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18 Novembre 2021 In Diritto bancario Tidona

Sul principio di “non contestazione” – Analisi e brevi riflessioni su Cass. n. 31837 del 4 novembre 2021



© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza autorizzazione. È consentito il link diretto a questo documento.

Brevi note a Cassazione Civile – Sez . I, Pres. Scaldaferri, Rel. Vannucci – Ordinanza 4 novembre 2021, n. 31837

 

Di Gaetano Maria Porretti, Avvocato

 

1. – IL TEMA.

 Occorre premettere i seguenti riferimenti normativi che, per quanto noti, testualmente si riproducono:

  • l’art. 163, comma 3, n. 4), c.p.c. (“Contenuto della citazione”): “…l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda…”;
  • l’art. 167, comma 1, c.p.c. (“Comparsa di risposta”): “Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda …”;
  • l’art. 2697 c.c. (“Onere della prova”): “1. Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. 2. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”;
  • l’art. 115, comma 1, c.p.c. (“Disponibilità delle prove”): “Salvo i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita”.

Dunque, e senza indugiare sulla distinzione nella categoria dei fatti (positivi, negativi, primari, secondari, etc.) il Nostro processo civile è senz’altro caratterizzato:

  • (prima) dall’onere di “di allegazione” dei fatti a fondamento o confutazione della domanda;
  • (solo poi) dall’onere “della prova” dei suddetti fatti ut ripartito;
  • dal principio c.d. “dispositivo” quanto alle prove;
  • dall’obbligo per il Giudice di decidere anche sulla base dei “fatti non specificamente contestati dalla parte costituita”, determinandosi una “relevatio ab onere probandi”.

Tale ultima facoltà (onere), che nel progetto di riforma “Cartabia” si vorrebbe estendere anche nei confronti della parte contumace, è stata affrontata e valorizzata nella decisione in commento.

 

2. – IL CASO DECISO DALLA S.C. DI CASSAZIONE, LE MOTIVAZIONI ED IL PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO.

In un’azione revocatoria fallimentare (art. 67 L.F.) intentata da una Curatela e relativa a diversi pagamenti:

  • il Tribunale (Palermo) in 1° grado accoglieva la domanda;
  • la Corte di Appello (Palermo) accoglieva parzialmente l’appello della parte soccombente, riducendo gli importi da restituirsi;
  • la S.C. di Cassazione ha accolto il ricorso della Curatela, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte Territoriale (altra composizione).

Davvero in estrema sintesi:

  • sul ricorso della Curatela affidato a 3 motivi, i primi 2 relativi alla violazione per falsa applicazione degli artt. 115 e 167 c.p.c., quindi per aver la Corte di Appello erroneamente ritenuto le difese della comparsa di risposta in 1° grado caratterizzate da una “specifica” contestazione rispetto ai fatti specificamente dedotti a sostegno della domanda,
  • la S.C. ha accolto il 1° motivo, valorizzando il principio di “non contestazione”.

Più in particolare, con una motivazione semplice e lineare la S.C.:

  • non ha applicato l’art. 115, comma 1, ultimo periodo, c.p.c. (ut supra riprodotto), siccome “ratione temporis” non vigente (in vigore nel luglio 2009, mentre l’azione in 1° grado risaliva al luglio 2008), tuttavia;
  • ha ritenuto il principio di “non contestazione” già esistente nel Ns. Ordinamento come “diritto vivente”, giusti arresti delle SS.UU. richiamati e gli artt. 167, comma 1, c.p.c. (ut supra riprodotto);
  • ha applicato tale principio al caso di specie, ritenendo inidonea la contestazione dalla parte convenuta nella originaria comparsa di risposta in 1° grado, siccome così solo formulata: “…espressamente ed in ogni suo punto il contenuto dell’atto di citazione”.

