Note su: Cass. Civ. – Sez. I, Pres. GENOVESE, Rel. DOLMETTA – Sentenza 25 gennaio 2021, n. 1517.
Di Gaetano Maria Porretti, Avvocato
- – IL TEMA.
Davvero in estrema sintesi e come noto:
- da tempo si dibatte sulla natura e sulla validità dei mutui (ipotecari e non, ai sensi degli artt. 38 e segg. TUB e non) contratti per ripianare (totalmente o parzialmente, con “scopo” espressamente dichiarato e non) le esposizioni debitorie rinvenienti da rapporti di conto corrente (affidati e non);
- numerose sono le conseguenze da un punto di vista pratico, date le problematiche relative a come e dove far valere i crediti (in ambito esecutivo, fallimentare e/o anche di giudizi di opposizione, etc.), alla sorte delle pattuizioni e delle garanzie (soprattutto ipotecarie) eventualmente concesse (etc.).
- – LE TESI CONTRAPPOSTE E LA PROBLEMATICA DELLA “TRADITIO REI”.
Sempre in estrema sintesi, da tempo si contrappongono due Orientamenti:
- uno, sposato dalla sentenza in commento che ritiene: i) detta operazione non valida e/o simulata e/o non “inverata” (etc., a seconda della natura delle contestazioni mosse) siccome non vi sarebbe una “traditio” effettiva e “di fatto” della somma asseritamente mutuata, se non addirittura a causa illecita; ii) non valide le ipoteche eventualmente concesse, siccome tali da alterare la “par condicio creditorum” (in ambito di procedure concorsuali);
- un altro, ribadito anche da altra e recente decisione della S.C. (di poco precedente quella in commento e di cui in seguito dirò), che invece ritiene: i) detta operazione del tutto vera, lecita, valida ed efficace, realizzandosi la “traditio rei” mercè la “giuridica disponibilità” della somma mutuata; ii) quindi, valide, lecite ed efficaci anche le ipoteche eventualmente concesse.
- – IL CASO DECISO CON LA SENTENZA IN COMMENTO.
Rigettata la domanda di insinuazione allo stato passivo in un Fallimento per scoperto di mutuo (ipotecario) proposta da una Banca, accolte le eccezioni della Curatela secondo cui in sostanza si trattava di un scoperto di c/c tale per cui il mutuo apparentemente contratto in realtà non aveva creato alcuna effettiva provvista (mancanza di “traditio rei”), anzi era affetto da nullità per mancanza di causa e/o in frode ai creditori, con conseguente nullità dell’ipoteca:
- il Tribunale adìto dalla Banca in opposizione ex 98 L.F. accoglieva parzialmente l’opposizione, ammettendo il credito in via chirografaria, quindi, escludendo la validità/efficacia della sola garanzia ipotecaria;
- la Corte di Cassazione veniva adìta: i) dalla Banca, in via di ricorso principale teso ad ottenere l’ammissione al passivo in via privilegiata (ipotecaria); ii) dalla Curatela, in via di ricorso incidentale teso alla totale esclusione del credito per quanto eccepito in sede di verifica dello stato passivo e di successiva opposizione.
Coerente con un proprio precedente (Cass. Civ. – Sez. I, sentenza 5 agosto 2019, n. 20896, medesimo Relatore), la sentenza in commento, dato atto che il problema principale da risolversi era quello della qualificazione dell’operazione contrattuale posta in essere, ha accolto il ricorso incidentale della Curatela e ribadito il primo orientamento (quello negativo/restrittivo), enunciando i seguenti principi di diritto:
- “La mera enunciazione, nel testo contrattuale, che il mutuatario utilizzerà la somma erogatagli per lo svolgimento di una data attività o per il perseguimento di un dato risultato non è di per sé idonea ad integrare gli estremi di un mutuo di scopo convenzionale, per il cui inveramento occorre, di contro, che lo svolgimento dell’attività dedotta o il risultato perseguito siano nel concreto rispondenti ad uno specifico e diretto interesse anche proprio della persona del mutuante, che vincoli l’utilizzo delle somme erogate alla relativa destinazione”.
