© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza una espressa autorizzazione scritta. È consentito il link diretto a questo documento.
Di Antonio Pezzuto, ex Dirigente della Banca d’Italia
1. L’imposta straordinaria sugli extraprofitti bancari
Il 7 agosto 2023 il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge n. 104/2023, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici (c.d. decreto Omnibus). L’articolo 26 del decreto, in considerazione della dinamica dei tassi d’interesse e del costo del credito, istituisce, per l’anno 2023, un’imposta straordinaria sui margini d’interesse (c.d. extraprofitti) degli enti creditizi operanti nel territorio nazionale.
Nella Relazione di accompagnamento al provvedimento di legge si evidenzia che il rialzo dei tassi d’interesse ufficiali[1], deciso dalla BCE per contrastare le spinte inflazionistiche, ha spinto le banche a modificare la griglia dei tassi praticati alla clientela. Senonché, mentre i tassi attivi sono stati adeguati rapidamente alle variazioni dei tassi di policy, con conseguente grave danno per le famiglie e le imprese affidate, quelli passivi sono aumentati con ingiustificato ritardo[2]. Tale condotta ha consentito al settore bancario di conseguire ingenti profitti che, per ragioni di equità sociale, andrebbero assoggettati a prelievo.
Il tributo è determinato applicando un’aliquota del 40 per cento sul maggiore valore tra:
- l’ammontare del margine d’interesse di cui alla voce 30 del conto economico relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 che eccede per almeno il 5 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022; oppure
- l’ammontare del margine d’interesse di cui alla voce 30 del conto economico relativo all’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2024 che eccede per almeno il 10 per cento il medesimo margine nell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022.
L’ammontare dell’imposta straordinaria per ogni ente creditizio, in ogni caso, non può essere superiore a una quota pari allo 0,1 per cento del totale dell’attivo relativo all’esercizio antecedente al 1° gennaio 2023. L’imposta deve essere versata nel corso del 2024. Essa, inoltre, non è deducibile dai redditi imponibili ai fini delle imposte sui redditi delle società (IRES) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Infine, il gettito derivante da tale imposta è destinato al finanziamento del fondo per i mutui sulla prima casa e per interventi volti alla riduzione della pressione fiscale di famiglie e imprese.
La decisione del Governo di introdurre un’imposta sugli extraprofitti delle banche ha suscitato vivaci proteste negli ambienti bancari per le conseguenze che rischia di avere sul settore creditizio e sul mercato del credito in generale. E’ stato paventato, in particolare, il rischio che l’imposta finirà per colpire indirettamente sia gli azionisti delle banche, che hanno già subito una perdita sul valore del loro investimento e che subiranno in futuro una riduzione sui dividendi attesi, sia la clientela affidata, per un aumento probabile del costo del credito e una contrazione della sua disponibilità, sia infine i depositanti che potrebbero vedere aumentare le commissioni pagate[3].
2. Le audizioni parlamentari
Il 12 settembre 2023 si è svolto, avanti le Commissioni 8^ e 9^ del Senato della Repubblica, un ciclo di audizioni sul decreto Omnibus, a cui hanno partecipato, in rappresentanza del settore bancario, l’Associazione bancaria italiana (ABI), la Federazione italiana delle banche di credito cooperativo e delle casse rurali (Federcasse) e l’Associazione Nazionale tra le banche popolari (Assopopolari).
