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17 Settembre 2021 In Diritto bancario Tidona

Mutui a tasso variabile – Attenzione agli interessi di mora – Brevi riflessioni su Cass. n. 24181 dell’8 settembre 2021



© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza autorizzazione. È consentito il link diretto a questo documento.

Brevi note su: Cassazione, Sez . II Civile, Ordinanza n. 24181 dell’8 settembre 2021 (Pres. Dott. Manna, Cons. Rel. Dott. Oliva)

Di Gaetano Maria Porretti, Avvocato

 

  1. – IL TEMA.

Davvero in estrema sintesi e come noto:

– l’art. 1224 c.c. (“Danni nelle obbligazioni pecuniarie”), norma generale in tema di obbligazioni, per quanto qui interessa (comma 1) così testualmente recita:

“Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente ed anche se il creditore non prova di aver subito alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura (…)”;

– la pratica quotidiana offre un panorama di mutui a tasso (corrispettivo) “variabile”, ove poi il tasso moratorio è legato ai primi e con una maggiorazione prevista secondo i più disparati criteri, “fissi” (es., un “x%” in più dei corrispettivi), o anch’essi “variabili” come nel caso affrontato;

– numerose sono le conseguenze da un punto di vista pratico,  date le problematiche relative a come e dove far valere i crediti (in ambito esecutivo, fallimentare e/o anche di giudizi di opposizione, etc.), alla sorte delle pattuizioni (etc.).

 

  1. – IL CASO DECISO DALLA S.C. DI CASSAZIONE ED IL PRINCIPIO ENUNCIATO.

Risolto (per inadempimento del mutuatario) dalla Banca il contratto di mutuo a tasso “variabile” (tanto nei corrispettivi, quanto nei criteri di determinazione dei moratori), il precetto intimato per il pagamento veniva opposto (art. 615, comma 1, c.p.c.), con richiesta da parte dell’opponente di rideterminazione del dovuto e di non debenza degli interessi moratori applicati dalla Banca.

Espletata una C.T.U. tecnico-contabile, il Tribunale (Lodi) rideterminava la somma del precetto e statuiva la debenza degli interessi di mora, dalla notifica del precetto ed al tasso “legale”.

La Corte di Appello (Milano) adìta dalla Banca già opposta confermava la somma rideterminata dal Tribunale, aumentava il saggio degli interessi di mora (6,75%) accogliendo una delle due opzioni ricostruttive del C.T.U. in 1° grado (applicazione dell’ultimo tasso in vigore prima della risoluzione del rapporto, ovvero dell’ultimo tasso corrispettivo all’epoca della risoluzione del rapporto).

La S.C. di Cassazione ha:

  • ritenuto “arbitraria” la decisione della Corte territoriale, viepiù siccome non motivata;
  • cassato “con rinvio” la sentenza gravata;
  • disposto che il Giudice del rinvio dovrà tener conto che:

“(…) in difetto di prova certa in merito al saggio di interesse moratorio convenzionale applicabile al rapporto di durata prima della mora, o di accordo delle parti sull’applicazione per il periodo successivo, di un saggio di interesse moratorio convenzionale superiore al tasso legale, detto interesse va calcolato, a decorrere dalla mora (e dunque ove questa non sia avvenuta prima, dalla risoluzione del rapporto) e sino al saldo, nella misura corrispondente al tasso legale, senza possibilità di applicare, in assenza di specifico accordo tra le parti, un tasso convenzionale fisso in luogo di quello, variabile, pattuito dalle parti (…)”.

Ciò, quindi, con riferimento all’art. 1224, comma 1, c.c. e ritenendo il Collegio che con l’espressione usata nell’ultimo periodo “prima della mora”:

  • “(…) il legislatore abbia inteso fare riferimento a tutto il periodo anteriore alla mora – e, dunque, alla risoluzione del rapporto negoziale – e non solamente al giorno, o alla settimana, o al mese, o all’anno antecedente detto evento (…)”;
  • “[…] quando le parti non abbiano espressamente stabilito che, in ipotesi di costituzione in mora del debitore inadempiente, o di risoluzione del contratto per inadempimento del medesimo, si debba applicare al periodo successivo a detti eventi un tasso convenzionale prestabilito, anche da individuarsi nell’ultimo tasso variabile applicabile in base alla regola negoziale, ovvero nella misura del saggio tendenziale risultante dalla media tra tutti i tassi variabili applicati al rapporto, non è possibile fare applicazione dell’art. 1224 c.c. comma 2 (in realtà, comma 1 ultimo periodo) a causa dell’impossibilità pratica di stabilire in che misura fossero stati stabiliti gli interessi convenzionali “prima della mora”. In tali ipotesi, dunque, per il periodo successivo alla risoluzione sono dovuti gli interessi moratori al saggio legale, in applicazione della regola generale di cui all’art. 1224 comma 1 (in realtà, comma 1 primo periodo) […]”.

 

  1. – BREVI RIFLESSIONI.

Dalla lettura della motivazione ritengo possa evincersi un principio di carattere generale:

  • intanto riferibile senz’altro alle fattispecie di interessi di mora “variabili”;
  • comunque estensibile anche a quelle dove gli interessi di mora sono legati a corrispettivi “variabili”.

Ciò che reca in sé “germi pericolosi” e non deve far abbassare la guardia, anzi, deve indurci ad ogni ulteriore sforzo per (tentare di) “debellarli” (dato il momento, non vorrei sembrare eccessivo).