- “Nel caso di mutuo di scopo convenzionale, il punto del necessario rispetto della destinazione delle somme erogate all’effettivo conseguimento dello scopo prefissato è assicurato sul piano dello svolgimento del sinallagma funzionale del rapporto, con la conseguenza che all’inadempimento del mutuatario seguirà la risoluzione del contratto” .
- “L’operazione di <ripianamento> di debito a mezzo di nuovo <credito>, che la banca già creditrice realizzi mediante accredito della somma su un conto corrente gravato di debito a carico del cliente, non integra gli estremi del contratto di mutuo, bensì quelli di una semplice modifica accessoria dell’obbligazione, come conseguente alla conclusione di un <pactum de non petendo ad tempus>”.
In sintesi:
- va bene il mutuo “di scopo” da un punto di vista teorico generale, purchè lo scopo sia dichiarato e perseguito/realizzato in concreto con interesse di ambo le parti;
- se il mutuatario è inadempiente il contratto (di mutuo) si risolve;
- non va bene il mutuo “di scopo” per abbattere/ripianare uno scoperto di conto corrente, integrandosi in tal caso una semplice modifica accessoria dell’obbligazione (da c/c) con obbligo per il creditore di non esigere il credito fino al termine di durata/scadenza.
- – RIFLESSIONI E CRITICITÀ.
A mio sommesso avviso, tale sentenza è poco convincente, sul piano della motivazione e del ragionamento in generale.
Infatti ed innanzitutto in ordine agli enunciati principi di diritto:
- il primo, sembra una petizione di principio (appunto), ma con impatto pratico sterilizzato dal terzo;
- il secondo, sembra addirittura pleonastico;
- il terzo, è quello più problematico e sul quale provo a soffermarmi.
La motivazione a sostegno del principio sub 3), ruota per lo più attorno alle seguenti considerazioni:
a) non vi sarebbe “traditio”, ovverosia una disponibilità “di fatto” delle somme;
b) vi sarebbe una mera operazione contabile con due poste in c/c, una in dare l’altra in avere;
c) la norme di riferimento a conferma di ciò sarebbero:
- l’art. 1852 c.c. (“Disposizioni del correntista”) che così testualmente recita: “Qualora il deposito, l’apertura di credito o altre operazioni bancarie che siano regolate in conto corrente, il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salva l’osservanza del termine di preavviso eventualmente pattuito”;
- l’art. 1231 c.c. (“Modalità che non importano novazione”) che così testualmente recita: “Il rilascio di un suo documento o la sua rinnovazione, l’apposizione o l’eliminazione di un termine e ogni altra modifica accessoria dell’obbligazione, non producono novazione”.
Ebbene e come anticipato, a mio sommesso avviso tale impostazione è poco condivisibile, vieppiù foriera di numerose problematiche di ordine pratico che la sentenza in commento lascerebbe irrisolte (ovvero risolte per quanto in seguito).
