiti dall’emergenza, quali l’alberghiero, i trasporti e il turismo in generale) possono essere adottate dagli Stati membri, previa approvazione da parte della Commissione.
In una nuova Comunicazione, pubblicata il 19 marzo, la Commissione ha ritenuto di estendere a tutti gli Stati membri la possibilità di far ricorso ad aiuti di Stato giustificati dalla situazione di grave turbamento in cui versa l’economia. Sono stati quindi indicati cinque tipi di misure che i paesi possono liberamente adottare fino a dicembre 2020:
- sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali selettive e pagamenti anticipati che concedano ad ogni impresa fino a 800.000 euro per affrontare bisogni urgenti di liquidità;
- garanzie di Stato per prestiti contratti da imprese con le banche;
- prestiti pubblici agevolati alle imprese;
- garanzie per le banche che veicolano gli aiuti di Stato all’economia reale;
- assicurazione al credito all’esportazione a breve.
Giova ricordare che nella Comunicazione del 13 marzo la Commissione, al fine di aiutare gli Stati membri ad affrontare l’emergenza, ha manifestato l’intenzione di proporre al Consiglio dell’UE di applicare appieno la flessibilità consentita nelle stringenti norme di bilancio introdotte dal Patto di stabilità e crescita, con particolare riferimento a:
- l’esclusione, ai fini della valutazione del rispetto delle norme di bilancio, degli effetti delle misure fiscali una tantum adottate per controbilanciare le conseguenze economiche del Covid-19;
- la possibilità di discostarsi temporaneamente dagli adeguamenti di bilancio richiesti per far fronte a eventi inconsueti che sfuggono al controllo dell’amministrazione pubblica (ad esempio, spese sanitarie e misure di sostegno per imprese e lavoratori, purché siano temporanee e collegate all’epidemia);
- l’aggiustamento degli sforzi di bilancio richiesti a ogni Stato membro, in modo da tener conto delle situazioni specifiche di ciascun paese in caso di crescita negativa o di forti cali dell’attività;
- l’attivazione della clausola di salvaguardia generale, in virtù della quale, in caso di grave recessione economica per la zona dell’euro o l’UE nel suo complesso, verrebbe sospeso l’aggiustamento di bilancio raccomandato dal Consiglio[15].
Nei giorni scorsi la Commissione ha preannunciato che proporrà al Consiglio europeo l’attivazione di un nuovo strumento per sostenere il lavoro a orario ridotto, grazie al quale più persone manterranno il loro posto di lavoro durante la fase emergenziale sanitaria e ritorneranno al lavoro a tempo pieno quando la macchina produttiva ripartirà a pieno regime. Questo strumento di solidarietà, denominato “SURE” (State sUpported shotR-timE), dovrebbe consistere nella creazione di un fondo europeo contro la disoccupazione che, attraverso 25 miliardi di garanzie rilasciate su base volontaria dagli Stati membri dell’UE, consentirà di finanziare le casse integrazioni nazionali o schemi simili di protezione dei posti di lavoro. Il SURE dovrebbe essere inizialmente attivato nei paesi più colpiti dalla pandemia, come Italia e Spagna.
- Le proposte per una risposta comune sulla crisi economica
L’ampiezza e la profondità della crisi hanno alimentato un dibattito sulla necessità di individuare risorse aggiuntive per finanziare la ripresa dell’attività economica, una volta superata la fase emergenziale sanitaria. Nelle pagine che seguono si cercherà di fare chiarezza sulle varie proposte avanzate a tal fine.
Per contrastare lo shock economico provocato dalla pandemia, i leader di nove paesi europei[16] hanno indirizzato una lettera al Presidente del Consiglio dell’UE, Charles Michel, nella quale auspicano l’introduzione di uno strumento di debito comune nell’area dell’euro, emesso da una istituzione europea. Le risorse raccolte sul mercato sarebbero destinate a finanziare, in tutti gli Stati membri, investimenti nei sistemi sanitari e le misure temporanee volte a proteggere le (nostre) economie e il (nostro) modello sociale[17].
Il vantaggio di questa proposta è che, grazie alla garanzia comune, i titoli potrebbero essere emessi a tassi prossimi allo zero, mentre i titoli dei paesi fortemente indebitati pagano ancora tassi molto elevati. Tale soluzione presenta tuttavia il rischio che i bond emessi sarebbero presumibilmente senior rispetto ai titoli nazionali, il che rappresenterebbe un problema potenziale per i paesi gravati da un elevato livello di debito come l’Italia.
