Di Michele Miraglia, Avvocato
Dottorando di ricerca in Diritto Pubblico dell’Economia – Università Sapienza, Roma
30 agosto 2013
Il Meccanismo unico di risoluzione delle crisi è stato annunciato nel mese di settembre 2012 dalla Commissione Europea nella comunicazione relativa ad una tabella di marcia verso l’Unione bancaria e nel mese di novembre 2012 nel c.d. piano per un’Unione economica e monetaria autentica ed approfondita.
Nel mese di dicembre 2012 il Consiglio europeo ha riconosciuto la necessità di creare un Meccanismo unico di risoluzione delle crisi a complemento del sistema di vigilanza unico all’interno dell’Unione bancaria[1].
A marzo 2013 il Consiglio europeo si è impegnato a completare l’Unione bancaria con una serie di misure ed ha confermato che la proposta della Commissione sul Meccanismo unico di risoluzione delle crisi dovrebbe essere esaminata in via prioritaria con l’intenzione di adottarla entro la fine dell’attuale legislatura del Parlamento europeo, che scade nel 2014.
Il Parlamento europeo ha auspicato più volte una maggiore integrazione delle modalità di risoluzione delle crisi bancarie e in data 13 giugno 2013 ha invitato la Commissione ad adottare al più presto possibile le sue proposte per un regolamento che istituisca un Meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie[2].
Di recente, in data 10 luglio 2013, è giunta la proposta della Commissione Europea di un Meccanismo unico di risoluzione delle crisi: ciò sembrerebbe completare il sistema di vigilanza unico[3], in base al quale la B.C.E. andrebbe ad esercitare una vigilanza diretta sulle banche nella zona euro e negli altri Stati membri che decidono di aderire all’Unione bancaria[4].
Ove, malgrado la vigilanza rafforzata, una banca soggetta al sistema di vigilanza unico dovesse trovarsi in gravi difficoltà, il proposto Meccanismo unico di risoluzione delle crisi permetterebbe di gestire la sua crisi in modo efficiente, riducendo al minimo i costi per i contribuenti e l’economia reale.
Il Presidente della Commissione José Manuel Barroso ha dichiarato: “Grazie a questa proposta disponiamo ormai di tutti gli elementi necessari per istituire un’Unione bancaria che permetta di consolidare le basi del settore, ripristinare la fiducia e ovviare alla frammentazione dei mercati finanziari. Abbiamo già raggiunto un accordo su una vigilanza europea comune delle banche nella zona euro e negli altri Stati membri che desiderano partecipare. La proposta odierna completa l’accordo con un sistema unico forte e integrato da applicare alle banche in dissesto. Non possiamo eliminare i rischi di fallimenti bancari ma, grazie al Meccanismo unico di risoluzione delle crisi e al Fondo unico di risoluzione delle crisi, in futuro l’onere delle perdite dovrebbe ricadere sulle banche, e non sui contribuenti europei”.
Michel Barnier, Commissario per il Mercato interno e i servizi, ha, altresì, dichiarato: “L’esperienza insegna che le crisi bancarie possono dilagare rapidamente al di là dei confini, innescando una spirale di sfiducia in tutta la zona euro, e che il crollo di una grande banca transfrontaliera può creare una situazione complessa e fonte di confusione: la risoluzione della crisi di Dexia non è un esempio da seguire. Abbiamo bisogno di un sistema che possa prendere decisioni in modo rapido ed efficiente, che non faccia sorgere dubbi circa l’incidenza sulle finanze pubbliche e le cui regole siano fonte di certezza sul mercato. Questo è il senso della proposta odierna sul Meccanismo unico di risoluzione delle crisi: garantendo che la vigilanza e la risoluzione delle crisi siano allineate a livello centrale, con il coinvolgimento di tutti i soggetti nazionali pertinenti, e sostenute da adeguate modalità di finanziamento della risoluzione delle crisi, il Meccanismo consentirà di gestire le crisi bancarie in modo più efficiente nell’Unione bancaria e contribuirà a spezzare il legame tra crisi del debito sovrano e banche in difficoltà”.
