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Di Maura Castiglioni, Avvocato
Con la Legge n. 300 del 29 settembre 2000 è stato introdotto nel nostro ordinamento il principio volto ad attribuire la responsabilità penale anche in capo alle persone giuridiche.
Si può ora quindi affermare – diversamente da quanto accadeva in passato – che “societas delinquere potest”.
L’innovazione di tale disposizione è innegabile: prima dell’entrata in vigore della L. 300/2000, il soggetto attivo di un reato poteva essere solo una persona fisica, in quanto un vero e proprio sbarramento all’estensione della responsabilità in capo ad enti pur dotati di personalità giuridica, era rappresentato dall’insuperabile principio costituzionale di cui all’art. 27 Cost. in forza del quale “La responsabilità penale è personale”.
L’ente giuridico è certamente privo di comportamenti volitivi colpevoli, tali per cui una sua responsabilità penale avrebbe dovuto pertanto estendersi a fatti incolpevoli, da qui la necessità manifestatasi sino all’entrata in vigore della L. 300/2000, di individuare comunque dei soggetti fisici – e pertanto capaci di atteggiamenti volitivi – all’interno dell’ente ai quali attribuire la responsabilità per i fatti imputabili alla persona giuridica.
L’assenza di una responsabilità penale direttamente imputabile alle persone giuridiche trova conferma nell’art. 197 c.p. il quale prevede a carico degli enti e in relazione ai reati commessi dai soggetti che ne abbiano la rappresentanza, solo un’obbligazione (di garanzia) volta al pagamento, in caso di insolvibilità del condannato, di una somma pari all’ammontare della multa o dell’ammenda inflitta. Tale disposizione è applicabile poi solo nel caso che il reato sia commesso nell’interesse della persona giuridica.
Tuttavia l’insufficienza di questa disciplina è sempre risultata evidente e la necessità di aggirare lo sbarramento di cui all’art. 27 della Costituzione è stata avvertita anche dalla dottrina, la quale in forza della teoria organicistica – che concepisce una immedesimazione tra ente ed organo rappresentante, negando quindi una dualità degli stessi – riteneva di poter imputare il reato direttamente alla persona giuridica, superando l’ostacolo dettato dalla necessità di individuare una persona fisica a cui attribuire tale responsabilità.
In realtà tutte le dottrine meramente dottrinali non hanno mai trovato riscontro nella pratica dove si è continuato ad osservare il principio societas delinquere non potest.
Quanto sopra pur avvertendosi l’esigenza di seguire l’esempio dei Paesi di common law i quali ammettono la responsabilità penale in capo alla società che delinqua, attraverso la figura del corporate crime.
La vera svolta innovativa di cui alla L.300/2000 è contenuta nell’art. 11 il quale prevede una delega al Governo per la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, con esclusione dello Stato e degli altri enti pubblici che esercitano pubblici poteri, nonchè delle società e degli enti privi di personalità giuridica.