Per ovviare a tale inconveniente è stato proposto di emettere obbligazioni a scadenza lunghissima (a 50 o 100 anni) o addirittura perpetua, supportati da acquisti da parte della BCE per stabilizzarne il tasso di rendimento[18]. La soluzione prospettata presenterebbe almeno altri due vantaggi: innanzitutto, il rischio di insolvenza sarebbe limitato all’ipotesi, peraltro remota, che i paesi decidessero di non rispettare l’accordo iniziale; in secondo luogo, i paesi con un debito molto alto non vedrebbero aumentare il rischio di una crisi per il rifinanziamento del proprio debito, stante la scadenza molto lunga dei bond emessi.
Altri economisti[19], pur condividendo nelle sue linee essenziali la suddetta proposta, ritengono che l’emissione di eurobond o covid-bond debba essere assistita da una garanzia dell’UE, tramite la costituzione di un fondo di scopo all’interno del bilancio comunitario. Il fondo verrebbe alimentato da un “contributo di cittadinanza” annuo proporzionale alla popolazione adulta di ciascun paese dell’Unione. Tale contributo sarebbe calcolato moltiplicando 50 euro per ogni cittadino adulto, cosicché il ricavato per l’Unione sarebbe di circa 18,5 miliardi di euro ogni anno[20]. Questa capacità fiscale verrebbe interamente utilizzata per garantire il pagamento degli interessi sui bond emessi a cedola fissa e senza scadenza o con scadenza molto lunga. La spesa delle risorse incassate per l’emissione di eurobond avrebbe luogo in base a un programma definito e controllato dalla Commissione europea, in proporzione al numero delle persone adulte di ciascun paese[21].
La proposta presenterebbe i seguenti vantaggi:
- la garanzia fiscale e il rendimento reale dei bond emessi li renderebbe titoli sicuri (safe asset), appetibili per banche e investitori istituzionali;
- il costo fiscale annuo ammonterebbe allo 0,11 per cento del PIL 2019 dell’UE, dello 0,13 per cento in Italia, dello 0,10 in Germania e dello 0,11 in Francia;
- detto costo sarebbe esiguo e decrescente nel tempo se il PIL crescerà nei prossimi anni;
- il costo fiscale dello schema, per ogni paese, sarebbe di gran lunga inferiore a quello che avrebbe un piano nazionale di analoga dimensione;
- l’emissione dei titoli potrebbe essere affidata alla Banca europea per gli investimenti (BEI) o al Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSM).
Alle soluzioni sopra ipotizzate si è affiancata in questi giorni una nuova proposta[22] che prevede la costituzione, all’interno di una istituzione già esistente, di un organismo di piccole dimensioni per la gestione delle politiche concordate congiuntamente per rispondere alla crisi, denominato “Special Health Emergency” (SHE). Tale organismo dovrebbe emettere una tantum uno strumento di debito, denominato “Special Issue European Security (SIES), per raccogliere 300-400 miliardi di euro con una scadenza di 30-50 anni. La SIES, supportata da garanzie, potrebbe essere acquistata dalla BCE nell’ambito del suo programma di allentamento monetario (c.d. quantitative easing). Le risorse raccolte dovrebbero essere utilizzate, sulla base di progetti condivisi da tutti i paesi partecipanti, per finanziare sia investimenti pubblici sia spese correnti. La SHE avrebbe un proprio capitale ma il suo asset principale sarebbe costituito dal valore attuale del flusso dei contributi versati dai paesi durante il periodo di rimborso dei titoli emessi. Questi contributi sarebbero stabiliti ex ante e dovrebbero essere proporzionali all’ammontare delle risorse che affluirebbero inizialmente a ogni paese, con l’eccezione di quelle relative ai progetti di investimento decisi congiuntamente dai paesi, per i quali i contributi sarebbero proporzionali al PIL.
Ad avviso dei proponenti, la soluzione ipotizzata sarebbe vantaggiosa per tutti i paesi dell’eurozona per tre ragioni: i) dimostrerebbe una comunanza di intenti tra paesi europei di fronte a uno shock comune, non dovuto a comportamenti dissennati di qualche Stato membro; ii) le difficoltà di rifinanziamento del debito pubblico potrebbero aggravare la recessione, peggiorando le prospettive di crescita; e iii) si alleggerirebbe la pressione che ora grava sulla BCE.