Il quadro di vigilanza rafforzato del sistema di vigilanza unico ed i requisiti prudenziali rafforzati (come affermato dalla Commissione Europea in data 21 marzo 2013) aumenteranno presumibilmente la sicurezza delle banche; ciò, però, non può portare ad escludere del tutto che una banca sia esente da problemi di liquidità o di solvibilità.
Appare, infatti, sempre più opportuno che la vigilanza e la risoluzione delle crisi nel settore bancario siano allineate ed esercitate allo stesso livello centrale per ridurre l’incertezza ed evitare l’assalto agli sportelli e il contagio ad altre parti della zona euro.
Il Meccanismo unico di risoluzione delle crisi proposto applicherebbe le norme sostanziali sul risanamento e sulla risoluzione delle crisi delle banche[5], la cui adozione è prevista a breve, all’interno dell’Unione bancaria.
Di recente, in data 27 giugno 2013, il Consiglio dei ministri delle Finanze dell’UE ha raggiunto un accordo sull’impostazione generale di queste nuove norme ed in data 20 maggio 2013 è stata adottata la relazione della Commissione Europea per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo.
I negoziati tra il Consiglio ed il Parlamento europeo stanno per iniziare e l’autunno 2013 potrebbe essere il periodo ideale per raggiungere un accordo definitivo sulla direttiva relativa al risanamento e alla risoluzione delle crisi nel settore bancario.
Secondo quanto riferito dalla Commissione Europea nella proposta del 10 luglio 2013, il Meccanismo unico di risoluzione delle crisi dovrebbe funzionare nel modo seguente:
· in qualità di organismo incaricato della vigilanza, la B.C.E. individuerebbe le banche della zona euro, o quelle stabilite in uno Stato membro che partecipa all’Unione bancaria, che versano in gravi difficoltà finanziarie e per le quali è necessaria una misura di risoluzione della crisi.
· Un Comitato unico di risoluzione delle crisi composto da rappresentanti della B.C.E., della Commissione europea e delle autorità nazionali pertinenti (cioè quelle del paese in cui si trovano la sede centrale e le succursali e/o le filiazioni della banca) preparerebbe la risoluzione della crisi della banca. Il Comitato avrebbe ampi poteri di analisi e definizione del metodo di risoluzione della crisi, degli strumenti da utilizzare e delle modalità di coinvolgimento del Fondo europeo di risoluzione. Le autorità nazionali di risoluzione delle crisi sarebbero strettamente associate al processo.
· In base alla raccomandazione del Comitato unico di risoluzione delle crisi, o di propria iniziativa, la Commissione deciderebbe se e quando avviare la risoluzione della crisi di una banca e definirebbe un quadro per l’uso degli strumenti di risoluzione della crisi e del Fondo. Per motivi giuridici, la decisione definitiva non potrebbe essere presa dal Comitato.
· Sotto la vigilanza del Comitato unico di risoluzione delle crisi, le autorità nazionali dovrebbero attuare il piano di risoluzione.
· Il Comitato unico di risoluzione delle crisi sovraintenderebbe alla risoluzione delle crisi, monitorando l’attuazione da parte delle autorità nazionali di risoluzione delle crisi. Nel caso in cui un’autorità nazionale non si conformi alla sua decisione, il Comitato potrebbe applicare direttamente provvedimenti esecutivi alle banche in difficoltà[6].
· Sarebbe creato un Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie, posto sotto il controllo del Meccanismo unico di risoluzione delle crisi, che garantirebbe la disponibilità di finanziamenti a medio termine durante la ristrutturazione della banca[7]. Il Fondo sarebbe alimentato da contributi del settore bancario, sostituendo i fondi nazionali di risoluzione delle crisi bancarie degli Stati membri della zona euro e degli Stati membri che partecipano all’Unione bancaria istituiti dal progetto di direttiva relativa al risanamento e alla risoluzione delle crisi nel settore bancario.