Nel suo intervento, l’esponente dell’ABI ha sottolineato, tra l’altro, che:
- la comunicazione della decisione di introdurre l’imposta straordinaria, in assenza di un confronto preventivo con l’Associazione, ha provocato sui mercati un impatto solo parzialmente attenuato nei giorni successivi, oltre che indebolito la credibilità del sistema finanziario italiano;
- la voce 30 del conto economico dei bilanci bancari non si compone solo del differenziale tra tassi attivi e passivi ma anche di rendimenti da investimenti in titoli di Stato la cui remunerazione non è fissata dalle banche;
- occorre escludere dal computo dell’imposta gli effetti reddituali (margine d’interesse) e patrimoniali (attivo su cui calcolare il CAP massimo di imposta) dei titoli sovrani;
- l’extraprofitto riflette una situazione in cui un’impresa godendo di una posizione di monopolio od oligopolio può fissare il prezzo dei suoi prodotti ricavando un profitto superiore a quello determinabile in un mercato concorrenziale. Questa situazione è assente nelle banche che sono, invece, in forte concorrenza nell’intera area dell’euro;
- in Italia, a differenza che in altri paesi europei, non sono stati applicati tassi negativi sui depositi in conto corrente, anche in presenza di rendimenti sui BOT negativi e di tassi negativi sui depositi costituiti presso la BCE dal 2014 a metà del 2022;
- le banche italiane sono già oggetto di una tassazione elevata (aliquota IRAP maggiorata al 4,65 per cento dal 2011 e addizionale IRES pari al 3,5 per cento dal 2017);
- ingiustificate penalizzazioni del settore bancario finirebbero per incidere sulla capacità di operare accantonamenti prudenziali e di erogare finanziamenti all’economia reale, oltre che per limitare l’interesse degli investitori verso il settore bancario italiano;
- la nuova norma produce effetti retroattivi, in quanto si riferisce a periodi conclusi (2021 e 2022) o in corso (2023);
- la disposizione produce potenziali effetti distorsivi sulla concorrenza, giacché gli operatori nazionali del settore del credito sarebbero penalizzati rispetto a intermediari residenti in altri Stati membri;
- l’imposta straordinaria solleva dubbi di compatibilità con i precetti costituzionali. E’ stato infatti osservato che profili di incostituzionalità possono ricorrere per il richiamato art. 26, che assume come base imponibile l’intero margine d’interesse, “senza verifica concreta della sua correlazione con gli associati extraprofitti derivanti dall’andamento dei tassi d’interesse e del costo del credito. L’elezione di quella voce del bilancio mal si presta ad individuare una maggiore capacità contributiva”.
Possibili profili di incostituzionalità della disposizione sono stati evocati anche dal Servizio del Bilancio del Senato[4]. In particolare – si legge nel documento – “qualora non si tenga adeguatamente conto della effettiva capacità contributiva dei soggetti passivi del prelievo o si creino distorsioni fiscali irragionevoli”. Ai fini dei conti rileva che l’eventuale incostituzionalità “potrebbe essere dichiarata dopo l’avvenuto introito e la conseguente spesa delle somme in questione, il che determinerebbe un peggioramento dei saldi (di bilancio) corrispondente alle risorse che dovessero essere restituite alle banche per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale”.
Nella Memoria presentata alle Commissioni parlamentari il rappresentante di Federcasse, dopo aver sottolineato le principali peculiarità tecnico-normative ed organizzative delle banche di credito cooperativo (specifico quadro giuridico che disciplina l’attività delle BCC, principio di mutualità, ecc.), ritiene che l’imposta straordinaria incida “negativamente sul livello degli utili e, quindi, sulla capacità di auto-patrimonializzazione delle BCC e, di conseguenza, in base al meccanismo del moltiplicatore del credito, sulle future erogazioni di finanziamenti a soci e clienti dei rispettivi territori”.
Oltre a ciò, Federcasse ricorda che l’incremento del margine d’interesse realizzato dalle BCC “risulta determinato in misura maggiore dall’aumento dei proventi derivanti dai titoli di debito (tra cui i titoli di Stato), piuttosto che dall’attività di erogazione di finanziamenti a soci e clienti” e che “il margine d’interesse è la principale fonte di reddito per le BCC che sono banche specializzate nella raccolta e negli impieghi alla clientela”. A conferma di tale assunto, Federcasse precisa che oltre il 60 per cento della redditività delle BCC proviene dal margine d’interesse rispetto a circa il 40 per cento dell’industria bancaria, quale conseguenza di un modello di business che privilegia il rapporto con il territorio e con clientela costituita in prevalenza da famiglie e imprese di piccole dimensioni.
Di qui la richiesta di escludere la categoria delle BCC dall’applicazione del tributo che, altrimenti, penalizzerebbe fortemente l’unica fonte di capitalizzazione delle BCC e la relativa capacità di erogazione del credito, con conseguente grave nocumento per le economie locali.