Infatti, senza poter in alcun modo escludere la “dazione” di denaro comunque avvenuta, a seguire detto (negativo/restrittivo) orientamento per come motivato, detta sentenza:
- intanto, sembra tacere sulla sorte delle pattuizioni comunque assunte nel mutuo/non mutuo, soprattutto relativamente agli interessi (ma anche e per es. le sole garanzie personali), atteso che non viene assunta un’ipotesi di “invalidità” (nullità), ma solo di “non inveramento”, quindi, su come operano tali pattuizioni (sì valide ed efficaci ?);
- sembra considerare il contratto di mutuo solo per la sua caratteristica fisiologica/strutturale di costituire un “pactum de non petendo”, con il “beneficio del termine” a favore del debitore anche ex 1184 c.c. (“Termine”) che così testualmente recita: “Se per l’adempimento è fissato un termine, questo si presume a favore del debitore, qualora non risulti stabilito a favore del creditore o di entrambi”);
- sembra non considerare che, sempre in tema di principi generali in tema di obbligazioni, deve farsi comunque riferimento all’art. 1186 c.c. (“Decadenza dal termine”) che così testualmente recita: “Quantunque il termine sia stabilito a favore del debitore, il creditore può esigere immediatamente la prestazione se il debitore è divenuto insolvente o ha diminuito, per fatto proprio, le garanzie che aveva date o non ha dato le garanzie che aveva promesse”, certamente applicabile ad ogni tipo di obbligazione “frazionata” o “a tempo” (mutuo incluso), o no ? [peraltro nel principio di diritto sub 2) viene espressamente richiamata la risoluzione per inadempimento];
- non chiarisce (nulla dice su) come sarebbe regolato il rapporto di c/c con accessione solo contabile di quanto derivante dalla comunque avvenuta dazione di denaro;
- oppure considera detto rapporto di c/c regolato in modo differente per le sole partite derivanti dal mutuo/non mutuo, ovvero (e peggio ancora) per la sola quota eventualmente costituente un saldo attivo una volta azzerato il passivo ?
- non chiarisce (nulla dice su) in caso di contestazioni per es. di usura, quali le soglie da valutarsi per la verifica del suo eventuale superamento, quelle relative al mutuo/non mutuo (e se sì intera somma o solo eventuale saldo attivo una volta azzerato il passivo ?) o quelle relative al c/c ? (peraltro, è noto che la “soglia” per l’uno è sempre più bassa di quella per l’altro, così da realizzarsi addirittura una sorta di effetto “boomerang” per il debitore);
- davvero può ritenersi solida marcando la sola circostanza di una mancanza di disponibilità “di fatto” delle somme comunque erogate e “di diritto” messe nella disponibilità del “cliente” che, piaccia o no, estingue o diminuisce la propria esposizione debitoria sul c/c ?
- davvero può ritenersi solida non considerando il vantaggio che ne trae il cliente che, a fronte di un’obbligazione (saldo passivo da c/c) magari scaduta quindi immediatamente esigibile dal ceditore, ottiene nuovo credito con facoltà di restituzione dilazionata nel tempo ed a tassi più vantaggiosi ?;
- senza voler sottacere (o scomodare) gli altri generali principi in tema di obbligazioni (dall’art. 2 della Costituzione, passando per gli artt. 1175, 1375, 1322, etc. c.c.).
A tali aspetti, si aggiungono le non poche difficoltà sul piano di diritto sostanziale e processuale cui i creditori insoddisfatti andrebbero certamente incontro.
Infatti e ribadito il caso deciso, la decisione in commento alla fine censura la Corte di Appello Territoriale in via di “ultra petita”, avendo la Banca proposto domanda di insinuazione (e poi di opposizione) per scoperto di mutuo (stipulato) e non di conto corrente (in sostanza ritenuto).
Non oso immaginare la sorte – in termini di oneri di allegazione e di prova – dei crediti di tale natura, magari relativi a rapporti di c/c estinti con un mutuo (di scopo espressamente dichiarato a tali fini o non) a lungo termine, nonostante contratto “a regola d’arte” (per così dire) e che certamente incontrerebbero enormi difficoltà se da recuperarsi a distanza di anni, verosimilmente con la documentazione (relativa al c/c) ormai non più reperibile/disponibile (etc., etc.).
- – C’E’ BEN ALTRO.
Fortunatamente e non solo per quanto testè rilevato, la sentenza in commento:
- è ben lungi dal costituire “ius receptum”;
- è contrastata da altro, a mio sommesso avviso ben più solido Orientamento motivato sulla “giuridica disponibilità” della somma mutuata, tale da rendere detta operazione del tutto vera, lecita, valida ed efficace, realizzandosi la “traditio rei”, , con validità, liceità ed efficacia anche delle ipoteche eventualmente concesse.
Infatti e come anticipato al punto 2. -, con solo qualche giorno di anticipo la S.C. di Cassazione si era pronunciata in senso diametralmente opposto alla decisione in commento.
