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11 Gennaio 2022 In Diritto bancario Tidona

Sulle fideiussioni bancarie omnibus redatte secondo lo Schema ABI: nullità delle sole clausole “anticoncorrenziali”



© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza autorizzazione. È consentito il link diretto a questo documento.

ANALISI E BREVI RIFLESSIONI SU CASS. CIV. – SS.UU., PRES. RAIMONDI, REL. VALITUTTI, SENTENZA 30/12/2021, N. 41994.

Di Gaetano Maria Porretti, Avvocato

 

1. – IL TEMA.

È noto, ampiamente dibattuto e di enorme impatto pratico.

Pertanto, anche per esigenze di sintesi si può soprassedere sia dall’analisi dell’istituto della “fideiussione”, delle caratteristiche di quelle c.d. “omnibus”, delle differenze con i “contratti autonomi di garanzia”, etc., sia dal riprodurre il testo delle clausole in contestazione (cc.dd. di “reviviscenza”, di “sopravvenienza” ed in deroga all’art. 1957 c.c.) ed il quadro giurisprudenziale e normativo di riferimento, tutto ampiamente rinveniente nella sentenza in commento (ed alla cui integrale lettura rimando), con le sole e seguenti eccezioni:

Sulla fideiussione:

all’art. 1957 c.c. (“Scadenza dell’obbligazione principale”):

  • “Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purchè il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore principale e le abbia con diligenza coltivate”;
  • “La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell’obbligazione principale”;
  • “In questo caso però l’istanza contro il debitore principale deve essere proposta entro due mesi”;
  • “L’istanza contro il debitore principale interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore”;

Sulla decadenza:

all’art. 2964 c.c. (“Inapplicabilità di regole della prescrizione”):

  • “Quando un diritto deve esercitarsi entro un dato termine sotto pena di decadenza, non si applicano le norme relative all’interruzione della prescrizione. Del pari non si applicano le norme che si riferiscono alla sospensione, salvo che sia disposto altrimenti”

all’art. 2966 c.c. (“Cause che impediscono la decadenza”):

  • “La decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto. Tuttavia, se si tratta di un termine stabilito dal contratto o da una norma di legge relativa a diritti disponibili, la decadenza può anche essere impedita dal riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a decadenza”;

all’art. 2969 c.c. (“Rilievo d’ufficio”):

  • “La decadenza non può essere rilevata d’ufficio dal giudice salvo che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, il giudice debba rilevare le cause dell’improponibilità dell’azione”.

E ciò perché a mio sommesso avviso i profili relativi alla eventuale decadenza dall’azione nei confronti del fideiussore (o garante in genere) sono quelli di maggiore criticità e rilevanza in concreto.

 

2. – IL CASO DECISO DALLE SS.UU., LE MOTIVAZIONI ED IL PRINCIPIO DI DIRITTO ENUNCIATO.

In relazione ad una fideiussione bancaria, proposta durante un’opposizione a D.I. (che così veniva sospesa) autonoma azione di accertamento della nullità del contratto – per intero ovvero quantomeno delle clausole in deroga alla disciplina del codice civile – per ritenuta violazione della disciplina “antitrust” (art. 2, comma 2, L. n. 287/1990) siccome riproducenti lo schema ABI oggetto di censura dall’Autorità Garante e con richiesta risarcitoria, la Corte di Appello (competente in 1° grado “ratione materiae”):

  • accoglieva la domanda di nullità delle predette clausola “in deroga” (fra cui quella relativa all’art. 1957 c.c.);
  • respingeva la domanda risarcitoria per il danno patrimoniale;
  • accoglieva la domanda risarcitoria per il danno non patrimoniale;
  • ordinava la cancellazione della segnalazione in Centrale Rischi presso la Banca d’Italia del fideiussore attore (ed opponente nell’altro giudizio);
  • condannava la Banca convenuta (ed opposta nell’altro giudizio) alle spese.