Il tutto:

  • enunciando il seguente principio di diritto:

“Il convenuto, ai sensi dell’art. 167, primo comma, cod. proc. civ., è tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di non contestazione a seguito della modifica dell’art. 115 cod. proc. civ., a prendere posizione, in modo chiaro e analitico, sui fatti costitutivi del diritto fatto valere specificamente indicati dall’attore a fondamento della propria domanda; la conseguenza è che tali fatti debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di risposta, si sia limitata, con clausola di mero stile, a contestare “espressamente ed in ogni suo punto il contenuto dell’atto di citazione”, senza esprimere alcuna chiara e specifica contestazione relativa a tali fatti costitutivi e senza che, allo scopo, rilevi la, diversa, contestazione relativa al valore probatorio dei documenti dall’attore allegati alla citazione.”;

  • specificando che tale onere non opera in caso di mancata, specifica allegazione dei fatti costituitivi della domanda.

 

3. – BREVI RIFLESSIONI.

Premesso e ribadito, quindi, che:

  • l’attore deve in primis assolvere all’onere di specifica allegazione dei fatti a fondamento della domanda, non oltre il 1° termine concesso ai sensi dell’art. 183, comma 6, c.p.c., che segna il limite alla fissazione del thema decidendum;
  • il convenuto deve contestare specificamente detti fatti (se) specificamente allegati, nella comparsa di risposta o non oltre il 2° termine concesso ai sensi dell’art. 183, comma 6, c.p.c., che segna il limite per replicare alle eventuali precisazioni della domanda;
  • in caso di mancata specifica allegazione dei fatti costitutivi della domanda, è inutile la loro prova anche documentale, siccome non costituenti thema decidendum;
  • tale ultima considerazione rinviene anche da Civ. – Sez. III, sentenza 19 ottobre 2017, n. 24607, Pres. Chiarini, Rel. Rossetti [in detta decisione il ricorso (e la domanda risarcitoria) veniva(no) rigettato(i), essendo mancata una “puntuale” e “tempestiva” allegazione dei fatti a fondamento della pretesa, inutile la prova (produzione documentale) di quei fatti, siccome non costituenti il “thema decidendum”, tutto così ampiamente e giustamente motivato:“[…] L’onere di deduzione dei fatti posti a fondamento della pretesa, infatti, richiesto dall’art. 163, n. 4, c.p.c., va adempiuto in primo luogo descrivendo tali fatti: sicchè, quando tale deduzione sia mancata, nulla rileva che quei fatti possano per avventura risultati provati all’esito della lite, per la semplice ragione che, in mancanza di tempestiva deduzione, essi non sono mai entrati a far parte del thema decidendum. Questi principi costituiscono ormai jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha ripetutamente affermato sia che la domanda introduttiva di un giudizio di risarcimento del danno esige sempre che l’attore indichi espressamente i fatti materiali che assume essere stati lesivi del proprio diritto (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 17408 del 12/10/2012); sia che quando i fatti pregiudizievoli posti a fondamento della domanda di risarcimento non sono stati compiutamente allegati, “la successiva produzione documentale, che pure attesti l’esistenza di quei fatti, non è idonea a supplire al difetto originario di allegazione, giacchè equivarrebbe ad ampliare indebitamente il thema decidendum” (Sez. 3, Sentenza n. 7115 del 21/03/2013) […];“(…) è decisivo il rilievo che il ritenuto difetto di tempestiva allegazione dei fatti costitutivi della pretesa rendeva superfluo indagare se essi furono provati o no (…)]”,
  • la decisione in commento funge da corollario dei suddetti principi, che, ovviamente, valgono anche a parti invertite in relazione a fatti specificamente dedotti dal convenuto (nella comparsa di costituzione o fino alla 2^ memoria integrativa in caso di specificazione solo nella 1^ memoria avversaria) se non altrettanto specificamente contestati dall’attore, non essendo sufficiente una contestazione solo generica e di mero stile.

