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Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia
Il Regolamento (UE) n. 575/2013 sui requisiti di capitale delle banche e delle imprese di investimento (c.d. Capital Requirements Regulation, CRR) introduce, all’art. 178, la definizione di “default” prudenziale, dando mandato all’Autorità bancaria europea (ABE) di emanare le linee guida sull’applicazione della definizione di default e alla Commissione europea di adottare il Regolamento delegato sulla misura della soglia di rilevanza delle esposizioni in arretrato sulla base delle norme tecniche di regolamentazione pubblicate dall’ABE.
Il 28 settembre 2016 l’ABE ha pubblicato sia le linee guida sulla definizione di default sia le norme tecniche sulla soglia di rilevanza. E’ quindi seguita la pubblicazione del Regolamento delegato (UE) n. 171 del 2017, con il quale la Commissione ha specificato i criteri per la fissazione della soglia di rilevanza, a cui si dovranno attenere le autorità di vigilanza.
Il termine ultimo entro il quale le banche dovranno applicare le nuove regole è fissato al 1° gennaio 2021.
In base all’art. 178 del Regolamento 575/2013, un debitore è considerato in stato di default quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
- una condizione oggettiva (past-due criterion), se il debitore è in arretrato di oltre 90 giorni consecutivi nel pagamento di un’obbligazione creditizia rilevante[1];
- una condizione soggettiva (unlikeliness to pay), qualora l’intermediario giudichi improbabile che il debitore sia in grado di adempiere integralmente alla sua obbligazione, senza il ricorso all’escussione delle eventuali garanzie acquisite a presidio del credito.
Come dinanzi accennato, il Regolamento delegato 171/2017 stabilisce i criteri in base ai quali un’esposizione scaduta va considerata rilevante e indica i termini assoluti e relativi per l’applicazione della soglia a fini prudenziali. Le linee guida dell’ABE, a loro volta, integrano quanto previsto dal Regolamento delegato, specificando, inter alia, i criteri di calcolo dei giorni di scaduto delle esposizioni creditizie, i criteri di uscita dallo stato di default e gli indicatori di probabile inadempimento.
Per determinare la rilevanza dell’esposizione, il Regolamento delegato ha identificato una soglia di rilevanza articolata in due componenti:
- la componente assoluta pari a 100 euro per le esposizioni nei confronti di famiglie e piccole e medie imprese (c.d. esposizioni al dettaglio) e 500 euro per le altre esposizioni;
- la componente relativa pari all’1% dell’importo complessivo di tutte le esposizioni verso il debitore facenti capo agli intermediari bancari e finanziari appartenenti a un medesimo perimetro di consolidamento, escluse le esposizioni in strumenti di capitale[2]; questa soglia è la stessa per le esposizioni al dettaglio e per le altre esposizioni[3].
L’esposizione è classificata in default quando la stessa per un periodo superiore a 90 giorni supera la soglia di rilevanza espressa sia in termini assoluti sia in termini relativi.
Con riguardo alla componente relativa della soglia di rilevanza, l’Autorità di vigilanza può definire un valore diverso dall’1%, tra lo 0% e il 2,5%. In ogni caso, la soglia deve consentire al contempo che: i) non emerga un numero eccessivo di default riconducibili a circostanze diverse dalle difficoltà finanziarie del debitore; ii) non si determini un significativo ritardo nel riconoscimento dello stato di default imputabile alle difficoltà finanziarie del debitore.
Le Autorità di vigilanza devono notificare all’ABE le soglie di rilevanza definite per ciascuna tipologia di esposizione. Qualora la soglia fissata si discosti da quella in termini relativi indicata nel Regolamento delegato, pari all’1%, l’Autorità è tenuta a darne notizia all’ABE specificando i motivi alla base di tale scelta.
Per quanto riguarda le modalità di calcolo della soglia di rilevanza, il Regolamento delegato stabilisce che le soglia sopra indicate devono essere superate per 90 giorni consecutivi, esclude la possibilità di compensare gli importi scaduti con le linee di credito aperte e non utilizzate (margini disponibili)[4] e prevede che il conteggio dei giorni consecutivi di scaduto inizi solo dopo il superamento delle soglie di rilevanza.
