© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza una espressa autorizzazione scritta. È consentito il link diretto a questo documento.
Di Simone Cerri
Il tema della sovrapposizione tra trascrizioni civili e penali su di un immobile (e anche nei confronti delle procedure concorsuali) ha grande rilevanza nel nostro ordinamento, dovendo contemperare le esigenze pubbliche del procedimento penale con quelle private relative alla tutela dei diritti del (o dei nel caso delle procedure concorsuali) creditore.
Il tema si è poi arricchito di alcuni interventi significativi in materia di cessione massiva dei crediti, che vale la pena riprendere alla luce (molto attuale) dei bonus fiscali.
Vale la pena fare un piccolo excursus.
Sotto il profilo civilistico esiste nell’esecuzione individuale il pignoramento, vincolo giuridico sui beni del debitore, al quale viene intimato di astenersi dal compiere qualunque atto idoneo a sottrarli alla garanzia del credito non pagato e diventato esecutivo, in qualsiasi modo (cessione, donazione ecc.) e il momento è quello della sua iscrizione in Conservatoria, ovviamente. Nelle procedure concorsuali invece il dies a quo è previsto dall’art. 51 della legge fallimentare “dal giorno della dichiarazione di fallimento”.
In materia penale esiste invece il sequestro, una misura di natura cautelare e dunque anticipatoria rispetto al giudizio, che viene disposta quindi in via preventiva in tre casi:
- il sequestro probatorio: al fine di assicurare la conservazione di prove contro il pericolo di inquinamento;
- il sequestro conservativo: quando si teme che l’imputato disperda il suo patrimonio
- il sequestro preventivo: quando si teme un nuovo utilizzo pericoloso del bene[1].
A questo trittico di sequestri “tradizionali” si è aggiunto il c.d. sequestro “antimafia” introdotto dal D.lgs 159 del 2011 (poi modificato e implementato dalla legge 161 del 2017) il quale prevede che sia ordinato a prescindere (o in aggiunta) ad un’azione legale (art. 20 di detta disposizione normativa), qualora la persona nei cui confronti è stata presentata la proposta dall’Ufficio di Procura risulti poter disporre, direttamente o indirettamente di un determinato numero di beni mobili, immobili o denaro il cui valore risulti in qualsiasi modo sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego
La confisca, invece, ha natura ed effetti definitivi e viene applicata solitamente come pena accessoria all’esito di una sentenza di condanna. Segue il sequestro e, vale la pena notare (visto che la differenza ha rilievi nell’ambito di questa breve trattazione) può essere diretta (dunque ha ad oggetto i beni costituenti il profitto o il prezzo del reato) oppure indiretta o per equivalente (relativa ai beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato senza che sia necessario provare il nesso tra il bene e il reato compiuto).
Orbene, secondo quanto disposto dall’ articolo 55, d.lgs. n. 159 del 2011 (Codice antimafia): “il sequestro determina il divieto di procedere in via esecutiva se l’esecuzione non è ancora iniziata e determina il divieto di proseguire l’azione esecutiva se questa è già stata promossa; la confisca – che implica l’acquisizione del bene libero da oneri e pesi (cfr. art. 45, Codice antimafia) – determina l’estinzione della procedura esecutiva pendente”
Viceversa, in caso di dissequestro, l’azione esecutiva, come detto temporaneamente improseguibile nelle more del procedimento di prevenzione (o del procedimento penale teso all’accertamento del fatto di reato, cui pertiene la res colpita dalla misura reale “allargata”), va iniziata o proseguita entro un anno dal provvedimento in questione[2].