Il ruolo della Commissione sarebbe limitato alla decisione di avviare la risoluzione della crisi di una banca e alla decisione sul quadro di risoluzione della crisi, in modo da garantire la coerenza con il mercato unico e con le norme U.E. in materia di aiuti di Stato e tutelando al tempo stesso l’indipendenza e la responsabilità dell’intero Meccanismo[8].
[1] L’attuale crisi economico-finanziaria ha dimostrato chiaramente che i problemi che colpiscono una banca possono diffondersi all’intero sistema finanziario e molto al di là delle frontiere di un paese. Ha, inoltre, messo in luce l’assenza di sistemi in grado di gestire gli enti finanziari in difficoltà. Esistono pochissime regole per determinare quali azioni debbano essere intraprese dalle autorità in caso di crisi bancarie. È questo il motivo per cui il G20 ha concordato sulla necessità di istituire quadri per la prevenzione e la gestione delle crisi.. La crisi finanziaria ha dimostrato con chiarezza la necessità di modalità più solide per la gestione coordinata delle crisi a livello nazionale, nonché la necessità di istituire meccanismi che siano maggiormente in grado di far fronte ai dissesti bancari transfrontalieri. Nel corso della crisi si sono verificati numerosi dissesti bancari importanti (Fortis, Lehman Brothers, le banche islandesi, Anglo Irish Bank, Dexia) che hanno messo in luce gravi lacune nelle modalità esistenti per la gestione delle crisi.
[2] Al Consiglio Europeo del 27 e 28 giugno 2013, i leader dell’Unione europea si sono proposti di raggiungere un accordo sul Meccanismo entro la fine del 2013 perché possa essere adottato entro la fine dell’attuale legislatura del Parlamento europeo. Questo consentirebbe di applicarlo da gennaio 2015, insieme alla direttiva relativa al risanamento e alla risoluzione delle crisi nel settore bancario.
[3] Le proposte presentate nel giugno 2012 dalla Commissione Europea e relative ad un sistema di vigilanza unico (S.S.M.) per le banche della zone euro costituiscono un passo importante nel rafforzamento dell’Unione economica e monetaria. Nel nuovo sistema unico, la responsabilità ultima per quanto riguarda specifici compiti di vigilanza in materia di stabilità finanziaria di tutte le banche della zona euro spetterà alla Banca centrale europea (B.C.E.). Le autorità di vigilanza nazionali continueranno a svolgere un ruolo importante nella vigilanza quotidiana e nella preparazione e attuazione delle decisioni della B.C.E.. La Commissione ha proposto, inoltre, che l’Autorità bancaria europea (E.B.A.) elabori una guida comune per l’attività di vigilanza al fine di preservare l’integrità del mercato unico e assicurare l’uniformità nell’attività di vigilanza bancaria in tutti i 27 paesi dell’UE. Sempre nel giugno 2012 la Commissione aveva, altresì, invitato il Parlamento europeo e il Consiglio ad adottare i regolamenti proposti entro la fine del 2012, assieme alle altre tre componenti di un’”Unione bancaria“ integrata: il corpus unico di norme in materia di requisiti patrimoniali, i regimi armonizzati di garanzia dei depositi ed il quadro unico sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie. Il pacchetto proposto nel giugno 2012 dalla Commissione comprendeva: 1) un regolamento che conferisce forti poteri alla B.C.E. per la vigilanza di tutte le banche della zona euro, accompagnato da un meccanismo che consente ai paesi non aderenti all’euro di aderire su base volontaria; 2) un regolamento che allinea il vigente regolamento istitutivo dell’E.B.A. al nuovo assetto della vigilanza bancaria al fine di assicurare che il processo decisionale dell’E.B.A. rimanga equilibrato e che quest’ultima continui a tutelare l’integrità del mercato unico; 3) una comunicazione che