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12 Febbraio 2000 In Diritto bancario Tidona, Diritto Fallimentare e Crisi di impresa

Una ipotesi particolare: la revocatoria fallimentare nella cartolarizzazione dei crediti (c.d. securitization)



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Di Maura Castiglioni
febbraio 2000

LA CARTOLARIZZAZIONE IN BREVE:

La cartolarizzazione dei crediti (c.d. securitization) è una tecnica finanziaria che prevede la cessione in blocco e a titolo oneroso – ad opera di banche, intermediari finanziari o altre imprese (c.d. originator) – di crediti esistenti o futuri, a favore di un intermediario finanziario (c.d. special vehicle purpose), che provvederà direttamente o tramite una terza società (c.d. special vehicle company) ad emettere titoli incorporanti i crediti ceduti e ad immetterli sul mercato al fine di rendere possibile il pagamento del corrispettivo della cessione.

La Legge n. 130 del 30 aprile 1999 ha disciplinato nel nostro sistema giuridico l’operazione di cartolarizzazione dei crediti, incentivandone la diffusione ed eliminando così l’ostacolo di cui all’art. 2410 c.c., il quale infatti, prevedendo per le società un limite all’emissione di proprie obbligazioni pari al capitale versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio approvato, consentiva l’operazione di securitization alle sole società che fossero fortemente capitalizzate.

UN CASO PARTICOLARE: L’AZIONE REVOCATORIA NEL FALLIMENTO DEL CESSIONARIO, DEL CEDENTE OPPURE DEL CEDUTO:

Una palese dimostrazione di come la L. 130/99 sia da impulso per la cartolarizzazione dei crediti la si ottiene, ad esempio, attraverso un’analisi dei commi 3 e 4 dell’art. 4, i quali indubbiamente favoriscono l’operazione di securitization rispetto alla procedura normalmente applicabile nell’ipotesi di fallimento di qualcuno dei soggetti coinvolti.
Il comma 3 del sopracitato articolo trova applicazione nell’ipotesi del fallimento del debitore ceduto e dispone espressamente che “ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti alla società cessionaria non si applica l’art. 67 del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 (L. Fallimentare) e successive modificazioni”. Dunque nell’ipotesi di pagamento ad opera del ceduto non è possibile agire mediante l’azione revocatoria fallimentare per far rientrare nella massa ereditaria – e pertanto consentire il soddisfacimento dei creditori – quanto già erogato.

La disposizione è di identico contenuto rispetto all’art. 6 L. 52/91 in materia di cessione dei crediti di impresa, tuttavia l’art. 4 comma 3 L. 130/99 impedisce l’azione revocatoria fallimentare nei confronti del cedente, anche nel caso in cui sussista in capo a questi il requisito della scientia decotionis, ossia la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore.

L’intento della norma è quello di evitare che con la revocatoria fallimentare vengano colpiti i pagamenti dei debitori ceduti – costituenti un patrimonio indipendente dal cessionario – e vincolati al soddisfacimento dei sottoscrittori dei titoli.

E’ evidente che tale disposizione favorisce l’operazione di securitization tutelando in maniera assoluta gli investitori, i quali – nell’ambito di un contemperamento degli interessi contrapposti – vengono anteposti non solo ai creditori chirografari della massa fallimentare, ma anche a quelli privilegiati, che in quanto tali dovrebbero essere soddisfatti in via prioritaria.

D’altro canto una disposizione diversa che si ripercuota negativamente sulla securitization non avrebbe alcun senso, ritenuto che comunque il debitore ceduto rimane terzo estraneo rispetto alla operazione di cartolarizzazione dei crediti – che avviene tra il cedente ed il cessionario – provvedendo infatti al pagamento di quanto dovuto solo dopo che è stata realizzata la fase della cessione.

Una differente valutazione della condizione sia del cedente che del cessionario (contrapposta a quella del ceduto) ha indotto il legislatore ad adottare una diversa disciplina nel caso di un loro eventuale fallimento.

In tale ultima ipotesi difatti viene applicato l’art. 4 comma 4, che prevede soltanto una riduzione di sei e tre mesi per i termini rispettivamente di due e di un anno previsti dall’art. 67 della legge fallimentare. Ciò implica dunque la possibilità di revoca degli atti del cedente o cessionario purché si tratti di disposizioni a titolo oneroso che siano state realizzate nei tre o sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento.

In questa ipotesi i sottoscrittori dei titoli e l’intera operazione di cartolarizzazione in genere, vengono pur sempre tutelati ma certamente in modo notevolmente ridotto rispetto all’ipotesi di fallimento del ceduto: la tutela è appunto limitata alla sola – seppur notevole – riduzione dei termini.

La giustificazione di una diversa disciplina è facilmente ravvisabile laddove si consideri che l’intera operazione di securitization può essere utilizzata quale strumento a vantaggio del cedente. E infatti non è da escludere l’ipotesi che quest’ultimo – attraverso la cartolarizzazione – provveda alla cessione di propri crediti al solo fine di sottrarli alla massa fallimentare.

A questo proposito è evidente come non sia possibile una tutela assoluta degli investitori che partecipano alla cartolarizzazione, così trascurando la circostanza che tale operazione viene invece realizzata – nell’ipotesi sopra ipotizzata – dal cedente allo scopo principale di frodare i propri creditori.

Anche nell’ipotesi di fallimento del cessionario si applica la disciplina di cui all’art. 4 comma 4, null’altro precisando in proposito la L. 130/99. Ancora una volta si provvede quindi a tutelare la procedura della cartolarizzazione, ma limitatamente ad una riduzione dei termini entro i quali devono essere compiuti gli atti a titolo oneroso successivamente revocabili.

Anche in questo caso la diversa disciplina rispetto all’ipotesi di fallimento del debitore ceduto la si giustifica nella considerazione che – a differenza del ceduto – il cessionario, insieme al cedente, è colui che realizza l’operazione della cartolarizzazione, decidendone le modalità, nonché il momento più favorevole ai fini dell’attuazione.

Ora è evidente che l’opportunità, seppure presente, di tutelare l’intera operazione di cartolarizzazione – preservandola completamente dalla procedura fallimentare – non è comunque tale da pregiudicare in toto i creditori del fallito, privandoli dell’unico strumento a loro difesa quale l’azione revocatoria fallimentare. Da qui la necessità di provvedere ad un contemperamento di queste due contrapposte esigenze proprio attraverso l’art. 4, comma 4 L. 130/99.



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