Questa regola però non è suscettibile di applicazione analogica, e questo poiché la ratio delle diverse confische è totalmente diversa (“ubi eadem legis ratio, ibi eadem legis dispositio”) in particolare tra quella di prevenzione (antimafia) e le altre [3]
Secondo la Cassazione Penale[4] La confisca diretta del profitto, che nel caso di specie è individuato negli immobili, non può attingere beni appartenenti a persone estranee al reato”[5] e dunque:
- se il sequestro è trascritto anteriormente alla trascrizione del pignoramento (salvo che il primo atto dell’esecuzione non sia posto in essere dal creditore ipotecario con iscrizione anteriore alla trascrizione del sequestro) la confisca intervenuta in pendenza della procedura esecutiva dovrà prevalere;
- se il sequestro è trascritto in data posteriore alla trascrizione del pignoramento nulla osta alla prosecuzione della procedura,[6]
Tutto chiaro? No, perché la Cassazione Civile però (30.11.2018, n. 30990) ha invece stabilito il principio in base al quale prevale sempre l’interesse pubblicistico, anche a prescindere dall’elemento temporale delle pregiudizievoli di conservatoria[7]
Tuttavia pare raggiunto, al momento un certo assetto, dato che in seguito la Cassazione Civile due anni dopo[8], ha ripreso il concetto della priorità cronologica come unica scriminante per risolvere detto conflitto, tranne il caso in cui il sequestro avvenga ex “normativa antimafia” con conseguente prevalenza (in questo caso) dell’istituto penalistico sui diritti reali dei terzi che, “solo se di buona fede, possono vedere tutelate le loro ragioni in sede di procedimento di prevenzione o di esecuzione penale”.
E nei confronti delle procedure concorsuali? Vige lo stesso principio, ovviamente con però due approfondimenti di riguardo.
In primo luogo, la recente (2 febbraio 2022) Cassazione Penale ha previsto che: “Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, diretta o per equivalente, del profitto dei reati tributari, prevista dall’art. 12-bis, comma 1, D.Lgs. 74/2000, prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto di qualsiasi procedura concorsuale (concordato preventivo o fallimento), attesa l’obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro. Di conseguenza, il rapporto tra il vincolo imposto dall’apertura della procedura concorsuale e quello discendente dal sequestro deve essere risolto a favore della seconda misura, prevalendo sull’interesse dei creditori l’esigenza di inibire l’utilizzazione di un bene oggettivamente e intrinsecamente pericoloso, in vista della sua definitiva acquisizione da parte dello Stato”.
Attenzione però, si fa riferimento ai reati tributari ed infatti il rinvio è al testo legislativo “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto” ed un punto di arrivo così chiaro è certamente conseguenza anche della speciale rilevanza pubblicistica che hanno i reati tributari e della peculiare rilevanza che sequestri e confische hanno in materia di prevenzione speciale e generale su questi reati, tanto più che la sentenza mette sullo stesso piano la confisca diretta e quella indiretta, istituti che come visto hanno una ratio ben diversa Ma negli altri casi?
Fuori da questi casi si torna a quanto già esposto, e la sentenza della Corte di Cassazione, seconda sezione numero 7879 del 2020, relativa ad un conflitto di questo tipo nell’ambito di una cessione massiva ha fornito l’angolazione interessante in riferimento all’elemento determinante della “Buona fede”.
In buona sostanza all’interno di una cessione massiva di crediti, il cessionario diventava titolare di un credito nei confronti di una società che veniva ammessa ad una procedura concorsuale, ma i beni della stessa venivano sottoposti a confisca. Il Gip competente rigettava l’opposizione allo stato passivo del cessionario “emergendo che il credito era stato concesso nel 2005, senza adeguate garanzie ed era stato utilizzato dagli imputati per portare avanti il loro progetto delittuoso”.
