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6 Dicembre 2013 In Diritto bancario

Le segnalazioni antiriciclaggio dei comportamenti anomali nell’utilizzo del trust: il nuovo schema rappresentativo diffuso dall’UIF il 2 dicembre 2013

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Di Maurizio Tidona, Avvocato

6 dicembre 2013

L’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) ha emanato il 2 dicembre 2013 una circolare contenente lo schema rappresentativo dei comportamenti anomali nella costituzione e operatività di un trust, che i destinatari degli obblighi di segnalazione devono considerare quali indizi di operazioni sospette ai sensi della Legge Antiriciclaggio (D.Lgs. n. 231 del 21/11/2007).

L’articolo 10 del d. lgs. 231/07 individua i “destinatari” degli adempimenti, i cosiddetti “soggetti obbligati”, suddividendoli nelle seguenti categorie:

– intermediari finanziari e altri soggetti esercenti attività finanziaria (banche, Poste italiane, istituti di moneta elettronica, SIM, SGR, SICAV, Agenti di cambio, Riscossione tributi, intermediari ex artt. 106 e 107 Tub, Succursali italiane di banche estere, Cassa depositi e prestiti, Società fiduciarie, Promotori finanziari, Intermediari assicurativi, Mediatori creditizi, Agenti in attività finanziaria);

– professionisti (ragionieri, periti commerciali, dottori commercialisti, consulenti del lavoro, altri soggetti che svolgono in maniera professionale attività in materia di contabilità e tributi, notai, avvocati revisori contabili; altri soggetti operanti nel recupero crediti, custodia e trasporto di denaro contante e di titoli o valori, gestione di case da gioco, offerta attraverso la rete internet e altre reti telematiche o di telecomunicazione di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro, agenzia di affari in mediazione immobiliare).

Gli organismi internazionali in materia di prevenzione e contrasto al riciclaggio – in particolare il GAFI (Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale) – hanno evidenziato ripetutamente i possibili utilizzi abusivi, per finalità di riciclaggio, del trust, che può essere impiegato per fini contrari alla legge.

I destinatari degli obblighi antiriciclaggio, che a vario titolo entrano in rapporto con il trust (sia in fase di costituzione, che in quella di esecuzione), sono quindi tenuti – per non incorrere in responsabilità di omessa segnalazione di operazioni sospette – a prestare particolare attenzione alle caratteristiche e alle finalità del medesimo.

Il trust non è espressamente disciplinato nell’ordinamento giuridico italiano. Tuttavia, ai trusts costituiti secondo la legge di un altro Stato, che preveda tale istituto, sono riconosciuti gli effetti giuridici in Italia, per effetto della della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 (entrata in vigore il 1° gennaio 1992, con la legge 16 ottobre 1989, n. 364).

Con l’istituzione del trust il proprietario di alcuni beni (disponente, settlor o grantor) se ne spoglia (ai sensi dell’Art. 2, u.c., della Convenzione, la circostanza che il disponente conservi alcuni diritti e facoltà o che il trustee abbia alcuni diritti in qualità di beneficiario, non è comunque in astratto incompatibile con la validità del trust), conferendo i beni a un terzo soggetto (trustee, che potrà essere una persona fisica o giuridica), che li amministra in favore di uno o più beneficiari o per il perseguimento di uno scopo determinato.

I beni entrati nel trust, pur rimanendo intestati al solo trustee, costituiscono una massa distinta ed autonoma del patrimonio sia nei riguardi del trustee che del settlor, e quindi non sono aggredibili dai creditori personali di questi ultimi.

La Circolare del 2 dicembre 2013 dell’UIF individua una serie di possibili anomalie nella costituzione e operatività del trust, da intendersi esemplificative e non certamente esaustive delle possibili anomalie (i destinatari degli obblighi antiriciclaggio devono infatti prestare attenzione a qualsiasi elemento di sospetto, anche se non contenuto nello schema diffuso dall’UIF).

La Circolare UIF suddivide le anomalie in “soggettive” e “oggettive”.