Considerazioni pressoché analoghe sono state espresse anche dal rappresentante di Assopopolari: a suo dire: i) il provvedimento assoggetta a tassazione “un margine finanziario che in buona parte potrebbe essere prudenzialmente accantonato” per la copertura di potenziali perdite sul credito erogato, il cui rischio è aumentato a causa del peggioramento del quadro macroeconomico internazionale; ii) l’imposta straordinaria produce una grave distorsione della concorrenza, poiché “colpisce soltanto le banche, ma non tutti gli altri settori che pure hanno registrato aumenti dei profitti”; iii) il nuovo tributo incide sugli utili previsti per il 2023 in ragione del 24 per cento, a fronte del 10,2 per cento medio.
3. Il parere della BCE sull’imposta straordinaria
In risposta a una richiesta di parere del MEF, il 12 settembre scorso la BCE – competente ad esprimere opinioni su progetti di legge che rientrino nella sfera delle sue attribuzioni – ha fatto conoscere le proprie valutazioni in merito all’imposizione di un’imposta straordinaria agli enti creditizi.
La BCE analizza la norma del decreto che introduce un’imposta straordinaria a carico delle banche, sotto il profilo della politica monetaria, della stabilità finanziaria e della vigilanza prudenziale.
Sotto il profilo della politica monetaria, la BCE osserva che la decisione del Governo italiano è motivata dai costi sociali potenzialmente ingenti per famiglie e imprese derivanti dai tassi di interesse elevati, e che le misure restrittive adottate, sotto forma di ripetuti rialzi dei tassi ufficiali e cessazione degli acquisti netti di attività finanziarie, sono state orientate a frenare le aspettative inflazionistiche e ad assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2 per cento nel medio termine.
Le operazioni di politica monetaria hanno sempre implicazioni in termini di distribuzione, nonché sul reddito e sulla redditività degli enti creditizi, i quali svolgono un ruolo determinante nella trasmissione degli impulsi di politica monetaria all’economia in generale. In tale contesto, le banche devono mantenere una posizione patrimoniale solida per far affluire regolari flussi di credito all’economia reale.
E’ pur vero che l’incremento dei tassi ufficiali tende a innalzare nel breve periodo il reddito netto da interessi delle banche. Ma è altrettanto vero che in un orizzonte temporale più ampio tale effetto è spesso compensato dalla riduzione del volume di prestiti, dalla crescita dei costi di finanziamento, dalle perdite sui titoli in portafoglio e dall’aumento degli accantonamenti per far fronte a un potenziale deterioramento dello standing creditizio della clientela. L’effetto netto di un orientamento più restrittivo della politica monetaria sulla redditività delle banche può dunque essere meno positivo rispetto a quanto prospettato nel breve periodo. Se, inoltre, si considera che un’imposta sul reddito netto da interessi, come quella prevista dal decreto Omnibus, sarebbe comunque vincolante anche se gli enti creditizi registrassero perdite sulle componenti dei loro utili derivanti da redditi diversi dal reddito netto da interessi, potrebbe accadere che tali enti creditizi registrino utili o perdite inferiori nel momento in cui l’imposta è effettivamente riscossa.
In considerazione di ciò, la BCE invita a prestare cautela per garantire che l’imposta straordinaria non incida sulla capacità dei singoli enti creditizi di costituire solide basi patrimoniali e di operare adeguati accantonamenti per maggiori svalutazioni e un deterioramento della qualità creditizia.
Sotto il profilo della stabilità finanziaria, nel richiamare precedenti pareri su iniziative legislative similari[5], la BCE ricorda come l’imposizione di un’imposta straordinaria al settore bancario potrebbe compromettere l’accumulo di riserve supplementari di capitale, in quanto i suoi utili non distribuiti si contrarrebbero, e ciò diminuirebbe la sua capacità di fronteggiare shock avversi.