In alternativa alle suddette proposte, un gruppo di autorevoli economisti europei ha avanzato l’ipotesi di creare una nuova linea di credito presso il Meccanismo europeo di stabilità (c.d. Covid Credit Line), sotto forma di prestiti di lunga durata senza condizionalità di accesso[23].
La soluzione prospettata, che appare politicamente più percorribile rispetto a quella degli eurobond, presenterebbe tuttavia una serie di limiti[24], tra cui la limitatezza delle risorse disponibili rispetto a quelle probabilmente necessarie a fronteggiare l’emergenza economica e sanitaria, la condizionalità ex post potrebbe costituire un ostacolo all’effettivo utilizzo dei fondi, la finalità del MES è quella di sostenere un singolo Stato in balia di una crisi finanziaria e non già per finanziarie un ampio shock comune. Non va inoltre sottaciuto che proposte di questo tipo non appaiono coerenti con le caratteristiche e le finalità istituzionali del MES e comporterebbero una radicale revisione del Trattato. Ciò richiederebbe, per l’approvazione, l’unanimità dei Paesi aderenti alla moneta unica e la ratifica da parte dei Parlamenti nazionali. Il completamento dell’intera procedura richiederebbe quindi tempi troppo lunghi, non compatibili con l’attuale situazione di emergenza[25].
- Le previsioni macroeconomiche
Nel World Economic Outlook di gennaio 2020 il FMI stimava per l’anno corrente un tasso di espansione del PIL mondiale del 3,3 per cento, lievemente superiore a quello previsto per il 2019. Nulla faceva presagire che nel breve volgere di due mesi il quadro previsivo sarebbe mutato radicalmente. Il corso degli eventi è ormai noto a tutti. Nella seconda decade di gennaio le autorità sanitarie cinesi dichiaravano l’avvenuto isolamento un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima nell’uomo, denominato “Covid-19”, e le autorità pubbliche imponevano severe misure di quarantena nella provincia dell’Hubei, epicento del contagio. Per effetto di queste misure, l’attività manifatturiera cinese è crollata nel mese di febbraio, con ripercussioni negative nei paesi asiatici strettamente legati alla Cina per via delle catene di approvvigionamento[26].
All’inizio di marzo, sebbene in Cina il contagio si propagasse velocemente, alcuni previsori erano moderatamente ottimisti sull’impatto dell’epidemia sull’attività economica; l’OCSE nell’interim report stimava una crescita nel 2020 del 4,9 per cento per la Cina e del 2,4 per cento per l’economia mondiale.
Dalla seconda settimana di marzo la situazione è peggiorata: l’epidemia si è estesa a tutte le aree del mondo, provocando lutti e sofferenze. Per contenere la diffusione del virus sono state adottate ovunque severe misure restrittive che hanno rallentato la produzione a causa dell’interruzione delle catene di approvvigionamento e ridotto la domanda interna ed estera. Le stime sulla crescita del PIL sono state quindi riviste al ribasso e gli analisti di mercato prefigurano ora una recessione globale, con conseguenti ricadute sull’occupazione e sul reddito pro-capite.
L’Italia è il paese europeo più colpito dal Covid-19. La diffusione dell’epidemia si è inserita in un contesto di difficoltà economiche già esistenti nel nostro Paese. Il quarto trimestre del 2019 si era concluso con una contrazione del PIL dello 0,3 per cento e alcuni analisti prevedevano una flessione analoga nel primo trimestre di quest’anno.
I provvedimenti straordinari volti a limitare la mobilità delle persone nel tentativo di rallentare la diffusione del contagio stanno iniziando a dare i primi frutti. L’economia tuttavia è in ginocchio. I settori economici maggiormente colpiti dall’epidemia sono il manifatturiero, anche per effetto della caduta della domanda estera, il turismo a causa soprattutto della riduzione del flusso dei turisti stranieri e le altre attività del terziario, come la ristorazione e il trasporto aereo e ferroviario.