La Banca soccombente adiva la S.C. di Cassazione con ricorso articolato in 4 motivi, riproducenti (pur ottimamente) le difese solitamente dispiegate in argomento e così in estrema sintesi e per quanto rilevante riassumibili:

  • mancanza di prova della coincidenza delle clausole contestate con quelle dello schema ABI censurato e mancanza di prova della partecipazione della Banca in questione all’intesa anticoncorrenziale vietata;
  • ininfluenza e non trasmissibilità degli effetti dell’intesa anticoncorrenziale a monte e vietata ai contratti stipulati a valle;
  • omessa considerazione che trattavasi di “contratti autonomi di garanzia”, con piena derogabilità – nell’ambito dell’autonomia negoziale di cui all’art. 1322 c.c. – delle norme relative alla diversa fattispecie della “fideiussione” ed inapplicabilità di tutte le questione relative all’“antitrust”, compresi i rilievi mossi dall’Autorità Garante.

Rimessa la questione – previa ordinanza interlocutoria della Sezione I^ Civile, rilevato il contrasto in dottrina ed in giurisprudenza – e nonostante le conclusioni del Procuratore Generale tese all’accoglimento dei motivi 1° e 2° (assorbito il 3° e rigettato il 4°), le SS.UU. hanno rigettato il ricorso per intero (censure alla sentenza impugnata in parte infondate, in parte inammissibili) enunciando il seguente principio di diritto (v. capo 3. – della sentenza):

“I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la L. n. 287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a) e art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi dell’art. 2, comma 3, della Legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti”.

Al di là dell’esito certamente negativo per il ceto creditorio ed in particolare bancario e comunque la si pensi, la sentenza ricostruisce con dovizia di particolari e di riferimenti il quadro normativo anche comunitario, dottrinario e giurisprudenziale di riferimento.

Dopo un’approfondita lettura, a mio sommesso avviso ritengo che il fulcro della motivazione risieda nei profili di “nullità parziale” delle clausole in contestazione ai sensi dell’art. 1419 c.c., in via “derivata” dalla nullità dell’intesa anticoncorrenziale a monte e quale suo “sbocco” (v. capi 2.15.4. e 2.16.1. sentenza):

  • ritenuti più coerenti con la disciplina “antitrust”, quindi quale forma di tutela per il “cliente-fideiussore”, pur nella consapevolezza delle SS.UU. “(…) dell’estrema problematicità della scelta tra le diverse forme di tutela riconoscibili (…) tra le diverse soluzioni individuate da dottrina e giurisprudenza (…)” (v. capo 2.11. sentenza);
  • ritenuto non convincente il richiamo all’autonomia negoziale di cui all’art. 1322 c.c., da esercitarsi sempre e comunque “(…) nei limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nel suo complesso, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale (…)”(v. capo 2.12.1. sentenza);
  • evidenziata la conseguenza che è a carico di chi ha interesse a far cadere “in toto” il contratto “(…) fornire la prova dell’interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, mentre resta preclusa al giudice rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale all’intero contratto (…)”(v. capo 2.15.1. sentenza);
  • specificato che tale eventuale conseguenza (“nullità totale”) si determina “(…) solo ove l’interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del contenuto colpita dalla sua nullità (…)”(v. capo 2.15.2. sentenza), evenienza “(…) di ben difficile riscontro nel caso in esame (…)”(v. capo 2.15.3. sentenza).

 

3. – PROBLEMATICHE E BREVI RIFLESSIONI.

3.1. – Intanto, la nullità parziale delle clausole se ed in quanto riproducenti quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata “(…) salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti”, sembra impattare sulle sole fideiussioni/garanzie “omnibus”.

Infatti, nella ricostruzione della fattispecie, le SS.UU. ricordano che (capo 2.2. sentenza):

  • nell’ottobre 2002 l’ABI predispose uno schema per la fideiussione a garanzia di “operazioni bancarie”, inviato alla preventiva valutazione di Banca d’Italia, all’epoca Autorità Garante per la Concorrenza, prima della sua diffusione agli Istituti Bancari;
  • avviata un’istruttoria nel novembre del 2003, fu poi interpellata in via consultiva detta Autorità Garante che, nel parere n. 14251, evidenziò che la disciplina della “fideiussione omnibus” di cui allo schema ABI presentava clausole idonee (nn. 2, 6 ed 8) a restringere la concorrenza;
  • veniva così adottato il provvedimento sanzionatorio n. 55 del 2 maggio 2005.

