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Cassazione Civile, sez. I, sent. n. 3871 08-02-2019
Massima:
“In caso di revocatoria ordinaria esercitata dal fallimento non può trovare applicazione la regola secondo cui, a fronte dell’allegazione, da parte del creditore, delle circostanze che integrano l’eventus damni, incombe sul debitore l’onere di provare che il patrimonio residuo è sufficiente a soddisfare le ragioni della controparte, in quanto, da un lato, il curatore rappresenta contemporaneamente sia la massa dei creditori sia il debitore fallito e, dall’altro, in ossequio al principio della vicinanza della prova, tale onere non può essere posto a carico del convenuto, beneficiario dell’atto impugnato, che non è tenuto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale del suo dante causa, sicché il fallimento è onerato di fornire la prova che il patrimonio residuo del debitore fallito era di dimensioni tali, in rapporto all’entità della propria complessiva esposizione debitoria, da esporre a rischio il soddisfacimento dei creditori (Cass. 18/4/2018 n. 9565, Cass. 12/4/2013 n. 8931)”.
Motivazione:
6.1 Il sesto motivo adduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sarebbe stato oggetto di discussione fra le parti: la corte territoriale avrebbe omesso di considerare il fatto, decisivo nella ricostruzione dell’elemento oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria, relativo alla consistenza quantitativa e qualitativa del patrimonio del debitore subito dopo il compimento dell’atto asseritamente pregiudizievole e a questo fine non avrebbe tenuto conto delle diverse e numerose proprietà immobiliari ancora appartenenti a […].
6.2 Il settimo motivo assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., L. Fall., art. 66,artt. 166,167 c.p.c. e art. 345 c.p.c., commi 1 e 2: la corte territoriale avrebbe illegittimamente ritenuto sussistente l’eventus damni senza tenere conto che l’art. 2901 c.c. e L. Fall., art. 66, imponevano alla curatela attrice di dare prova della avvenuta lesione della garanzia patrimoniale attraverso la dimostrazione della consistenza del patrimonio del venditore dopo il compimento dell’atto asseritamente pregiudizievole; in particolare il collegio del gravame avrebbe a torto valutato come non pertinenti i rilievi difensivi che escludevano il raggiungimento della prova su questo punto e del pari avrebbe mal apprezzato i riferimenti effettuati nell’atto di appello alla consistenza del patrimonio immobiliare di […].
6.3 Entrambi i rilievi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro connessione, sono infondati.
E’ ben vero che in caso di revocatoria ordinaria esercitata dal fallimento non può trovare applicazione la regola secondo cui, a fronte dell’allegazione, da parte del creditore, delle circostanze che integrano l’eventus damni, incombe sul debitore l’onere di provare che il patrimonio residuo è sufficiente a soddisfare le ragioni della controparte, in quanto, da un lato, il curatore rappresenta contemporaneamente sia la massa dei creditori sia il debitore fallito e, dall’altro, in ossequio al principio della vicinanza della prova, tale onere non può essere posto a carico del convenuto, beneficiario dell’atto impugnato, che non è tenuto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale del suo dante causa, sicché il fallimento è onerato di fornire la prova che il patrimonio residuo del debitore fallito era di dimensioni tali, in rapporto all’entità della propria complessiva esposizione debitoria, da esporre a rischio il soddisfacimento dei creditori (Cass. 18/4/2018 n. 9565, Cass. 12/4/2013 n. 8931).
Nel caso di specie la corte territoriale ha fatto però esatta applicazione di tale principio, ritenendo che le argomentazioni in proposito fornite dal primo giudice non fossero state oggetto di pertinente e specifica censura da parte dell’appellante.
Risulta così infondato il sesto motivo di ricorso, che assume la mancata considerazione di un aspetto che invece è stato espressamente apprezzato da entrambi i giudici di merito.
Peraltro la mancata considerazione della documentazione relativa alla consistenza del patrimonio immobiliare di […] denunciata dal ricorrente non è riconducibile nell’alveo del vizio di motivazione, perché l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (vale a dire la consistenza del patrimonio della fallita in termini tali da consentire il soddisfacimento di tutti i creditori), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 8053/2014).
Risulta del pari infondato il settimo motivo di ricorso in quanto, diversamente da quanto sostenuto, il giudice del merito ha preso in esame il presupposto asseritamente trascurato, con una valutazione di sua pertinenza che risulta insindacabile in questa sede di legittimità.
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