delinea la visione complessiva della Commissione per l’Unione bancaria, che comprende il corpus unico di norme e il sistema di vigilanza unico, nonché le prossime iniziative per un meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie. Nella zona euro saranno trasferiti al livello europeo specifici compiti di vigilanza, in particolare quelli essenziali per preservare la stabilità finanziaria e individuare i rischi per la solidità economico-finanziaria delle banche. La B.C.E. assumerà la responsabilità di compiti come il rilascio delle autorizzazioni bancarie, la conformità ai requisiti patrimoniali e in materia di leva finanziaria e liquidità, nonché la vigilanza sui conglomerati finanziari. La B.C.E. potrà intervenire tempestivamente nel caso in cui una banca violi o rischi di violare i requisiti patrimoniali chiedendo alla stessa di adottare misure correttive. La B.C.E. coopererà con l’E.B.A. nell’ambito del Sistema europeo di vigilanza finanziaria. Il ruolo dell’E.B.A. sarà simile a quello odierno: essa continuerà ad elaborare il corpus unico di norme applicabile a tutti i 27 Stati membri e si assicurerà che le prassi di vigilanza siano uniformi in tutta l’Unione. Nel caso delle banche transfrontaliere che operano sia all’interno che all’esterno di Stati membri che partecipano al sistema unico di vigilanza (S.S.M.), continueranno a restare in vigore le attuali procedure di coordinamento della vigilanza dello Stato di origine e dello Stato ospitante. Come la B.C.E. avrà assunto compiti di vigilanza, svolgerà le funzioni dell’autorità dello Stato di origine e dello Stato ospitante per tutti gli Stati membri partecipanti.
[4] Fino all’entrata in vigore delle norme proposte, le crisi bancarie continuerebbero ad essere gestite in base ai regimi nazionali. Questi regimi, tuttavia, sono destinati a convergere progressivamente verso i principi concordati in materia di risoluzione delle crisi, vale a dire l’addebitamento delle perdite bancarie ad azionisti e creditori anziché ai contribuenti. Questo obiettivo sarà raggiunto, da un lato, attraverso gli orientamenti riveduti sugli aiuti di Stato alle banche, e, dall’altro, grazie alla possibilità di una ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del Meccanismo europeo di stabilità. Entrambi subordinano il sostegno statale proveniente dalle risorse nazionali e dal Meccanismo europeo di stabilità a un’adeguata “condivisione degli oneri” con gli investitori privati di una banca.
[5] Secondo quanto riferito dalla Commissione Europea, il quadro di risoluzione delle crisi si fonda sulle misure recentemente adottate da diversi Stati membri per migliorare i sistemi di risoluzione delle crisi a livello nazionale, ne rafforza gli aspetti fondamentali e garantisce l’applicabilità degli strumenti di risoluzione delle crisi sul mercato finanziario integrato europeo. Gli strumenti proposti si dividono in strumenti di “prevenzione”, di “intervento precoce” e di “risoluzione delle crisi”, e l’intervento delle autorità diventa più incisivo man mano che la situazione si deteriora. 1) Preparazione e prevenzione: a) In primo luogo, il quadro impone alla banche di redigere piani di risanamento che stabiliscano le misure che scatteranno in caso di deterioramento della loro situazione finanziaria e che ripristineranno la loro sostenibilità economica. b) In secondo luogo, le autorità investite della responsabilità della risoluzione delle crisi delle banche sono tenute a preparare piani di risoluzione delle crisi che contengano opzioni per gestire le banche in condizioni critiche e ormai economicamente insostenibili (ad esempio dettagli sull’applicazione degli strumenti di risoluzione delle crisi e su come garantire la continuità delle funzioni