Il giudice delle leggi aveva poi confermato che: “ricorrono i due presupposti della strumentalità del credito riguardo ai reati di riciclaggio contestati e dell’assenza di buona fede del terzo creditore”[9]
Il criterio della strumentalità è decisamente rilevante e si riallaccia al concetto visto supra relativamente (in particolare) ai reati di natura fiscale e tributaria, tuttavia Il ricorso del cessionario venne accolto con un passaggio che vale la pena analizzare:
“Secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità, formatasi in materia di misure di prevenzione patrimoniale anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 161 del 2017, per escludere l’ammissione allo stato passivo di un credito sorto anteriormente al sequestro, il tribunale è tenuto a fornire analitica dimostrazione che il credito è strumentale all’attività illecita del soggetto pericoloso o a quelle che ne costituiscono il frutto o il reimpiego, salvo che, una volta dimostrato tale nesso, il creditore non provi di averlo ignorato in buona fede” [10]
Tuttavia, a parere della Corte di Cassazione, pur concordando con i giudici di merito penale sui requisiti, il concetto di buona fede riguarda non l’insufficiente valutazione del merito creditizio (“generico canone di buona gestione bancaria”) ma su quello della conoscenza della strumentalità (o della non conoscenza per colpa) del bene con un reato[11]
Dunque, il cessionario di crediti dovrà dimostrare in modo specifico l’ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalità[12] e si segnale da questo punto di vista, che nel caso di acquisti massivi di crediti sarebbe necessario svolgere da parte del cedente, se non una diligence autonoma solo su questo tema, perlomeno una valutazione sulla eventuale mala gestio del cedente. Nessuna attività di intelligence specifica ma una certa prudenza certamente sarebbe opportuna, da commisurare ai crediti in oggetto, visto che in ogni caso la valutazione viene sempre e comunque condotta sul cedente e mai sul cessionario.[13]
L’elemento buona fede appare però arricchito di nuovi contenuti quando si parla di cessione di bonus fiscali come stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 28 ottobre 2022 n. 40867 (ribadito che, come visto, mai rileva la buona fede del cessionario ma sempre quella del cedente); in questa tipologia di crediti, qualora venga ravvisato un reato esiste in questo caso un “collegamento tra il reato e la cosa”, collegamento peculiare e inscindibile e dunque (anche se il cessionario è in buona fede) possono essere oggetto di sequestro crediti di imposta se la loro disponibilità sia idonea a configurare il protrarsi oppure l’aggravamento di un reato. Stante l’attualità di questo tema, è da ritenere che questo legame particolare che esiste tra bene (ceduto) e reato possa originare una giurisprudenza specifica sull’argomento di grande rilevanza per tutto l’istituto.
Si può concludere dunque che, nel caso di acquisti massivi di crediti, rimane fondato il rischio del cessionario di subire sequestri/confische penali e dunque vi è la necessità di valutare la buona fede del cedente intesa non come “best practice” nella valutazione del merito creditizio, quanto di una reale conoscenza da parte del creditore cedente della strumentalità di un bene rispetto ad un reato. Prova che diventa particolarmente onerosa nel caso di “jumbo deals” ma non irrealizzabile mediante canoni della diligenza professionale, facendo anche ricorso a criteri di valutazione sul cedente che siano non solo numerici, ma soggettivi (elemento che nelle attuali transazioni trova sempre meno spazio, compresso come è da computi statistici)
Nel caso della cessione dei crediti fiscali questo passaggio diviene ineliminabile, stante il vincolo/rapporto inscindibile presente tra il credito e un eventuale reato, dunque l’elemento reputazionale in questo tipo di cessione assume una importanza ancora maggiore.
Note:
[1] Per un approfondimento si consiglia L.PRESSACO, La motivazione del decreto che dispone il sequestro impeditivo, in Diritto Penale e Processo oggi, 2015, pag. 101 e ss.
