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Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia
Il 6 ottobre 2022 la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, istituita con legge 26 marzo 2019, n. 28, ha approvato la relazione conclusiva sull’attività svolta e sui risultati emersi dall’indagine.
Poiché la legge istitutiva attribuiva alla Commissione un campo d’indagine molto ampio, il Capo dello Stato ha ritenuto di indirizzare, in data 29 marzo 2019, una lettera ai Presidenti delle Camere in cui, nel ribadire il potere del Parlamento di istituire commissioni di inchiesta in settori della vita istituzionale, economica e sociale, ha fatto presente che le indicazioni ampie e generali previste dal testo normativo non devono sfociare in un controllo puntuale dell’attività creditizia o di investimento, attività che costituiscono esercizio della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Carta costituzionale.
Dalla lettura della relazione emerge che dei 19 punti indicati come oggetto d’indagine, 9 non sono stati neanche affrontati (ad esempio, analisi della normativa in materia di incompatibilità e di conflitto di interessi degli esponenti apicali e dei dirigenti delle autorità di vigilanza di settore), 4 sono stati trattati sufficientemente (analisi delle disposizioni di vigilanza in materia di gestione dei crediti deteriorati; indagine sul tendenziale cambiamento della struttura del conto economico del sistema bancario dal tradizionale baricentro dell’attività creditizia al crescente peso delle attività di risparmio gestito e servizi; analisi e valutazione del debito pubblico nella componente di esposizione al rischio in relazione alle garanzie sulla cartolarizzazione delle sofferenze (GACS); verifica della normativa vigente in materia di fondazioni bancarie, con particolare riguardo ai poteri ispettivi e di controllo) e 6 sono stati esaminati con superficialità o parzialmente (ad esempio, analisi del rapporto costi-benefici degli strumenti derivati sottoscritti dallo Stato e dagli enti locali).
Lo scioglimento anticipato delle Camere ha impedito alla Commissione di completare il ciclo delle audizioni e di svolgere ulteriori approfondimenti su altre tematiche di particolare interesse e rilievo.
In considerazione dell’ampiezza dei compiti attribuiti e avute presenti le esternazioni del Presidente della Repubblica, la Commissione ha ritenuto opportuno circoscrivere l’attività conoscitiva all’esame dei profili di criticità del funzionamento del sistema bancario e finanziario, articolandola in tre ambiti di azione:
- il primo è dedicato ad esaminare le problematiche emerse nel rapporto fra le banche e gli altri intermediari finanziari con le rispettive clientele;
- il secondo è riferito alle criticità dell’industria bancaria, finanziaria e assicurativa, relative ai profili gestionali, di assetto proprietario e del sistema dei controlli interni;
- il terzo, strettamente collegato agli esiti dei primi due, concerne l’analisi degli assetti della vigilanza bancaria e finanziaria e le possibili iniziative di carattere legislativo.
Nel prosieguo del lavoro si focalizzerà l’attenzione sul secondo ambito di azione della Commissione, con particolare riguardo alla gestione dei crediti deteriorati (non performing loans, NPL) e alle proposte legislative presentate dalla Commissione stessa per ridimensionarne il volume.
L’Italia è uno dei paesi in cui la consistenza delle esposizioni deteriorate (crediti scaduti, inadempienze probabili e sofferenze) è cresciuta più rapidamente in conseguenza della grande crisi finanziaria del 2008-09 e della crisi economica innescata dalla pandemia di Covid-19. Lo stock degli NPL si è ridotto di oltre due terzi rispetto al 2015 e il rapporto tra capitale di primaria qualità e attività ponderate per il rischio è più che raddoppiato rispetto al 2007. Questi progressi sono stati ottenuti anche grazie alle riforme regolamentari realizzate a livello internazionale e all’azione svolta dalle autorità di vigilanza nazionali[1].