essenziali). I piani di risanamento e di risoluzione delle crisi devono essere elaborati sia a livello di gruppo che per i singoli enti facenti parte del gruppo. c) In terzo luogo, se le autorità individuano ostacoli alla possibilità di risoluzione delle crisi nel corso dell’elaborazione dei piani, esse possono imporre alle banche interessate di modificare le proprie strutture giuridiche o operative in modo da assicurare che la risoluzione delle crisi sia possibile con gli strumenti disponibili e con modalità che non compromettano le funzioni essenziali della banca, non mettano a rischio la stabilità finanziaria e non implichino costi a carico del contribuente. d) Infine, i gruppi finanziari possono sottoscrivere accordi di sostegno finanziario infragruppo per limitare l’evoluzione della crisi e ripristinare rapidamente la stabilità finanziaria dell’intero gruppo. Subordinatamente all’approvazione delle autorità di vigilanza e degli azionisti di ciascuna entità parte dell’accordo, gli enti che operano all’interno di un gruppo saranno così in grado di fornire sostegno finanziario (in forma di prestiti, di garanzie o di conferimenti di attività utilizzabili in qualità di garanzia per operazioni) ad altre entità del gruppo che si trovano in difficoltà finanziarie. 2) Intervento precoce: l’intervento di vigilanza precoce assicura che le difficoltà finanziarie vengano affrontate non appena si presentano. I poteri di intervento precoce scattano quando un ente non rispetta i requisiti patrimoniali previsti dalla legge o presumibilmente non sarà più in grado di rispettarli. Le autorità potranno imporre all’ente di attuare le misure previste dal piano di risanamento, elaborare un programma d’azione e stabilire un calendario per la sua attuazione, richiedere la convocazione di un’assemblea degli azionisti per adottare decisioni urgenti e imporre all’ente di elaborare un piano per ristrutturare i debiti con i creditori. Inoltre, le autorità di vigilanza avranno il potere di nominare un amministratore straordinario per una determinata banca per un periodo limitato in caso di deterioramento significativo della situazione finanziaria e qualora gli strumenti di cui sopra non fossero sufficienti a porre rimedio alla situazione. Compito principale dell’amministratore straordinario è risanare la situazione finanziaria della banca e provvedere a una sana e prudente gestione della sua attività. 3) Poteri e strumenti di risoluzione delle crisi: la risoluzione delle crisi interviene se le misure preventive e di intervento precoce non sono in grado di evitare che la situazione si deteriori al punto tale da portare al dissesto della banca o da renderlo probabile. Se l’autorità stabilisce che nessun’altra azione aiuterebbe ad evitare il dissesto della banca e se è a rischio l’interesse pubblico (accesso a funzioni bancarie essenziali, stabilità finanziaria, integrità delle finanze pubbliche, ecc.), le autorità preposte dovrebbero assumere il controllo dell’ente e avviare un’azione decisiva di risoluzione delle crisi. Strumenti e poteri di risoluzione delle crisi armonizzati, insieme a piani di risoluzione delle crisi preparati in anticipo sia per le banche operative a livello nazionale che per quelle operative a livello transfrontaliero, garantiranno che le autorità nazionali in tutti gli Stati membri siano dotate di strumenti comuni e di una tabella di marcia comune per gestire i dissesti delle banche. Tali strumenti – che comportano un’interferenza nei diritti degli azionisti e dei creditori, giustificata tuttavia dalla necessità assoluta di proteggere la stabilità finanziaria, i depositanti e i contribuenti – prevedono tutele intese a garantire che essi non vengano usati in maniera impropria.