Pertanto, non pochi dubbi si pongono sull’estensibilità del principio di diritto enunciato alle fideiussioni/garanzie rilasciate con specifico riferimento a particolari obbligazioni, quindi non “omnibus”.

Ciò, considerate anche alcune pronunce della Giurisprudenza di Merito, secondo le quali la sanzione di nullità per effetto della violazione della disciplina “antitrust” dovrebbe riguardare solo le fideiussioni “omnibus”, perché solo esse oggetto dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale di cui al provvedimento della Banca d’Italia numero 55 del 2 maggio 2005 [“l’efficacia probatoria della delibera della Banca d’Italia che ha ravvisato nell’adozione uniforme da parte degli istituti bancari, del modello predisposto dall’ ABI contenente le tre clausole di reviviscenza, sopravvivenza e rinuncia ai termini una intesa lesiva della disciplina della concorrenza non può essere invocata nel caso di contratti di fideiussione specifica di cui non si è occupata la delibera numero 55 del 2005.” (Corte di Appello Bari – Sez. II, sentenza 11 maggio 2021, 906; v. anche Corte di Appello Milano – Sez. I, sentenza 20 aprile 2020, n. 947; Trib. Napoli – Sez. III, sentenza 16 giugno 2020, tutte reperibili anche su “dejure.it”)].

Tali principi non sembrano scalfiti dalla sentenza in commento, che comunque non si è occupata del tema specifico.

Inoltre, a mio sommesso avviso (e come già rilevato dalle SS.UU. in commento, ovviamente con riferimento al caso in esame), ben difficilmente la controparte sarà in grado di dimostrare ed ottenerne l’integrale nullità, viepiù considerato che certamente le fideiussioni/garanzie sarebbero state prestate senza le clausole in deroga a sfavore del fideiussore/garante, quindi con una posizione più alleggerita.

 

3.2. – Ma come anticipato, la portata negativa di tale sentenza ritengo attenga soprattutto al “diritto all’azione” nei confronti dei fideiussori/garanti – come noto spesso gli unici ad avere una qualche solvibilità in grado di attuare in concreto la generale garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. – a serio rischio di estinzione per “decadenza” se non esercitato (anche solo nei confronti del debitore garantito) nei termini di cui all’art. 1957 c.c. (invalidate le clausole in deroga) dalla scadenza dell’obbligazione principale.

Tale rischio è quantomai concreto, atteso che, come visto, le norme sull’interruzione della prescrizione non operano sulla decadenza, evitabile solo dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto.

Ciò implica unicamente le “azioni giudiziarie” (contro il debitore principale e/o il garante), “proposte” e “con diligenza coltivate” e così anche per Giurisprudenza pacifica e consolidata (Cass. Civ. – Sez. III, sentenza 20 aprile 2004, n. 7502; Cass. Civ. – Sez. III, sentenza 14 luglio 1994, n. 6604; Corte di Appello Bologna – Sez. I, sentenza 28 gennaio 2021, n. 173, reperibile anche su “dejure.it”).

Pertanto e secondo l’interpretazione “tradizionale” dell’art. 1957 c.c.:

  • eventuali lettere monitorie, diffide, etc., sarebbero (saranno) utili a soli fini interruttivi della prescrizione (del diritto di credito), non anche ad evitare la decadenza (del diritto all’azione);
  • il creditore, quindi, potrebbe trovarsi di fronte ad un diritto integro solo da un punto di vista sostanziale, ma estinto quanto alla facoltà di esercitarlo giudizialmente.

E ritengo per lo più inverosimile o poco probabile il riconoscimento del diritto (all’azione) di controparte, pur teoricamente possibile vertendosi in ambito di diritti disponibili, che potrebbe anche essere “implicito” o “tacito”, in assenza di una specifica eccezione di decadenza che, come visto, non può essere rilevata d’ufficio.