I bilanci bancari non hanno risentito in misura significativa della crisi pandemica. La crescita dei crediti deteriorati è stata contenuta dalle misure di sostegno alla liquidità per imprese e famiglie, da quelle di sostegno ai redditi delle famiglie e all’attività di impresa e dalla politica monetaria espansiva della BCE. Gli intermediari hanno compiuto rilevanti progressi nella gestione dei crediti problematici, dotandosi di assetti organizzativi e procedure volti a migliorarne l’efficienza[2].
L’aumento delle sofferenze, la componente più rischiosa dei crediti deteriorati, ha interessato tutte le categorie dei clienti, sia pure con intensità diverse. Di qui la necessità di promuovere in tempi brevi lo sviluppo del mercato secondario degli NPL coinvolgendo investitori istituzionali, come i fondi pensione oppure incoraggiando la costituzione di fondi ad hoc di private equity e private debt o fondi di credito per favorire il ritorno in bonis dei crediti problematici.
A tal fine, appare ragionevole e opportuno – si legge nella relazione – un intervento legislativo che consenta alle imprese di allineare i debiti verso le banche iscritti in bilancio al valore svalutato (net book value, NBV)[3] che gli intermediari registrano nei loro bilanci.
Tale misura, concorrendo a ridurre l’indebitamento complessivo delle imprese sane, ma in temporanea difficoltà per carenza di liquidità, potrebbe consentirne sia il recupero della capacità di accesso al credito bancario a condizioni ragionevoli sia la piena ripresa dell’attività produttiva, il tutto a beneficio della proprietà, dei lavoratori, dei creditori e dell’Erario.
Per scoraggiare eventuali comportamenti di moral hazard da parte dei debitori – si soggiunge – si potrebbe prevedere che gli stessi presentino un piano di ristrutturazione attestato redatto secondo i profili e i limiti previsti dalla vigente disciplina del codice della crisi d’impresa.
L’incidenza raggiunta dallo stock degli NPL sul core capital delle banche sollecita la costituzione, specie con riferimento alle banche di più modeste dimensioni, similmente a quanto avvenuto in Spagna e in Grecia, di una bad bank pubblica che, acquisendo i crediti deteriorati dalle banche, “le alleggerisca dalle esigenze di maggiore capitalizzazione e consenta il riavvio del canale di nuovi finanziamenti”.
Sulla base delle indicazioni raccolte sul tema nel corso dell’indagine conoscitiva, la Commissione sottolinea la necessità di rivedere, in ambito sia europeo sia nazionale, la regolamentazione del sistema bancario quantomeno per i seguenti profili:
- aumentare la capacità del sistema finanziario di erogare credito a famiglie e imprese per favorire il ritorno in bonis dei crediti deteriorati;
- evitare l’uscita dei debitori dal circuito bancario con conseguenti difficoltà per le imprese di ottenere la necessaria liquidità e scongiurare, pertanto, il pericolo di possibili ingerenze della criminalità organizzata.
Per spezzare il circolo vizioso che si è venuto a manifestare soprattutto nell’attuale contesto pandemico, in cui la presenza di una elevata aliquota di crediti deteriorati nei bilanci bancari comporta sia la compressione dei margini reddituali della banca sia la necessità di operare adeguati accantonamenti, con conseguenti effetti depressivi sull’offerta di credito, la Commissione ha annunciato che sono state presentate, in data 12 maggio 2021, su iniziativa della Presidente, due proposte di legge (AC n. 3109 e n. 3110) volte a deflazionare il contenzioso giudiziario e a permettere alle imprese sane, ma in temporanea difficoltà, di superare la momentanea crisi di liquidità.
In merito alla proposta di legge n. 3110 (Disposizioni per la definizione transattiva dei crediti bancari in sofferenza), il gruppo di lavoro all’uopo costituito, pur condividendone le finalità, ha osservato, tra l’altro, che l’intervento potrebbe indurre i debitori a comportamenti opportunistici. Di conseguenza, la Commissione ha ritenuto opportuno, anche in considerazione che nel frattempo sono state presentate in Parlamento su questo tema diverse proposte di legge, di rimettersi al dibattito parlamentare.