Sull’argomento, le linee guida consentono l’applicazione di un trattamento specifico per i crediti commerciali verso l’amministrazione centrale, le autorità locali e gli organismi del settore pubblico, prevedendo alcune condizioni al verificarsi delle quali queste tipologie di esposizioni possono essere considerate non deteriorate. Specifiche indicazioni sono anche fornite per il conteggio dei giorni di scaduto per le operazioni di factoring.
In ordine ai criteri di uscita dalla condizione di default, le linee guida stabiliscono, tra le altre cose, che un’esposizione già classificata in stato di default può essere riclassificata in bonis ove siano trascorsi almeno tre mesi dal momento in cui la condizione per la classificazione in stato di default non è più soddisfatta[5].
Quanto agli indicatori di probabile inadempimento, le linee guida forniscono una serie di indicatori qualitativi e quantitativi che gli intermediari devono considerare ai fini della valutazione di probabile inadempimento[6].
Le nuove regole europee in materia di classificazione dei debitori in stato di inadempienza stabiliscono criteri e modalità più rigorosi rispetto a quelli finora adottati dagli intermediari bancari e finanziari. Infatti, la disciplina vigente in Italia sulle esposizioni deteriorate si distingue da quella delineata nel Regolamento delegato e negli Orientamenti dell’ABE, in quanto:
- in caso di approccio per debitore (ossia per l’insieme delle esposizioni di un debitore) prevede:
- una diversa soglia relativa (5% in luogo dell’1%);
- la possibilità di operare compensazioni tra esposizioni scadute/sconfinanti e margini disponibili verso il medesimo debitore;
- in caso di approccio per transazione non contempla alcuna soglia;
- prevede che, per entrambi gli approcci, il conteggio dei giorni di scaduto abbia inizio il giorno successivo alla data di inadempienza, anche se essa ha un importo non rilevante;
- non stabilisce alcun criterio per l’uscita delle esposizioni deteriorate;
- introduce trattamenti differenti per le esposizioni legare ad operazioni di factoring ed esposizioni verso amministrazioni pubbliche.
Da ultimo, si segnala che con la modifica della Circolare n. 285 la Banca d’Italia ha recepito le linee guida dell’ABE sull’applicazione della definizione di default e attuato il Regolamento delegato relativo alla soglia di rilevanza delle esposizioni in arretrato.
NOTE:
[1] La Banca d’Italia ha chiarito che: i) le situazioni tecniche di arretrato, dovute, a esempio, al malfunzionamento del sistema di pagamento, non determinano il default del debitore; ii) ancorché il debitore non abbia arretrati rilevanti da oltre 90 giorni, lo stesso può essere classificato in stato di default qualora, sulla base delle informazioni in suo possesso, la banca ritenga improbabile il recupero del proprio credito senza il ricorso all’escussione delle eventuali garanzie acquisite a tutela ovvero, per le posizioni non garantite, quando la banca valuti che il debitore non sia comunque più in grado di adempiere correttamente alle proprie obbligazioni.
[2] Come chiarito dalla Banca d’Italia, se un debitore è classificato in stato di default da una banca, anche tutte le altre banche e intermediari finanziari del gruppo di appartenenza valutano la possibilità di classificarlo in maniera analoga, anche nel caso in cui il debitore non presenti esposizioni in arretrato verso questi ultimi.
[3] La Banca d’Italia ha già fissato per le banche meno significative, le SIM e per gli intermediari finanziari ex art. 106 TUB un valore pari all’1%.
[4] In altri termini, la banca sarà tenuta a classificare l’impresa in default anche nel caso in cui questa abbia linee di credito ancora disponibili con la stessa banca che potrebbero essere utilizzate per compensare gli inadempimenti in essere ed evitare il default.
[5] Sul punto, la Banca d’Italia ha chiarito che il miglioramento della qualità creditizia del debitore, quale presupposto per il ritorno in uno stato di non default, deve essere effettivo e permanente.
[6] Particolare rilievo assume il c.d. “effetto contagio” che si manifesta quando il default di un’impresa si ripercuote negativamente sulla capacità di rimborso di un altro debitore ad essa connesso, con la conseguenza che anche quest’ultimo può essere considerato in default.
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