[2] Si veda A. AULETTA, Il sequestro penale ex art. 321 C.p.p. Trascritto in data successiva al pignoramento non determina la improseguibilità dell’esecuzione (a margine di trib. Matera, ord. Coll. 27.3.2019), In executivis, 29 agosto 2022
[3] Cassazione Penale, 15.11.2018, n. 51603
[4] Medesima sentenza
[5] Ibidem. “tenuto anche conto del disposto dell’art. 2915 c.c., (…) l’opponibilità del vincolo penale al terzo acquirente dipende dalla trascrizione del sequestro (ex art. 104, disp. att. c.p.p.), che deve essere antecedente al pignoramento immobiliare venendo così a rappresentare il presupposto per la confisca anche successivamente all’acquisto
[6] Ibidem. “Se il sequestro è trascritto anteriormente alla trascrizione del pignoramento (salvo che il primo atto dell’esecuzione non sia posto in essere dal creditore ipotecario con iscrizione anteriore alla trascrizione del sequestro) la confisca intervenuta in pendenza della procedura esecutiva dovrà prevalere; se il sequestro è trascritto in data posteriore alla trascrizione del pignoramento nulla osta alla prosecuzione della procedura”.
[7] “È bene però rimarcare che la pronuncia della Cassazione civile nulla dice (perché non rilevava nel caso di specie) circa la sorte della procedura esecutiva laddove, indipendentemente dalla data della relativa trascrizione, sia stato adottato (soltanto) un provvedimento di sequestro: manca infatti una disposizione generale che annetta al sequestro penale l’effetto di procurare la sospensione del procedimento esecutivo in corso e, come detto, l’art. 104-bis disp. att. c.p.p. è (stato ritenuto) insuscettibile di applicazione analogica”. A.AULETTA, Op. Cit.
[8] Sentenza n. 28242/2020
[9] Nella fattispecie ciò sarebbe emerso sulla base di queste considerazioni: “Emerge la vulnerabilità dell’impresa finanziata; la mancanza di un bilancio consolidato del gruppo Ragosta; il rischio elevato in relazione alle garanzie prestate dall’impresa finanziata al momento dell’erogazione del credito, nonché l’assenza di istruttoria svolta
in concreto all’epoca dalla banca, che si rimetteva a quanto evidenziato dallo stesso soggetto interessato ad ottenere il finanziamento e la capienza delle garanzie personali”.
[10] Si veda anche Cassazione civile, Sez. 6, n. 55715 del 22/11/2017, Banca Popolare Di Sondrio S.c.p.a., Rv. 27223201.
[11] “Avrebbe potuto venire a conoscenza di tale nesso con l’ordinaria diligenza ed in particolare rispettando gli obblighi ai quali viene fatto riferimento nel citato comma. L’inosservanza degli obblighi, però, non rileva in quanto tale, ma deve sussistere un nesso di causalità tra il mancato rispetto di detti obblighi e la mancata conoscenza del nesso di strumentalità prima dell’erogazione del credito”. Cassazione 7879/2020.
[12] Sul tema anche Cass. Sez. 6, n. 36690 del 30/6/2015, Banca Monte dei Paschi, rv. 265606
[13] Questo anche per evitare lungaggini e incertezze di procedimenti di questo tipo che incidono notevolmente sul pricing del cessionario. Ad esempio, si segnala che la confisca in oggetto di questa sentenza, è stata disposta in sede penale e non quale misura di prevenzione, ma tuttavia sono state applicate le norme del Codice Antimafia.
Rivista di Diritto Bancario Tidona - www.tidona.com - Il contenuto di questo documento potrebbe non essere aggiornato o comunque non applicabile al Suo specifico caso. Si raccomanda di consultare un avvocato esperto prima di assumere qualsiasi decisione in merito a concrete fattispecie.
Le informazioni contenute in questo sito web e nella rivista "Magistra Banca e Finanza" sono fornite solo a scopo informativo e non possono essere ritenute sostitutive di una consulenza legale. Nessun destinatario del contenuto di questo sito, cliente o visitatore, dovrebbe agire o astenersi dall'agire sulla base di qualsiasi contenuto incluso in questo sito senza richiedere una appropriata consulenza legale professionale, da un avvocato autorizzato, con studio dei fatti e delle circostanze del proprio specifico caso legale.