[6] I principali strumenti di risoluzione delle crisi sono i seguenti: 1) lo strumento della vendita dell’attività d’impresa, grazie al quale le autorità vendono la banca in dissesto, nella sua totalità o in parte, ad un’altra banca; 2) lo strumento dell’ente-ponte, che consiste nell’individuare le attività sane o le funzioni essenziali della banca e nel farne una nuova banca (banca-ponte) che sarà venduta ad un’altra entità. La vecchia banca, comprese le attività deteriorate o le funzioni non essenziali, sarà poi liquidata con procedura ordinaria di insolvenza; 3) lo strumento della separazione delle attività, grazie al quale le attività deteriorate della banca vengono trasferite ad un veicolo di gestione. Questo strumento “ripulisce” lo stato patrimoniale della banca in questione. Per evitare che questo strumento venga usato esclusivamente come aiuto di Stato, il quadro di risoluzione delle crisi dispone che esso possa essere usato soltanto congiuntamente ad un altro strumento (banca-ponte, vendita dell’attività d’impresa o riduzione del debito). Ciò assicura che la banca che riceve aiuto venga anche ristrutturata; 4) lo strumento del salvataggio interno, grazie al quale la banca viene ricapitalizzata, gli azionisti vengono smaltiti o diluiti e i creditori vedono i loro crediti ridotti o convertiti in azioni. Un ente per il quale non è stato possibile trovare un acquirente privato, o per il quale lo smembramento sarebbe complesso, potrà quindi continuare a fornire servizi essenziali senza la necessità di essere salvato con fondi pubblici, e le autorità avranno il tempo di riorganizzarlo o di liquidarne parti dell’attività in maniera ordinata. A questo scopo, le banche saranno tenute a detenere una percentuale minima delle loro passività totali in forma di strumenti ammissibili al salvataggio interno. In caso di salvataggio interno, tali strumenti saranno ridotti in un ordine prestabilito di anzianità dei crediti, affinché l’ente possa recuperare la sostenibilità economica.
[7] Per essere efficaci, gli strumenti di risoluzione delle crisi dovranno essere finanziati. Ad esempio, se le autorità creano una banca-ponte, per operare questa avrà bisogno di capitale o di prestiti a breve termine. Se il finanziamento non può provenire dal mercato e per evitare che le azioni di risoluzione delle crisi vengano finanziate dallo Stato, i fondi di risoluzione delle crisi forniranno un finanziamento supplementare che raccoglierà contributi dalle banche proporzionati alle loro passività e profilo di rischio. I fondi dovranno accumulare capacità sufficiente per raggiungere in 10 anni l’1% dei depositi coperti. Essi saranno usati esclusivamente per sostenere una conduzione ordinata della riorganizzazione e risoluzione delle crisi e mai per il salvataggio di una banca. I fondi di risoluzione delle crisi a livello nazionale potranno interagire, soprattutto per fornire finanziamenti destinati alla risoluzione delle crisi di banche transfrontaliere. Per un uso ottimale delle risorse, la direttiva sulla risoluzione delle crisi si avvale anche dei fondi già disponibili nei 27 sistemi di garanzia dei depositi. Tali sistemi forniranno, accanto al fondo di risoluzione delle crisi, finanziamenti per la protezione dei depositanti al dettaglio. Per ottimizzare le sinergie, agli Stati membri sarà anche consentito di fondere i sistemi di garanzia dei depositi e il fondo di risoluzione delle crisi, a condizione che siano disponibili tutte le garanzie in grado di assicurare che il sistema resti in grado di rimborsare i depositanti in caso di dissesto.
[8] Allo scopo di far fronte alle difficoltà di banche o gruppi U.E. che operano a livello transfrontaliero, il quadro di risoluzione delle crisi migliora la cooperazione tra le autorità nazionali in tutte le fasi della preparazione, dell’intervento e della risoluzione delle crisi. Sono costituiti collegi di risoluzione delle crisi, sotto la leadership dell’autorità di risoluzione delle crisi a livello di gruppo e con la partecipazione dell’E.B.A., la quale è chiamata ad agevolare azioni congiunte e, se necessario, a svolgere un ruolo di mediazione vincolante. Ciò getta le basi per una vigilanza delle entità transfrontaliere sempre più integrata a livello UE, che sarà ulteriormente studiata negli anni futuri nel quadro del riesame dell’architettura di vigilanza europea.
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