Ma rimando tale aspetto al punto successivo.

 

3.3. – Preme sottolineare, invece, che i suddetti principi relativi alle modalità di interruzione della decadenza non dovrebbero operare nel caso in cui sia prevista la clausola di pagamento c.d. “a prima richiesta”.

Infatti:

  • si è precisato che in presenza di clausola di pagamento “a prima richiesta” (peraltro, non interessata dal provvedimento sanzionatorio dell’intesa restrittiva, quindi da considerarsi pienamente valida ed efficace) e di rinvio pattizio alla previsione di decadenza di cui all’art. 1957, comma 1, c.c., “deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare «a prima richiesta» l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio.” ( Civ. – Sez. III, Pres. Vivaldi, Rel. Frasca, sentenza 26 settembre 2017, n. 22346; principio ripreso di recente anche da Trib. Bergamo – Sez. III, sentenza 26 gennaio 2021, n. 126);
  • si è osservato che “la clausola con cui il creditore si impegni a soddisfare il creditore «a semplice richiesta» o entro un tempo predeterminato, può essere interpretata come deroga pattizia alla forma con cui l’onere di avanzare istanza entro il termine di cui all’art. 1957 c.c., deve essere osservato (vale a dire con la proposizione di un’azione giudiziaria), nel senso che l’osservanza dell’onere di cui alla citata disposizione può essere considerato soddisfatto dalla stessa richiesta di pagamento formulata dal creditore al fideiussore, prescindendo dalla proposizione di un’azione giudiziaria (così Cass., n. 7345/95, in motivazione)” ( Cass. Civ. – Sez. III, Pres. Mazza, Rel. Amatucci, sentenza 21 maggio 2008, n. 13078, capo 2.4. della motivazione).

Pertanto, per impedire la decadenza di cui all’art. 1957, comma 1, c.c., andrebbero distinte le ipotesi in cui non sia prevista la clausola “a prima richiesta”, in cui va certamente proposta azione giudiziale, da quelle in cui tale clausola sia pattuita, in cui dovrebbe essere sufficiente la mera richiesta stragiudiziale di pagamento, comunque da proporsi entro lo stesso termine decadenziale.

 

3.4. – Inoltre, preme rilevare i seguenti passaggi della motivazione delle SS.UU. in commento, che a mio sommesso avviso potrebbero aprire un qualche ulteriore spiraglio:

“(…) Non è certo la deroga isolata – nei singoli contratti tra una banca ed un cliente – all’archetipo codicistico della fideiussione, ed in particolare agli artt. 1939, 1941 e 1957 c.c., a poter, invero, determinare problemi di sorta, come è ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità, in termini di effetto anticoncorrenziale (…)”(v. punto 2.16.2. sentenza);

 “(…) Ne discende, poi, la rilevabilità d’ufficio di tale nullità da parte del giudice, nei limiti stabiliti dalla giurisprudenza di questa Corte, a presidio del principio processuale della domanda (artt. 99 e 112 c.p.c.). Si è – per vero – stabilito, al riguardo, che il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità integrale del contratto deve rilevarne d’ufficio la sua nullità solo parziale. E tuttavia, qualora le parti, all’esito di tale indicazione officiosa, omettano un’espressa istanza di accertamento in tal senso, deve rigettare l’originaria pretesa non potendo inammissibilmente sovrapporsi alla loro valutazione ed alle loro determinazioni espresse nel processo (Cass. Sez. U. 12/12/2014, nn. 26242 e 26243; Cass., 18/06/2018, n. 16501)” (v. punto 2.20.2. sentenza).