Il Governo è tenuto entro otto mesi dall’avvenuta delega alla emanazione di un decreto legislativo che soggiaccia all’osservazione dei seguenti principi:
a) prevedere la responsabilita’ in relazione alla commissione, dei reati di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter, secondo comma, con esclusione dell’ipotesi in cui il fatto e’ commesso con abuso della qualita’ di operatore del sistema, del codice penale;
b) prevedere la responsabilita’ in relazione alla commissione dei reati relativi alla tutela dell’incolumita’ pubblica previsti dal titolo sesto del libro secondo del codice penale;
c) prevedere la responsabilita’ in relazione alla commissione dei reati previsti dagli articoli 589 e 590 del codice penale che siano stati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative alla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro;
d) prevedere la responsabilita’ in relazione alla commissione dei reati in materia di tutela dell’ambiente e del territorio, che siano punibili con pena detentiva non inferiore nel massimo ad un anno anche se alternativa alla pena pecuniaria, previsti dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1860, dalla legge 14 luglio 1965, n. 963, dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979, dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n, 203, dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, e dal testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, approvato con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;
e) prevedere la responsabilità in relazione ai reati commessi, a loro vantaggio o nel loro interesse, da chi svolge funzioni di rappresentanza o di amministrazione ovvero da chi esercita, anche di fatto i poteri di gestione e di controllo ovvero ancora da chi e’ sottoposto alla direzione o alla vigilanza delle persone fisiche menzionate, quando la commissione del reato e’ stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi connessi a tali funzioni; prevedere l’esclusione della responsabilita’ nei casi in cui l’autore abbia commesso il reato nell’esclusivo interesse proprio o di terzi;
f) prevedere sanzioni amministrative-effettive, proporzionate e dissuasive ;
g) prevedere una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore a Lire cinquanta milioni e non superiore a lire tre miliardi stabilendo che, ai fini della determinazione in concreto della sanzione, si tenga conto anche dell’ammontare dei proventi del reato e delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente, prevedendo altresi’ che, nei casi di particolare tenuita’ del fatto, la sanzione da applicare non sia inferiore a lire venti milioni e non sia superiore a lire duecento milioni; prevedere inoltre l’esclusione del pagamento in misura ridotta;
h) prevedere che gli enti rispondono del pagamento della sanzione pecuniaria entro i limiti del fondo comune o del patrimonio sociale;
i) prevedere la confisca del profitto o del prezzo del reato, anche nella forma per equivalente;
1) prevedere, nei casi di particolare gravita’, l’applicazione di una o piu’ delle seguenti sanzioni in aggiunta alle sanzioni pecuniarie:
1) chiusura anche temporanea dello stabilimento o della sede commerciale;
2) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito:
3) interdizione anche temporanea dall’esercizio dell’attivita’ ed eventuale nomina di altro soggetto per l’esercizio vicario della medesima quando la prosecuzione dell’attivita’ e’ necessaria per evitare pregiudizi ai terzi;
4) divieto anche temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione;
5) esclusione temporanea da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi, ed eventuale revoca di quelli gia’ concessi;
6) divieto anche temporaneo di pubblicizzare beni e servizi;
7) pubblicazione della sentenza;
m) prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i) e l) si applicano soltanto nei casi e per i tempi espressamente considerati e in relazione ai reati di cui alle lettere a), b), c) e d) commessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo prevista dal presente articolo;
n) prevedere che la sanzione amministrativa pecuniaria di cui alla lettera g) e’ diminuita da un terzo alla meta’ ed escludere l’applicabilita’ di una o piu’ delle sanzioni di cui alla lettera l) in conseguenza dell’adozione di comportamenti idonei ad assicurare un’efficace riparazione o reintegrazione rispetto all’offesa realizzata;
o) prevedere che le sanzioni di cui alla lettera 2) sono applicabili anche in sede cautelare, con adeguata tipizzazione dei requisiti richiesti;
p) prevedere, nel caso di violazione degli obblighi e dei divieti inerenti alle sanzioni di cui alla lettera l), la pena della reclusione da sei mesi a tre anni nei confronti della persona fisica responsabile della violazione, e prevedere inoltre l’applicazione delle sanzioni di cui alle lettere g) e i) e, nei casi piu’ gravi, l’applicazione di una o piu’ delle sanzioni di cui alla lettera l) diverse da quelle gia’ irrogate, nei confronti dell’ente nell’interesse o a vantaggio del quale e’ stata commessa la violazione; prevedere altresi’ che le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano anche nell’ipotesi in cui le sanzioni di cui alla lettera l) sono state applicate in sede cautelare ai sensi della lettera o);