Sotto il profilo soggettivo, le anomalie che devono allertare i destinatari degli obblighi di segnalazione sono:

1) istituzione di trust da parte di soggetti che, in base alle informazioni disponibili, risultano:

– in una situazione finanziaria di difficoltà o prossima all’insolvenza ovvero sottoposti in passato a procedure fallimentari o di crisi;

– gravati da ingenti debiti tributari con l’Amministrazione finanziaria;

2) presenza a vario titolo nel trust di soggetti che, in base alle informazioni disponibili, sono sottoposti a indagini;

3) conferimento dell’incarico di trustee a soggetto che, in base alle informazioni acquisite in sede di adeguata verifica, presenta un profilo palesemente incoerente con la complessità dell’attività gestoria richiesta e le finalità del trust (ad es. per entità/natura dei cespiti del fondo);

4) reticenza del trustee nel fornire documentazione inerente al trust (es. atto istitutivo), con conseguente ostacolo all’individuazione del titolare effettivo e dello scopo del trust;

5) coincidenza tra disponente e trustee (cd. trust autodichiarato), tra disponente e guardiano, ovvero sussistenza di rapporti di parentela o anche di lavoro subordinato fra gli stessi;

6) frequente rilascio da parte del trustee di deleghe ad operare, specie se a favore del disponente o di soggetti a lui prossimi;

7) revoca del trustee da parte del guardiano priva di apparente giustificazione;

8) finalità del trust che appaiono incongrue rispetto ai rapporti personali, economici o giuridici intercorrenti tra disponente e beneficiari del trust ovvero tra disponente e guardiano;

9) presenza del disponente fra i beneficiari di capitale o indicazione dello stesso quale unico beneficiario, specie se non risulta chiaramente percepibile la causa istitutiva del trust.

Sotto il profilo oggettivo, le anomalie che devono allertare i destinatari degli obblighi di segnalazione sono:

1) istituzione del trust per scrittura privata autenticata e/o atto pubblico con ravvicinata ampia modifica dell’atto stesso mediante adozione di diversa forma giuridica (es. scrittura privata non autenticata);

2) istituzione del trust in paesi o territori a rischio, specie:

– se il disponente o un beneficiario è residente in Italia, o se il fondo sia costituito anche con beni immobili siti in Italia;

3) collocazione del trust al vertice di una complessa catena partecipativa, soprattutto se con diramazioni in paesi o territori a rischio;

4) presenza, nell’atto istitutivo del trust, di clausole che:

– subordinano sistematicamente l’attività del trustee al consenso del disponente, dei beneficiari o del guardiano, specie in presenza di rapporti di parentela o di contiguità tra trustee e detti soggetti;

– impongono al trustee l’obbligo di rendiconto nei confronti del solo disponente, specie se questi non figuri fra i beneficiari;

– prevedono il sistematico e ingiustificato utilizzo da parte del disponente di beni conferiti in trust;

– non risultano comprensibili dal disponente in quanto particolarmente complesse;

5) costituzione in trust di:

– beni la cui consistenza o natura risulti incoerente rispetto alle finalità o alla tipologia del trust;

– beni recentemente pervenuti al disponente di cui non sia nota la provenienza, specie nel caso di trust opaco;

– aziende con indicazione nell’atto istitutivo del trust di finalità generiche;

6) attività gestoria da parte del trustee non coerente rispetto agli scopi che il trust dovrebbe perseguire in base all’atto istitutivo;

7) operazioni di gestione effettuate dal trustee con la sistematica presenza del disponente, del guardiano o dei beneficiari;

8) frequenti dazioni in favore di nominativi ricorrenti in trust opachi, specie se effettuate verso paesi o territori a rischio;

9) dazione al guardiano, a titolo di remunerazione per l’incarico svolto, di cespiti del fondo in trust o di somme non corrispondenti a quelli eventualmente previsti dall’atto istitutivo.

La UIF, nella Circolare in esame, precisa che non è necessario che ricorrano contemporaneamente tutti i comportamenti sopra elencati, ed inoltre, che la mera ricorrenza di singoli comportamenti individuati nello schema non è motivo di per sé sufficiente per effettuare la segnalazione stessa.

Qualora emergano operazioni sospette, è necessario che i soggetti tenuti le segnalino con la massima tempestività all’Unità di Informazione Finanziaria, e questo, quando possibile, prima di dar corso alla esecuzione dell’incarico, in conformità con quanto indicato nelle istruzioni per la compilazione della segnalazione delle operazioni sospette ai fini della normativa antiriciclaggio.

In merito alla responsabilità interna all’organizzazione dei destinatari degli obblighi antiriciclaggio, la Circolare precisa che questi dovranno, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, diffondere apposite indicazioni operative fra il personale e i collaboratori incaricati della valutazione delle operazioni sospette.

Sul punto, si rammenta che l’articolo 54 del d. lgs. 231/07 impone ai destinatari l’obbligo di formare il personale sulla disciplina antiriciclaggio; in particolare le aziende ed i professionisti devono predisporre “programmi di formazione finalizzati a riconoscere le attività potenzialmente connesse al riciclaggio”.



Rivista di Diritto Bancario Tidona - Il contenuto di questo documento potrebbe non essere aggiornato o comunque non applicabile al Suo specifico caso. Si raccomanda di consultare un avvocato esperto prima di assumere qualsiasi decisione in merito a concrete fattispecie.

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