Infatti:

a) nessun problema dovrebbe porsi in presenza di una “deroga isolata”, ovverosia quindi, in assenza di specifica allegazione e prova di controparte che le clausole in contestazione riproducano pedissequamente lo schema ABI frutto dell’intesa anticoncorrenziale vietata e censurata (difficile ma è un’ipotesi);

b) se controparte ha chiesto originariamente dichiararsi solo la nullità “totale” della fideiussione/garanzia e non propone (necessariamente) anche quella di nullità “parziale” quantomeno in sede di precisazione conclusioni, la (sola) nullità “parziale” eventualmente dichiarata integrerebbe il vizio di “ultrapetizione” da far valere in sede di impugnazione; a riguardo, vedasi il seguente passaggio motivazionale (capo 6.17.1.) di Civ. – Sez. Un., sentenza 12 dicembre 2014, n. 26243, richiamata dalle SS.UU. in commento: “va peraltro osservato come (…) il potere-dovere del giudice si limiti alla rilevazione di una fattispecie di nullità parziale, lasciando poi libere le parti di mantenere inalterate le domande originarie. Ma è del tutto evidente che, confermate in sede di precisazione delle conclusioni le domande di nullità totale, non sarà in alcun modo consentito al giudice, attraverso l’emanazione di una non richiesta sentenza “ortopedica”, una inammissibile sovrapposizione del proprio decisum alla valutazione e alle determinazioni dell’autonomia privata espresse in seno al processo.”.

 

  1. – CONCLUSIONI E SPUNTI DIFENSIVI.

Alla luce di tutto quanto precede, dato che le argomentazioni sin qui utilizzate sono state tutte respinte dalle SS.UU. in commento, provo ad offrire un qualche spunto spero utile per le Ns. difese, che, per ciò che mi concerne, andrei (andrò) così (anche) ad improntare:

A) deducendo, “in fatto e specificamente”, che il rilascio è avvenuto a seguito di una “trattativaindividuale”: i) meglio ancora se con articolazione di prove [documentali (es. richieste) o orali (es. responsabili o addetti alle Filiali)] sulla circostanza; ii) in mancanza, verificando (e sperando) che la controparte non contesti “specificamente” tale asserzione/fatto, sì da invocare il principio di “non contestazione” quale “fonte di prova” ai sensi dell’art. 115, comma 1, ultimo periodo, c.p.c., come noto di recente “valorizzato” dalla S.C. di Cassazione ( Civ. – Sez. I, Pres. Scaldaferri, Rel. Vannucci, Ordinanza 4 novembre 2021, n. 31837, che ha enunciato il seguente principio di diritto: “Il convenuto, ai sensi dell’art. 167, primo comma, cod. proc. civ., è tenuto, anche anteriormente alla formale introduzione del principio di non contestazione a seguito della modifica dell’art. 115 cod. proc. civ., a prendere posizione, in modo chiaro e analitico, sui fatti costitutivi del diritto fatto valere specificamente indicati dall’attore a fondamento della propria domanda; la conseguenza è che tali fatti debbono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nella comparsa di risposta, si sia limitata, con clausola di mero stile, a contestare “espressamente ed in ogni suo punto il contenuto dell’atto di citazione”, senza esprimere alcuna chiara e specifica contestazione relativa a tali fatti costitutivi e senza che, allo scopo, rilevi la, diversa, contestazione relativa al valore probatorio dei documenti dall’attore allegati alla citazione.”);

B) [in richiamo al suddetto punto 3.4. – lett. a)] idem anche da un punto di vista istruttorio come al precedente punto A), viepiù deducendo “in fatto e specificamente” che le fideiussioni/garanzie in contestazione sono una “deroga isolata”, richiamando proprio il suddetto capo 2.16.2. della sentenza, e lasciando a controparte eventuali allegazioni o prove contrarie;

C) [in richiamo al suddetto punto 3.4. – lett. b)], eccependo l’infondatezza di un’istanza/eccezione di nullità totale della fideiussione/garanzia per mancanza di prova sulla volontà (art. 1419, comma 1, 2° periodo, c.c.), deducendo che certamente sarebbe stata prestata senza le clausole in deroga a sfavore del fideiussore/garante, quindi con una posizione più alleggerita;

D) [in richiamo al suddetto punto 3.4. – lett. b)], verificando che controparte formuli quantomeno in sede di precisazione delle conclusioni domanda di nullità parziale, diversamente e se comunque tale dichiarata, facendo valere il vizio di “ultrapetizione” in sede di impugnazione;