Mi riferisco a Cass. Civ. – Sez. III, Pres. DE STEFANO, Rel. TATANGELO – Ordinanza 18 gennaio 2021, n. 724.
In modo molto più netto, convinto e convincente, in tale pure recentissima decisione (scaturita da un’opposizione ex art. 615 c.p.c. all’esecuzione immobiliare azionata su mutuo ex artt. 38 e segg. TUB, contestato in via di simulazione e di nullità per mancanza o illiceità della causa, quindi, nella sua natura d efficacia di titolo esecutivo), la S.C. di Cassazione ha confermato la legittimità/validità di un mutuo contratto per estinguere uno scoperto di c/c e della garanzia ipotecaria concessa, ritenendola (e così la motivazione della Corte di Appello Territoriale “adeguata” ma soprattutto “conforme a diritto”, nella misura in cui:
- “(…) l’accredito della somma mutuata mediante una annotazione contabile nell’ambito di un rapporto in conto corrente, comporta che l’importo mutuato sia concretamente messo a disposizione del mutuatario e, quindi, equivale a materiale trasferimento del denaro, anche nel caso in cui il rapporto su cui viene effettuato l’accredito sia passivo (…)”;
- “(…) Ha, infine, negato che potesse ritenersi illecita la causa concreta del negozio giuridico avente ad oggetto la costituzione di una garanzia ipotecaria per un credito chirografario preesistente, trattandosi di finalità del tutto lecita e meritevole di tutela da parte dell’ordinamento (…)”;
- “(…) ha escluso, del pari, che potesse ravvisarsi tale illiceità nella potenziale alterazione della par condicio creditorum, peraltro postulata in astratto ma indimostrata (…)”.
Il tutto:
- confermando che il mutuo di cui agli artt. 38 e segg. TUB non è un mutuo “di scopo” “(…) perché di esso non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità (…)” [quindi, vieppiù ove un’eventuale finalità sia espressamente dichiarata e concretamente perseguita, nella realizzazione di un interesse di entrambi i contraenti, proprio come postulato nel principio di diritto sub 1) della sentenza in commento];
- richiamando altro precedente conforme, ovverosia Civ. – Sez. III, Pres. SALME’, Rel. RUBINO, Sentenza 27 agosto 2015, n. 17194 che, sul piano della “giuridica disponibilità” delle somme sufficiente ed utile ai fini della “traditio rei”, aveva (ed ha) così motivato: “[…] Va qui richiamato e ribadito il principio di diritto secondo il quale il conseguimento della giuridica disponibilità della somma mutuata da parte del mutuatario, può ritenersi sussistente, come equipollente della traditio, nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo, ovvero quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni, consistenti nell’incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo (cfr. già Cass. 12 ottobre 1992, n. 11116 e 15 luglio 1994, n. 6686; nonché Cass. n. 2483 del 2001, Cass. 5 luglio 2001, n. 9074 e 28 agosto 2004, n. 17211; e, da ultimo, Cass. 3 gennaio 2011, n. 14) […]”, tutto quale strumento alternativo di trasferimento di denaro in linea anche con la normativa antiriciclaggio che, piuttosto, è tesa a scoraggiare o limitare l’uso di denaro contante (ovverosia, quella disponibilità “di fatto” la cui mancanza è lamentata dalla sentenza in commento).
Davvero ben poco da aggiungere, atteso che detto orientamento è ritenuto “conforme a diritto” ed espressione di principi (di diritto) “ribaditi”.
- – CONCLUSIVAMENTE.
Pur nella sua intrinseca pericolosità, la sentenza in commento è (per la difesa delle posizioni dei creditori) contrastabile (e va contrastata).
Peraltro, è singolare che, pur a fronte di enunciati principi e del suddetto Orientamento contrario (favorevole al ceto creditorio), a mio sommesso avviso più solido e pure di recente confermato, la sentenza in commento non abbia ritenuto di rilevare un “contrasto” per una rimessione al Primo Presidente ed eventualmente alle SS.UU..
Staremo a vedere.
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