Le proiezioni macroeconomiche per l’Italia formulate a marzo da Prometeia prevedono, ipotizzando una lenta e selezionata rimozione dei blocchi produttivi a partire dai primi giorni di maggio, una contrazione del PIL del 6,5 per cento nel 2020. Per i primi due trimestri dell’anno si stima una flessione del prodotto superiore a dieci punti percentuali rispetto alla situazione pre-crisi, con differenze settoriali molto marcate (-10 per cento per il manifatturiero, -27 per il turismo e -16 per i servizi di trasporto e le attività legate all’intrattenimento). A fine 2020, per effetto delle misure fiscali già adottate e di quelle in via adozione per sostenere famiglie e imprese in difficoltà, il rapporto tra deficit e PIL si attesterà al 6,6 per cento e quello tra debito e PIL raggiungerà il 150 per cento.
A causa della pandemia e dei rischi connessi a fattori geopolitici e al protezionismo, Prometeia stima per il 2020 una recessione dell’economia mondiale, estesa ai paesi industrializzati ed emergenti, con una perdita del PIL dell’1,6 per cento e del commercio internazionale del 9,4 per cento, a cui seguirà nel 2021 e 2022 una crescita globale del 4,6 e del 3,3 per cento, rispettivamente.
Nell’area dell’euro il PIL cadrà del 5,1 per cento nel 2020, per poi risalire del 3,4 per cento nel 2021. In Cina, a una riduzione del PIL nel primo trimestre di quest’anno del 6,7 per cento, seguirà un aumento nella restante parte dell’anno, che dovrebbe portare a una crescita media annua del 3,2 per cento. Negli Stati Uniti, il piano di stimolo economico approvato nello scorso mese (2.000 miliardi di dollari) dovrebbe attenuare gli effetti depressivi sull’attività produttiva. Ciononostante, si prevede per il 2020 una contrazione del PIL del 2,5 per cento, seguita da un aumento del 3,6 per cento nell’anno successivo.
- Conclusioni
La diffusione del coronavirus su scala mondiale, oltre a minacciare gravemente la salute delle popolazioni, ha modificato le nostre abitudini di vita e provocato la paralisi dell’attività produttiva, con pesanti ricadute sui livelli occupazionali e produttivi. Per fronteggiare l’impatto negativo della pandemia, i governi e le banche centrali hanno varato piani di stimolo fiscale e monetario senza precedenti.
L’epidemia ha colpito l’economia mondiale nel momento in cui affioravano i primi segnali di stabilizzazione dell’attività produttiva e degli scambi commerciali. Le proiezioni macroeconomiche formulate da Prometeia a fine marzo prevedono per il 2020 una caduta del PIL sia a livello mondiale (-1,6 per cento), sia nell’area dell’euro (-5,1). In Italia, ipotizzando una ripartenza della macchina produttiva nei primi giorni di maggio, il prodotto dovrebbe registrare una perdita più consistente (-6,5 per cento), che sarebbe parzialmente recuperata negli anni a venire.
Nell’eurozona i paesi membri si sono mossi in ordine sparso, senza alcun coordinamento tra di loro. La natura dello shock, simmetrico ed esogeno, avrebbe invece richiesto una risposta comune sia nel fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica sia per sostenere la ripresa dell’attività produttiva. In questa direzione si muovono alcune interessanti iniziative, come quella intrapresa da alcuni paesi, tra cui l’Italia, volta alla creazione di un safe asset continentale che consentirebbe di ridurre l’onere sui bilanci nazionali, quella di creare una linea di credito ad hoc presso il MES, quella incentrata sull’emissione di bond a lunga scadenza, supportati da una garanzia dell’UE, tramite la creazione di un fondo di scopo all’interno del bilancio comunitario e quella, infine, di costituire un organismo di piccole dimensioni in grado di raccogliere, attraverso l’emissione di titoli a lunga scadenza, risorse per finanziare progetti di investimento condivisi da tutti paesi.
La sospensione del Patto di stabilità e crescita e la recente decisione della Commissione di proporre al Consiglio europeo la costituzione di uno schema di assicurazione comune contro la disoccupazione rappresentano i primi passi verso la piena applicazione di quei principi di solidarietà e di unione di intenti a cui i comportamenti e le decisioni delle istituzioni europee dovrebbero sempre ispirarsi.
Note:
[1] Garnero A. e Scarpetta S., Coronavirus, così si attrezzano i paesi, in www.lavoce.info, 27.3.2020.
[2] L’impatto sul “saldo netto da finanziare” è di 25 miliardi di euro.