Maggiore interesse sembra invece avere suscitato la proposta di legge n. 3109 (Disposizioni per la gestione dei crediti in sofferenza garantiti da ipoteche o contratti di locazione finanziaria relativa a immobili), che consente al debitore inadempiente, proprietario di un immobile gravato da ipoteca, di continuare a possederlo in base a un contratto di locazione, dopo averne perso la proprietà, di poterlo riacquistare al termine del periodo di locazione. Se il proprietario non è interessato alla locazione o all’acquisto, il fondo può vendere l’immobile al valore di mercato.
La proposta trae origine dalla considerazione che il protrarsi della crisi pandemica, aggravando lo stato di difficoltà delle famiglie e delle imprese, accresce il volume degli NPL nei bilanci bancari. In tale prospettiva, occorre introdurre norme che favoriscano la gestione delle esposizioni deteriorate, evitando che esse sfocino nell’insolvenza.
In particolare, l’operazione sarebbe così strutturata: i) un fondo immobiliare (FIA chiuso e riservato, con sede in Italia o in un altro Stato dell’UE) acquista l’immobile dal proprietario (debitore) che è quindi liberato da ogni gravame nei confronti del creditore (di norma intermediario bancario o finanziario); ii) il fondo concede in locazione per 10 anni al debitore l’immobile ad un canone annuo non superiore al 5 per cento del prezzo di acquisto del cespite; iii) il debitore ha la possibilità di riacquistare l’immobile in qualsiasi momento pagando un prezzo pari al valore della vendita al fondo maggiorato del 10 per cento.
Il prezzo di vendita dell’immobile al fondo non deve essere superiore, alternativamente:
- al valore netto contabile del credito deteriorato[4] iscritto al bilancio dell’intermediario (creditore);
- al prezzo di cessione del credito versato dal cessionario al cedente se il credito è stato ceduto a meno che il cessionario non abbia registrato nel proprio bilancio un valore superiore al prezzo di acquisto;
- al valore che può costituire la possibile base d’asta, determinato con apposita perizia di stima;
- al valore indicato nella C.T.U. (consulenza tecnica d’ufficio) disposta dal giudice dell’esecuzione ovvero alla base d’asta dell’incanto prevista per una data immediatamente successiva all’accordo tra il fondo e il debitore.
Per incentivare il ricorso a soluzioni di mercato e, al tempo stesso, favorire il ritorno in bonis dei crediti deteriorati, sono previsti i seguenti benefici fiscali:
- le imposte indirette sono le stesse che si applicherebbero al debitore dell’immobile;
- gli accordi transattivi sono esenti da imposte di bollo e di registro;
- i redditi prodotti dalla detenzione delle quote o delle azioni dei FIA, anche se cedute a terzi diversi dagli originari partecipanti, sono esenti dall’imposta sul reddito fino alla scadenza del FIA;
- la cancellazione delle ipoteche iscritte sugli immobili acquistati dal FIA è esente da tassazione.
La proposta in commento prevede, infine, sanzioni amministrative pecuniarie a carico dei creditori che non osservino le disposizioni di legge, sanzioni che verrebbero irrogate dalla Banca d’Italia secondo i criteri dalla stessa stabiliti.
Note:
[1] Visco I., Le norme europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche, Audizione del Governatore della Banca d’Italia, 10.2.2021.
[2] Visco I., Le norme europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche, Audizione del Governatore della Banca d’Italia, op. cit.
[3] Per valore netto contabile si intende il valore contabile del credito nominale, al netto delle svalutazioni e delle rettifiche effettuate, applicando il principio contabile IFRS 9 e le disposizioni della BCE e della Banca d’Italia, nonché le linee guida dell’EBA.
[4] Il valore massimo del NBV del credito deteriorato è di 500 mila euro per il debitore persona fisica e di 5 milioni per il debitore persona giuridica.
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