E) [in richiamo al suddetto punto 3.4. – lett. b)], verificando che l’istanza/eccezione di nullità (totale o parziale) comunque presentata, sia sempre accompagnata anche dall’eccezione di intervenuta decadenza dall’azione, come visto non rilevabile d’ufficio in ambito di diritti disponibili (art. 2969 c.c.), quindi da proporsi da controparte “tempestivamente” (se causa “passiva” o opposizione a D.I. non oltre la citazione, diversamente nella comparsa da depositarsi entro 20 gg. prima dall’udienza);

F) [in richiamo al suddetto punto 3.4. – lett. b)] ed in caso di mancata o tardiva eccezione di decadenza dall’azione [punto E)], eccependo l’inammissibilità per carenza di interesse dell’istanza/eccezione di nullità (totale o parziale), atteso che (data la non rilevabilità d’ufficio della decadenza), nessun beneficio in concreto potrebbe mai trarre controparte dall’accoglimento del profilo riferito alla deroga all’art. 1957 c.c.;

G) in presenza di fideiussione/garanzia con clausola “a prima richiesta”, comunque contrastando l’avversa eccezione di intervenuta decadenza dall’azione, se ritualmente proposta e fondata sull’art. 1957, comma 1, c.c. e sull’inidoneità a fini interruttivi di atti stragiudiziali (lettere, diffide, etc.), richiamando specificamente i principi di cui al precedente punto 3.3. 

Mi rendo conto che, soprattutto quanto ai profili istruttori, queste difese potrebbero rendere più gravoso l’apporto del Cliente-Creditore.

Ma di fronte ad una situazione davvero di assoluta emergenza/gravità ed al concreto rischio di soccombenza su aspetti a questo punto preliminari e pregiudiziali, occorre Tutti darsi da fare sempre meglio e sempre di più.

La situazione potrebbe complicarsi ulteriormente se con la riforma c.d. “Cartabia” del processo civile trovassero definitiva conferma le “preclusioni” (assertive ed istruttorie) con i rispettivi atti introduttivi.

Infatti, in tale eventualità documenti e mezzi di prova andrebbero indicati immediatamente, quindi e quanto alle prove orali, con necessaria e specifica indicazione dei testi da escutere (art. 244 c.p.c.) ed i cui nominativi e generalità dovranno essere immediatamente forniti dal Cliente-Creditore.

Ovviamente, tale eventualità renderebbe più stringenti anche gli oneri assertivi e probatori di controparte.

Poiché e come visto il profilo più critico sembra essere quello dei termini legati all’art. 1957 c.c. ed alla scadenza dell’obbligazione principale, onde evitarne la decorrenza sarebbe quantomai utile:

  • procrastinarne il più possibile la decorrenza, evitando quindi recessi o risoluzioni contrattuali (se non quando già pronti all’azione) e magari perdurando in diffide o solleciti comunque utili;
  •  se già risolto il contratto o magari intervenuto il fallimento del garantito (scaduta, quindi, l’obbligazione principale), verificare i termini e determinarsi alle azioni giudiziarie il più sollecitamente possibile (e così anche eventuali mandatari per la gestione dei crediti) in particolare qualora la fideiussione/garanzia non preveda la clausola di pagamento “a prima richiesta”, ovvero ed ove tale clausola sia prevista, assicurarsi che le richieste stragiudiziali siano tempestive.

Infine, sarebbe parimenti utile dare sempre maggiore rilevanza alla fase pre-contrattuale e contrattuale, inserendo nel testo delle fideiussione/garanzie bancarie (al di là della clausola di pagamento “a prima richiesta” ormai diffusa) una clausola in cui si dichiari e si sottoscriva, “espressamente” e con “specifica accettazione” anche ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., che vi è stata pattuizione delle singole disposizioni (in particolare tutte quelle censurate) a seguito di specifica trattativa, etc. (sì quantomeno da rendere le difese avversarie certamente più gravose).

Ma tali ultimi aspetti esulano completamente dalle mie attribuzioni, così che qui mi fermo.

Staremo a vedere.



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