Un reddito netto da interessi più elevato può derivare dall’aumento dei tassi di interesse. Ma l’aumento di questi ultimi – nota la BCE – può anche contribuire a una crescita dei costi di finanziamento e a eventuali perdite sui portafogli di titoli bancari in essere. Inoltre, in una prospettiva di lungo periodo, tassi di interesse più elevati possono influire negativamente sulla situazione finanziaria della clientela affidata, aumentando così il rischio di credito. Poiché tali effetti non sono presi in considerazione nel concepire l’imposta straordinaria, in quanto quest’ultima è calcolata sul margine d’interesse netto anziché sugli utili netti, la BCE raccomanda di valutare tali fattori al fine di garantire che gli enti creditizi siano in condizioni di poter assorbire potenziali perdite future.
Ad avviso della BCE, l’imposta straordinaria può rendere più oneroso per le banche attrarre nuovo capitale azionario, poiché gli investitori potrebbero essere meno interessati ad investire le loro risorse in enti creditizi italiani che hanno prospettive più incerte. Inoltre, prosegue il documento, la natura retroattiva dell’imposta può alimentare la percezione di un quadro fiscale incerto e dar luogo a un ampio contenzioso, creando problemi di incertezza giuridica.
La BCE sottolinea infine il rischio di una frammentazione del sistema finanziario europeo a causa della natura eterogenea delle imposte straordinarie per il settore bancario.
In relazione a quanto precede, la BCE raccomanda che, al fine di valutare se l’applicazione della tassa sugli extraprofitti per le banche pone dei rischi per la stabilità finanziaria, compromettendone la capacità di tenuta delle banche e causando distorsioni al mercato, l’emanazione del decreto sia accompagnata da un’analisi approfondita delle potenziali conseguenze negative per il settore bancario.
Sotto il profilo della vigilanza prudenziale, la BCE evidenzia che l’imposta straordinaria inciderà in misura maggiore sulle banche di più contenute dimensioni (c.d. less significant institutions), il cui core business è incentrato nell’attività di erogazione del credito, a differenza delle grandi banche che tendono ad avere una proporzione più elevata di reddito basata sulle commissioni.
Inoltre, poiché la base imponibile dell’imposta straordinaria non prende in considerazione l’intero ciclo economico e non comprende, tra l’altro, le spese operative e il costo del rischio di credito, l’ammontare del tributo potrebbe non essere commisurato alla redditività a più lungo termine di un ente creditizio e alla sua capacità di generare capitale.
4. Conclusioni
Si ha motivo di ritenere che, nonostante le osservazioni mosse dalla BCE e dalle associazioni di categoria, il Governo non abbia alcuna intenzione di rinunciare al proposito di introdurre un’imposta straordinaria sui profitti realizzati dalle banche, pur manifestando nel contempo piena disponibilità ad apportare correttivi al testo.
Prova ne è che nei giorni scorsi il Governo ha presentato un emendamento, frutto di un accordo intervenuto tra i partiti di maggioranza, che modifica in profondità la proposta originaria, anche al fine di tener conto dei rilievi della BCE e per evitare il rischio di incostituzionalità della norma. E’ infatti ora previsto che l’imposta straordinaria sia calcolata applicando l’aliquota del 40 per cento sull’ammontare del margine d’interesse relativo all’esercizio 2023 che ecceda del 10 per cento quello del 2021. Il tetto massimo del tributo è innalzato dallo 0,1 allo 0,26 per cento su una base imponibile costituita dalle attività di rischio ponderate (ARP)[6].
Si stabilisce inoltre che, in luogo del pagamento dell’imposta, le banche possano destinare, in sede di approvazione del bilancio, a una riserva indisponibile un importo pari a due volte e mezza l’imposta dovuta. La somma accantonata viene computata tra gli elementi del capitale primario di classe 1 (CET 1), rafforzando così il patrimonio aziendale. Qualora la riserva sia utilizzata per la distribuzione di utili agli azionisti, l’imposta maggiorata di un importo pari al tasso d’interesse sui depositi costituiti presso la BCE è versata all’Erario entro trenta giorni dall’approvazione della relativa delibera.