q) prevedere, che le sanzioni amministrative a carico degli enti sono applicate dal giudice competente a conoscere del reato e che per il procedimento di accertamento della responsabilita’ si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale, assicurando l’effettiva partecipazione e difesa degli enti nelle diverse fasi del procedimento penale;
r) prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i) e 1) si prescrivono decorsi cinque anni dalla consumazione dei reati indicati nelle lettere a), b), c) e d) e che l’interruzione della prescrizione e’ regolata dalle norme del codice civile;
s) prevedere l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, di un’Anagrafe nazionale delle sanzioni amministrative irrogate;
t) prevedere, salvo che gli stessi siano stati consenzienti ovvero abbiano svolto, anche indirettamente o di fatto, funzioni di gestione, di controllo o di amministrazione, che sia assicurato il diritto dell’azionista, del socio o dell’associato ai soggetti di cui all’alinea del presente comma nei confronti dei quali sia accertata la responsabilita’ amministrativa con riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), di recedere dalla societa’ o dall’associazione o dall’ente, con particolari modalita’ di liquidazione della quota posseduta, ferma restando l’azione di risarcimento di cui alle lettere v) e z); disciplinare i termini e le forme con cui tale diritto puo’ essere esercitato e prevedere che la liquidazione della quota sia fatta in base al suo valore al momento del recesso determinato a norma degli articoli 2289, secondo comma, e 2437 dei codice civile; prevedere altresi’ che la liquidazione della quota possa aver luogo anche con onere a carico dei predetti soggetti, e prevedere che in tal caso il recedente ove non ricorra l’ipotesi prevista dalla lettera 1), numero 3), debba richiedere al Presidente del tribunale del luogo in cui i soggetti hanno la sede legale la nomina di un curatore speciale cui devono essere delegati tutti i poteri gestionali comunque inerenti alle attivita’ necessarie per la liquidazione della quota, compresa la capacita’ di stare in giudizio, agli oneri per la finanza pubblica derivanti dall’attuazione della presente lettera si provvede mediante gli ordinari stanziamenti di bilancio per liti ed arbitraggi previsti nello stato di previsione dei Ministero della giustizia;
u) prevedere che l’azione sociale di responsabilita’ nei confronti degli amministratori delle persone giuridiche e delle societa’, di cui sia stata accertata la responsabilita’ amministrativa con riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), sia deliberata dall’assemblea con voto favorevole di almeno un ventesimo del capitale sociale nel caso in cui questo sia inferiore a lire cinquecento milioni e di almeno un quarantesimo negli altri casi. disciplinare coerentemente le ipotesi di rinuncia o di transazione dell’azione sociale di responsabilita’:
v) prevedere che il riconoscimento del danno a seguito dell’azione di risarcimento spettante al singolo socio o al terzo nei confronti degli amministratori dei soggetti di cui all’alinea del presente comma, di cui sia stata accertata la responsabilita’ amministrativa con riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), non sia vincolato dalla dimostrazione della sussistenza di nesso di causalita’ diretto tra il fatto che ha determinato l’accertamento della responsabilita’ del soggetto ed il danno subito prevedere che la disposizione non operi nel caso in cui il reato e’ stato commesso da chi e’ sottoposto alla direzione o alla vigilanza di chi svolge funzioni di rappresentanza o di amministrazione o di direzione, ovvero esercita, anche di fatto, poteri di gestione e di controllo, quando la commissione del reato e’ stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi connessi a tali funzioni;
z) prevedere che le disposizioni di cui alla lettera v),si applicano anche nell’ipotesi in cui l’azione di risarcimento del danno e’ proposta contro l’azionista, il socio o l’associato ai soggetti di cui all’alinea del presente comma che sia stato consenziente o abbia svolto, anche indirettamente o di fatto, funzioni di gestione, di controllo o di amministrazione, anteriormente alla commissione del fatto che ha determinato l’accertamento della responsabilita’ dell’ente.
In conclusione le direttive contenute nella delega al Governo determinano una svolta nel campo della responsabilità penale e del carattere personale della stessa, attribuendola per la prima volta alle persone giuridiche (con particolare riferimento ai reati indicati nelle prime lettere dell’art. 11) con conseguente applicazione di pene pecuniarie immediatamente irrogate agli enti giuridici – e non più dunque con quella funzione di garanzia prevista ex art. 197 c.p. – e di ulteriori sanzioni espressamente individuate nelle ipotesi di maggiore gravità.
Consiglio dei Ministri: via libera alla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. 11 aprile 2001
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