Infatti, la motivazione della S.C. di Cassazione non mi convince del tutto, per le seguenti, prime e brevi considerazioni (e, ovviamente, salvo ulteriori approfondimenti):

  • non sarebbe stato (ben) considerato l’art. 1367 c.c. (“Conservazione del contratto”) che, nell’ambito delle norme e dei principi sulla “Interpretazione del contratto” (Capo IV, Titolo II, Libro IV – Delle Obbligazioni) così testualmente recita: “Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possano avere effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”; ed è evidente che l’applicazione del tasso legale sulla base del comma 1 dell’art. 1224 c.c., di fatto vanifica la “clausola” contrattuale degli interessi di mora (ed il disposto dell’ultimo periodo), viepiù nel momento attuale in cui gli interessi legali sono pari o prossimi allo “0”;
  • se “nulla quaestio” (nessuna contestazione) nel periodo di adempimento del contratto (rate restituite alle scadenze o – seppur con un qualche ritardo, senza richiesta di mora per tale periodo -, assenza di contestazioni sugli interessi, etc.), non mi sembra fuori di logica ritenere il pregresso temporale “in bonis” del tutto “irrilevante”, tale da non incidere sul “prima della mora” e, quindi, fare riferimento solo agli interessi praticati al momento in cui si formalizza la risoluzione (una delle ipotesi individuate in 1° grado dal C.T.U.);
  • stante il dictum qui in esame, si verrebbe a legittimare un sistema addirittura “premiale” per il contraente inadempiente – così “beneficiario” suo malgrado o peggio ancora volutamente/artatamente – di un inadempimento praticamente “gratuito”, con buona pace anche dei principi costituzionali di “logica”, di “ragionevolezza”, di adempimento dei doveri “inderogabili” di “solidarietà economica” (artt. 3 e 2 Cost.) e di quelli (derivati) codicistici di “buona fede”, sia nell’interpretazione del contratto (art. 1366 c.c.), sia nell’adempimento delle obbligazioni (art. 1176 c.c.) e nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.);
  • potrebbe, quindi, profilarsi una ingiusta disparità di trattamento quanto agli effetti della “mora debendi” (come visto legata anche a principi fondamentali del Nostro Ordinamento) fra i contratti a tasso “fisso” e quelli a tasso “variabile”.

Senza voler andare troppo lontano, ricordo che, circa un anno fa, le SS.UU. della S.C. di Cassazione (Cass. Civ. – SS. UU., Pres. MAMMONE, Rel. NAZZICONE – Sentenza 18 settembre 2020, n. 19597), nel dirimere il contrasto in tema di usura in termini “restrittivi” per la “clientela bancaria”, avevano motivato anche e proprio escludendo che il Nostro Ordinamento possa concepire o tollerare un sistema teso a favorire o premiare l’inadempimento nelle obbligazioni (sia consentito richiamare il mio scritto di commento del 24/09/2020).

L’eventualità, da scongiurarsi e da contrastarsi, non è affatto peregrina.

Infatti, il mutuatario potrebbe “a tavolino” costruirsi il proprio inadempimento, “giocandosi” poi la chànce di contestare le somme richieste e, magari, “guadagnare” la riduzione della mora al tasso legale = praticamente “a gratis”, peggio ancora se tutto ciò ordito e posto in essere dopo breve decorso del contratto, quindi per molti e lunghi anni.

D’altro canto, il contraente adempiente e creditore (la Banca), per scongiurare dette negative eventualità dovrebbe addirittura evitare – pur in presenza dei presupposti di legge e di contratto (es., art. 40, comma 2, T.U.B., art. 1186 c.c., etc.) – di formalizzare la risoluzione, costretta a mantenere in vita il rapporto magari fino a naturale scadenza, proprio per non perdere i criteri di determinazione/determinabilità degli interessi e che, diversamente, non potrebbero essere utilizzati (siccome di là da venire), vedendosi così “paralizzato” nel suo agire, se non anche destinatario di rilievi dagli Organi Superiori (sono consapevole di rasentare il “parossismo”, ma tant’è e potrebbe essere).

 

  1. – CONCLUSIVAMENTE.

Pur nella sua pericolosità, sia e certamente per le fattispecie di interessi di mora “variabili”, sia ed in ogni caso per quelle di interessi “variabili” in genere, intanto e certamente occorre massima attenzione sui richiami delle Ns. controparti a detta Ordinanza (se pertinenti o rimaneggiati “ad usum delphini”), comunque da contrastarsi – argomentando magari anche nei termini sopra esposti – quanto all’interpretazione della locuzione “(…) Se prima della mora (…)” di cui all’art. 1224, comma 1, ultimo periodo, c.c..

Il tutto, auspicando che le fattispecie siano caratterizzate da contratti con clausole (sugli interessi) sempre meno dubbie o ambigue e, soprattutto per gli interessi, con criteri di determinatezza o determinabilità un pò più certi e finanche elementari.

Per esempio, in caso di interessi di mora legati a corrispettivi “variabili”, con “precisa” indicazione del tasso di riferimento su cui operare la maggiorazione:

  • preferibilmente, ad es. il primo o quello al momento della risoluzione (comunque individuabile con certezza);
  • meno preferibilmente, ad es. la media di quelli applicati fino alla risoluzione o altro (individuabili con ben minore certezza);

Ciò, al fine di giovarsi del noto brocardo “in claris non fit interpretatio” e per offrire in giudizio quella “prova certa” che nella decisione in commento è stata ritenuta assente, con quanto di negativa conseguenza a danno della Banca creditrice.

Staremo a vedere.



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