Si introduce il divieto, per le banche, di traslare gli oneri aggiuntivi sui costi dei servizi erogati alle imprese e alle famiglie, attribuendo all’Antitrust il compito di vigilare sulla puntuale osservanza della disposizione anche mediante accertamenti a campione, riferendone annualmente al Parlamento con apposita relazione.
Si dispone, infine, che il gettito derivante dal nuovo tributo[7] sia destinato anche al rifinanziamento del fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito centrale per l’erogazione di prestiti bancari a favore di piccole e medie imprese.
Note:
[1] Tra il 21.7.2022 e il 27.7.2023 il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali è aumentato dallo 0,50 al 4,25 per cento, quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale dallo 0,75 al 4,50 per cento e quello sui depositi presso l’Eurosistema dallo 0 al 3,75 per cento.
[2] In una fase di restrizione monetaria i tassi sui depositi aumentano molto poco a confronto di quelli sui prestiti e degli altri tassi di mercato. Ciò è dovuto a molteplici fattori, tra cui l’insufficiente potere di mercato dei depositanti rispetto a quello delle banche, la concorrenza imperfetta che caratterizza il settore creditizio e il grado di educazione finanziaria dei risparmiatori. Hamaui R., Extraprofitti: una tassa sbagliata, in www.lavoce.info, 11.8.2023.
[3] Hamaui R., Extraprofitti: una tassa sbagliata, op. cit.
[4] Cfr. Nota di lettura, Settembre 2023, n. 71.
[5] L’Italia è soltanto uno degli ultimi paesi europei ad aver introdotto un’imposta sugli extraprofitti bancari. Sono diversi, infatti, i governi che hanno deciso di tassare i profitti realizzati dalle banche per sostenere le famiglie e le imprese in difficoltà. In Spagna, ad esempio, il governo guidato da Sanchez ha disposto di applicare alle banche un’imposta del 4,8 per cento sul reddito netto da interessi e da commissioni nette, al di sopra degli 800 milioni di euro, con l’obiettivo di raccogliere 3 miliardi nel 2024. Interessata dal Parlamento spagnolo a fornire un parere al riguardo, la BCE ha evidenziato tra l’altro: i) l’effetto negativo sulla stabilità finanziaria e sulla capacità delle banche di erogare credito, in quanto l’imposta può essere applicata anche ad intermediari in perdita; ii) l’imposizione di imposte o prelievi eccezionali sulle banche ai fini di bilancio generale dovrebbe essere preceduta da un’analisi approfondita delle potenziali conseguenze negative per le banche, per garantire che tali imposte non comportino rischi per la stabilità finanziaria e l’erogazione del credito.
[6] Le ARP vengono calcolate moltiplicando gli attivi bancari per un coefficiente di ponderazione (pari a zero per i titoli di Stato), il quale cresce all’aumentare della rischiosità dell’attivo. Le principali componenti del rischio da includere nelle ARP sono il rischio di credito, il rischio di mercato e il rischio operativo. Il rapporto tra il patrimonio di vigilanza e le ARP determina il coefficiente di solvibilità, che sta ad indicare l’ammontare minimo di capitale che le banche devono possedere in rapporto al totale delle attività ponderate in base al loro rischio.
[7] Secondo le stime del Centro studi di Unimpresa, la somma che lo Stato potrebbe incassare sarebbe sostanzialmente invariata rispetto alla versione iniziale del provvedimento fiscale (intorno a 3,3 miliardi di euro).
Rivista di Diritto Bancario Tidona - www.tidona.com - Il contenuto di questo documento potrebbe non essere aggiornato o comunque non applicabile al Suo specifico caso. Si raccomanda di consultare un avvocato esperto prima di assumere qualsiasi decisione in merito a concrete fattispecie.
Le informazioni contenute in questo sito web e nella rivista "Magistra Banca e Finanza" sono fornite solo a scopo informativo e non possono essere ritenute sostitutive di una consulenza legale. Nessun destinatario del contenuto di questo sito, cliente o visitatore, dovrebbe agire o astenersi dall'agire sulla base di qualsiasi contenuto incluso in questo sito senza richiedere una appropriata consulenza legale professionale, da un avvocato autorizzato, con studio dei fatti e delle circostanze del proprio specifico caso legale.