Ciò che, nei giudizi che in genere ci occupano (cause “passive”, opposizioni, etc.) può giocare un ruolo di grande e fondamentale importanza.

 

4. – CONCLUSIONI E PICCOLI SPUNTI DIFENSIVI.

Alla luce di tutto quanto precede, onde scongiurare un approccio del Giudice sempre più sbilanciato in favore del cliente bancario (attore), già solo nel senso di dare comunque corso ad istruttoria – dagli esiti incerti, comunque rischiosi e che, quindi, quotidianamente si cerca di evitare risolvendo la causa a monte – a mio sommesso avviso potrebbe essere quantomai utile provare a difendere le ragioni della Banca convenuta/opposta anche come segue.

Con una grande valorizzazione del principio di “non contestazione” di cui alle norme richiamate al punto 1. -, singolarmente e congiuntamente considerate e soprattutto quanto alle istanze istruttorie avversarie (ordine di esibizione documentale ex art. 210 c.p.c., C.T.U., etc.):

  • intanto ed in primis, verificando che l’attore abbia “allegato” (citazione o 1^ memoria integrativa) “specifiche” deduzioni/contestazioni sui rapporti oggetto di giudizio, compreso anche il “fatto” di non aver ricevuto la documentazione;
  • in ogni caso, contrapponendo (comparsa o 2^ memoria integrativa) allegazioni “specifiche” e “contrarie”,: “non è vero che la Banca non abbia trasmesso….”; “la Banca ha sempre e tempo per tempo inviato…”; “la Banca ha sempre consegnato al cliente la copia dei contratti sottoscritti e con le condizioni economiche …”; “il rapporto di … era ed è così caratterizzato…” (descrizione analitica delle condizioni economiche ritenute utili e rilevanti), o similia, per provare a far ritenere provati questi fatti proprio per mancata e specifica contestazione da parte dell’attore;
  • in caso di specificazione dell’attore solo nella 1^ memoria e di puntuale e specifica Ns. replica nella 2^ memoria, opponendosi a che ulteriori specificazioni/contestazioni dell’attore siano fatte solo nella 3^ memoria, siccome possibile solo per deduzioni di “prova contraria” (quindi, non di “allegazione”), rimarcando che il limite alla fissazione del thema decidendum è costituito dal 1° termine e che, evidentemente, male ha fatto l’attore ad omettere le proprie doverose e specifiche allegazioni in citazione o al massimo in 1^ memoria;
  • poi, argomentando che istanze istruttorie su fatti non specificamente contestati (comprese, quindi, le condizioni economiche descritte) o tese a rimettere ad altri finanche la precisa determinazione della causa petendi (es., con quesiti ipotetici ed alternativi tipo “se … il C.T.U. faccia …”) implicano “di per sé” una domanda un pò “al buio” o “esplorativa” e con essa, le relative richieste istruttorie, tutto così da rigettarsi;
  • quindi, richiamando i principi di cui alla decisione in commento, in uno agli altri fondamentali rinvenienti da Civ. – Sez. III, sentenza 19 ottobre 2017, n. 24607, Pres. Chiarini, Rel. Rossetti e da Cass. Civ. – Sez . I, Pres. De Chiara, Rel. Di Marzio – Sentenza 13 settembre 2021, n. 24641, tutti in precedenza analizzati (sia consentito un richiamo al mio precedente contributo del 24/09/2021).

Il tutto allo stato ed in attesa di verificare se il progetto di riforma “Cartabia” confermerà la linea di eliminare le facoltà difensive “integrative” e di fissare le reciproche preclusioni/decadenze agli atti introduttivi (un po’ come nel “rito del lavoro”, per quanto caratterizzato dai poteri istruttori residuali ed ufficiosi del Giudice di cui all’art. 421 c.p.c.).

Il che potrebbe rappresentare addirittura un vantaggio per i convenuti, se ovviamente incaricati per tempo e con tutta la documentazione di riferimento reperita o disponibile.

Staremo a vedere.



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