[3] UPB, Memoria per la Commissione 5^ del Senato della Repubblica sulla conversione in legge del decreto “Cura Italia” recante misure straordinarie per la tutela della salute e il sostegno all’economia, 26.3.2020.
[4] Il Centro Studi di Confindustria che lo stanziamento di risorse pubbliche aggiuntive, di dimensioni analoghe a quello del primo intervento, potrebbe attenuare il calo del PIL nel 2020 dello 0,5 per cento. Cfr. Confindustria, Le previsioni per l’Italia. Quali condizioni per la tenuta e il rilancio dell’economia?, 31.3.2020.
[5] Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani, Il decreto cura Italia: un commento dell’Osservatorio CPI, 19.3.2020.
[6] Banca d’Italia, Memoria per la Commissione 5^ del Senato della Repubblica sulla conversione in legge del decreto “Cura Italia” recante misure straordinarie per la tutela della salute e il sostegno all’economia, 25.3.2020. la clausola riguarda sia il braccio preventivo sia quello correttivo. Quanto al braccio preventivo, il Regolamento 1466/97 stabilisce che, in periodi di grave recessione per l’area dell’euro o dell’Unione nel suo insieme, gli Stati membri possono essere autorizzati a deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di bilancio a medio termine, a condizione che ciò non metta a rischio la sostenibilità fiscale a medio termine. Relativamente al braccio correttivo, il Regolamento 1467/97 stabilisce che, in caso di grave recessione nell’area dell’euro o nell’Unione nel suo insieme, il Consiglio può decidere, su raccomandazione della Commissione, di adottare una revisione del percorso di rientro del disavanzo al di sotto della soglia del 3 per cento del PIL per uno Stato membro nei cui confronti è stata attivata la procedura per disavanzo eccessivo.
[7] Angei F., Frattola E. e Mistura P., Quanto spendono gli altri paesi per l’emergenza coronavirus?, in Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani, 25.3.2020.
[8] In pari data l’Autorità bancaria europea ha deciso di rinviare al 2021 la conduzione dello stress-test, per consentire alle banche di dare priorità alla continuità operativa.
[9] Le operazioni saranno condotte mediante una procedura d’asta a tasso fisso con piena aggiudicazione degli importi richiesti. Il prezzo applicato sarà vantaggioso, con un tasso di interesse pari a quello medio sui depositi presso la banca centrale.
[10] Alle operazioni della specie si applicherà un tasso di interesse inferiore di 25 punti base rispetto al tasso medio sulle operazioni di rifinanziamenti principali.
[11] In pari data la Banca d’Italia ha disposto un’estensione delle misure di allentamento delle regole prudenziali alle banche meno significative e agli altri intermediari finanziari.
[12] In pari data la Banca d’Italia ha rivolto analoga raccomandazione alle banche meno significative.
[13] L’importo massimo disponibile per il 2020 ammonta a 800 milioni di euro.
[14] L’importo massimo disponibile per il 2020 è pari a 179 milioni di euro.
[15] La proposta di attivazione della clausola generale è stata condivisa dal Consiglio europeo il 23 marzo scorso.
[16] Italia, Francia, Belgio, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia e Spagna.
[17] Il testo della lettera è reperibile in www.governo.it, 25.3.2020.
[18] Giavazzi F. e Tabellini G., Eurobond perpetui contro il Covid-19, in www.lavoce.info, 27.3.2020.
[19] Boitani A. e Tamborini R., Coronabond, titoli di cittadinanza europea, in www.lavoce.info, 31.3.2020.
[20] Si stima che nell’UE gli adulti siano approssimativamente i cinque sesti della popolazione totale.
[21] Sarebbero, ad esempio, 125 miliardi circa per l’Italia, 165 per la Germania e 139,5 per la Francia.
[22] Cottarelli C., Galli G. e Letta E., Come raggiungere un accordo nell’Eurogruppo, in Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani, 3.4.2020.
[23] Benassy-Quéré A. et alia, Una proposta per una Covid Credit Line, in www.voxeu.org, 21.3.2020.
[24] Cfr. Giavazzi F. e Tabellini G., Eurobond perpetui contro il Covid-19, op. cit.
[25] Cascavilla A. e Galli G., Il MES: cos’è e come potrebbe essere utilizzato nell’attuale emergenza, in Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani, 26.3.2020.
[26] BCE, Bollettino economico, n. 2/2020.
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